• Infortunio in Itinere
  • Lavoratore
 
Infortunio occorso ad operaio specializzato dipendente dell’Amministrazione delle Poste e delle Telecomunicazioni ed all’epoca applicato presso il G.M.I. (Gruppo Manutenzione Immobili) della Direzione Provinciale delle Poste e Telegrafi di Pesaro che, al termine dell’orario di servizio, mentre faceva ritorno alla propria abitazione con mezzi propri, ebbe a subire un incidente stradale riportando le seguenti lesioni: “Frattura scafoide carpale sx e contusione escoriata gomito dx”.
 
Con nota di comunicazione prot. N. 36608/19 del 22 aprile 1993 il Direttore Provinciale reggente di Pesaro e Urbino trasmetteva al Sig. P.G. il provvedimento prot. n. DCP/5/2/3258/91/PC, adottato il 2 aprile 1993 dal Direttore Centrale del Personale della Direzione del Ministero delle Poste e delle Telecomunicazioni.
Con esso si determinava quanto segue: l’infortunio occorso in data 3/7/1991 all’operaio specializzato P.G. non viene riconosciuto indennizzabile.
Nella motivazione dello stesso si osservava che, dalle indagini effettuate dalla Direzione Provinciale di Pesaro, era risultato che il dipendente non aveva nessuna necessità di utilizzare il proprio mezzo di trasporto per raggiungere il posto di lavoro, avendo egli potuto utilizzare un mezzo pubblico senza recare pregiudizio al servizio e rientrare nella propria abitazione in tempi accettabili; e che, ai sensi della giurisprudenza più attuale richiamata anche con la circolare n. 5 del 3.2.1984, l’infortunio in itinere poteva essere riconosciuto indennizzabile solo in presenza di precise circostanze, tali da determinare un vincolo rilevante con l’esplicazione dell’attività lavorativa e che dette condizioni, nel caso in esame, non si ravvisavano.

Avverso tale determinazione del 2.4.1993 il sig. P.G. interponeva ricorso interno alla Direzione Centrale per il Personale del Ministero delle Poste  ma il ricorso in questione non sortiva l’esito sperato.

E così, con il presente ricorso giurisdizionale amministrativo, il sig. P.G. impugnava entrambi i provvedimenti - Accolto.

" la giurisprudenza civile ha ammesso che l’infortunio in itinere occorso al lavoratore debba essere indennizzato ai sensi dell’art. 2 del D.P.R. n. 1124/1965 se ed in quanto rientri nel concetto di rischio connesso all’occasione di lavoro; ed ha elaborato i principi in base ai quali l’infortunio in itinere deve considerarsi avvenuto in “occasione di lavoro”, secondo la nozione per cui il termine “occasione” implica non un collegamento marginale o un mero rapporto cronologico o topografico con il lavoro svolto, ma che l’evento lesivo si riconnetta ad un rischio non estraneo all’attività lavorativa dell’infortunato, per essere il rischio stesso o insito nel comportamento implicato da tale attività ovvero relativo a situazioni strettamente connesse con la prestazione di lavoro".

"In particolare, nell’ipotesi di infortunio in itinere subito da un lavoratore il quale si serva di mezzi di trasporto diversi da quelli pubblici, il giudice di merito deve accertare se le esigenze e le modalità della prestazione della specifica attività lavorativa siano tali da determinare la necessità di detti mezzi."

"Secondo la giurisprudenza amministrativa più recente, l’infortunio in itinere subito da un pubblico impiegato deve essere riconosciuto dipendente da causa di servizio a prescindere dall’uso di mezzi privati o pubblici e dall’autorizzazione all’uso del mezzo privato, allorché la mancanza di quest’ultima sia stata dall’Amministrazione continuativamente tollerata e, comunque, non si tratti di percorso seguito per il raggiungimento del luogo di lavoro in regime di missione, ma del raggiungimento della sede ordinaria di lavoro lungo un tragitto svolgentesi all’interno del Comune di residenza o di abitazione della stessa sede".

Nel caso concreto "anche se esistevano mezzi pubblici di trasporto che coprivano l’intero percorso tra il luogo di abitazione del P. e quello di lavoro, gli orari dei mezzi stessi non erano compatibili con l’orario di lavoro né all’andata né al ritorno (bisognava prendere due mezzi pubblici, tra i cui orari non vi erano coincidenze; per il che bisognava aspettare mezzora o anche più l’arrivo del secondo mezzo, come dimostravano gli esatti orari delle linee 11 e 3 sia al mattino che al pomeriggio); e si rilevava perciò “un notevole disagio per il lavoratore, che, per percorrere circa 20 km al giorno, impiegherebbe tre ore avvalendosi dei mezzi pubblici”


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per le Marche
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
 
SENTENZA
 
Sul ricorso numero di registro generale 1309 del 1993, proposto da P.G., rappresentato e difeso dall’avv. Maurizio Discepolo, con domicilio eletto in Ancona, presso lo studio del proprio difensore, già sito al Viale della Vittoria, n. 7, e, quindi, alla Via Matteotti, n. 99;
 
contro

- il Ministero delle Poste e delle Telecomunicazioni, in persona del Ministro p.t., rappresentato e difeso dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Ancona e legalmente domiciliato in Ancona, presso la sede dell’Avvocatura medesima;
-la Direzione Provinciale delle Poste e delle Telecomunicazioni di Pesaro e Urbino, in persona del Direttore provinciale p.t.;
 
A) per l'annullamento
1) della determinazione di cui alla nota prot. DCP/5/2-3258/91/PC in data 2 aprile 1993, con la quale il Direttore Centrale del Personale del Ministero delle Poste e delle Telecomunicazioni ha stabilito che l’infortunio in itinere occorso il 3.7.1991 al ricorrente, operaio specializzato applicato presso il G.M.I. della Direzione Provinciale P.T. di Pesaro, non veniva “riconosciuto indennizzabile”;

2) del successivo atto di cui alla nota prot. n. D.C.P. 5/2/3258/91/PC in data 16.7.1993 della Direzione Centrale del Personale del Ministero delle Poste e Telecomunicazioni che ha confermato il giudizio già espresso con la determinazione in data 2.4.1993 e, cioè, che l’infortunio subito dal ricorrente il 3.7.1991 non era indennizzabile;

…………………….. B) e per l’accertamento …………………….
del diritto del ricorrente ad ottenere il dovuto indennizzo per l’infortunio in itinere da lui subito il 3.9.1991, con ogni consequenziale provvedimento;
 

 
Visto il ricorso, notificato in data 4 settembre 1993, con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero delle Poste e delle Telecomunicazioni, in persona del Ministro p.t., depositato in data 3 novembre 1993;
Vista la memoria prodotta dal ricorrente a sostegno delle proprie difese in data 21.11.2006;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore, alla pubblica udienza del 20 dicembre 2006 il Consigliere avv. Liana Tacchi;
Udito l'avv. B. Schiadà, in sostituzione dell’avv. M. Discepolo, per il ricorrente;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
 

 
FATTO
 
1. Il signor P.G., essendo operaio specializzato dipendente dell’Amministrazione delle Poste e delle Telecomunicazioni ed all’epoca applicato presso il G.M.I. (Gruppo Manutenzione Immobili) della Direzione Provinciale delle Poste e Telegrafi di Pesaro, il giorno 3.7.1991, al termine dell’orario di servizio, mentre faceva ritorno alla propria abitazione con mezzi propri, ebbe a subire un incidente stradale riportando le seguenti lesioni: “Frattura scafoide carpale sx e contusione escoriata gomito dx”.

2. Essendo stata avviata la pratica per il riconoscimento dell’infortunio da causa di servizio, l’Amministrazione delle P. e T. – Direzione Provinciale P.T. Pesaro e Urbino, con nota prot. n. 28897/19 del 14.1.1993 comunicava a P.G., ai sensi e per gli effetti dell’art. 104 del D.P.R. 30.6.1965, n. 1124, che egli era stato dichiarato guarito “con postumi nell’11% a decorrere dal 13.8.1991 (Infortunio del 7.5.1990 postumi del 6% - Infortunio del 3.7.1991 postumi del 5%)”.
Per il che, dalla stessa data del 13.8.1991, ove l’infortunio fosse stato riconosciuto indennizzabile con la prescritta Determinazione Direttoriale, gli sarebbe stata concessa una rendita, nella misura prevista per i postumi sopra indicati dalle disposizioni vigenti per l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro.
Con dichiarazione datata 26.1.1993, redatta in calce alla comunicazione di cui sopra, il dipendente P.G. dichiarava formalmente di accettare il giudizio sanitario dell’INAIL comunicatogli con la lettera prot. 28897/19 del 14.1.1993.

3. Sempre ai fini dell’espletamento della pratica per il riconoscimento dell’infortunio di che trattasi da causa di servizio, la Direzione Provinciale P.T. di Pesaro e Urbino – Reparto Amministrazione Personale aveva formalmente richiesto alla Direzione Provinciale P.T. di Pesaro e Urbino – Reparto Manutenzione Immobili di verificare le circostanze dell’infortunio in itinere subito dal dipendente P.G..
La Direzione Provinciale P.T. di Pesaro e Urbino, Gruppo Manutenzione Immobili aveva risposto con nota prot. 40/GMI/PS/PV, datata Pesaro 12/01/1993, con la quale, avendosi riguardo all’infortunio in itinere subito dall’operaio specializzato P.G. il 3.7.1991, si riferiva di aver verificato quanto sopra:
a) che i mezzi pubblici di trasporto coprivano l’intero percorso fra il luogo di abitazione e quello di lavoro;
b) che gli orari dei mezzi pubblici non erano compatibili con l’orario di lavoro; e, precisamente, si specificava quanto segue:
Mattino – Linea 11 – Borgo S. Maria ore 6,30
Stazione FF.SS. ore 6,57
Linea 3 – Stazione FF.SS. ore 7,26
G.M.I. Via Giolitti ore 7,38
Pomeriggio Linea 3 – G.M.I. Via Giolitti ore 14,13
Stazione FF.SS. ore 14,26
Linea 11 – Stazione FF.SS. ore 15,02
Borgo S. Maria ore 15,29;
c) per il che si rilevava, come da sopra menzionato, un notevole disagio per il lavoratore che, per percorrere circa 20 km al giorno, avrebbe impiegato tre ore avvalendosi dei mezzi pubblici.
 
4. Con nota di comunicazione prot. N. 36608/19 del 22 aprile 1993 il Direttore Provinciale reggente di Pesaro e Urbino trasmetteva al Sig. P.G. il provvedimento prot. n. DCP/5/2/3258/91/PC, adottato il 2 aprile 1993 dal Direttore Centrale del Personale della Direzione del Ministero delle Poste e delle Telecomunicazioni.
Con esso si determinava quanto segue: l’infortunio occorso in data 3/7/1991 all’operaio specializzato P.G. non viene riconosciuto indennizzabile.
Nella motivazione dello stesso si osservava che, dalle indagini effettuate dalla Direzione Provinciale di Pesaro, era risultato che il dipendente non aveva nessuna necessità di utilizzare il proprio mezzo di trasporto per raggiungere il posto di lavoro, avendo egli potuto utilizzare un mezzo pubblico senza recare pregiudizio al servizio e rientrare nella propria abitazione in tempi accettabili; e che, ai sensi della giurisprudenza più attuale richiamata anche con la circolare n. 5 del 3.2.1984, l’infortunio in itinere poteva essere riconosciuto indennizzabile solo in presenza di precise circostanze, tali da determinare un vincolo rilevante con l’esplicazione dell’attività lavorativa e che dette condizioni, nel caso in esame, non si ravvisavano.

5. Avverso tale determinazione del 2.4.1993 il sig. P.G. interponeva ricorso interno alla Direzione Centrale per il Personale del Ministero delle Poste, evidenziando che, nell’esaminare i fatti, l’Amministrazione non aveva tenuto conto né del lasso di tempo che l’utilizzo del mezzo pubblico avrebbe richiesto per coprire la distanza tra la propria abitazione ed il luogo di lavoro (più di un’ora e mezza sia all’andata che al ritorno per un tragitto di 10 km), né dell’ora del rientro (dopo le 15.30), con la necessità, a tale ora tarda, di prepararsi il pranzo personalmente e di accudire la propria madre, non autosufficiente. Per il che e per quanto previsto dalla circolare n. 5 del 3.2.1984, alla lettera C, chiedeva che l’infortunio avvenuto il 3.7.1991 venisse riconosciuto come infortunio in itinere.

Il ricorso in questione non sortiva l’esito sperato.
Ed infatti, con propria nota prot. 44493/19 del 22 luglio 1993 il Direttore Provinciale di Pesaro e Urbino comunicava al sig. P. che, con nota prot. DCP/5/2/3258/91/PC in data 16.7.1993, la Direzione Centrale del Personale aveva confermato il giudizio espresso con la determinazione del 2.4.1993 con la quale non era stato riconosciuto indennizzabile l’infortunio occorso il 3.7.1991, tenuto conto che gli elementi addotti dal dipendente non consentivano di rivedere il giudizio già espresso sull’indennizzabilità dell’infortunio (è stata prodotta agli atti la sola nota di comunicazione del Direttore Provinciale in data 22.7.1993, non anche il provvedimento della Direzione Centrale comunicato).

6. Con il presente ricorso giurisdizionale amministrativo il sig. P.G. impugnava il provvedimento del Direttore Centrale per il Personale prot. DCP/5/2/3258/91/PC in data 2/4/1993 [erroneamente indicato col numero di protocollo e la data della nota di comunicazione del Direttore Provinciale] e quello successivo pure del Direttore Centrale per il Personale prot. n. DCP/5/2/3258/91/PC in data 16.7.1993 [pure erroneamente indicato col numero di protocollo e la data della nota di comunicazione del Direttore Provinciale] ed, a sostegno del gravame, deduceva il seguente, articolato motivo di diritto:
- Violazione e falsa applicazione della L. n. 1124/1965 e dei principi generali rilevanti in materia. Eccesso di potere.
In base all’art. 2 del T.U. delle disposizioni per l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro l’indennizzabilità dell’infortunio in itinere subito dal lavoratore nel percorrere, con un mezzo proprio, la distanza tra la sua abitazione ed il luogo di lavoro postulava la sussistenza di un nesso eziologico tra il percorso seguito e l’evento e la sussistenza di un nesso causale tra l’itinerario seguito e l’attività lavorativa. Secondo la costante e copiosa giurisprudenza in materia, erano ricomprese, nella nozione di servizio, anche le attività svolte dal dipendente al di fuori della sede di lavoro e dell’orario di ufficio, purché tendenti a raggiungere il luogo di servizio o a far ritorno alla propria abitazione.
Il caso in esame quindi rientrava pienamente nella fattispecie descritta, dove l’infortunio in itinere andava ascritto a causa di servizio, anche in mancanza di un rischio specifico aggravato e, più in generale, ogni volta che non ricorreva la colpa grave del dipendente.
L’Amministrazione della P.T. contestava al ricorrente di aver usato il proprio mezzo di trasporto senza averne avuto necessità, invece di un mezzo pubblico, per raggiungere il posto di lavoro. Tale assunto era infondato posto che la recente giurisprudenza amministrativa affermava che l’infortunio in itinere sussisteva, al fine del riconoscimento della lesione come causata dal servizio, quando esso si verificava nel percorso che il lavoratore necessariamente doveva seguire, per recarsi dalla casa all’ufficio e viceversa, a prescindere dall’uso di mezzi privati o pubblici (TAR Lazio, Sez. I, 7.6.1991, n.1016).
Ma vi era di più, poiché, nella fattispecie, l’uso dei mezzi pubblici arrecava al dipendente un notevole disagio, dovendo egli impiegare più di un’ora e trenta, sia all’andata che al ritorno, per coprire la distanza di 10 km. tra la propria abitazione e il luogo di lavoro.
Per scrupolo di completezza andava poi osservato che, secondo la circolare n. 5 emessa il 3/2/1984 dalla Direzione Generale delle Telecomunicazioni, erano considerati indennizzabili anche gli infortuni subiti dal personale assicurato che, per motivi di urgenza o per particolari evenienze (come nel caso in esame), fosse costretto ad utilizzare mezzi diversi da quelli pubblici; e, nel caso di specie, detta situazione era stata confermata dalla relazione tecnica inviata, su richiesta dell’Amministrazione Centrale, dal Dirigente dell’Ufficio G.M.I. di Pesaro.
 
7. Il Ministero delle Poste e delle Telecomunicazioni si costituiva con memoria prodotta il 3.11.1993, nella quale concludeva perché il ricorso fosse dichiarato improponibile e inammissibile o, comunque, respinto poiché infondato.
8. Nella memoria conclusiva prodotta il 21.11.2006 il ricorrente tornava ad illustrare le proprie ragioni in fatto ed in diritto.

9. Alla pubblica udienza del 20 dicembre 2006 lo stesso concludeva riportandosi agli atti.
Indi la causa veniva introitata per la decisione.
 
DIRITTO
 
I) 1. Preliminarmente va chiarito che la tutela infortunistica di cui il sig. P.G., con il presente ricorso, ha richiesto l’attuazione a suo favore, attraverso l’annullamento giurisdizionale dei provvedimenti con cui la Direzione Centrale del Personale del Ministero delle Poste e delle Telecomunicazioni aveva stabilito la non indennizzabilità dell’infortunio in itinere occorsogli il 3 luglio 1991, non attiene alla corresponsione dell’equo indennizzo e degli altri benefici di cui agli artt. 68 del D.P.R. 10.1.1957, n. 3 [Testo Unico delle disposizioni concernenti lo statuto degli impiegati civili dello Stato] e 48 e seguenti del D.P.R. 3.5.1957, n. 686 [Norme di esecuzione del testo unico delle disposizioni sullo statuto degli impiegati civili dello stato approvato con D.P.R. 10 gennaio 1957, n.3], ma alla percezione della rendita e delle altre prestazioni erogate dall’I.N.A.I.L. ai sensi del D.P.R. 30.6.1965, n. 1124 [Testo unico per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali].

2. Quanto sopra, più che dall’atto di ricorso, si ricava indubitabilmente dalla documentazione esibita, sia quella afferente specificamente al caso (si veda la comunicazione della Direzione Prov.le P. e T. di Pesaro prot. n. 28897/19 in data 14.1.1993, la quale rendeva noto all’interessato, ai sensi e per gli effetti dell’art. 104 del D.P.R. 30.6.1965, n. 1124, che egli era stato dichiarato guarito anche dell’infortunio subito il 3.7.1991 con postumi del 5%, con conseguente concessione della rendita prevista per i postumi stessi dalle disposizioni vigenti per l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro), sia quella relativa alle disposizioni interne diramate dal Ministero delle Poste in tema di infortuni in itinere (si veda la circolare n. 5 del 3.2.1984, la quale rammentava che l’Amministrazione delle Poste era “Istituto Assicuratore” dei propri dipendenti P.T. che svolgevano mansioni previste dall’art. 1 della L. 21.12.1955, n. 1350 e dagli artt. 1 e 4 del T.U. approvato col D.P.R. 30.6.1965, n. 1124).
 
Tanto premesso, l’impugnativa è fondata.
 
II) In punto di diritto si osserva quanto segue.
1. Il D.P.R. 30.6.1965, n. 1124 è un decreto legislativo emanato in attuazione della delega contenuta nell’art. 30 della legge 19.1.1963, n.15 per la formazione di un testo unico delle legislazioni in materia di assicurazioni contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, e non già della delega rilasciata con l’art. 31 della stessa legge n.15/1963 per la disciplina dell’infortunio in itinere (Corte Cost. 12.1.1977, n. 8; Cass. Civ., 9.3.1982, n. 1487).

2. Cionondimeno, la giurisprudenza civile ha ammesso che l’infortunio in itinere occorso al lavoratore debba essere indennizzato ai sensi dell’art. 2 del D.P.R. n. 1124/1965 se ed in quanto rientri nel concetto di rischio connesso all’occasione di lavoro; ed ha elaborato i principi in base ai quali l’infortunio in itinere deve considerarsi avvenuto in “occasione di lavoro”, secondo la nozione per cui il termine “occasione” implica non un collegamento marginale o un mero rapporto cronologico o topografico con il lavoro svolto, ma che l’evento lesivo si riconnetta ad un rischio non estraneo all’attività lavorativa dell’infortunato, per essere il rischio stesso o insito nel comportamento implicato da tale attività ovvero relativo a situazioni strettamente connesse con la prestazione di lavoro (cfr. Cass. Civ., 9.11.1982, 5915).

3. In particolare, nell’ipotesi di infortunio in itinere subito da un lavoratore il quale si serva di mezzi di trasporto diversi da quelli pubblici, il giudice di merito deve accertare se le esigenze e le modalità della prestazione della specifica attività lavorativa siano tali da determinare la necessità di detti mezzi.
E siffatto accertamento va operato, alla stregua dei fondamentali principi espressi negli artt. 3, 31, 32, 35 e 36 della Costituzione, considerando i seguenti aspetti:
a) se i mezzi pubblici di trasporto coprano o no l’intero percorso tra il luogo di abitazione e quello di lavoro;
b) se gli orari dei servizi pubblici siano o no compatibili con l’orario di lavoro;
c) se, comunque, le condizioni del servizio pubblico siano o no tali da creare rilevante disagio per il lavoratore, prolungandone oltre misura l’assenza dalla famiglia;
d) se siano o no approntati, da parte del datore di lavoro, mense ed alloggi idonei (anche in relazione alla loro ubicazione rispetto all’azienda) a consentire la sosta o il pernottamento dei lavoratori, qualora la distanza dal luogo di abitazione sia tale da rendere indispensabile detto pernottamento;
e) se rimanga o no salvaguardata per il cittadino la libertà di scelta del luogo di abitazione, in relazione sia alle esigenze umane e familiari, sia alla situazione economico-sociale del medesimo (Cass. Civ. 27.5.1982, n. 3273).
Ed è stato pure affermato che ove si riconosca, ai fini dell’indennizzabilità dell’infortunio in itinere, la necessità dell’impiego, da parte del lavoratore, di un mezzo di trasporto diverso da quello pubblico, è irrilevante la circostanza che il mezzo impiegato appartenga al datore di lavoro o allo stesso lavoratore e se di esso sia stato o no autorizzato l’uso, dovendo la connessione con l’attività lavorativa essere considerata nel suo aspetto intrinseco ed oggettivo, e non già in relazione all’appartenenza del mezzo (Cass. Civ. n. 3273/1982, citata).

4. Secondo la giurisprudenza amministrativa più recente, l’infortunio in itinere subito da un pubblico impiegato deve essere riconosciuto dipendente da causa di servizio a prescindere dall’uso di mezzi privati o pubblici e dall’autorizzazione all’uso del mezzo privato, allorché la mancanza di quest’ultima sia stata dall’Amministrazione continuativamente tollerata e, comunque, non si tratti di percorso seguito per il raggiungimento del luogo di lavoro in regime di missione, ma del raggiungimento della sede ordinaria di lavoro lungo un tragitto svolgentesi all’interno del Comune di residenza o di abitazione della stessa sede (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 25.9.2006, n. 5603).
 
III) Venendo all’esame del caso concreto l’indennizzabilità dell’infortunio non può essere negata, proprio alla stregua dei suenunciati principi elaborati dalla giurisprudenza.
 
1. Ed infatti era stata la stessa Amministrazione Postale, attraverso gli accertamenti disposti dal Direttore della Sede Provinciale di Pesaro e Urbino ed eseguiti dall’Ufficio G.M.I. [Gruppo Manutenzione Immobili], presso cui P.G. prestava lavoro come operaio specializzato, a portare a termine indagini concludenti circa la necessità di usare un mezzo di trasporto diverso da quello pubblico per coprire il percorso di andata-ritorno e viceversa tra il luogo di abitazione del dipendente (Borgo Santa Maria di Pesaro) e la sede di ubicazione del G.M.I., e, perciò, circa la riferibilità dell’infortunio all’“occasione di lavoro”, secondo il concetto ed i principi sopra illustrati.
Con nota prot. n. 50461/92/19 dell’8.1.1993 il Direttore reggente della Sede Provinciale di Pesaro, in relazione all’infortunio in itinere del 3.7.1991 occorso all’operaio specializzato P.G., aveva incaricato il direttore dell’ufficio G.M.I. di esperire ogni utile accertamento “al fine di stabilire la necessità di ricorrere a mezzi diversi da quelli pubblici” da parte dello stesso dipendente per far ritorno a casa ed, in particolare, di verificare: a) se i mezzi pubblici di trasporto coprivano l’intero percorso tra il luogo di abitazione e quello di lavoro; b) se gli orari dei servizi pubblici fossero attuali rispetto all’orario di lavoro; c) se, comunque, le condizioni del servizio pubblico fossero tali da creare rilevante disagio per il lavoratore, prolungandone oltre misura l’assenza dalla famiglia.
Orbene, con nota prot. n. 40/GMI/PS/PV in data 12.1.1993 il dirigente dell’Ufficio G.M.I. di Pesaro dava conto alla Direzione Provinciale delle P.T. di Pesaro dell’esito delle verifiche eseguite in modo preciso e puntualissimo (per il che si rimanda al tenore completo e letterale della stessa nota, esibita in atti: doc. n. 3 del fascicolo di parte ricorrente).
E’ sufficiente, ai nostri fini, sintetizzarne il contenuto: anche se esistevano mezzi pubblici di trasporto che coprivano l’intero percorso tra il luogo di abitazione del P. e quello di lavoro, gli orari dei mezzi stessi non erano compatibili con l’orario di lavoro né all’andata né al ritorno (bisognava prendere due mezzi pubblici, tra i cui orari non vi erano coincidenze; per il che bisognava aspettare mezzora o anche più l’arrivo del secondo mezzo, come dimostravano gli esatti orari delle linee 11 e 3 sia al mattino che al pomeriggio); e si rilevava perciò “un notevole disagio per il lavoratore, che, per percorrere circa 20 km al giorno, impiegherebbe tre ore avvalendosi dei mezzi pubblici” [1 ora ed 8 minuti per percorrere 10 km dal mattino; 1 ora e 16 minuti per percorrere 10 km al pomeriggio: nota del collegio].
 
2. Inoltre, proprio stando alle precisazioni diramante dal Ministero delle Poste e delle Telecomunicazioni – Direzione Centrale per il Personale con la circolare n. 5 del 3.2.1984, era stato affermato che la mancanza nella normativa vigente di una generale previsione di tutela degli infortuni in itinere non escludeva la loro indennizzabilità qualora le circostanze in cui essi si erano verificati fossero tali da determinare un vincolo con la prestazione dell’attività lavorativa.
Secondo la circolare stessa, tale vincolo esisteva non solo per gli infortuni occorsi al personale che, nel percorso casa – ufficio e viceversa, subisse incidenti a bordo degli stessi mezzi con i quali doveva espletare il servizio o a bordo di mezzi messi a disposizione dall’Amministrazione, ma anche per gli infortuni subiti dal personale che, per motivi di urgenza o per particolari evenienze, fosse costretto a far uso di mezzi diversi da quelli pubblici.
In tale ultima ipotesi gli organi centrali e periferici dell’Amministrazione P.T. dovevano esperire ogni utile accertamento diretto a stabilire se le esigenze e le modalità della specifica attività lavorativa fossero tali da determinare la necessità di detti mezzi; e tale accertamento avrebbe dovuto essere condotto in modo esauriente ed analitico, sì da conoscere: a) se i mezzi pubblici di trasporto coprivano l’intero percorso fra il luogo di abitazione e quello di lavoro; b) se gli orari dei servizi pubblici fossero attuali rispetto all’orario di lavoro; c) se, comunque, le condizioni del servizio pubblico fossero tali da creare rilevante disagio per il lavoratore, prolungandone oltre misura l’assenza dalla famiglia.
 
3. Dunque era la stessa Amministrazione che aveva recepito e/o elaborato criteri conformi a quelli delineati dalla giurisprudenza per valutare se l’impiego da parte del lavoratore di un mezzo di trasporto diverso da quello pubblico era da riconoscersi necessario; il che rendeva l’infortunio in itinere indennizzabile.
E, nel caso dell’infortunio occorso il 3.7.1991 al proprio dipendente P.G., era stata la stessa Amministrazione che, avendo svolto le puntuali indagini richieste dall’attuazione di tali criteri, aveva riscontrato che l’uso del mezzo pubblico comportava, nel caso, un “rilevante disagio per il lavoratore”.
 
4. E, tuttavia, con il provvedimento in data 2.4.1993 e con quello successivo di conferma in data 16.9.1993, la Direzione Centrale del Personale, contraddicendo ai criteri di valutazione da essa stessa prefissati con la circolare n. 5 del 3.2.1984 e con i chiari risultati degli accertamenti esperiti dall’ufficio G.M.I. di Pesaro, quali espressi nella nota del 12.1.1933, ha poi ingiustificatamente determinato che l’infortunio di che trattasi non doveva essere riconosciuto indennizzabile.
 
5. Tali provvedimenti sono illegittimi.
Attesa la situazione di notevole, non accettabile disagio che il sig. P.G. era costretto a sopportare per coprire il tragitto dalla propria abitazione all’ufficio G.M.I. di Pesaro e viceversa coi pubblici trasporti (necessità di prendere due mezzi pubblici; mancanza di coincidenze tra l’uno e l’altro e, pertanto, obbligo di lunghe soste tra le diverse corse; dispendio di tempo eccessivo ed estenuante, un’ora e mezzo circa rispetto ad un percorso di 10 km), l’uso di un mezzo proprio non costituiva una scelta arbitraria, compiuta per soddisfare esigenze e/o impulsi meramente egoistici e personali e tale perciò da configurare il rischio relativo come estraneo all’attività lavorativa, ovverossia non dipendente da situazioni strettamente connesse con la prestazione di lavoro (c.d. rischio generico) e quindi non coperto dall’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro; ma attuava l’unica opportunità pratica di percorrere il tragitto in tempi e con modalità tollerabili e compatibili col rispetto della dignità, della salute e delle esigenze di vita personali, familiari e sociali del lavoratore, secondo la tutela a questi accordata dagli artt. 3, 31, 32, 35 e 36 della Costituzione.

I provvedimenti stessi vanno perciò annullati.
 
6. Come si è sopra cennato, per un errore e/o un’imperfezione ostativa, essi non risultano in ricorso correttamente identificati, facendosi confusione tra gli atti di comunicazione e le determinazioni comunicate.
I provvedimenti impugnati e di cui si pronuncia l’annullamento sono, in effetti:
- la determinazione di cui alla nota del Direttore centrale del personale del Ministero delle Poste e delle Telecomunicazioni prot. DCP/5/2/3258/91/PC in data 2 aprile 1993;
- il provvedimento di conferma di cui alla nota della Direzione Centrale del Personale prot. DCP/5/2/3258/91/PC in data 16 luglio 1993.

IV) Sussistono giusti motivi per disporre l’integrale compensazione delle spese.
 
 
P.Q.M.
 
Il Tribunale Amministrativo Regionale delle Marche accoglie il ricorso n. 1309 dell’anno 1993 Reg. Gen., in epigrafe indicato, con l’annullamento degli atti impugnati, quali in motivazione esattamente individuati.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Ancona, nella camera di consiglio del giorno 20/12/2006, con l'intervento dei Magistrati:
 
 
Vincenzo Sammarco, Presidente
Giuseppe Daniele, Consigliere
Liana Tacchi, Consigliere, Estensore
          
          
L'ESTENSORE         IL PRESIDENTE
          
 
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 29/12/2009
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL SEGRETARIO