Cassazione Penale, Sez. 4, 30 settembre 2021, n. 35819 - Caduta dalla scala durante i lavori di manutenzione dell'impianto di aspirazione. Reato estinto per prescrizione


 

 

 Presidente: CIAMPI FRANCESCO MARIA
Relatore: DAWAN DANIELA Data Udienza: 18/05/2021
 

Fatto


1. Il Tribunale di Belluno assolveva G.A. dai reati di lesioni colpose aggravate dalla violazione di disposizioni in materia antinfortunistica, nonché da una serie di contravvenzioni contemplate dal d.lgs. n. 81/2008. All'imputato, quale delegato alla gestione della sicurezza sul lavoro nello stabilimento di Agordo della L. s.r .l. , era stato rimproverato di aver causato delle lesioni (trauma emitorace destro, con fratture di costole e malattia superiore a 40 giorn i) a U.DC., dipendente della L. s.r.l., occasionalmente assegnato all'esecuzione di lavori di manutenzione dell'impianto di aspirazione. Nella prospettazione accusatoria, a causa della mancata valutazione del rischio, della carente formazione e della scorretta utilizzazione della scala fornita per l'esecuzione del lavoro, il dipendente cadeva a terra nel momento in cui stava movimentando uno dei tubi dell'impianto, appena staccato dal supporto al quale era ancorato.
2. La Corte di Appello di Venezia, in riforma della sentenza del Tribunale di Belluno, appellata dal Procuratore Generale, ha dichiarato non doversi procedere in ordine al reato di cui all'art. 113, comma 7, d. lgs. n. 81/2008 per essere il reato estinto per intervenuta prescrizione, ha ribaltato il verdetto assolutorio e dichiarato l'imputato responsabile del reato di lesioni colpose, condannandolo alla pena ritenuta di giustizia.
2. Avverso la prefata sentenza propone ricorso, nell'interesse dell'assistito, il difensore che articola due motivi con cui rispettivamente deduce:
I) Inosservanza dell'art. 603, comma 3-bis, cod. proc. pen., per non avere la Corte territoriale disposto la rinnovazione processuale delle dichiarazioni del consulente tecnico di parte, ing. Ugo Fonzar, poste a fondamento della sentenza assolutoria di primo grado. Il Giudice di primo grado aveva escluso il profilo di colpa di cui all'art. 113, comma 7, d. lgs. 81/2008, proprio sulla base delle argomentazioni espresse in dibattimento dal consulente tecnico della difesa. Si tratta, pertanto, di dichiarazioni ritenute decisive dal primo Giudice, delle quali il Giudice di appello non ha disposto la rinnovazione;
11) Vizio di motivazione con riguardo al mancato rispetto del canone di giudizio dell"'al di là di ogni ragionevole dubbio" di cui all'art. 533, comma 1, cod. proc. pen., perché la sentenza impugnata è del tutto inidonea ad esprimere la richiesta forza persuasiva superiore rispetto alla pronuncia di primo grado, atteso, altresì, che non vi è alcuna corrispondenza tra le valutazioni espresse dalla Corte distrettuale e le misure dei luoghi, comprese quelle antropometriche dell'infortunato. Mancherebbe dunque una motivazione "rafforzata".

3. Il Procuratore generale in sede, con requisitoria scritta, ha concluso per l'annullamento con rinvio.
4. Preliminarmente, osserva il Collegio che il reato contestato al G.A., risalente al 27 dicembre 2011 è ormai estinto per prescrizione.
A tale pronuncia si perviene rilevando, sotto un primo aspetto, che l'impugnazione, per come articolata nel contenuto di cui si è dato cenno, non appare manifestamente infondata, né risulta affetta da profili d'inammissibilità di altra natura, e che, sotto un secondo aspetto, non è applicabile l'art.129, secondo comma, c.p.p.
Invero, in conformità dell'insegnamento ripetutamente impartito da questa Corte, in presenza di una causa estintiva del reato, l'obbligo del giudice di pronunciare l'assoluzione dell'imputato per motivi attinenti al merito si riscontra solo nel caso in cui gli elementi rilevatori dell'insussistenza del fatto, ovvero della sua non attribuibilità penale all'imputato, emergano in modo incontrovertibile, tanto che la relativa valutazione, da parte del giudice, sia assimilabile più al compimento di una 'constatazione', che a un atto di 'apprezzamento' e sia quindi incompatibile con qualsiasi necessità di accertamento o di approfondimento (Sez.Un., n.35490/2009, Tettamanti).
Ciò perché il concetto di evidenza, richiesto dal secondo comma dell'art.129 c.p.p., presuppone la manifestazione di una verità processuale così chiara e obiettiva, da rendere superflua ogni dimostrazione, concretizzandosi così in qualcosa di più di quanto la legge richieda per l'assoluzione ampia, oltre la correlazione a un accertamento immediato (Sez.4, 31.5.2013, n.23680).
Da ciò discende che, una volta sopraggiunta la prescrizione del reato, al fine di pervenire al proscioglimento nel merito occorre applicare il principio di diritto secondo cui 'positivamente' deve emergere dagli atti processuali, senza necessità di ulteriore accertamento, l'estraneità dell'imputato a quanto allo stesso contestato, e ciò nel senso che si evidenzi l'assoluta assenza della prova di colpevolezza di quello, ovvero la prova positiva della sua innocenza, non rilevando l'eventuale mera contraddittorietà o insufficienza della prova che richiede il compimento di un apprezzamento ponderato tra le opposte risultanze (Sez.6, 4.3.2014, n.10284).
5. Quanto all'eccezione di nullità per mancata rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale, si osserva che nel giudizio di cassazione qualora il reato sia già prescritto non è rilevabile una nullità, anche di ordine generale, in quanto l'inevitabile rinvio al giudice di merito risulta incompatibile con il principio della immediata applicabilità della causa estintiva (Sez.2, 23.1.2014 n.3221 e Sez.5, 9.12.2014 n.51135): dunque, la contestuale ricorrenza di una causa estintiva del reato e di una nullità processuale anche assoluta e insanabile, determina la prevalenza della prima, salvo che l'operatività della causa estintiva non presupponga specifici accertamenti e valutazioni riservati al giudice di merito, prevalendo in tal caso la nullità, in quanto funzionale alla necessaria rinnovazione del relativo giudizio (Sez.3, 19.1.2011 n.1550), ipotesi che nella specie non si ravvisa.
6. Ne discende che la sentenza impugnata va annullata senza rinvio per essere il reato contestato all'imputato estinto per prescrizione.

 

P.Q.M.
 


Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il reato è estinto per prescrizione.
Così deciso in Roma il 18 maggio 2021