Cassazione Civile, Sez. Lav., 08 aprile 2021, n. 9375 - Prestazioni previdenziali per l'infortunio in itinere. Difetto di abilitazione alla guida 


 

Presidente: BERRINO UMBERTO Relatore: CAVALLARO LUIGI
Data pubblicazione: 08/04/2021
 

Fatto


che, con sentenza depositata 1'8.10.2014, la Corte d'appello di Roma ha confermato la pronuncia di primo grado che aveva rigettato la domanda di M.A. volta a beneficiare delle prestazioni previdenziali per l'infortunio in itinere occorsogli il 24.7.2007;
che avverso tale pronuncia M.A. ha proposto ricorso per cassazione, deducendo un motivo di censura, successivamente illustrato con memoria;
che l'INAIL ha resistito con controricorso;
 

Diritto


che, con l'unico motivo di censura, il ricorrente denuncia violazione dell'art. 2, T.U. n. 1124/1965, per avere la Corte territoriale escluso l'indennizzabilità dell'infortunio in relazione al disposto dell'art. 12, d.lgs. n. 38/2000 (e cioè per difetto della prescritta abilitazione alla guida), senza considerare che, essendo egli munito di patente di grado B e C ( che lo abilitavano alla guida di autoveicoli di massa superiore a 3,5 t e di motocicli sino a 125 cc. e 11 kw di potenza) e avendo riportato l'infortunio mentre si trovava alla guida di un motociclo di 250 cc. ( e di potenza non superiore a 11 kw), la situazione in esame doveva equipararsi non a quella della guida senza patente, ma a quella di guida con patente diversa, rispetto alla quale non era configurabile alcun esonero dell'assicurazione per gli infortuni sul lavoro, analogamente a quanto affermato dalla giurisprudenza di questa Corte di legittimità in materia di clausole di esonero della responsabilità dell'assicuratore in fattispecie di sinistri derivanti dalla circolazione stradale;
che il motivo è infondato, dovendo piuttosto affermarsi che l'art. 2, T.U. n. 1124/1965, per come modificato dall'art. 12, d.lgs. n. 38/2000 (secondo il quale, per quanto qui rileva, «l'assicurazione [...] non opera nei confronti del conducente sprovvisto della prescritta abilitazione di guida»), dev'essere interpretato nel senso che la garanzia assicurativa è esclusa non solo nel caso in cui il conducente, al momento dell'infortunio, non abbia conseguito il rilascio di patente, ma altresì nel caso in cui sia munito di patente diversa da quella richiesta per il tipo di veicolo guidato, non potendo letteralmente sostenersi che, in questo secondo caso, egli si trovi in possesso della «prescritta abilitazione di guida»; che, diversamente da quanto sostenuto da parte ricorrente, contrari argomenti non possono desumersi da Cass. n. 12728 del 2010, la quale, statuendo in fattispecie di assicurazione della responsabilità civile derivante dalla circolazione di veicoli a motore, ha affermato che per "mancanza di abilitazione alla guida" deve intendersi l'assoluto difetto di patente oppure la mancanza, originaria o sopravvenuta, delle condizioni della sua validità ed efficacia, ma non anche l'inosservanza di prescrizioni o limitazioni imposte dal legislatore a carico di chi abbia un'abilitazione alla guida, implicando queste ultime non già una limitazione della validità od efficacia del titolo abilitativo, ma una ipotesi di mera illiceità della guida, atteso che tale principio di diritto è stato affermato (e si è successivamente consolidato) in fattispecie che non concernevano la guida con una patente di tipo diverso da quella prescritta per la conduzione del veicolo (che, al contrario, è stata sempre equiparata alla guida senza patente o con patente scaduta: cfr. in tal senso già Cass. n. 295 del 1979), ma piuttosto infrazioni delle norme che disciplinano il modo consentito di guidare a chi sia in possesso del legittimo titolo per farlo (come ad es. il trasporto a bordo di altra persona da parte di un conducente munito di c.d. foglio rosa o infradiciottenne, nei casi decisi da Cass. n. 12728 del 2010, cit., e da Cass. n. 20190 del 2014, oppure la guida, da parte di una persona mutilata, di una vettura priva dei necessari adattamenti tecnici richiesti per la sua condizione, nel caso deciso da Cass. n. 6403 del 2016);
che alle anzidette considerazioni, imperniate sulla lettera dell'art. 2, T.U. n. 1124/1965, per come modificato dall'art. 12, d.lgs. n. 38/2000, si può aggiungere che la ratio solidaristica che informa il sistema della sicurezza sociale impone una lettura delle disposizioni normative che valorizzi l'adempimento di quei doveri inderogabili (nel caso di specie, di prudenza) che sono richiesti ai singoli quale presupposto indefettibile per la tutela dei loro diritti (art. 2 Cost.);
che il ricorso, pertanto, va rigettato, provvedendosi come da dispositivo sulle spese del giudizio di legittimità, che seguono la soccombenza;
che, in considerazione del rigetto del ricorso, sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, previsto per il ricorso;
 

P. Q. M.
 

La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, che si liquidano in € 2.000,00, di cui € 1.800,00 per compensi, oltre spese generali in m•isura pari al 15% e accessori di legge.
Ai sensi dell'art. 13, comma l-quater, d.P.R. n. 115/2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma l-bis dello stesso art. 13.
/ Così deciso in Roma, nell'adunanza camerale dell'8.10.2020.