T.A.R. Piemonte, Sez. 1, 06 marzo 2015, n. 429 - Patologia del militare di leva dell'Aereonautica: ambienti contaminati e mancanza di protezioni
N. 00429/2015 REG.PROV.COLL.
N. 00309/2014 REG.RIC.
R E P U B B L I C A I T A L I A N A
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte (Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 309 del 2014, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avv. Miretta Malanot, Alessandra Cavagnetto, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Alessandra Cavagnetto in Torino, corso San Martino, 4;
contro
Ministero della Difesa, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Torino, domiciliata presso i suoi uffici, in Torino, corso Stati Uniti, 45;
per l'annullamento
I) con il ricorso principale
del decreto n. 2489/N Posizione n. 673906/A del Ministero della Difesa, Direzione Generale della Previdenza Militare e della Leva, II Reparto - 7° Divisione - 1° Sezione, a firma del Capo del II Reparto, in data 18.12.2013, notificato il 13.1.2014, con cui l'infermità sofferta dal ricorrente è stata riconosciuta non dipendente da causa di servizio ed è stata respinta per mancanza dei presupposti di legge l'istanza presentata dal ricorrente volta ad ottenere la concessione dell'equo indennizzo;
degli atti tutti antecedenti, preordinati, consequenziali e connessi, tra cui in particolare il parere del Comitato di verifica per le cause di servizio, Ministero dell'Economia e delle Finanze posizione n. 13363/2013, reso nell'adunanza n. 304/2013 in data 2.7.2013.
II) con motivi aggiunti depositati in data 30 dicembre 2014
del parere del Comitato di verifica per le cause di servizio reso nell’Adunanza n. 198/2014 in data 25 giugno 2014, depositato in giudizio in data 6 ottobre 2014, con cui è stato espresso parere negativo.
Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero della Difesa e del Ministero dell'Economia e delle Finanze; Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Visto l'art. 22 D. Lgs. 30.06.2003 n. 196, comma 8;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 19 febbraio 2015 la dott.ssa Silvana Bini e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
Fatto
1) Con atto notificato in data 13 marzo 2014 e depositato in data 25 marzo 2014, il ricorrente, militare di leva dell’Aereonautica, ha impugnato il parere del Comitato di verifica e il successivo Decreto del Ministero della Difesa, che hanno ritenuto che l’infermità sofferta dal ricorrente (Linfoma di Hodgkin’s scleronodulare stadio III Bin trattamento), non sia dipesa dal causa di servizio.
Espone di essere stato assegnato dapprima a Taranto, quindi in varie sedi, a Roma, Sora e da ultimo a Torino, alloggiando presso caserme nelle quali i tetti erano stati costruiti in materiali contenenti amianto.
Ha svolto diverse missioni all’estero, per le quali gli sono stati somministrati notevoli quantità di vaccini, con conseguente indebolimento delle barriere immunitarie.
Da aprile 2006 a novembre 2006 è stato in missione in Iraq (operazione Babilonia), senza avere alcuna licenza; in detta missione ha svolto attività di vigilanza presso la base “Camp Mittica” partecipando ad attività di bonifica delle aree, senza alcuna protezione individuale.
Duranti le frequenti esplosioni era costretto a stare per ore all’interno di piccoli rifugi, senza alcun riparo dalle polveri sottili ed ultra sottili conseguenti alle esplosioni.
Dal 20 luglio 2008 al 18 febbraio 2009 ha svolto una missione in Libano, partecipando all’operazione “Leonte”, prestando servizio nella squadra dei “disinfettori” operando nella linea blu line, tra il Libano e Israele, nonché servizio come radiofonista a Beirut.
Nel corso del 2012 gli veniva diagnosticata la patologia "-OMISSIS-”, per cui, veniva sottoposto ad un programma di polichemioterapia. Ha presentato quindi domanda di riconoscimento della dipendenza dalla causa di servizio.
La CMO di Torino con verbale del 7 marzo 2013 ha giudicato il ricorrente affetto dalla infermità -OMISSIS-, stadio III B in trattamento, ritenendola non stabilizzata.
Con parere n. 13363/2013 del 2 luglio 2013, il Comitato di verifica per le causa di servizio ha ritenuto l’infermità non dipendente da causa di servizio.
Avverso gli atti indicati in epigrafe, ha proposto il ricorso principale, per i seguenti motivi:
1) violazione e/o erronea applicazione della L. 241/90, art 10 bis;
violazione di legge; DPR n. 461/2001, violazione del DPR n. 3/1957, violazione del DPR 461/2001 e del DPR 686/1957; violazione del DPR 834/1981, delle tabelle A e B; violazione del principio di legalità, violazione dell’art 97 Cost., eccesso di potere per erronea valutazione dei presupposti in fatto e diritto, illogicità, irragionevolezza: in questo motivo sono stati i seguenti profili di illegittimità:
a) il provvedimento non è stato preceduto dal preavviso di rigetto;
b) il provvedimento è stato adottato oltre il termine di legge;
c) l’Amministrazione ha omesso di valutare i fattori specifici di rischio, evidenziati invece nelle relazioni mediche;
d) sussistono i requisiti per riconoscere l’indennizzabilità perché la menomazione è riconducibile ad una delle Tabelle A e B del DPR n. 834/1981 o comunque equivalente ad una di esse;
e) il riconoscimento della indennità non richiede la certezza di dimostrazione del nesso causale, ma spetta all’Amministrazione fornire la prova che gli specifici elementi del servizio svolto dal ricorrente non abbiano determinato l’insorgere della patologia;
f) il comitato di verifica non ha svolto alcuna istruttoria, neppure dopo la produzione documentale medica, in ordine alle cause e concause che in un soggetto di soli 32 anni possono aver provocato la malattia di cui è affetto il ricorrente;
g) da ciò consegue anche un profilo di illegittimità per difetto di motivazione.
Si è costituita la difesa erariale, depositando il nuovo parere del Comitato di verifica, reso nell’Adunanza n. 198/2014 in data 25 giugno 2014, che ha confermato il rigetto della domanda.
Con motivi aggiunti depositati il 30 dicembre 2014, parte ricorrente ha impugnato anche quest’ultimo parere, confermando i profili di illegittimità esposti nel ricorso principale.
Alla pubblica udienza del giorno 19 febbraio 2015, il ricorso passava in decisione.
Diritto
1) Il ricorrente ha impugnato i due pareri del Comitato di verifica per le causa di servizio, che hanno negato la dipendenza della patologia da lui sofferta dal servizio prestato.
Il secondo parere, confermativo del primo, si qualifica come atto del tutto nuovo in quanto è stato emesso dopo un nuovo esame della documentazione, sulla scorta di una rinnovata istruttoria e sulla base di una aggiornata motivazione; di conseguenza deve essere dichiarato improcedibile, per sopravvenuta carenza di interesse, il ricorso diretto avverso il provvedimento che, in pendenza del giudizio, sia stato sostituito dal provvedimento di conferma, innovativo e dotato di autonoma efficacia lesiva della sfera giuridica del suo destinatario e, come tale, idoneo a rendere priva di ogni utilità la pronuncia sul ricorso proposto avverso il precedente provvedimento.
2) Entrando quindi nel merito dei motivi proposti avverso il parere reso nell’Adunanza n. 198/2014 in data 25 giugno 2014, giova premettere che, per giurisprudenza costante, gli accertamenti sulla dipendenza da causa di servizio, anche in relazione all'equo indennizzo, rientrano nella discrezionalità tecnica del Comitato di Verifica per le cause di servizio, che perviene alle relative conclusioni assumendo a base le cognizioni di scienza medica e specialistica, con la conseguenza che il sindacato giurisdizionale su tali decisioni è ammesso esclusivamente nelle ipotesi di vizi logici desumibili dalla motivazione degli atti impugnati, dai quali si evidenzi la inattendibilità metodologica delle conclusioni cui è pervenuta l'Amministrazione, ovvero nelle ipotesi di irragionevolezza manifesta, palese travisamento dei fatti, omessa considerazione di circostanze di fatto, tali da poter incidere sulla valutazione finale, nonché di non correttezza dei criteri tecnici e del procedimento seguito (in termini, tra le tante, Cons. Stato, Sez. IV, 25 marzo 2014, n. 1454).
Il sindacato giurisdizionale si incentra dunque prevalentemente sul difetto di motivazione o di istruttoria inficiante il parere espresso dal Comitato di Verifica, unico organo competente, ai sensi dell'art. 11 del D.P.R. 29 ottobre 2001 n. 461 (Regolamento recante semplificazione dei procedimenti per il riconoscimento della dipendenza delle infermità da causa di servizio), ad esprimere un giudizio conclusivo circa il riconoscimento della dipendenza ontologica e giuridica di una infermità da causa di servizio.
Nel caso in esame ritiene il Collegio di dover sottolineare la particolarità della situazione: non si tratta infatti di un militare che lamenta affezioni tipiche, derivanti dalla attività usurante, o svolta all’aperto, ma di una grave patologia, insorta in un ragazzo di 32 anni, per i quali gli invocati eventi di servizio ben possono essere tali da assurgere a fattori causali e concausali efficienti e determinanti.
L'odierno "thema decidendum" concerne una problematica molto nuova e molto complessa, tutt'ora in fase di evoluzione, in tema di nesso eziologico fra le vaccinazioni, le conseguenze da esposizione ad "uranio impoverito" e l'insorgenza dei tumori, nei militari che, come il ricorrente, hanno partecipato a missioni di pace svolte dalle Forze Armate Nazionali.
Il Collegio condivide le argomentazioni svolte dal TAR Catanzaro (sez. II 02 ottobre 2014 n. 1568) che ha approfonditamente esaminato la possibile correlazione tra alcune patologie tumorali, ed in particolare-OMISSIS-e l’attività militare svolta in determinati ambienti, contaminati da uranio impoverito.
Si afferma della sentenza che “sono state svolte diverse indagini e studi da parte di organismi internazionali - sulla base dei quali sono state adottate specifiche misure di protezione dal Governo degli Stati Uniti, l'ONU e la NATO, conosciute dallo Stato Italiano sin dal 1992 (relazione di Eglin relativa alla Ricerca condotta nel 1977-78; rapporto US Army Mobility Equipmente Research and Development Command del 1979; Conferenza di Bagnoli del 1995), che hanno indotto l'ONU a vietare l'utilizzo di armi contenenti uranio impoverito (risoluzione n. 1996/16) e diversi Paesi hanno assunto misure di protezione e precauzione a favore dei militari impiegati nelle operazioni NATO (in particolare, Direttiva del Ministero della Difesa del 26.11.99).
In Italia, sono stati condotti studi epidemiologici che hanno riscontrato, tra i militari impiegati nelle missioni all'estero con esposizione a polveri di uranio impoverito, l'insorgenza del linfoma (Rapporto del 2001 della cd. Commissione Mandelli), con un tasso di correlazione statisticamente significativo, particolarmente per quanto concerne i casi di "Linfoma di Hodgkin", che hanno evidenziato numeri triplicati, rispetto a quelli attesi.
A seguito dell'entrata in vigore della Legge 28.2.2001 n. 27 ("Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 29 dicembre 2000, n. 393, recante proroga della partecipazione militare italiana a missioni internazionali di pace, nonché dei programmi delle Forze di polizia italiane in Albania"), è stata avviata, con Decreto del 2.10. 2002 del Ministero della Salute e con la Direttiva del Ministero della Difesa - Direzione Generale della sanità Militare del 23 luglio 2004, una campagna di monitoraggio sulle condizioni sanitarie dei militari impiegati nei territori interessati, i cui risultati sono riportati nella relazione della "Commissione Parlamentare d'inchiesta sui casi di morte e gravi malattie che hanno colpito il personale italiano impiegato nelle missioni militari all'estero, nei poligoni di tiro e nei siti in cui vengono stoccati munizionamenti, nonché le popolazioni civili nei teatri di conflitto e nelle zone adiacenti le basi militari sul territorio nazionale, con particolare attenzione agli effetti dell'utilizzo di proiettili all'uranio impoverito e della dispersione nell'ambiente di nanoparticelle di minerali pesanti prodotte dalle esplosioni di materiale bellico", istituita con deliberazione del Senato dell'11 ottobre 2006.
Nelle relazioni delle Commissioni Parlamentari di inchiesta, approvate nelle sedute del 12.1.2008 e del 9.1.2013, vengono richiamati i risultati dei diversi studi che hanno evidenziato gli effetti nocivi derivanti dall'esposizione all'uranio impoverito, i dati dell'Osservatorio Epidemiologico della Difesa nonché i dati dell'Istituto Superiore della Sanità, che hanno confermato le conseguenze patogene dell'esposizione a tale sostanza, l'abbassamento delle difese immunitarie indotto dai vaccini cui vengono sottoposti i militari destinati all'estero (in particolare, l'ingente numero di militari malati, ammontanti 70.000 casi, anche tra quelli mai inviati all'estero), per cui è stata ipotizzata la possibile azione concausale dei vaccini a questi somministrati, per via dell'effetto immunodeprimente.
Conseguentemente, la Commissione Parlamentare di inchiesta istituita con Deliberazione del Senato del 16.3.2010, nella relazione del 9.1.2013, ha ritenuto che gli studi in questione vadano estesi anche all'effetto di tali inquinanti nei poligoni di tiro”.
Il parere impugnato che ha escluso il nesso eziologico fra la grave infermità contratta dal ricorrente ed il servizio dallo stesso prestato, non hanno fatto alcun cenno a dati e alle indagini sopra citate.
Dati e risultati che hanno portato il legislatore a riconoscere l'esistenza del rischio specifico, correlato all'impiego nei Teatri Operativi e a prevedere la concessione di appositi benefici economici in favore del personale che abbia contratto patologie tumorali a causa dell'esposizione all'uranio impoverito ed alla dispersione nell'ambiente di nanoparticelle di minerali pesanti, prodotte da esplosione di materiale bellico (art. 1079 comma 1 del D.P.R. n. 90 del 2010 - e già con l'abrogato art. 2 D.P.R. n. 37 del 2009 emanato in attuazione dell'art. 2, commi 78 e 79 della L. n. 244 del 2007).
Oltre alla sentenza sopra citata, si devono richiamare le ulteriori decisioni relative a fattispecie caratterizzate dalla contrazione di patologie tumorali durante le missioni di pace all'estero, in cui la domanda di riconoscimento di invalidità per causa di servizio è stata accolta (in un caso simile: TAR Friuli, sent. 19.6.2014 n. 308; Cons. Stato, IV, 4 settembre 2013, n. 4440; TAR Lazio Sez. I bis, Sent., 16-08-2012, n. 7363; TAR Salerno Sez. I, Sent., 10-10-2013, n. 2034).
In particolare il Collegio condivide l’orientamento prevalente, laddove afferma che a causa dell'impossibilità di stabilire, sulla base delle attuali conoscenze scientifiche, un nesso diretto di causa-effetto, e per il riconoscimento del concorso di altri fattori collegati ai contesti fortemente degradati ed inquinati dei Teatri Operativi, non deve essere richiesta la dimostrazione dell'esistenza del nesso causale con un grado di certezza assoluta, essendo sufficiente la dimostrazione, in termini probabilistico-statistici, come indicato nella Relazione della Commissione Parlamentare di Inchiesta approvata nella seduta del 12 febbraio 2008 (allegati n. 33, pagg. 6 e 7) ed in quella approvata nella seduta del 9 gennaio 2013 (pagg. 33 e 34), con riferimento ai Teatri Operativi principali, quali i Balcani, l'Iraq, l'Afghanistan e il Libano (conf.: T.A.R. Campania Salerno Sez. I, sent. 10.10.2013, n. 2034).
Nella medesima ottica, è stato ritenuto che il verificarsi dell'evento costituisca un dato sufficiente ex se, secondo il cosiddetto "criterio di probabilità", a determinare il diritto per le vittime delle patologie e per i loro familiari agli strumenti indennitari, previsti dalla legislazione vigente in tutti quei casi in cui, accertata l'esposizione del militare all'inquinante in parola, la PA non riesca a dimostrare che essa non abbiano determinato l'insorgenza della patologia e che essa dipenda, invece, da fattori esogeni, dotati di autonoma ed esclusiva portata eziologica e determinanti per l'insorgere dell'infermità (T.A.R. Sicilia Palermo Sez. I, Sent., 10-02-2012, n. 321; T.A.R. Sicilia Palermo Sez. I, Sent., 04-03- 2014, n. 649).
Inoltre, occorre verificare se la Direttiva del Comando Generale, che prescrive che i mezzi impiegati nei TT.OO siano bonificati prima del rientro in Patria, sia stata effettivamente rispettata, poiché l'omesso apprestamento delle doverose misure di precauzione è stato posto a fondamento di numerose sentenze di accoglimento azioni risarcitorie fondate violazione degli obblighi di cui all'art. 2087 c.c. (conf.: Trib. Civ. Roma, Sez. XII, nr 19437/2010 e n. 10413/2009) e di riconoscimento della pensione privilegiata ordinaria da parte del Giudice contabile (conf.: Corte dei Conti Lazio sent. 369/13, Corte Conti, Veneto, n. 736/2010, Abruzzo n. 290/2012).
In applicazioni a questi principi, il ricorso deve essere accolto, in considerazione dell’evidente difetto di istruttoria e di motivazione: il comitato si è limitato a respingere la richiesta affermando, anche dopo il riesame, che “non vi sarebbero specifici elementi del servizio che per loro natura rilevanza ed entità ben determinata e quantificata, forniscono la prova che incombe sul richiedente di essere esclusivamente causativi ovvero prevalenti rispetto a comuni fattori morbigeni, e cioè causa o concausa efficiente e determinante della patologia in esame”.
E’ indubbio che il ricorrente abbia vissuto in ambiti contaminati e abbia svolto la missione senza le necessarie protezioni ed è fatto notorio che in quegli ambiti è presente l’uranio impoverito: vi è quindi un alto grado di probabilità che la patologia sia insorta a causa dell’esposizione alle polveri sottili e ultra sottili.
L’Amministrazione non ha dimostrato che l’attività svolta dal ricorrente non comportasse esposizione all’uranio impoverito, ovvero si svolgesse in condizioni “di sicurezza” con l’adozione di forme e sistemi di protezione, considerato che già al momento della prima missione, nel 2006, gli effetti dell’uranio impoverito erano conosciuti.
Ne consegue anche la violazione dell'obbligo generale di motivazione, dal momento che il diniego della richiesta del ricorrente non tiene conto della particolare situazione rappresentata al fine di ottenere il beneficio richiesto, né contesta le certificazioni mediche con dati scientifici.
Anche secondo un'interpretazione costituzionalmente orientata della fattispecie, in funzione della tutela del diritto alla salute, garantito dall'art. 32 Cost, deve essere disposta la rinnovazione del parere infraprocedimentale del Comitato di Verifica per le Cause di Servizio ed anche dell'istruttoria, affinché la fattispecie possa essere riesaminata, tenendo conto delle più recenti scoperte scientifiche, delle più recenti indagini sul punto, di tutta la copiosa documentazione medica versata in atti dal ricorrente, dalla sua storia clinica, della sua anamnesi personale e familiare, della sua anamnesi patologica, nonché di ogni altro elemento ritenuto opportuno.
4) Alla luce delle considerazioni svolte, il ricorso principale va dichiarato improcedibile, mentre il ricorso per motivi aggiunti va accolto, con conseguente annullamento del parere del Comitato di verifica per le cause di servizio reso nell’Adunanza n. 198/2014 in data 25 giugno 2014, facendo obbligo alla P.A. di riesaminare la fattispecie, tenendo conto delle motivazioni svolte nella presente sentenza.
Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte (Sezione Prima) definitivamente pronunciando dichiara il ricorso principale improcedibile e accoglie i motivi aggiunti e per l'effetto, annulla il provvedimento impugnato, facendo obbligo alla P.A. di riesaminare la fattispecie, come precisato in parte motiva.
Condanna l’Amministrazione resistente a liquidare a favore del ricorrente la spese di giudizio, quantificate in € 3.000,00 (tremila), oltre oneri di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Manda alla Segreteria di procedere, in qualsiasi ipotesi di diffusione del provvedimento, all'oscuramento delle generalità nonchè di qualsiasi dato idoneo a rivelare lo stato di salute delle parti o di persone comunque citate nel provvedimento.
Così deciso in Torino nella camera di consiglio del giorno 19 febbraio 2015 e del giorno 4 marzo 2015, con l'intervento dei magistrati: Lanfranco Balucani, Presidente
Silvana Bini, Consigliere, Estensore Giovanni Pescatore, Referendario
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA Il 06/03/2015
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)