Cassazione Penale, Sez. 4, 15 aprile 2021, n. 14179 - Caduta di un pannello sul lavoratore. Area di rischio governata datore di lavoro e area di rischio di competenza del CSE
Presidente: MENICHETTI CARLA
Relatore: NARDIN MAURA Data Udienza: 10/12/2020
Fatto
1. Con sentenza del 7 febbraio 2019 la Corte di Appello di Venezia ha confermato la sentenza del Tribunale di Vicenza con cui S.C. è stato ritenuto responsabile del reato di cui all'art. 590, comma 2 cod. pen., per avere, nella sua qualità di titolare dell'impresa individuale S.C., cagionato a R.B., socio della Cas.Ba Impianti s.n.c., presente per effettuare lavori idraulici nel cantiere realizzato dal primo per la ristrutturazione integrale di un edificio, lesioni personali- in particolare un trauma cranico e frattura biossea dell'avambraccio sinistro- per colpa, consistita in negligenza, imprudenza ed imperizia, nonché nella violazione di norme antinfortunistiche, nella specie violazione dell'art. 122, comma 1 d.lgs. 81/2008, consentendo che le tavole dei ponteggi fossero posizionate a più di 20 cm. dall'immobile, lasciando un varco dal quale cadeva un pannello che colpiva la persona offesa, intenta, nel garage seminterrato, a pulire una griglia di scolo delle acque, per far defluire la pioggia che cadeva intensamente.
2. Il fatto materiale, come risultante dalle sentenze di merito, può essere riassunto come segue: nel cantiere edile dell'impresa individuale di S.C. , durante i lavori di ristrutturazione ed ampliamento di un edificio abitativo, commissionati dal proprietario L.M., mentre i dipendenti dell'impresa erano intenti a disarmare dei pannelli utilizzati per la realizzazione del cornicione del tetto, nel corso della movimentazione di uno di questi scivolava all'operaio N.P. ed inserendosi nell'intercapedine fra il ponteggio ed il muro perimetrale dell'edificio, precipitava dall'altezza di 7 metri, andando a colpire R.B., il quale si trovava al piano interrato, intento a pulire una griglia di scolo, che risultava ostruita, per favorire il deflusso delle acque, essendosi allagata una parte del garage seminterrato. La Cas.Ba Impianti s.n.c., di cui R.B. era socio con A.C., aveva già operato nel cantiere tre mesi prima, ed era tornata per effettuare lavori idraulici al primo piano dell'edificio. Il giorno dell'infortunio, i due soci insieme a S.C. si erano recati nel garage, ove il proprietario dell'immobile aveva collocato i propri arredi, avvedendosi dell'allagamento causato dalla forte pioggia, e verificato che l'acqua non defluiva, a causa dell'ostruzione della griglia di scolo, avevano provato a rimuoverla. Non riuscendo nel tentativo, S.C. si allontanava per chiamare i suoi dipendenti, per chiedere loro aiuto. Nel frattempo R.S. e A.C. rimanevano nel seminterrato ove il primo veniva colpito dal pannello, sfuggito all'operaio N.P. ed infilatosi nell'intercapedine fra il muro ed il ponteggio, di misura superiore a quella regolamentare (cm. 27 anziché cm. 20, come previsto dall'art. 122 d.lgs. 81/2008).
3. La sentenza della Corte territoriale, rigettando l'appello proposto da S.C. ha ritenuto: la sussistenza della violazione dell'art. 122 d.lgs. 81/2008, non solo essendo il ponteggio posto a distanza non regolamentare dal muro perimetrale dell'edificio, ma per non essere state adottate misure prevenzionali volte ad evitare la caduta di gravi, quali l'accostamento al muro del tavolato, l'apposizione di una rete o di un parasassi; la legittimità della presenza in cantiere dell'impresa Cas.Ba Impianti s.n.c., incaricata dalla committenza dell'esecuzione dei lavori idraulici; l'accordo intercorso fra, S.C., R.B. e A.C. per l'effettuazione di una visita al cantiere, al fine della verifica delle parti dell'edificio nelle quali far passare le tracce, da eseguirsi da parte dell'impresa S.C., per consentire alla Cas.Ba Impianti s.n.c di posizionare gli impianti idraulici; che la visita al garage seminterrato fosse preordinata all'esecuzione di dette opere; che il cantiere fosse stato organizzato unicamente dall'impresa di S.C., il quale aveva consentito la visita al seminterrato nella consapevolezza che quel giorno gli operai erano intenti al disarmo dei pannelli; che l'infortunio si verificò proprio sulla rampa di accesso al garage, in un punto di passaggio del cantiere.
4. Avverso la sentenza della Corte di appello di Cagliari propone ricorso S.C. affidandolo a due motivi di impugnazione.
5. Con il primo fa valere, ex art. 606, primo comma, lett.re b) ed e) la violazione della legge penale, con riferimento all'art. 122 d.lgs 81/2008, nonché il vizio di motivazione. Osserva che la Corte territoriale, pur a fronte di specifico motivo di appello con il quale si evidenziava che il pannello caduto aveva lo spessore di cm. 3, sicché il rispetto della distanza di cm. 20, di cui all'art. 122 d.lgs. 81/2008 fra il ponteggio non ne avrebbe impedito la caduta, ha insistito nel considerare sussistente il nesso causale fra l'irregolare montaggio del ponteggio e l'evento. Sottolinea che la Corte si limita a richiamare in modo aspecifico e generico la normativa tecnica, senza né approfondire le disposizioni contenute nel Piano di sicurezza e coordinamento, né avvedersi che la previsione sull'approntamento di reti o di parasassi è prevista solo per le zone di passaggio, mentre la zona in cui è avvenuto l'infortunio era zona delimitata, in cui il passaggio era interdetto a chiunque. Rileva che sul punto la Corte ha ignorato le dichiarazioni dei testi A.Z., responsabile della sicurezza di cantiere, B.S. e C.G..
6. Con il secondo motivo lamenta la falsa applicazione dell'art. 590 cod. pen. ed il vizio di motivazione in relazione alla sussistenza di profili di colpa generica. Deduce che con l'appello erano state messe in evidenza l'imprevedibilità dell'evento, nonché l'assenza di una posizione di garanzia dell'imputato in ordine al rischio concretizzatosi con l'infortunio. S.C., infatti, non rivestiva la qualità di responsabile di cantiere, essendo unicamente direttore dei lavori affidati alla sua impresa, né aveva obblighi di valutazione del rischio interferenziale o di controllo sulle altre imprese operanti nel cantiere. Assume che l'affermazione della Corte territoriale, secondo cui l'impresa individuale S.C. e la Cas.Ba Impianti s.n.c. cooperavano nella realizzazione dei lavori, è smentita dalle risultanze dibattimentali. Il direttore dei lavori A.Z., infatti, nel corso della sua testimonianza ha chiarito che l'impresa Cas. Ba Impianti non era autorizzata a lavorare nel cantiere non avendo ancora presentato la documentazione di inizio lavori, né si era mai coordinata con l'impresa S.C.. Ricorda che il committente non ha nominato il Coordinatore per la sicurezza, pur consentendo l'ingresso in cantiere di una seconda impresa, pur in mancanza della regolare procedura amministrativa, senza previo aggiornamento del P.S.C.. Rileva la contraddittorietà del ragionamento della Corte territoriale nella parte in cui, da un lato, rimarca che il cantiere era stato organizzato dall'imputato e dall'altro afferma che l'impresa S.C. stava cooperando con la Cas. Ba Impianti, posto che solo nel caso in cui la prima fosse stata l'unica impresa in cantiere il rischio delle lavorazioni sarebbe dovuto ricadere sull'imputato, mentre se le imprese erano due, il rischio, in quanto interferenziale, sarebbe dovuto rientrare nella sfera di garanzia del C.S.E., mai nominato, o, in alternativa in quella del committente, che, motu proprio, aveva consentito l'ingresso della seconda azienda. Sottolinea che sotto il profilo della prevedibilità dell'evento il comportamento tenuto dalla persona offesa doveva considerarsi abnorme, né urgente e pertanto imprevedibile, avendo egli assunto un'iniziativa del tutto estranea alle lavorazioni ed anche all'eventuale cooperazioni fra le imprese, della quale neppure aveva reso edotto l'imputato. Conclude per l'annullamento della sentenza impugnata.
7. Con requisitoria scritta il Procuratore generale presso la Corte di cassazione ha chiesto dichiararsi l'inammissibilità del ricorso.
Diritto
1. Il reato deve essere dichiarato estinto per prescrizione essendo stato commesso in data 9 dicembre 2012, sicché in assenza di cause di sospensione diverse da quelle di cui all'art. 83 comma 3-bis d.l.18/2020 conv. con l. 27/2020, il termine deve ritenersi decorso alla data del 15 luglio 2020, essendo stata disposto il rinvio dell'udienza originariamente prevista al 12 maggio 2020, ai sensi dell'art. 83, comma 7 lett. g) del medesimo decreto legge.
2. Nondimeno, l'esercizio dell'azione civile nel processo penale impone la verifica della fondatezza delle doglianze, agli effetti civili.
3. Le censure debbono essere esaminate nel loro ordine logico e trattate congiuntamente per quanto necessario.
4. Va preliminarmente analizzato il secondo motivo di doglianza con cui si assume che il rischio concretizzatosi, da qualificarsi come rischio interferenziale, astrattamente rientri nella sfera di altra figura chiamata a garantire la sicurezza del lavoro nei cantieri, inerendo agli obblighi del coordinatore per la sicurezza in fase di esecuzione, mai nominato dal committente, su cui, di conseguenza, nella prospettazione del ricorrente, ricadrebbe la responsabilità dell'infortunio.
5. Per dare una risposta al quesito formulato con la censura, senza dilungarsi su formule ampiamente condivise in giurisprudenza, conviene richiamare la ricognizione normativa e l'evoluzione giurisprudenziale tratteggiata da questa Corte sulla figura del C.S.E.. Deve cioè ricordarsi che il coordinatore per l'esecuzione nell'ambito dei cantieri temporanei o mobili che prevedano il concorso di più imprese esecutrici ricopre una posizione di garanzia che si affianca a quella degli altri soggetti destinatari della normativa antinfortunistica, spettandogli compiti di 'alta vigilanza', consistenti: a) nel controllo sulla corretta osservanza, da parte delle imprese, delle disposizioni contenute nel piano di sicurezza e di coordinamento, nonché sulla scrupolosa applicazione delle procedure di lavoro a garanzia dell'incolumità dei lavoratori; b) nella verifica dell'idoneità del piano operativo di sicurezza (POS) e nell'assicurazione della sua coerenza rispetto al piano di sicurezza e coordinamento; c) nell'adeguamento dei piani in relazione all'evoluzione dei lavori ed alle eventuali modifiche intervenute, verificando, altresì, che le imprese esecutrici adeguino i rispettivi P.O.S. (Sez. 4, n. 45862 del 14/09/2017 - dep. 05/10/2017, Prina, Rv. 271026; Sez. 4, n. 3288 del 27/09/2016 - dep. 23/01/2017, Belletti e altro, Rv. 269046; Sez. 4, n. 44977 del 12/06/2013 - dep. 07/11/2013, Lorenzi e altri, Rv. 257167).
L'alta vigilanza, in altre parole, riguarda la generale configurazione delle lavorazioni e non va confusa con quella operativa propria del datore di lavoro e delle figure che da esso ricevono poteri e doveri, quali il dirigente ed il preposto (Sez. 4, n. 18149 del 21/04/2010 - dep. 13/05/2010, Cellie e altro, Rv. 247536).
Tanto è vero che il coordinatore articola le sue funzioni in modo formalizzato e solo laddove possa verificarsi un'interferenza fra le lavorazioni, cioè un contatto rischioso fra lavoratori appartenenti ad imprese diverse che operino nello stesso luogo di lavoro.
Questa Sezione ha chiarito che "Il concetto di interferenza, ai fini dell'operatività degli obblighi di coordinamento e cooperazione previsti dall'art. 7 d.lgs. 626 del 1994 (ora art. 26 d.lgs. 9 aprile 2008, n. 81), è dato dal contatto rischioso tra il personale di imprese diverse operanti nello stesso contesto aziendale e pertanto occorre aver riguardo alla concreta interferenza tra le diverse organizzazioni, che può essere fonte di ulteriori rischi per l'incolumità dei lavoratori, e non alla mera qualificazione civilistica attribuita al rapporto tra le imprese che cooperano tra loro - vale a dire contratto d'appalto o d'opera o di somministrazione - in quanto la ratio della norma è quella di obbligare il datore di lavoro ad organizzare la prevenzione dei rischi interferenziali attivando percorsi condivisi di informazione e cooperazione nonché soluzioni comuni di problematiche complesse" (Sez. 4, n. 9167 del 01/02/2018, Verity James e altro, Rv. 273257; da ultimo, nello stesso senso Sez. 4, n. 1777 del 06/12/2018- dep. 16/01/2019, Perano Gianfranco, Rv. 275077; in precedenza: Sez. 4, n. 30557 del 07/06/2016 P.C. e altri in proc. Carfi' e altri, Rv. 267687; Sez. 4, n. 44792 del 17/06/2015, Mancini e altro, Rv. 264957).
Per distinguere, dunque, fra l'area di rischio governata dal C.S.E. e quella di competenza del datore di lavoro -o dei soggetti da lui delegati- può farsi ricorso, secondo l'elaborazione giurisprudenziale, all'ambito di intervento del C.S.E come delineato, ai sensi del disposto dell'allegato XV, dal piano di sicurezza e coordinamento, che ne determina le aree estendendole: ai rischi connessi all'area di cantiere (punto 2. 2.1.); rischi connessi all'organizzazione del cantiere (punto
2.2.2.); ai rischi connessi alle lavorazioni, nei quali sono compresi i rischi da interferenze (punto 2. 2. 3.).
Sono, quindi, esclusi i rischi specifici 'propri' dell'attività di impresa.
Il concetto di rischio specifico del datore di lavoro è, infatti, legato "alle competenze settoriali di natura tecnica, alla conoscenza delle procedure da adottare nelle singole lavorazioni o all'utilizzazione di speciali tecniche o nell'uso di determinate macchine" generalmente mancante in chi opera in settori diversi (Sez. 4, n. 31296 del 17/05/2005 - dep. 19/08/2005, Mogliani, in motivazione e con riferimento al disposto dell'art. 7 comma 3 u. p. d.lgs. 626/1994,; cfr. anche Sez. 4, n. 14440 del 05/03/2009 - dep. 02/04/2009, P.C., Ferrara e altri, Rv. 243882). E', dunque, un rischio connesso alle competenze proprie del datore di lavoro in relazione al settore di appartenenza, come si evince dalle stesse parole del legislatore che già con l'art. 7, comma 3 d.lgs. 626/1994 ed ora con l'art. 26, d.lgs. 81/2008, nel delimitare il rischio interferenziale ne ha escluso l'estensione "ai rischi specifici propri dell'attività delle imprese appaltatrici o dei singoli lavoratori autonomi" (art. 7 cit., comma 3 u.p. ed art. 26, comma 3 cit.).
Si è detto anche che il rischio specifico del datore di lavoro "è il negativo di quello affidato alle cure del coordinatore per la sicurezza" (cfr. Sez. 4, n. 3288 del 27/09/2016, Bellotti e altro, in motivazione), in qualche modo individuando 'a contrario' il contenuto del rischio specifico, rispetto a quello generico, che inerisce solo all'interferenza fra attività lavorative facenti capo ad imprese e soggetti diversi che operano nello stesso spazio lavorativo (committente ed appaltatore o imprese diverse che svolgano la loro attività nel medesimo luogo, cantiere o sede aziendale).
Il rischio generico riflette il 'contatto rischioso' fra le attività di lavoratori appartenenti ad imprese diverse operanti in un determinato contesto spaziale.
Questa premessa generale è indispensabile per qualificare la natura del rischio realizzatosi nel caso di specie, che identifica il titolare della posizione di garanzia che quel rischio doveva prevedere ed evitare.
Ora, l'allegato XV al punto 2.2.3, stabilendo che al C.S.E. spetti il compito di suddividere le singole lavorazioni in fasi di lavoro e, quando la complessità dell'opera lo richiede, in sottofasi di lavoro" al fine di eseguire "l'analisi dei rischi presenti, con riferimento all'area e alla organizzazione del cantiere, alle lavorazioni e alle loro interferenze, ad esclusione di quelli specifici propri dell'attività dell'impresa", indica alcuni fra i rischi che formano oggetto delle prescrizioni di competenza del C.S.E. e degli obblighi sul medesimo incombenti, ai sensi dell'art. 92 d.lgs. 81/2008.
Nondimeno, come è stato già sottolineato in altra occasione (Sez. 4, n. 3288 del 27/09/2016, Bellotti e altro, in motivazione), i rischi indicati al punto 2.2.3 dell'allegato XV, non sono necessariamente rischi generici di competenza del C.S.E., ben potendo detti rischi realizzarsi al di fuori degli ambiti di interferenza fra lavorazioni, qualora costituiscano espressione concreta di rischi specifici del datore di lavoro. Ciò che connota la specificità o la genericità del rischio, così individuandone anche il garante, infatti, è la sua derivazione dall'interazione delle lavorazioni nel cantiere (o comunque nello spazio lavorativo ove operi più di un'impresa). Laddove siffatta interazione non ci sia ed il rischio, pur elencato dal punto 2.2.3 dell'allegato XV, si realizzi all'interno della sfera di competenza del singolo datore di lavoro -inerendo alla sua attività, ai macchinari da lui usati, alle procedure seguite nella sua produzione- esso va qualificato come 'rischio specifico' estraneo all'ambito di intervento del C.S.E..
6. Ecco, dunque, che per determinare l'estensione della posizione di garanzia occorre prima inquadrare la natura del rischio, verificando in concreto se la sua realizzazione sia conseguenza di un'attività riconducibile all'interferenza fra l'opera di più imprese o se, invece, essa inerisca all'esclusiva attività della singola impresa.
7. Ora, la Corte territoriale, e prima e più diffusamente il giudice di primo grado, chiariscono che l'infortunio è intervenuto in un'area del cantiere predisposto dall'impresa S.C., ed in particolare al di sotto di un ponteggio sovrastante l'ingresso del sottopiano, adibito a garage, al di sopra del quale i dipendenti dell'imputato stavano svolgendo un'opera di disarmo di pannelli. Si trattava, secondo entrambe le sentenze di merito, di una zona che, conducendo al sottopiano, era aperta al passaggio, potendosi accedere al garage solo passando al di sotto del ponteggio.
Siffatta ultima circostanza è contestata dal ricorrente, che addebita alla Corte di avere omesso di tenere in considerazione le dichiarazioni dei testi B.S., C.G. ed A.Z., responsabile della sicurezza, che hanno affermato che la zona era chiusa al passaggio, in quanto delimitata ed interdetta.
Ebbene, la questione relativa all'apertura o chiusura dell'area, da cui, da un lato, la Corte e dall'altro l'imputato traggono diverse conseguenze in relazione alla regola prevenzionistica applicabile (obbligo di apposizione di reti o parasassi, o semplice interdizione al passaggio), si rivela, come si vedrà fra breve, di scarso rilievo.
8. I giudici del merito di entrambi i gradi di giudizio, inoltre, ricostruendo l'accaduto, hanno chiarito che il giorno dell'infortunio R.B. e A.C. scesero insieme con S.C., al sottopiano, per valutare con questi gli interventi di assistenza muraria da effettuare in relazione agli impianti idrici da realizzarsi dalla Cas.ba Impianti di cui i primi erano soci. Ad un certo punto, accortisi dell'allagamento del garage -nel quale erano riposte suppellettili del proprietario dell'immobile-committente dei lavori- R.B. e A.C. tentarono di sollevare la griglia collocata all'altezza della porta del garage, al fine di far refluire l'acqua piovana che si era accumulata, a causa della pioggia battente, mentre S.C., essendo fallito il tentativo di aprire la griglia, risalì per chiedere aiuto ai suoi operai.
La ricostruzione degli avvenimenti non è stata contraddetta dall'imputato, se non con riferimento all'apertura al passaggio dell'area in cui l'infortunio si verificò.
9. Ciò che, comunque, emerge dalle sentenze -e che non è stato contestato dall'imputato- è che S.C. accompagnò R.B. e A.C. sino al sottopiano, ed indi, allorquando constatò l'allagamento, decise di collaborare con loro per risolvere la situazione creatasi, tanto che risalì per chiedere aiuto, al fine di sbloccare la griglia dalla quale le acque non riuscivano a refluire. Sol che, nel frattempo, il pannello maneggiato dal dipendente di S.C., che si trovava sul ponteggio, cadde, infilandosi nell'intercapedine fra il tavolato ed il muro, colpendo R.B. sulla testa e su un braccio.
In una situazione come quella descritta, dunque, il rischio realizzatosi non è derivato da opere che 'interagiscono con il cantiere' e che come tali non rientranti fra i rischi specifici del datore di lavoro, ma dalla deliberazione dell'imputato di raggiungere un'area collocata al di sotto di un ponteggio, sul quale operavano dei lavoratori che provvedevano ad opere di disarmo di pannelli, ivi conducendovi la parte offesa ed il suo socio.
10. Ora, se l'area fosse stata aperta al passaggio, come ritenuto dai giudici di merito, allora il ponteggio avrebbe dovuto essere dotato di misure cautelative idonee ad evitare la caduta di oggetti e materiale, quali reti o parasassi, oppure avrebbe, come sostenuto dalla Corte territoriale, essere costruito in modo tale da non consentire il passaggio di cose nell'intercapedine fra il tavolato ed il muro. Ma, se l'area non fosse stata aperta al passaggio, come sostenuto dall'imputato, in quanto delimitata ed interdetta, egli non avrebbe dovuto condurre R.B. e A.C. al suo interno, ben sapendo che, qualificandola come area interdetta al pubblico, egli non aveva approntato le cautele appena richiamate, tanto più quando sul ponteggio sovrastante i suoi dipendenti stavano affrontando l'opera di smontaggio dei pannelli.
11. In entrambi i casi, dunque, il rischio si è realizzato non in relazione all'interazione fra due attività entrambe presentì nel cantiere, ma solo per la mancata predisposizione di cautele idonee ad evitare la caduta di materiali da parte di S.C., il quale, nella consapevolezza di non averle predisposte ha comunque condotto terze persone sotto il ponteggio, da lui montato, al di sopra quale i suoi operai stavano disarmando dei pannelli di misura idonea ad infilarsi nell'intercapedine fra il muro ed il ponteggio.
12. Ciò esime dalla ogni ulteriore considerazione circa la fondatezza del primo motivo di impugnazione, che deve ritenersi assorbito.
13. Il ricorso deve, pertanto, essere rigettato agli effetti civili.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata agli affetti penali perché il reato è estinto per prescrizione. Rigetta il ricorso agli effetti civili.