Cassazione Civile, Sez. 6, 20 ottobre 2021, n. 29133 - Malattia professionale: esclusa la relazione etiologica tra cancro allo stomaco ed esposizione a fibre di amianto


 

Presidente: DORONZO ADRIANA Relatore: BOGHETICH ELENA
Data pubblicazione: 20/10/2021
 

Rilevato che


1. con sentenza depositata il 28.6.2019, la Corte d'appello di Lecce, confermando la pronuncia di primo grado e rinnovando la consulenza tecnica d'ufficio, ha respinto la domanda proposta da R.L. nei confronti dell'INAIL per l'accertamento del diritto alla rendita ai superstiti quale erede di L.P., sul presupposto che questi fosse deceduto per malattia professionale neoplastica contratta nell'ambiente di lavoro;
2. avverso tale pronuncia ha interposto ricorso per cassazione R.L., deducendo tre motivi di censura; l'INAIL ha depositato controricorso.
3. la proposta del relatore è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell'udienza, ai sensi dell'articolo 380 bis cod.proc.civ.;
 

Considerato che


1. Con i tre motivi di ricorso si denunzia violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 cod.civ., 115, 116, 437 cod.proc.civ., 3 del d.P.R. n. 1124 del 1965 nonché vizio di motivazione (in relazione all'art. 360, primo comma, nn. 3 e 5, cod.proc.civ.) avendo, la Corte territoriale, escluso il diritto alla prestazione nonostante sia stata accertata l'esposizione per circa un ventennio alle fibre di amianto in una concentrazione maggiore del consentito, come emerso dalle prove testimoniali, e dovendosi escludere l'utilizzo della resezione tipo Billroth II nell'intervento subito dal de cuius. La Corte territoriale ha escluso il nesso eziologico omettendo di valutare la sussistenza del requisito della elevata probabilità e/ o del più probabile che non, visto che l'amianto ingerito è in grado di potenziare l'effetto mutogeno del benzo(a)pirene a cui è stato esposto il L.P..
2. Il ricorso è manifestamente infondato.
3. Questa Corte ha chiarito che in tema di malattia professionale, derivante da lavorazione non tabellata o ad eziologia multifattoriale, la prova della causa di lavoro grava sul lavoratore (Cass. n. 17438 del 12/10/2012, Cass. n. 8773 del 10 / 04/ 2018);
4. il nesso causale tra l'attività lavorativa e il danno alla salute dev'essere valutato secondo un criterio di rilevante o ragionevole probabilità scientifica (v. Cass. n. 8773 del 10/ 04/ 2018 e, in merito alle prestazioni di assistenza sociale, Cass. n. 753 del 17/01/2005, Cass. n. 27449 del 29/12/2016, Cass. n. 24959 del 23/10/2017);
5. le Sezioni Unite di questa Corte, muovendo dalla considerazione che i principi generali che regolano la causalità materiale (o di fatto) sono anche in materia civile quelli delineati dagli artt. 40 e 41 c.p. e dalla regolarità causale - salva la differente regola probatoria che in sede penale è quella dell"'oltre ogni ragionevole dubbio", mentre in sede civile vale il principio della preponderanza dell'evidenza o del "più probabile che non" - hanno poi ulteriormente precisato che la regola della "certezza probabilistica" non può essere ancorata esclusivamente alla determinazione quantitativo - statistica delle frequenze di classe di eventi (e.cl. probabilità quantitativa), ma va verificata riconducendo il grado di fondatezza all'ambito degli elementi di conferma disponibili nel caso concreto (c.d. probabilità logica) (cfr. Cass. Sez. Un. 581 del 11/ 1/ 2008, Cass. n. 29315 del 07/12/2017);
6. è stato, infine, evidenziato come, "in tema di accertamento della sussistenza di una malattia professionale non tabellata e del relativo nesso di causalità - posto che la prova, gravante sul lavoratore, deve essere valutata in termini di ragionevole certezza, nel senso che, esclusa la rilevanza della mera possibilità dell'origine professionale, questa può essere ravvisata in presenza di un notevole grado di probabilità - il giudice può giungere al giudizio di ragionevole probabilità sulla base della consulenza tecnica d'ufficio che ritenga compatibile la malattia non tabellata con la "noxa" professionale utilizzando, a tale scopo, anche dati epidemiologici, per suffragare una qualificata probabilità desunta anche da altri elementi. In tal caso, il dato epidemiologico (che di per sè attiene ad una diversa finalità) può assumere un significato causale, tant'è che la mancata utilizzazione di tale dato da parte del giudice, nonostante la richiesta della difesa corroborata da precise deduzioni del consulente tecnico di parte, è denunciabile per cassazione" (cfr. Cass. 3227/2011 cit.);
7. la relazione del consulente tecnico recepita dalla Corte d'appello ha rilevato che, secondo le attuali conoscenze mediche (l'IARC e i Criteri di Helsinki 2014) la patologia tumorale del L.P. (tumore allo stomaco) al momento non può essere considerata con certezza una patologia causata dall'amianto, mentre i fattori extralavorativi ricorrenti nel caso di specie (fumo di sigarette e intervento di gastrectomia parziale nel 1974) hanno svolto un ruolo preponderante nella genesi della malattia; ha aggiunto che la relazione etiologica tra cancro allo stomaco ed esposizione a fibre di amianto, secondo la comunità scientifica, è ritenuta di evidenza limitata e proporzionale alla concentrazione di fibre ingerite, alla variabilità del consumo idrico e alla concomitante esposizione ad altri carcinogeni (per esempio benzo(a)pirene).
8. Per il resto le ulteriori argomentazioni svolte in ricorso sostanzialmente sollecitano, ad onta dei richiami normativi in esso contenuti, una rivisitazione nel merito della vicenda e delle risultanze processuali affinché se ne fornisca un diverso apprezzamento. Si tratta di operazione non consentita in sede di legittimità, ancor più ove si consideri che in tal modo il ricorso finisce con il riprodurre (peraltro in maniera irrituale: cfr. Cass. S.U. n. 8053/14) sostanziali censure ex art. 360, 4 comma 1, n. 5, cod. proc. civ., a monte non consentite dall'art. 348-ter, commi 4 e 5, cod. proc. civ., essendosi in presenza di doppia pronuncia conforme di merito basata sulle medesime ragioni di fatto circa le modalità di esposizione a sostanze nocive.
9. la sentenza di merito ha, dunque, fatto corretta applicazione delle regole che governano la valutazione del nesso di causalità ed il ragionamento logico della "ragionevole probabilità scientifica" ed è, dunque, esente dalle critiche che gli vengono mosse;
10. il ricorso va, dunque, rigettato, e - in assenza di autodichiarazione resa ex art. 152 disp.att. cod.proc.civ. - le spese di lite sono regolate secondo il criterio della soccombenza dettato dall'art. 91 cod.proc.civ.;
 

P.Q.M.
 

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in complessivi euro 3.000,00 per compensi professionali, oltre ad euro 200,00 per esborsi, rimborso delle spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge.
Ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall'art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 20012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sesta Sezione civile della Corte di cassazione, addì 4 maggio 2021.