Tribunale di Vibo Valentia, Sez. Civ., 26 maggio 2021, n. 346 - Condotte estromettenti subite dal dipendente pubblico. Straining o mobbing
Tribunale ordinario di Vibo Valentia
Settore Lavoro e Previdenza
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale ordinario di Vibo Valentia, nella persona del Giudice del Lavoro e della Previdenza Ilario Nasse, ha emesso la seguente
sentenza
nel procedimento iscritto al n. 243 del Reg. Gen. dell'anno 2010, riservato in decisione - previa trattazione scritta - nella data del 26 maggio 2021, e vertente tra LP (C.F.: X - rappresentato e difeso, per procura in calce al ricorso introduttivo, dall'avvocato GDM , del Foro X ), e la Provincia di X , in persona del rappresentante legale pro tempore (C.F.: X I - rappresentata e difesa, per procura a margine della memoria di costituzione, dall'avvocata Anna F., del Foro di X ).
1. Il ricorso è fondato.
2. L. adisce questo Tribunale per sentirlo condannare l'Amministrazione convenuta alla rifusione del danno - patrimoniale e non patrimoniale - scaturito dalle condotte estromettenti subite dall'esponente a partire quantomeno dal 2006.
2.1. A questo proposito il dipendente pubblico - assunto dalla Regione X con delibera giuntale del X 1990 (con qualifica di funzionario e inquadramento nell'ottavo livello funzionale), trasferito alla Regione X con delibera giuntale del X , 1994 e decorrenza dal primo marzo antecedente, ivi incaricato della responsabilità dell'ufficio vibonese della Regione posto a difesa del suolo, delle coste e delle acque, e distaccato da quest'ultima Regione alla Provincia di X con nota del X 2005 e a valere dal primo gennaio 2006 - riferisce di esser stato progressivamente spogliato delle sue attribuzioni, mantenuto in una condizione di forzata e prolungata inattività, e reso destinatario di atteggiamenti sprezzanti e provocatori da parte dei dirigenti incardinati presso l'Amministrazione provinciale di suo tramutamento.
3. L'Ente pubblico contesta la ricostruzione del ricorrente, sostenendo come le doglianze avversarie risultino pretestuose e comunque influenzate dalla predisposizione del lavoratore all'esasperazione delle fisiologiche problematiche lavorative emergenti nel contesto di un ufficio pubblico, rimarcando la mancata esternazione - da parte di L. e all'indirizzo dell'Amministrazione stessa - di formali censure in ordine al comportamento e alle umiliazioni asseritamente subiti dall'ingegnere, e instando per la reiezione delle sue rivendicazioni risarcitorie.
4. Previa articolata istruttoria sia testimoniale sia consulenziale - condotta dall'Ufficio giudiziario in diversa composizione - l'udienza di discussione - calendarizzata per la data odierna - è stata frattanto sostituita dalla modalità della trattazione scritta della causa - ai sensi dell'art. 221, IV c., d.l. 34/2020 (convertito in legge, con modificazioni, dalla l. 77/2020, e successivamente prorogato per effetto del combinato disposto dell'art. 23, I c., d. l. 137/2020 - convertito in legge, con modificazioni, dalla l. 176/2020 - dell'art. 1, I c., d.l. 2/2021 - convertito in legge, con modifiicazioni, dalla l. 29/2021 - e dell'art. 6, I c., lett. a, n. 1, d.l. 44/2021) - all'esito della quale il contenzioso è stato definito in virtù delle osservazioni esposte appresso.
5. Occorre preliminarmente riqualificare il fenomeno presupposto dalla domanda in delibazione alla stregua di straining anziché di mobbing.
5.1. Come chiarito - fra le altre - da Cass., Sez. Lav., ord. n. 11864/2018, «Lo straining altro non è se non una forma attenuata di mobbing nella quale non si riscontra il carattere della continuità delle azioni vessatorie, azioni che, peraltro, ove si rivelino produttive di danno all'integrità psico-fisica del lavoratore, giustificano la pretesa risarcitoria fondata sull'art. 2087 cod. civ., norma di cui da tempo è stata fornita un'interpretazione estensiva costituzionalmente orientata al rispetto di beni essenziali e primari quali sono il diritto alla salute, la dignità umana e i diritti inviolabili della persona, tutelati dagli artt. 32, 41 e 2 Cost. (v. Cass. 4 novembre 2016, n. 3291 e la recente Cass. 19 febbraio 2018, n. 3977)», e tale scenario - pedissequamente a Cass., Sez. Lav., ord. n. 2676/2021 - «è ravvisabile allorquando il datore di lavoro adotti iniziative che possano ledere i diritti fondamentali del dipendente mediante condizioni lavorative "stressogene", e non quando la situazione di amarezza, determinata ed inasprita dal cambio della posizione lavorativa, sia determinata dai processi di riorganizzazione e ristrutturazione che abbiano coinvolto l'intera azienda».
6. Chiarito quanto sopra sul piano teorico-generale, la prospettazione attorea - ancorché riqualificata giuridicamente nei termini riferiti ai paragrafi precedenti - ha trovato conferma nella narrazione dei deponenti ascoltati in corso di causa.
6.1. Nella vicenda in discorso - più precisamente - sono emersi a) sul piano documentare, i tentativi di ridimensionare - quando non di neutralizzare - il contributo lavorativo offerto dall'ingegnere: tale conclusione risulta avvalorata del contenuto delle deliberazioni versate al carteggio attoreo, dalla cui lettura è dato cogliere la presenza di annotazioni squalificanti per la persona e la professionalità dell'esponente, allontanato dal circuito decisionale (al di là dell'iniziale conservazione formale della funzione affidatagli, poi sottratta ufficialmente al ricorrente a partire dal 28 novembre 2007 e mercé la deliberazione numero 855), nonché b) sul piano testimoniale, la condizione d'inoperosità inflitta al dirigente, e confermata - il 13 dicembre 2011 - sia da R (il quale ha puntualizzato come L - già titolare del servizio "A l" fino al 2006 - sia stato privato delle mansioni sino al punto di «non fare più niente», considerato come «le carte» inerenti alle pratiche settoriali «non [arrivassero] più») sia da N , il quale ha evidenziato come il ricorrente abbia «lavorato sempre meno, fino a non fare nulla».
6.2. Le deposizioni dei testi di parte resistente, di contro, non hanno infirmato la coerenza e linearità della narrazione testimoniale poc'anzi riassunta, giacché D - dirigente del Settore edilizio provinciale - si è limitato a riferire dell'avvenuta investitura - da parte sua - di L a responsabile del procedimento: circostanza, quest'ultima, irrilevante ai fini della decisione, non essendo qui discussa l'individuazione degli incarichi apparentemente rimessi all'architetto ricorrente, bensì - e specificamente - l'effettivo svolgimento degli stessi al netto d'ingerenza o aggiramenti perpetrati in pregiudizio della posizione lavorativa - e, correlativamente, dell'integrità fisiopsichica - del lavoratore.
7. L'Ente resistente - allo scopo di smentire la ricostruzione dell'avversario - perora la tesi della pro ria irresponsabilità sostenendo come L non abbia mai lamentato alcun danno in costanza di rapporto, ma siffatto argomento non giova alla Provincia - semmai potendo influire sulla commisurazione del risarcimento - poiché (giusta, fra le altre, Cass., Sez. Lav., ord. n. 24585/2019) «In tema di dequalificazione professionale, è risarcibile il danno non patrimoniale ogni qual volta si verifichi una grave violazione dei diritti del lavoratore, che costituiscono oggetto di tutela costituzionale, da accertarsi in base alla persistenza del comportamento lesivo, alla durata e alla reiterazione delle situazioni di disagio professionale e personale, all'inerzia del datore di lavoro rispetto alle istanze del prestatore di lavoro, anche a prescindere da uno specifico intento di declassarlo o svilirne i compiti. La relativa prova spetta al lavoratore, il quale tuttavia non deve necessariamente fornirla per testimoni, potendo anche allegare elementi indiziari gravi, precisi e concordanti, quali, ad esempio, la qualità e la quantità dell'attività lavorativa svolta, la natura e il tipo della professionalità coinvolta, la durata del demansionamento o la diversa e nuova collocazione lavorativa assunta dopo la prospettata dequalificazione».
7.1. Orbene, nel procedimento in disamina il ricorrente ha fornito prova scritta e orale della situazione di totale e protratto disimpegno del datore di lavoro rispetto all'obbligo di effettivo e sistematico affidamento - alla data unità organica - di compiti aderenti al profilo professionale del dipendente, lasciato lungamente e concretamente privo d'incarichi lavorativi, e coinvolto senza propria colpa - la cui dimostrazione sarebbe dovuta, in ogni caso, provenire dall'Ente datoriale - in aspri scambi verbali, indicativi della conflittualità sussistente - a detrimento di L - nel contesto lavorativo di suo incardinamento (si considerino, al riguardo, le testimonianze di R e M , quest'ultimo escusso all'udienza dell'8 maggio 2013).
8. Con perizia intellegibile e logica, il professionista cui l'Ufficio ha richiesto di quantificare la lesione dell'integrità personale di L. l'ipotesi di sua riconosciuta derivazione dalle condotte datoriali - ha riscontrato in capo al ricorrente un pregiudizio pari all'otto percento, e clinicamente riconducibile a <<uno stato ansioso-depressivo reattivo [... ) complicato da ipertensione arteriosa».
8.1. In applicazione delle cosiddette "Tabelle milanesi" del 2021, pertanto, appurati a) il grado d'invalidità permanente accertato dal responso peritale (coincidente con otto punti percentuali, b) l'età del ricorrente (nato nel 1955) pari - alla data d'insorgenza dello stato invalidante - a cinquantuno anni (atteso l'esordio della patologia psichica lavoro-correlata a cominciare dal 2006), c) il punto base del danno non patrimoniale - inclusivo dell'ammontare dovuto a titolo di ristoro del pregiudizio biologico e dell'aggiuntiva somma destinata a compensare il patimento morale sperimentato da L - pari a 2.434,99 euro (risultante dall'addizione fra il punto base compensativo del danno alla salute - ossia 1.947,99 euro - e il venticinque percento della somma in questione,) compete al ricorrente un risarcimento non patrimoniale - per la lesione della sua integrità psicofisica e della sua sfera morale- pari a 14.610 euro.
8.2. Rammentato, poi, come - con Cass., Sez. Lav., ord. n. 2472/2021 - «Il danno non patrimoniale alla professionalità, patito dal lavoratore in conseguenza della grave lesione dei propri diritti costituzionalmente garantiti va[da] ascritto alla categoria del danno emergente», e come - analogamente a Cass., Sez. Lav., ord. n. 19923/2019 - «In caso di accertato demansionamento professionale del lavoratore in violazione dell'art. 2103 cod. civ., il giudice del merito [. ..]può desumere l'esistenza del relativo danno - avente natura patrimoniale e il cui onere di allegazione incombe sul lavoratore - e determinarne l'entità, anche in via equitativa, con processo logico-giuridico attinente alla formazione della prova, anche presuntiva, in base agli elementi di fatto relativi alla qualità e quantità della esperienza lavorativa pregressa, al tipo di professionalità colpita, alla durata del demansionamento, all'esito finale della dequalificazione e alle altre circostanze del caso concreto ( Cass. n. 19778 del 2014, Cass. n. 4652 del 2009)», spetta al ricorrente l'ulteriore prestazione risarcitoria finalizzata a compensare la dequalificazione subita - e intesa come frustrazione del diritto del dipendente alla realizzazione della propria personalità per mezzo dell'attività lavorativa - e la cui quantificazione (condotta nella sede presente mediante la valorizzazione della notevole durata del demansionamento, della sua sistematicità, dell'elevata qualificazione del professionista e degli esiti della condotta datoriale, tradottisi - come constatato in sede d'istruttoria orale - nello svuotamento del quotidiano bagaglio lavorativo del dipendente, e nella sua non-menzione all'interno della nuova pianta organica dell'Amministrazione) quest'Ufficio stima congruo commisurare al cinquanta percento della retribuzione globale percepita dal ricorrente negli anni compresi fra il 2006 e il 2010.
9. Le spese di lite sono liquidate ai sensi del d. m. 55/2014, come aggiornato dal d. m. 37/2018, vanno distratte in favore del procuratore di parte ricorrente poiché dichiaratosi antistatario, seguono la soccombenza - e sono conseguentemente poste a carico dell'Amministrazione resistente - risultano commisurate all'effettivo grado di complessità della disputa, al pregio dell'opera difensiva prestata, e al contegno processuale rispettivamente osservato, e sono determinate secondo il prospetto seguente (applicato il criterio della complessità media per cause di valore indeterminabile):
Fase di studio della controversia:€ 3.813,00 Fase introduttiva del giudizio: € 1.383,00
Fase istruttoria e di trattazione: € 2.170,00
Fase decisionale: € 3.420,00
Compenso tabellare: € 10.786,00
10. Le spese consulenziali sono poste a carico dell'Amministrazione resistente, e liquidate separatamente.
P.Q.M.
all'esito della trattazione scritta della causa, pronunciando definitivamente sulla domanda proposta da L nei confronti dell'Amministrazione provinciale di X in persona del rappresentante legale pro tempore, disattese ogni altra istanza ed eccezione, così provvede:
- accoglie la domanda nel merito;
- per l'effetto, condanna l'Amministrazione provinciale di X in persona del rappresentante legale pro tempore, al versamento - in favore di L.- della somma pari a 14.610 euro a titolo di risarcimento del danno (non patrimoniale) all'integrità fisiopsichica e alla personalità morale, oltre agli interessi al saggio legale dalla data del dovuto a quella del soddisfo;
- condanna, altresì, l'Amministrazione provinciale di X rappresentante legale pro tempore, al versamento a L. in persona del dell'ulteriore somma pari al cinquanta percento della retribuzione globale di fatto percepita dal lavoratore fra il 2006 e il 201O a titolo di danno da demansionamento, oltre agli interessi al saggio legale dalla data del dovuto a quella del soddisfo;
- condanna, infine, l'Amministrazione provinciale di X in persona del rappresentante legale pro tempore, alla rifusione delle spese di lite sostenute da L. e complessivamente liquidate in 10.786,00 euro, oltre I.V.A., C.P.A., eventuali spese documentate, e spese generali forfettarie al 15%, come per legge: il tutto, con distrazione in favore del procuratore di parte ricorrente, avvocato GDM siccome dichiaratosi antistatario;
- pone a carico dell'Amministrazione resistente le spese della consulenza tecnica, liquidate con decreto separato.
Vibo Valentia, 26 maggio 2021.