Cassazione Penale, Sez. 4, 12 luglio 2021, n. 26331 - Lavoratore folgorato dal contatto diretto con un cavo in tensione durante un intervento per un malfunzionamento dell'impianto di illuminazione esterna. Omessa valutazione del rischio elettrico
Presidente: PICCIALLI PATRIZIA
Relatore: BELLINI UGO Data Udienza: 08/04/2021
Fatto
1. La Corte di Appello di Potenza con sentenza pronunciata in data 12 Settembre 2019 confermava, in punto di responsabilità penale, la decisione del Tribunale di Matera che aveva riconosciuto A.F. colpevole del reato di lesioni colpose colposo con inosservanza delle disposizioni antinfortunistiche ai danni del proprio dipendente DM.R. il quale, nell'eseguire un intervento per verificare le cause di un malfunzionamento dell'impianto di illuminazione esterna e alla riparazione di uno dei pali, era rimasto folgorato per contatto diretto con un cavo in tensione che gli procurava lesioni personali.
In particolare al datore di lavoro veniva contestato di non avere provveduto ad eseguire la specifica valutazione del rischio elettrico e di non avere adottato le misure necessarie ad eliminare o a ridurre al minimo i rischi dei suoi dipendenti, così ponendo in essere una condotta causalmente orientata al verificarsi del sinistro.
3. Nel confermare la pronuncia di condanna in relazione alla ipotesi accusatoria in oggetto da un lato riconosceva, come peraltro sostenuto dal giudice di primo grado, che tra le dotazioni della squadra che era intervenuta nell'attività presso l'impianto di Pisticci non erano stati inclusi guanti da elettricista che avrebbero garantito idonea protezione dal rischio di folgorazione. Dall'altra escludeva che la condotta imprudente dell'A.F., che pure aveva operato in condizioni di sicurezza limitata, trattandosi di impianto in tensione e privo di morsettiera e di messa a terra, valeva ad escludere il rapporto di causalità, trattandosi di condotta priva dei caratteri di abnormità e imprevedibilità richiesti dalla giurisprudenza a tale fine.
4. Avverso la pronuncia ha proposto impugnazione la difesa dell'imputato proponendo due motivi di ricorso.
Con un primo motivo deduce violazione di legge in relazione alla corrispondenza tra quanto ritenuto in sentenza e quanto aveva formato oggetto di contestazione, evidenziando come al prevenuto non fosse mai stato contestato, a titolo di colpa di non avere fornito al DM.R. dotazioni antinfortunistiche quali guanti isolanti.
Con una seconda articolazione lamenta violazione di legge e difetto di motivazione in ordine alla sussistenza del fatto reato e alla responsabilità a carico dell'A.F. ponendo in rilievo l'assoluta carenza motivazionale su circostanze decisive, idonee a elidere qualsiasi relazione causale tra la condotta ascritta al datore di lavoro e l'evento. In particolare rappresentava come l'intervento nel corso del quale il DM.R. aveva subito l'infortunio non era stato né programmato, né concordato, né tantomeno comunicato al proprio datore di lavoro; che lo stesso era stato condotto in maniera del tutto eccentrica rispetto alle prassi lavorative secondo cui l'intervento di riparazione doveva essere preceduto dalla predisposizione di una scheda tecnica con la indicazione della causa del guasto da sottoporre al proprio datore di lavoro; che del tutto autonomamente il dipendente aveva deciso di intervenire nell'attività di riparazione ma ciò aveva fatto omettendo di isolare l'area e ben consapevole che l'impianto era privo di morsettiera, idonea a circoscrivere il rischio di folgorazione, e di messa a terra, e nonostante l'intervento non si presentasse come indispensabile per assicurare l'alimentazione elettrica. Evidenziava ancora che la scelta di non indossare guanti isolanti non era dipesa dall'assenza di dotazioni ma da un'iniziativa dello stesso operaio il quale peraltro era stato contravvenzionato per avere esposto sé e l'altro componente della squadra al rischio di folgorazione.
Diritto
1. Preliminarmente, ai fini penali, deve disporsi l'annullamento della sentenza impugnata per essere il reato di lesioni personali colpose venuto ad estinzione per intervenuta prescrizione, maturata in data 18 Novembre 2019. D'altro canto le doglianze del ricorrente non presentano profili di inammissibilità, per cui il rapporto processuale risulta essersi regolarmente costituito; sotto diverso profilo, dall'esame dei provvedimenti impugnati e degli atti difensivi non emergono elementi che, in maniera incontestabile e in termini di evidenza ictu oculi giustifichino la conclusione, in termini di mera constatazione, della insussistenza del fatto, della mancata commissione di esso da parte dell'imputato e, più in generale, della irrilevanza penale dello stesso.
2. In ordine alle questioni civili, sulle quali la Corte è comunque tenuta a pronunciarsi ai sensi dell'art.578 cod.proc.pen., ancorché in costanza di una causa estintiva della responsabilità penale in presenza di condanna anche generica alle restituzioni o al risarcimento del danno in favore della parte civile, il ricorso è infondato e deve essere rigettato.
La prima censura si presenta manifestamente infondata nella parte in cui deduce la mancata corrispondenza tra l'addebito di colpa riconosciuto in sentenza (mancata predisposizione e mancata consegna al lavoratore di dispositivo antinfortunistico, nella specie guanti isolanti) rispetto a quanto contestato in imputazione. A prescindere che una tale censura non era stata articolata in maniera specifica nel giudizio di appello, di talchè non poteva essere dedotta nel giudizio di legittimità una questione sulla quale il giudice di appello aveva omesso di pronunciarsi in quanto non devoluta (sez.2, n.13826 del 17.2.2017, Rv.269745-01), la stessa si appalesa manifestamente infondata.
Invero il capo di imputazione indica, quale specifico addebito di colpa, quello della omessa adozione delle misure necessarie ad eliminare o ridurre i rischi dei dipendenti, tra i quali certamente rientra la fornitura delle dotazioni necessarie.
2.1 A tale proposito va subito riaffermato che il principio di correlazione tra sentenza e accusa oggetto di contestazione, riconducibile all'art.521 cod.proc.pen. risulta violato soltanto quando il fatto ritenuto in sentenza si trovi rispetto a quello contestato in rapporto di eterogeneità e di incompatibilità sostanziale, nel senso che si sia verificata una vera e propria trasformazione, sostituzione o variazione del contenuto essenziale dell'addebito nei confronti dell'imputato, il quale si troverebbe sottoposto a sorpresa di fronte ad un fatto del tutto nuovo senza avere alcuna possibilità di apprestare adeguata difesa. Il principio non risulta al contrario violato quando nei fatti, così come contestati, ovvero ritenuti nella decisione del giudice di merito, si possa parimenti individuare un nucleo comune e, in particolare quando gli stessi si trovano in rapporto di continenza.
2.2 In tale prospettiva per aversi mutamento del fatto occorre una trasformazione radicale, nei suoi elementi essenziali, della fattispecie concreta nella quale si riassume l'ipotesi astratta prevista dalla legge, così da pervenirsi ad una incertezza sull'oggetto della contestazione da cui scaturisca un effettivo pregiudizio per la difesa dell'imputato. Ne deriva che la indagine volta ad accertare la violazione del suddetto principio, non deve esaurirsi nel mero pedissequo confronto puramente letterale fra imputazione e decisione perché, vertendosi in materia di garanzie di difesa, la violazione si appalesa del tutto insussistente quando l'imputato, anche mediante l'iter del processo, si sia trovato nella condizione concreta di difendersi in ordine al fatto ritenuto in sentenza (Sez.Un, 22.10.1996 Di Francesco, Rv.205619; sez.4, 16.12.2015, Addio e altri, Rv. 265946; sez.2, 15.3.2017,Beretti, Rv. 269569).
2.4 Orbene nel caso in specie non risulta essersi realizzata la suddetta alterazione radicale nella decisione impugnata della originaria contestazione laddove il giudice di merito, sempre partendo dalla materialità dei fatti indicati in contestazione, si è limitato a operare, sulla base di una articolata valutazione del complesso degli elementi istruttori acquisiti, una ricostruzione dei fatti del tutto conforme al contenuto della contestazione, evidenziando come tra la mancata predisposizione di cautele volta a prevenire il rischio connesso all'intervento sull'impianto elettrico, vi era la mancata fornitura di guanti isolanti.
2.5 Sotto diverso profilo va osservato come la corte di legittimità, recependo un orientamento della Corte europea dei diritti dell'uomo (Corte EDU, sez, II, 11 dicembre 2007, Drassich c. Italia), ha affermato che nei procedimenti per reati colposi, quando nel capo d'imputazione siano stati contestati elementi generici e specifici di colpa, come nel caso in esame, la sostituzione o l'aggiunta di un profilo di colpa da parte del giudice dell'appello, sia pure specifico, rispetto ai profili originariamente contestati, non vale a realizzare una diversità o mutazione del fatto, con sostanziale ampliamento o modifica della contestazione. Difatti, il riferimento alla colpa generica è tale da abbracciare la condotta dell'imputato globalmente considerata in riferimento all'evento verificatosi, di tale che questi è posto in grado di difendersi relativamente a tutti gli aspetti del comportamento tenuto in occasione di tale evento, di cui è chiamato a rispondere (Sez. 4, Ordinanza n. 38818 del 04/05/2005 Rv. 232427; Sez. 4, Sentenza n. 51516 del 21/06/2013 Rv. 257902). Si è rilevato, in tale contesto, che il principio di correlazione tra accusa e sentenza debba essere interpretato teleologicamente non imponendo una conformità formale tra termini in comparazione ma implicando la necessità che il diritto di difesa dell'imputato abbia avuto modo di dispiegarsi effettivamente, risultando quindi preclusi dal divieto di immutazione quegli interventi sull'addebito che gli attribuiscano contenuti in ordine ai quali le parti - e in particolare l'imputato - non abbiano avuto modo di dare vita al contraddittorio (Sez. 4, Sentenza n. 35943 del 07/03/2014, Denaro, Rv. 260161, 15.11.2018, Galdino De Lima Rozangela, Rv.274500).
3. Infondato risulta anche il secondo motivo di ricorso, relativo a ipotesi di esclusione del rapporto di causalità materiale in ragione della condotta palesemente colposa, incongrua e inosservante delle prescrizioni del datore di lavoro in relazione alle modalità di intervento su impianti elettrici complessi come quello oggetto di imputazione.
Depone per la esclusione della interruzione del rapporto di causalità in presenza della imprudente condotta del lavoratore la giurisprudenza che limita la responsabilità del lavoratore nella causazione dell'infortunio quando, come nella specie, il sistema di sicurezza apprestato dal datore di lavoro presenti delle evidenti criticità (sez.IV, 17.1.2017, Meda, Rv.269255; 10.10.2013, Rovaldi, 259313; 2.5.2012 Goracci n.22044 non massimata; 7.2.2012, Pugliese, Rv.252373; 15.4.2010 n.21511, Di Vita, n.m.).. Le disposizioni di sicurezza perseguono infatti il fine di tutelare il lavoratore anche dagli infortuni derivanti da sua colpa, onde l'area di rischio da gestire comprende il rispetto della normativa prevenzionale che si impone ai lavoratori, dovendo il datore di lavoro impedire l'instaurarsi, da parte degli stessi destinatari delle direttive di sicurezza, di prassi di lavoro non corrette e, come tali, latrici di possibili rischi per la sicurezza e la incolumità dei lavoratori (sez.4, 13.11.2011 Galante, n.m.; sez.F. 12.8.2010, Mazzei Rv.247996).
3.1 In vero i compiti del responsabile della sicurezza all'interno del luogo di lavoro non si arrestano alla fornitura (nella specie neppure ricorrente) dei presidi volti ad assicurare la protezione dei singoli dipendenti ma impongono allo stesso di richiedere l'osservanza della utilizzazione dei suddetti dispositivi, poiché il datore di lavoro deve non solo predisporre le idonee misure di sicurezza ed impartire le direttive da seguire a tale scopo ma anche e soprattutto controllarne costantemente il rispetto da parte dei lavoratori, di guisa che sia evitata la superficiale tentazione di trascurarle (sez.4, 17.5.2012 n.34747, Parisi, Rv.253513; n.27787, 18 Maggio 2019, Rossi Giorgio, Rv.276241). Il motivo di ricorso va pertanto rigettato.
4. In conclusione, riconosciuta agli effetti penali la sopravvenienza della causa estintiva della prescrizione che determina l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata, il ricorso deve essere invece rigettato agli effetti civili.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata agli effetti penali per essere il reato estinto per prescrizione. Rigetta il ricorso agli effetti civili.
Così deciso in Roma il giorno 8 Aprile 2021