Cassazione Penale, Sez. 4, 08 giugno 2021, n. 22280 - Omicidio colposo, disastro colposo e lesioni colpose


 

Presidente: DI SALVO EMANUELE
Relatore: CAPPELLO GABRIELLA
Data Udienza: 13/05/2021
 

Fatto



1. Il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Bari ha applicato, su concorde richiesta delle parti, a B.A. la pena di anni quattro di reclusione per più ipotesi di omicidio colposo, disastro colposo e lesioni colpose ai danni di numerose persone offese, dichiarandolo interdetto dai pubblici uffici per la durata di anni cinque e condannandolo alla rifusione delle spese di costituzione e rappresentanza in giudizio delle parti civili costituite, liquidate per ciascuna nei termini di cui al dispositivo.

2. Avverso la sentenza ha proposto ricorso l'imputato con proprio difensore, formulando due motivi.
Con il primo, ha dedotto violazione di legge con riferimento alla pena accessoria della interdizione dai pubblici uffici, sotto due distinti profili: all'imputato erano stati contestati solo reati colposi, in spregio del divieto di cui all'art. 33 c. 1 cod. pen.; in ogni caso, la pena cui commisurare quella accessoria sarebbe quella in concreto determinata per il reato più grave (nel caso di specie inferiore ai tre anni, una volta operata la riduzione per le circostanze attenuanti e per il rito, senza tener conto degli aumenti ai sensi dell'art. 81 cod. pen.), tale dunque da non consentire la irrogazione della pena accessoria di cui all'art. 29 cod. pen.
Con il secondo motivo, ha dedotto violazione di legge e inosservanza ed erronea applicazione degli artt. 1 e 12 del d.m. 55/2014 e succ. mod., avuto riguardo al capo della sentenza concernente la condanna del B.A. al pagamento delle spese di costituzione e rappresentanza in giudizio delle parti civili, rilevando il difetto di motivazione sulla quantificazione di esse, con riferimento a una parte della statuizione, estranea all'accordo, e censurando singole voci della liquidazione.
In particolare, ha rilevato che il richiamo ai valori medi costituisce motivazione solo apparente, non avendo il giudice dato conto dei singoli parametri di cui all'art. 12 del citato d.m., ciò che sarebbe ancora più evidente con riferimento alla "fase decisoria", in relazione all'attività posta in essere dalle parti, limitatesi alla mera presenza, senza discussione, non
· avendo le parti civili neppure depositato memorie. Sotto altro profilo, ha rilevato il difetto di motivazione in ordine all'aumento del 30% ai sensi dell'art. 12 c. 2, decreto citato (assistenza di più soggetti) e alla sua misura, soprattutto con riferimento alla fase decisionale.

3. Il Procuratore generale, in persona del sostituto Pietro M., ha rassegnato conclusioni scritte, con le quali ha chiesto l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata, con riferimento alla sola statuizione di condanna alla pena accessoria dell'interdizione dai pubblici uffici per la durata di anni cinque e il rigetto nel resto del ricorso.

 

Diritto
 


1. In via preliminare, deve rilevarsi l'ammissibilità del ricorso ai sensi dell'art. 448 c. 2 bis cod. pen., nonostante abbia a oggetto una sentenza di applicazione pena, atteso che con esso la parte ha dedotto vizi afferenti a statuizioni estranee all'accordo. Il che è coerente anche con quanto affermato dal Supremo collegio di questa Corte di legittimità, sia pure con riferimento alle ipotesi di impugnazione riguardante le sanzioni amministrative accessorie e le misure di sicurezza.

2. Ciò posto, il ricorso va accolto limitatamente alla irrogazione della pena accessoria, ravvisandosi la dedotta violazione di legge, e rigettato nel resto.

3. L'art. 33 cod. pen., infatti, espressamente esclude l'applicabilità dell' art. 29 (casi nei quali alla condanna segue la interdizione dai pubblici uffici) e del secondo capoverso dell'art. 32 (interdizione legale in ipotesi di condanna a pene temporanee) nel caso di condanna per delitto colposo, limitando quella dell'art. 31 (condanna per delitti commessi con abuso di pubblico ufficio, professione o arte) alle ipotesi di condanna per delitto colposo a pena inferiore a tre anni di reclusione o alla sola pena pecuniaria. Ne consegue la illegalità della pena accessoria irrogata e l'annullamento senza rinvio della sentenza sul punto specifico.

4. Il secondo motivo è, invece, infondato.
Il giudice, nel determinare la liquidazione delle spese in favore delle costituite parti civili, ha indicato espressamente il criterio seguito (valori medi, ovvero minor misura richiesta dal difensore in nota spese), facendo applicazione dei criteri fissati dal d.m. 55/2014 e specificando i singoli importi in relazione alle diverse fasi (studio, introduttiva e decisoria); ha, dunque, operato l'aumento del 30% per ogni posizione aggiuntiva previsto per i casi di difensori che assistono più persone aventi la stessa posizione processuale, nei termini analiticamente indicati per ciascuna posizione.
Trattasi di motivazione non apparente, oltre che congrua in relazione ai criteri di riferimento, avendo il giudice indicato anche l'attività svolta per le fasi introduttiva e decisoria e, per quest'ultima, la presenza all'udienza camerale di ammissione del rito e emissione della sentenza.
Peraltro, con specifico riferimento a tale fase, oggetto di particolare attenzione da parte ricorrente, le censure sono ancor più infondate.
Se è acquisito, ormai, il principio secondo cui è ricorribile per cassazione la sentenza di patteggiamento nella parte relativa alla condanna alla rifusione delle spese di parte civile, in particolare per quanto attiene alla legalità della somma liquidata e alla esistenza di una corretta motivazione sul punto, una volta che sulla relativa richiesta, proposta all'udienza di discussione, nulla sia stato eccepito (cfr. Sez. U. n. 40288 del 14/07/2011, Tizzi e altro, Rv. 250680), atteso che la domanda di liquidazione di esse è estranea, come sopra già precisato, all'accordo ed è oggetto di un autonomo capo della sentenza che deve essere adeguatamente motivato sulle singole voci riferibili all'attività svolta e alla congruità delle somme liquidate (cfr. sez. 4 n. 6538 del 09/01/2018, Calderan, Rv. 272342), è anche vero che è del tutto legittimo il provvedimento del giudice che, nell'applicare la pena richiesta e condannare l'imputato al pagamento delle spese processuali in favore della parte civile, liquidi un compenso professionale in favore di questa anche per la fase decisoria, a nulla rilevando che il difensore, pur presente in udienza, non abbia svolto attività specifica (cfr. sez. 5 n. 48375 del 19/09/2014, Gomis, Rv. 262099).
Trattasi di un principio che, contrariamente a quanto oppone la difesa, è stato anche successivamente sviluppato dal giudice di legittimità.
La rimborsabilità delle spese di difesa sostenute dalla parte civile nei processi definiti con applicazione della pena (art. 444 co. 2 cod. proc. pen.), in procedimenti, quindi, che non giovano in alcun modo alla parte civile, non avendo la relativa sentenza efficacia nei giudizi civili o amministrativi (art. 445 cod. proc. pen.) è stata, infatti, ritenuta elemento di conferma della adeguatezza sistematica della previsione di un ristoro dell'azione di difesa, svolta dalla parte civile nel processo penale, a prescindere dal successivo esito dell'eventuale causa civile, quando vi sia un'indicazione normativa in tal senso. La stessa facoltà di compensazione, peraltro, costituisce ulteriore conferma del dovere di provvedere sin dalla sede penale sul punto (cfr. in motivazione, sez. 6 n. 27817 del 30/04/2015, Laudonio).
Lo stesso dicasi quanto all'incremento per le posizioni soggettive plurime. E' demandato al potere discrezionale del giudice di merito stabilire, di volta in volta, l'aumento dell'unico onorario in caso di assistenza e difesa di più parti aventi la stessa posizione processuale (cfr. sez. 4 n. 56685 del 23/10/2018, Colomb Baretti Francoise Jeanne e/Etienne Olivier Jean, Rv. 274769) e, nella specie, l'esercizio di tale potere discrezionale si sottrae alle censure dedotte dalla difesa. Il giudice, infatti, si è affidato ai parametri di legge, operando una liquidazione già contenuta entro i valori medi; ha espressamente considerato l'impegno concreto dei difensori, in un procedimento avente ad oggetto una imputazione per disastro colposo cui hanno fatto seguito numerosi decessi, con espletamento di numerose consulenze, sia medico legali, che genetiche, ma anche in tema di sicurezza sul lavoro e chimica degli esplosivi (vedi motivazione riguardante l'assenza di elementi per addivenire a una pronuncia ai sensi dell'art. 129 codice di rito).
4. In conclusione, la sentenza deve essere annullata senza rinvio limitatamente alla pena accessoria e la relativa statuizione deve essere revocata in questa sede, con rigetto nel resto.
 

P.Q.M.
 

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente all'applicazione della pena accessoria dell'interdizione dai pubblici uffici per la durata di anni cinque, statuizione che elimina. Rigetta nel resto il ricorso.
Deciso il 13 maggio 2021