Cassazione Penale, Sez. 7, 18 maggio 2021, n. 19452 - Violazioni in materia di sicurezza. Speciale albo dei professionisti abilitati al patrocinio dinanzi le giurisdizioni superiori


 

Presidente: SARNO GIULIO
Relatore: LIBERATI GIOVANNI
Data Udienza: 09/04/2021
 

 

Fatto


Con la sentenza indicata in epigrafe il Tribunale di Brescia ha condannato B.M.T. alla pena di euro 7.000 di ammenda in relazione a quattro violazioni alle norme in materia di igiene e sicurezza del lavoro di cui al d.lgs. n. 81 del 2008.
Avverso tale sentenza l'imputato ha proposto, per il tramite dell'Avvocato Giulio R. del Foro di Brescia appello, convertito in ricorso per cassazione trattandosi di sentenza non appellabile, lamentando l'insufficienza della prova della commissione da parte sua del fatto e il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche.
 

 

Diritto


Il ricorso, proposto nell'interesse dell'imputato dall'Avvocato Giulio R., del Foro di Brescia, è inammissibile, a causa della mancata iscrizione di tale difensore nell'albo speciale di cui all'art. 613 cod. proc. pen., non rilevando che l'appello sia stato convertito in ricorso per cassazione.
E' giurisprudenza consolidata di questa Corte, invero, che "alla regola secondo cui il ricorso per cassazione è inammissibile qualora i motivi siano sottoscritti da avvocato non iscritto nello speciale albo dei professionisti abilitati al patrocinio dinanzi le giurisdizioni superiori, non è prevista deroga per il caso di appello convertito in ricorso. In caso diverso verrebbero elusi in favore di chi abbia erroneamente qualificato il ricorso obblighi sanzionati per chi abbia proposto l'esatto mezzo di impugnazione" (cfr., ex multis, Sez. 3, n. 2233 del 14/07/1998, Allegretti, Rv. 211855; Sez. 5, n. 23697 del 29/04/2003, Gentile, Rv. 224549; Sez. 3, n. 48492 del 13/11/2013, Scolaro, Rv. 258000; Sez. 3, n. 19203 del 15/03/2017, Mezei, Rv. 269690).
L'inammissibilità originaria del ricorso esclude il rilievo della eventuale prescrizione verificatasi successivamente alla sentenza impugnata, giacché detta inammissibilità impedisce la costituzione di un valido rapporto processuale di impugnazione innanzi al giudice di legittimità, e preclude l'apprezzamento di una eventuale causa di estinzione del reato intervenuta successivamente alla decisione impugnata (Sez. un., 22 novembre 2000, n. 32, De Luca, Rv. 217266; conformi, Sez. un., 2/3/2005, n. 23428, Bracale, Rv. 231164, e Sez. un., 28/2/2008, n. 19601, Niccoli, Rv. 239400; in ultimo Sez. 2, n. 28848 del 8.5.2013, Rv. 256463; Sez. 2, n. 53663 del 20/11/2014, Rasizzi Scalera, Rv. 261616; nonché Sez. U, n. 6903 del 27/05/2016, dep. 14/02/2017, Aiello, Rv. 268966).
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, ex art. 616 cod. proc. pen., non potendosi escludere che essa sia ascrivibile a colpa del ricorrente (Corte Cost. sentenza 7 - 13 giugno 2000, n. 186), l'onere delle spese del procedimento, nonché del versamento di una somma in favore della Cassa delle Ammende, che si determina equitativamente, in ragione dei motivi dedotti, nella misura di euro 3.000,00.
 

P.Q.M.

 


Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 9 aprile 2021