Cassazione Civile, Sez. 6, 17 giugno 2021, n. 17351 - Utilizzo di una motozappa vecchia e priva di sistemi antinfortunistici sul fondo agricolo dell'amico
Presidente: PONTERIO CARLA
Relatore: BOGHETICH ELENA Data pubblicazione: 17/06/2021
Rilevato che
1. Con sentenza n. 3169 depositata il 22.5.2019 la Corte di appello di Napoli, confermando la pronuncia del giudice di primo grado, ha respinto la domanda proposta da Z.V.M. nei confronti di INAIL, N.R., P.M. e. V.M., C.DI. per l'accertamento della natura di infortunio sul lavoro dell'incidente subito in data 19/6/2009 e la conseguente condanna dell'ente previdenziale alla corresponsione della rendita per inabilità permanente in misura del 100% e degli altri convenuti al risarcimento del danno differenziale, ovvero, in via subordinata, per l'accertamento della responsabilità dei convenuti ex artt. 2043, 2050 e 2051 c.c.
2. La Corte territoriale rilevava che correttamente il primo giudice, alla luce delle risultanze istruttorie, aveva escluso la qualificazione dell'incidente come infortunio sul lavoro in quanto non avvenuto in occasione dello svolgimento della prestazione lavorativa subordinata; invero, era risultato che lo Z.V.M. aveva lavorato con una motozappa sul fondo agricolo di proprietà di N.R. (gestito dalla nonna della stessa, C.DI.) del tutto volontariamente, in virtù di rapporti di amicizia esistenti con la stessa C.DI. e con V.M.; conseguentemente tale attività agricola non aveva alcuna attinenza con la prestazione oggetto del rapporto di lavoro subordinato intercorrente con la ditta Edil Service di P.M. (cogestita altresì da V. M.). La Corte ha, altresì, aggiunto che nessuna responsabilità poteva rinvenirsi ai sensi dell'art. 2050 c.c. in quanto, pur se l'utilizzo del mezzo meccanico adoperato rappresentava sicuramente un'attività pericolosa, era risultato insussistente il nesso di causalità tra l'esercizio dell'attività e il verificarsi dell'incidente, provocato esclusivamente dallo scorretto utilizzo da parte dello Z.V.M..
3. avverso la sentenza ha proposto ricorso lo Z.V.M., articolato in sei motivi, cui ha opposto difese l'INAlL con controricorso; le altre parti non hanno svolto difese;
4. la proposta del relatore è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell'udienza, ai sensi dell'articolo 380 bis cod.proc.civ.
Considerato che
1. Con i primi quattro motivi di ricorso si denunzia violazione degli artt. 112,115,116,132 c.p.c., 118 disp.att., 24 e 111 Cost., 2059 c.c., nullità della sentenza, violazione compromissione del diritto di difesa, omessa valutazione e ammissione della richiesta di rinnovazione dell'escussione dei testimoni, omessa indagine, mancata valutazione di risultanze processuali di evidente rilevanza (in relazione all'art. 360, primo comma, nn. 3, 4 e 5, C.p.c.) avendo, la Corte territoriale, trascurato di rinnovare l'esame del teste Angelo M. (escluso in primo grado), di escutere il teste P.S., di valutare correttamente la deposizione del teste C. laddove chiariva che vedeva spesso lo Z.V.M. lavorare sul fondo agricolo ove l'incidente è avvenuto, mezzi di prova che avrebbero certamente consentito di accertare lo svolgimento di attività di lavoro subordinato per l'azienda edile ove lo Z.V.M. lavorava. Il rapporto di lavoro subordinato era documentato ed accertato sulla base dei documenti prodotti, delle deposizioni testimoniali, delle dichiarazioni di parte, degli accertamenti delle autorità ispettive e il giudice del merito ha del tutto omesso, se non in maniera superficiale, l'indagine, trascurando altresì che l'incidente era avvenuto durante l'orario di lavoro.
2. Con il quinto motivo si denunzia nullità della sentenza per omessa pronuncia sulla domanda formulata, in via subordinata, dall'originario ricorrente ex artt. 2043 e 2051 c.c. (in relazione all'art. 360, primo comma, n. 4, C.p.c.) avendo, la Corte territoriale, omesso qualsiasi pronuncia sulla responsabilità extra contrattuale dei convenuti sia in via generale (ex art. 2043 cod.civ.) sia derivante da cose in custodia (ex art 2051 cod.civ.).
3. Con il sesto motivo si denunzia violazione degli artt. 1227, 2043, 2050 c.c. e 112,115,116 c.p.c. nonché 41-45, 68-73 del d.P.R. n. 547 del 1955, 36 del d.lgs. n. 626 del 1994,40 e 41 c.p. (in relazione all'art. 360, primo comma, n. 3, C.p.c.) avendo, la Corte territoriale, trascurato che la responsabilità per attività pericolose di cui all'art. 2050 c.c. ha natura oggettiva e sussiste sulla base del solo nesso causale, a prescindere da qualsiasi rimprovero in termini di colpa che possa essere mosso all'esercente l'attività stessa. Nel caso di specie il mezzo agricolo era di proprietà di C.DI., messo a disposizione da V.M. per essere utilizzato sul fondo agricolo di proprietà di N.R.; l'attività di lavorazione del terreno, posta in essere dai resistenti mediante l'impiego di una rudimentale macchina agricola e pacificamente priva dei sistemi antinfortunistici, arresto di emergenza di protezione delle parti meccaniche in movimento, era un'attività oggettivamente pericolosa per i mezzi utilizzati e per le modalità di svolgimento e non era sufficiente - per vincere la presunzione di colpa- provare che il danno fosse imprevedibile ma era necessario dimostrare che erano state adottate le misure di prevenzione necessarie.
4. I primi quattro motivi sono inammissibili.
I motivi appaiono inammissibile in quanto si sostanziano, anche laddove denunciano la violazione di norme di diritto, in un vizio di motivazione formulato in modo non coerente allo schema legale del nuovo art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, applicabile ratione temporis alla fattispecie in esame.
Come più volte precisato da questa Corte, il vizio di violazione di legge coincide con l'errore interpretativo, cioè con l'erronea individuazione della norma regolatrice della fattispecie o con la comprensione errata della sua portata precettiva; la falsa applicazione di norme di diritto ricorre quando la disposizione normativa, interpretata correttamente, sia applicata ad una fattispecie concreta in essa erroneamente sussunta. Al contrario, l'erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa è esterna all'interpretazione della norma e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, la cui censura è possibile, in sede di legittimità, solo sotto l'aspetto del vizio di motivazione (cfr. Cass. n. 26272 del 2017; Cass. n. 9217 del 2016; Cass. n. 195 del 2016; Cass. n. 26110 del 2015; n. 26307 del 2014). Solo quest'ultima censura è mediata dalla contestata valutazione delle risultanze di causa.
Nel caso di specie, le censure investono tutte la valutazione delle prove come operata dalla Corte di merito, e si sostanziano, attraverso il richiamo al contenuto dei documenti prodotti e delle deposizioni testimoniali, in una richiesta di rivisitazione del materiale istruttorio (quanto alla dinamica dell'infortunio e al collegamento con il rapporto di lavoro intrattenuto con la Edil Service) non consentita in questa sede di legittimità, a maggior ragione in virtù del nuovo testo dell'art. 360, primo comma, n. 5 c.p.c.
L'escussione di testimoni non escussi in primo grado o il riesame di testimoni già interrogati, al fine di chiarire la loro deposizione, implica, poi, un discrezionale apprezzamento del giudice del merito, incensurabile in sede di legittimità (Cass. n. 2808 del 1994, Cass. n. 9029 del 1991); il mancato esercizio di tale facoltà non comporta obbligo di motivazione, la cui mancanza quindi non configura un vizio di omesso esame, bensì solo un'implicita dichiarazione di esclusione dell'indispensabilità della rinnovazione della prova (Cass. n. 384 del 1990).
5. Il quinto motivo ed il sesto motivo sono manifestamente fondati.
La Corte territoriale, pur dando atto della proposizione di una domanda di responsabilità a titolo extracontrattuale, per l'esercizio di attività pericolosa e per danni cagionati da cose in custodia (ex artt. 2043, 2050, 2051 cod.civ.) e pur rilevando la natura pericolosa dell'attività di fresatura del terreno agricolo tramite una motozappa "vecchia e priva di sistemi antinfortunistici", ha ritenuto interrotto il nesso di causalità tra comportamento-fatto ed effetto-danno in considerazione della condotta della vittima, in particolare in considerazione dello "scorretto utilizzo da parte dello Z.V.M. che, inserendo la retromarcia, aveva mutato la direzione di movimento delle lame, ma poi non ne aveva tenuto conto, evidentemente distraendosi, per cui le lame si erano impigliate nel lembo inferiore dei suoi pantaloni trascinandolo sotto il mezzo meccanico".
Questa Corte ha ripetutamente affermato che lo spettro di indagine del rapporto di causalità materiale nell'ambito della responsabilità extracontrattuale si muove nell'ambito della c.d. teoria della causalità adeguata o di quella similare della c.d. regolarità causale per cui occorre dare rilievo (solo) alle serie causali che ex ante non appaiano del tutto inverosimili, ma che si presentino come effetto non del tutto imprevedibile.
In tale contesto, anche il fatto del danneggiato può venire in rilievo (sia in ipotesi di responsabilità ex art. 2043 cod. civ. che di quella ex art. 2051 cod.civ.) ai fini della verifica di sussistenza del nesso di causa tra condotta del danneggiante ed evento dannoso, ed essere, quindi sia fattore concorrente nella produzione del danno ex art. 1227, primo comma, cod.civ., sia fattore idoneo - in base ad un ordine crescente di gravità - ad elidere il nesso eziologico anzidetto, in base ad un giudizio improntato al principio di regolarità causale (cfr. in tema, Cass. n. 9009 del 2015, Cass. n. 2483 del 2018). Invero, la condotta della vittima può anche assumere efficacia causale esclusiva, ma soltanto ove possa qualificarsi come estranea al novero delle possibilità fattuali congruamente prevedibili in relazione al contesto.
Inoltre, questa Corte ha affermato altresì che la prova che il creditore danneggiato avrebbe potuto evitare i danni dei quali chiede il risarcimento usando l'ordinaria diligenza deve essere fornita dal debitore-danneggiante che pretende di non risarcirlo, in tutto o in parte (Cass. n. 23148 del 2014).
Ebbene, il giudice del merito pur sottolineando l'utilizzo, da parte dello Z.V.M., di un macchinario inefficiente e privo delle tutele antinfortunistiche, ha concentrato il giudizio sull'efficienza causale esclusivamente sulla responsabilità concorrente del danneggiato, trascurando totalmente ogni indagine sulla questione rilevante ai fini della decisione ossia quella dell'accertamento e della valutazione dell'esistenza di una eventuale incidenza causale della condotta tenuta da coloro che hanno consegnato alla vittima uno strumento ritenuto - secondo un accertamento insindacabile in questa sede di legittimità - inefficiente e pericoloso al fine di effettuare un impegnativo lavoro agricolo.
Le doglianze del ricorrente colgono, pertanto, nel segno là dove evidenziano la mancata valutazione, ai sensi dell'art. 2087 cod.civ. e del d.lgs. n. 81 del 2008, dell'efficienza causale della mancata adozione delle misure di sicurezza che le leggi dell'arte e la comune prudenza avrebbero imposto nel caso concreto, con particolare riferimento ai sistemi di sicurezza di cui gli strumenti meccanici affidati al lavoratore dovevano essere dotati. Tale accertamento - in relazione alle evocate fattispecie legali di responsabilità ex artt. 2043 e 2051 - è del tutto mancato nella sentenza di merito.
6. In conclusione, vanno accolti il quinto ed il sesto motivo di ricorso, dichiarati inammissibili i primi quattro motivi; la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio alla Corte d'appello di Napoli, in diversa compos1210ne, che s1 atterrà, nell'esame della responsabilità extracontrattuale, ai principi innanzi esposti.
P.Q.M.
La Corte accoglie il quinto ed il sesto motivo di ricorso, dichiara inammissibili i primi quattro motivi di ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d'appello di Napoli, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sesta Sezione civile della Corte di cassazione, addì 21 aprile 2021.