Cassazione Civile, Sez. Lav., 13 agosto 2021, n. 22872 - Infortunio e indennizzo. Insussistenza del nesso causale tra le patologie lamentate e l'infortunio lavorativo


 

Presidente: MANNA ANTONIO
Relatore: CALAFIORE DANIELA
Data pubblicazione: 13/08/2021
 

Rilevato che

con sentenza n. 201 del 2015, la Corte d'appello di Messina, rigettando l'impugnazione proposta da G.G. avverso la sentenza di primo grado, ha confermato il rigetto della domanda proposta dallo stesso G.G. volta alla condanna dell'Inail al riconoscimento del diritto all'indennizzo in conto capitale nella misura del 10% e di un periodo di indennità temporanea assoluta superiore a quello già riconosciuto dall'INAIL in dipendenza degli esiti di un infortunio occorso il 6 aprile 2009;
ad avviso della Corte d'appello dagli esiti della consulenza tecnica espletata in quel grado era emersa l'insussistenza del nesso causale tra le patologie lamentate e l'infortunio lavorativo in oggetto dal momento che le artralgie da contusione al polso destro costituivano esiti di pregresse patologie non professionali a carico del medesimo distretto anatomico, già operato per sezione del tendini flessori del 1°, 2° e 3° del nervo radiale e del flessore palmare; peraltro, andava dichiarato inammissibile, per difetto di specificità, il motivo d'appello con il quale era stato impugnato il rigetto da parte del primo giudice del capo di domanda relativo alla maggior durata dell'indennità temporanea assoluta;
per la cassazione di tale sentenza, ricorre G.G. sulla base di un unico motivo relativo alla violazione e o falsa applicazione dell'art. 13 d.lgs. n. 38/2000 e degli artt. 66, 68, 79 e 80 d.P.R. n. 1124/1965 e dell'art. 41 c.p.: ci si duole del fatto che la sentenza impugnata abbia aderito acriticamente alle conclusioni della c.t.u redatta in grado d'appello, con ciò violando le disposizioni del t.u. n. 1124/1965 in quanto le conseguenze invalidanti permanenti del trauma contusivo al polso destro subito per l'infortunio sul lavoro del 6.4.2009 avrebbero dovuto essere considerate causa o concausa, aggravata o aggravante, nella misura del 10% o comunque del 6% almeno, della minore capacità di lavoro di cui il ricorrente era già affetto per la preesistente sua patologia interessante lo stesso polso destro;
il motivo è infondato;
la sentenza impugnata non ha violato le disposizioni richiamate dal ricorrente giacché ha accertato che dall'infortunio del 6 aprile 2009 non derivarono al polso destro del ricorrente, postumi ulteriori rispetto a quelli sofferti per pregresse proprie patologie;
la Corte d'appello, uniformandosi alle conclusioni del CTU, ha affermato che le artralgie da contusione al polso destro costituivano esiti di pregresse patologie non professionali a carico del medesimo distretto anatomico, già operato per sezione del tendini flessori del 1°, 2° e 3° del nervo radiale e del flessore palmare e che il trauma contusivo denunciato fosse del tutto ascrivibile al contesto patologico preesistente;
il richiamo all'art. 41 c.p. effettuato dal ricorrente, secondo cui va riconosciuta efficienza causale ad ogni antecedente che abbia contribuito alla produzione dell'evento salvo il limite derivante dall'intervento di un fattore esterno all'attività lavorativa che sia di per sè sufficiente a produrre l'infermità e a far degradare altre evenienze a mere occasioni (cfr Cass. n. 1135/2011, n. 21021/2007, n. 14770/2008), non trova applicazione ne è pertinente alla fattispecie in esame stante l'affermata preesistenza delle pregresse patologie a carico dello stesso distretto anatomico, già operato ed avendo l'infortunio del 6 aprile 2009 determinato soltanto la sintomatologia risoltasi durante il periodo di inabilità temporanea riconosciuta e, dunque, un effetto diverso da quello denunciato dal lavoratore;
alla luce delle considerazioni che precedono le censure formulate dal ricorrente si traducono in una diversa valutazione scientifica delle prove raccolte senza evidenziare lacune negli accertamenti svolti o eventuali affermazioni illogiche o scientificamente errate;
costituisce principio affermato più volte da questa Corte che nel giudizio in materia d'invalidità il vizio, denunciabile in sede di legittimità, della sentenza che abbia prestato adesione alle conclusioni del consulente tecnico d'ufficio, è ravvisabile in caso di palese devianza dalle nozioni correnti della scienza medica, la cui fonte va indicata, o nell'omissione degli accertamenti strumentali dai quali, secondo le predette nozioni, non può prescindersi per la formulazione di una corretta diagnosi, mentre al di fuori di tale ambito la censura costituisce mero dissenso diagnostico che si traduce in un'inammissibile critica del convincimento del giudice, e ciò anche con riguardo alla data di decorrenza della richiesta prestazione (cfr. ord. n. 1652/2012; ord. n. 22707/2009; sent. N. 9988/2009);
per le considerazioni che precedono il ricorso va rigettato;

il ricorrente non va condannato al pagamento delle spese del giudizio di legittimità avendo rilasciato la dichiarazione di cui all'art. 152 disp. att. c.p.c, già nella fase di merito.

 

P.Q.M.
 


La Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, ove dovuto.
Così deciso in Roma, il 16 marzo 2020.