- Datore di Lavoro
- Infortunio sul Lavoro
- Lavoratore
La stessa Corte ha inoltre affermato la responsabilità dell'imputato anche sulla base della prevedibilità dell'evento essendo il dipendente P. incaricato di ispezionare le grondaie della copertura del capannone anziano per cui era prevedibile che avrebbe affidato l'incarico di salire sulla copertura al giovane D. V. poi vittima dell'infortunio."
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUARTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MARZANO Francesco - Presidente -
Dott. IACOPINO Silvana Giovann - Consigliere -
Dott. MAISANO Giulio - Consigliere -
Dott. IZZO Fausto - Consigliere -
Dott. BLAIOTTA Rocco Marco - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA/ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
1) A.A. N. IL (OMISSIS);
avverso SENTENZA del 06/02/2008 della CORTE APPELLO di NAPOLI;
visti gli atti, la sentenza ed il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA la relazione fatta dal Consigliere Dott. MAISANO Giulio;
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. MONTAGNA Alfredo che ha concluso per l'inammissibilità del ricorso.
Fatto
L' A. era stato tratto a giudizio perchè, in qualità di datore di lavoro e legale rappresentante della ditta omonima, per colpa consistita in negligenza, imperizia, imprudenza, nonchè per violazione del D.P.R. n. 547 del 1955, art. 376, avendo impartito a D.V.S. incarico di effettuare lavori edili presso dei capannoni, ed in particolare di effettuare la verifica e la pulizia dei canali di gronda, non predisponeva sui tetti dei predetti capannoni le necessarie opere provvisionali, quali andatoie, passerelle o opere consimili, atte a delimitare il percorso da effettuare, al fine di rendere sicuro il transito dei soggetti addetti alla manutenzione, e comunque di prevenire danni a terzi, così determinando la caduta al suolo di D.V.S. da un'altezza di circa 8 metri con conseguenti lesioni personali gravissime; e, quanto al resto di cui al D.P.R. n. 547 del 1955, art. 376, perchè non predisponeva sui tetti dei capannoni suddetti ove erano in corso lavori di manutenzione e riparazione affidati alla sua ditta, da effettuarsi a posti elevati di edifici, le necessarie opere provvisionali atte a delimitare il percorso da effettuare, al fine di rendere sicuro il transito dei soggetti addetti alla manutenzione e, comunque, di prevenire danni a terzi.
In particolare il D.V., dipendente dell' A. e su disposizione dello stesso, si recava unitamente al dipendente P.G., ad effettuare una ricognizione dei tetti e dello stato di conservazione dei canali di gronda del complesso dei capannoni suddetti.
D.V. percorrendo una parte del tetto formato da lastre di vetroresina per effettuare la verifica e la pulizia dei canali di gronda, a causa del cedimento di tale parte del tetto, rovinava al suolo da un'altezza di circa 8 metri, con conseguente ricovero in prognosi riservata presso l'Ospedale (OMISSIS) con diagnosi di ingresso di trauma cranico, otorragia bilaterale, trauma toracico addominale, causa di conseguente danno permanente, paraplegia, lesioni personali gravissime.
La Corte d'Appello di Napoli ha motivato la propria decisione ritenendo applicabile il D.P.R. n. 547 del 1955, art. 376 che prevede l'obbligo di garantire ai lavoratori l'accesso agevole e sicuro ai luoghi di lavoro anche al caso della frequentazione della copertura dei capannoni di accesso al posto di lavoro.
La stessa Corte ha inoltre affermato la responsabilità dell'imputato anche sulla base della prevedibilità dell'evento essendo il dipendente P. incaricato di ispezionare le grondaie della copertura del capannone anziano per cui era prevedibile che avrebbe affidato l'incarico di salire sulla copertura al giovane D. V. poi vittima dell'infortunio.
L' A. propone ricorso per cassazione avverso tale sentenza lamentando mancanza di motivazione ed omessa pronuncia su specifico motivo di appello con riferimento alla richiesta di assoluzione dalla contravvenzione di cui al del D.P.R. n. 547 del 1955, art. 376.
Con secondo motivo si lamenta violazione ed erronea applicazione del D.P.R. n. 547 del 1955, art. 376 che si riferisce all'accesso per i normali lavori di manutenzione che, nel caso in esame era sicuro come affermato nella stessa sentenza di primo grado; inoltre la norma in questione è stata comunque abrogata dal D.Lgs. n. 81 del 2000 (ndr D.Lgs. n. 81 del 2008) che ha abrogato in toto la disciplina di cui al D.P.R. n. 309 del 1990.
Con terzo motivo si lamenta mancanza o illogicità della motivazione per travisamento del fatto con riferimento all'affermazione della prevedibilità dell'accesso del giovane D.V. sul capannone quando, essendo l'incaricato P. anziano per cui sarebbe stato prevedibile che si sarebbe fatto aiutare dal giovane; a tale riguardo il ricorrente deduce che comunque il P. non poteva ritenersi anziano avendo all'epoca del fatto 44 anni.
Diritto
La richiesta di assoluzione dalla contravvenzione di cui al D.P.R. n. 547 del 1955, art. 376 è chiaramente infondata in quanto il reato è stato dichiarato estinto per prescrizione nè sussisteva l'obbligo di declaratoria di cause di non punibilità ex art. 129 c.p.p. stante la circostanziata accusa della violazione della norma antinfortunistica che ha determinato l'evento mortale.
Parimente infondato è il motivo relativo all'inapplicabilità del medesimo D.P.R. n. 547 del 1955, art. 376 stante la suddetta pronuncia di estinzione del reato.
L'illogicità dedotta con il terzo motivo di ricorso con riferimento all'affermazione del giudice di merito secondo cui l'età avanzata del P. avrebbe fatto presumere che avrebbe dato incarico di eseguire il lavoro al più giovane compagno di lavoro, è comunque irrilevante in quanto trattasi di affermazione superflua e comunque non determinante ai fini della decisione.
Alla dichiarazione di inammissibilità fa seguito l'onere delle spese del procedimento nonchè la condanna dei ricorrenti al pagamento di una somma in favore delle Cassa delle Ammende che si stima equo fissare, anche dopo la sentenza n. 186 del 2000 della Corte Cost., in Euro 1.000,00 per ciascuno.
P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione, quarta sezione penale, dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e ciascuno a quello della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 12 maggio 2009.
Depositato in Cancelleria il 19 giugno 2009