Cassazione Penale, Sez. 4, 18 novembre 2021, n. 42062 - Caduta mortale del dipendente comunale durante la potatura degli alberi. Necessario verificare la concreta ripartizione di funzioni tra Sindaco e dirigenti


 

 

Presidente: DOVERE SALVATORE
Relatore: ESPOSITO ALDO Data Udienza: 08/07/2021
 

 

Fatto




1. Con la sentenza in epigrafe la Corte di appello di Catanzaro ha confermato la sentenza del Tribunale di Lamezia Terme del 2 febbraio 2018, con cui M.D. era stato condannato alla pena di mesi sei di reclusione, coi benefici della sospensione condizionale e della non menzione e al risarcimento del danno in favore delle parti civili, in relazione al reato di cui all'art. 589, comma secondo, cod. pen., perché, nella qualità di Sindaco pro tempore del Comune di Falerna e di datore di lavoro, ai sensi dell'art. 2, lett. b), D. Lvo n. 626 del 1994, di G.F., per colpa consistita in negligenza, imperizia ed imprudenza, nonché nella violazione degli art. 4 co. 2, 22, comma 1 e 43 D. Lvo n. 626 del 1994, perché, nella redazione del documento di valutazione dei rischi non considerava i rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori durante l'attività lavorativa e di potatura degli alberi nonché non assicurava che il lavoratore G.F. ricevesse una formazione sufficiente ed adeguata in materia di sicurezza e di salute con riferimento al cambiamento di mansioni, nella specie all'attività di potatura di alberi, infine, per non aver fornito al G.F., nello svolgimento del lavoro in quota di potatura, i dispositivi di protezione individuale contro la caduta dall'alto - cagionava il decesso di G.F.; in particolare, il G.F. - dipendente del Comune di Falerna con la qualifica di operaio addetto al servizio R.S.U. - in data 26 febbraio 2008, nell'effettuare un'attività di potatura degli alberi, attraverso una piccola scala saliva sulla biforcazione di un albero posta ad un'altezza di 2,30 m. da terra e, mentre tagliava i rami con l'ausilio di una motosega e di un troncarami, perdeva l'equilibrio e precipitava al suolo; era subito ricoverato presso l'Ospedale Civile di Catanzaro con diagnosi di stato di coma, emorragia celebrale e fratture vertebrali multiple e decedeva in data 11 marzo 2008 per gravi lesioni cranio-encefaliche.
1. 1. Nel ricostruire la vicenda processuale, il Tribunale poneva l'accento sulle deposizioni dei testi V.V., V.E., VA.M., M.D. e M.G..
Il teste V.V., dipendente comunale, presente al momento dell'infortunio, riferiva che il G.F. era stato incaricato di potare gli alberi presenti sul territorio comunale e che, mentre operava mediante forbici ed una piccola motosega, al momento della caduta, era privo di casco e non era ancorato all'albero da corde, ma era dotato solo di scarpe antinfortunistiche e guanti, uniche misure di sicurezza nella disponibilità del Comune. Con riferimento alla dinamica dell'incidente, il teste dichiarava che il G.F. era caduto, scivolando all'indietro, mentre si trovava ad un'altezza di due o due metri e mezzo e, nell'atterraggio, aveva sbattuto la nuca sull'asfalto; riferiva, inoltre, che lui e il G.F. non avevano partecipato a corsi di potatura e non avevano ricevuto indicazioni sui rischi inerenti quel tipo di attività e non conoscevano le relative misure di sicurezza. Chiariva, infine, che stavano eseguendo un ordine di servizio stampato e affisso nella casa comunale, contenente le attività da svolgere e i nomi dei lavoratori adibiti alle stesse, sottoscritto dal M.G., responsabile dell'ufficio dei servizi del personale, su disposizione del Sindaco.
Il teste VA.M., incaricato della raccolta dei rami potati e di carico sul camion, rendeva una deposizione dello stesso tenore; riferiva, inoltre, che il Comune non aveva fornito un servizio mobile di ponteggio o delle corde per l'ancoraggio.
Il teste V.E., in servizio presso il Dipartimento di prevenzione e sicurezza Ambiente Lavoro di Lamezia Terme, ricostruiva la dinamica dell'incidente conformemente a quanto sopra riportato; riferiva che il G.F., assunto dal Comune come operatore addetto alla raccolta dei rifiuti solidi urbani, non aveva ricevuto un'idonea formazione in ordine all'attività di potatura degli alberi; a suo avviso, per lo svolgi­ mento di quella attività occorreva l'uso del ponteggio, in modo da poter raggiungere in sicurezza una certa altezza e il G.F. avrebbe dovuto indossare un casco ed essere ancorato con normali sistemi di ancoraggio. Riferiva, infine, che l'attività di potatura quel giorno era stata svolta sulla base di una disposizione di servizio settimanale firmato dal Responsabile dell'ufficio dei servizi del personale, M.G., su ordine del Sindaco.
Il Sindaco dichiarava di non aver emesso ordini di servizio concernenti l'attività di potatura degli alberi e di non essere a conoscenza dello svolgimento della stessa attività da parte del G.F., privo di ruoli operativi. L'elenco delle attività indicate nell'ordine di servizio era disposto da M.G. , coadiuvato da M.P., che disponeva del mezzo fisico per andare sul posto a compiere le attività necessarie.
Il teste M.G. dichiarava di prendere ordini direttamente dal Sindaco e di svolgere un ruolo meramente esecutivo.
1.2. In ordine alla posizione di garanzia del Sindaco, contestata dalla difesa, la Corte di appello ha osservato che notoriamente nelle amministrazioni pubbliche gli organi di direzione politica procedono all'individuazione dei soggetti cui attribuire la qualità di datore di lavoro, per cui, in mancanza di tale designazione, permane in capo a suddetti organi l'indicata qualità, anche ai fini dell'eventuale responsabilità per la violazione della normativa antinfortunistica. Il Sindaco di un Comune va esente da responsabilità in materia, in base all'art. 2, comma primo, lett. b), D. Lgs. 9 aprile 2008 n. 81, se individua i soggetti ai quali riconoscere in sua vece la qualifica di datore di lavoro.
In assenza di specifica individuazione del datore di lavoro, la posizione di garanzia permaneva in capo al M.D.. Contrariamente a quanto affermato dalla difesa, il M.G. e il M.P. non avevano ricoperto le funzioni di fatto, per cui non avevano assunto la veste di garanti. In presenza di delega non regolare, e quindi a maggior ragione in assenza di delega, la posizione di garanzia del datore di lavoro non viene meno, ma al più a questa si aggiunge l'ulteriore responsabilità di chi di fatto ha assunto i compiti propri del datore di lavoro, del dirigente o del preposto, dovendo comunque rispondere del proprio operato.
Peraltro, nel caso in esame, la Corte ha osservato che i soggetti indicati dalla difesa (M.G. e M.P.) esercitavano mansioni di natura tecnica ed esecutiva, non correlate neppure in astratto alla materia della sicurezza e della prevenzione cristal­ lizzata nell'imputazione.
Il M.D. non aveva svolto i compiti di informazione, formazione e soprattutto di controllo in materia di sicurezza del lavoro sullo stesso gravanti, né aveva fornito i dispositivi di protezione individuali contro la caduta dall'alto. I compiti del datore di lavoro o del dirigente, cui spetta la sicurezza del lavoro, sono molteplici ed articolati e consistono nell'istruzione dei lavoratori sui rischi di determinati lavori, nell'adozione di misure di sicurezza, nella predisposizione di tali misure e nella messa a disposizione del lavoratore degli appositi strumenti e nel controllo continuo e pressante, per imporre che i lavoratori rispettino quelle norme, si adeguino alle misure in esse previste e sfuggano alla superficiale tentazione di trascurarle. Il responsabile della sicurezza, sia egli o meno l'imprenditore, deve avere la cultura e la forma mentis del garante del bene costituzionalmente rilevante costituito dall'integrità del lavoratore e perciò non può limitarsi ad assolvere normalmente il compito di informare i lavoratori sulle norme antinfortunistiche previste, ma deve controllare che tali norme siano assimilate dai lavoratori nell'ordinaria prassi di lavoro.
L'individuazione del rapporto di lavoro prescinde da aspetti formali legati al con­ tenuto del contratto, occorrendo verificare in concreto le sue caratteristiche e gli ele­ menti che ne connotano lo svolgimento. Rileva, quindi, l'oggettivo espletamento delle mansioni tipiche svolte nel luogo deputato e su richiesta del datore di lavoro (anche eventualmente a titolo di favore).
L'attestazione a firma del segretario comunale (prot. n. 11881 del 30 dicembre 2008), secondo cui non esistevano nell'archivio comunale ordini di servizio a firma del Sindaco concernenti la potatura degli alberi, non era dirimente. Per quanto sopra esposto (necessità di formale delega, in mancanza della quale l'eventuale responsabilità del soggetto che di fatto assume il ruolo di garante non esclude la responsabilità di chi formalmente ricopra tale veste) non aveva valenza pregnante l'ulteriore atte­ stazione a firma del Segretario Comunale del 29 aprile 2010, secondo cui le comunicazioni di servizio predisposte dal M.G. non erano state acquisite al protocollo dell'Ente e non erano state notificate ai dipendenti comunali. Né rilevava la circo­ stanza, per cui in altra epoca, la potatura degli alberi era stata assegnata a ditta esterna. La circostanza atteneva ad un momento temporale diverso e non valeva a inficiare la conclusione cui si è pervenuti.

2. Il M.D., a mezzo del proprio difensore, ricorre per Cassazione avverso la sentenza della Corte di appello, proponendo tre motivi di impugnazione.
2.1. Violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento agli artt63, comma secondo, 191, 192, commi 3 e 4, e 507, cod. proc. pen., in relazione alle norme in tema di assunzione ed utilizzazione delle dichiarazioni rese da persona offesa che doveva essere sentita sin dall'inizio in qualità di persona sottoposta alle indagini, alla valutazione delle chiamate in correità e al travisamento della prova.
2.1.1. Si deduce che la Corte territoriale non ha valutato l'inutilizzabilità delle dichiarazioni rese dal M.G., erroneamente indicato come responsabile dell'ufficio dei servizi del personale e, comunque, autore e firmatario dell'atto, non correttamente qualificato "ordine di servizio", contenente l'elenco delle attività da svolgere e i nomi dei lavoratori incaricati.
I "due dipendenti" si erano sempre occupati della gestione e del controllo delle attività lavorative effettuate all'esterno. Il M.G., coordinatore dei servizi esterni, e M.P., responsabile operativo controllo lavori esterni. Nel corso della deposizione del 1° febbraio 2018, il M.G. confermava di aver sottoscritto l'atto. Applicando i noti principi alla vicenda oggetto di procedimento, appare evidente che, al momento della sua audizione come testimone, il M.G. doveva chiaramente essere ritenuto coindagato per l'omicidio colposo e, addirittura, unico responsabile di quanto accaduto.
Deve applicarsi la sanzione dell'inutilizzabilità erga omnes delle dichiarazioni as­ sunte senza garanzie difensive da un soggetto che fin dall'inizio doveva essere sentito in qualità di imputato o indagato.
2.1.2. Si deduce altresì l'omessa verifica dell'attendibilità del dichiarante, tenuto conto dell'evidente rilievo assegnato alle predette dichiarazioni.
Nella sentenza del Tribunale era precisato che, a fronte dell'affermazione del Sindaco di non aver emesso ordini di servizio concernenti l'attività di potatura degli alberi e di non essere a conoscenza dello svolgimento della stessa attività da parte del G.F., il M.G. aveva riferito di ricevere ordini direttamente dal Sindaco, di svolgere un lavoro meramente esecutivo, senza autonomo potere decisionale, e di riportare sull'ordine di servizio, da lui firmato, le decisioni già assunte dal vertice dell'amministrazione comunale. I Giudici di merito hanno assegnato credibilità alle accuse del M.G., nonostante la riconducibilità solo alla sua persona dell'atto, col quale disponeva le attività da svolgere all'esterno e la mancata partecipazione del Sindaco alla sua adozione.

2.2. Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione agli artt. 125, 192 e 546, comma 1, lett. e), cod. proc. pen..
Si rileva l'insussistenza di un ordine di servizio riferibile al ricorrente.
Il M.G. e il M.P. si erano sempre occupati della gestione e del controllo delle attività lavorative effettuate all'esterno; per di più, in alcune occasioni erano stati richiamati a tali specifici doveri attraverso apposite note di sollecito. Si occupavano di coordinare e controllare e di emanare disposizioni in prima persona fin dal 2001. Le disposizioni relative alle singole lavorazioni erano state impartite dal coordinatore dei servizi esterni e l'operato dei singoli lavoratori era controllato quotidianamente dal responsabile operativo controllo lavori esterni, sicché gli stessi rivesti­ vano autonome e specifiche posizioni di garanzia, in quanto istituzionalmente titolari di compiti organizzativi e di vigilanza. Non si comprendeva perché la responsabilità dei fatti dovesse ascriversi al Sindaco e non all'autore materiale e sottoscrittore dell'atto di servizio.
Il Sindaco non rivestiva una posizione di garanzia e non poteva assolvere a compiti di informazione, formazione e di controllo né poteva fornire i dispositivi di protezione individuali contro la caduta dall'alto, in quanto il G.F. era stato assunto per svolgere mansioni completamente diverse da quelle previste dall'atto dispositivo a firma del M.G.. Il Segretario Comunale precisava per iscritto che presso la Casa Comunale non v'erano atti produttivi di effetti giuridici, sottoscritti dal Sindaco contenenti l'ordine di destinare alla potatura degli alberi personale comunale ovvero personale LSU o RSU, in servizio presso il Comune di Falerna. Quelle lavorazioni erano state affidate ad una società esterna nell'anno 2000 con convenzione della durata di quattro anni, poi rinnovata nel 2006.
La produzione di documenti di rilievo pubblicistico si poneva in contrasto con le dichiarazioni rese dal M.G., mancando ordini di servizio a firma del Sindaco e, comunque, comunicazioni di servizio predisposte dal M.G. acquisite al protocollo dell'Ente e, come tali, conosciuti dal Sindaco. La contraddittorietà della motivazione derivava anche dal raffronto tra tale documento e gli altri indicati in precedenza, in ordine alla riconducibilità al solo M.G. delle direttive impartite al G.F.. La sentenza impugnata non ha correttamente valutato l'ordine di servizio a firma del solo M.G..
2.3. Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all'art. 589 cod. pen. per l'affermazione di responsabilità del M.D. pur in assenza degli elementi costitutivi della fattispecie penale.
Si rileva che non esisteva nessun ordine di servizio emesso dal Sindaco, a sua volta notificato o accettato dal G.F., che avrebbe autorizzato il M.G. a procedere in tal senso.
L'atto di delega era assente e in base al principio di effettività assume la posizione di garante colui il quale, di fatto, si accolla e svolge i poteri del datore di lavoro, del dirigente o del preposto. La sentenza del Tribunale è priva di riferimenti alle funzioni in concreto esercitate dal M.G.. Stante la mancanza dell'atto di delega, si sarebbe dovuta applicare a tale fattispecie la disposizione di cui all'art. 299 D.lgs. n. 81 del 2008, in base alla quale le posizioni di garanzia gravano su coloro i quali esercitino, pur sprovvisti di formale investitura, i poteri giuridici riferiti ai soggetti di cui all'art. 2, comma 1, lett. b), d) ed e), D. Lgs. cit .. Non è stato correttamente individuato chi avesse esercitato le funzioni di direzione, organizzazione ed esecuzione dell'attività lavorativa esterna, in qualità di Coordinatore dei Servizi Esterni, senza una delega (perfetta o imperfetta) proveniente dal Sindaco. Il M. formato adeguatamente sulla sicurezza il lavoratore G.F. con riferimento alla specifica mansione di LSU allo stesso assegnata. Il G.F. e gli altri dipendenti del Comune di Falerna non erano addetti all'attività di potatura degli alberi, sicché la redazione del DVR per la sicurezza e la salute dei lavoratori durante tale lavorazione sarebbe stata assolutamente ultronea. Le direttive impartite al G.F., con l'atto emesso dal M.G., di provvedere alla potatura degli alberi avrebbero dovuto essere rifiutate (rectius non essere eseguite) dal lavoratore, in quanto non rientranti nelle sue mansioni e perché nella scheda informativa sulla sicurezza, al punto 2, lett. c), era chiaramente prescritto di non compiere operazioni estranee alla competenza della mansione.

 

Diritto
 



1. Il ricorso è fondato nei termini meglio precisati in motivazione. Il primo motivo è infondato.
Va premesso che, secondo quanto già affermato da questa Corte, allorquando venga in rilievo l'attribuzione al dichiarante della qualità di indagato o di persona informata sui fatti, spetta al giudice il potere di verificare, in termini sostanziali - al di là, quindi, del riscontro di indici formali, come l'intervenuta iscrizione sul registro notizie di reato - l'ascrivibilità allo stesso dell'una o dell'altra qualità e il relativo accertamento, se congruamente motivato, si sottrae al sindacato di legittimità (Sez. U., n. 15208 del 25/02/2010, Mills, Rv. 246584). In tema di prova dichiarativa, allorché venga in rilievo la veste che può assumere il dichiarante, spetta al giudice il potere di verificare in termini sostanziali, prescindendo da indici formali quali l'avvenuta iscrizione nel registro delle notizie di reato, l'attribuibilità allo stesso della qualità di indagato nel momento in cui le dichiarazioni stesse vengano rese, con la conseguente necessaria escussione non già come testimone, bensì quale imputato di reato con­ nesso ai sensi dell'art. 210 cod. proc. pen. (Sez. 6, n. 25425 del 04/03/2020, Pasco­ lini, Rv. 279606).
Pur dovendosi fare ricorso ad un criterio di accertamento non formale, ossia basato sul solo dato della già avvenuta iscrizione del nominativo nel registro degli indagati, ma più analitico e volto a verificare il reale stato delle conoscenze raggiunte al momento della redazione del verbale sul fatto di reato e sulla sua riferibilità alla persona escussa, si è precisato che la condizione rilevante non è integrata dal fatto che qual­ cuno sia stato coinvolto in vicende potenzialmente suscettibili di dar luogo alla formulazione di addebiti penali a suo carico, né da semplici sospetti suggeriti dall'intuizione personale degli investigatori, occorrendo piuttosto l'acquisizione di indizi, anche non connotati da gravità, che ne avessero reso probabile la responsabilità (Sez. U, n. 15208 del 2010 cit.; Sez. 2, n. 8402 del 17/02/2016, Gjonaj, Rv. 267729; Sez. 2, n. 51732 del 19/11/2013, Carta, Rv. 258109; Sez. 1, n. 4060 dell'8/11/2007, dep. 2008, Sommer, Rv. 239195).
La sanzione di inutilizzabilità erga omnes postula infatti che, a carico dell'interessato, siano già stati acquisiti, prima dell'escussione, indizi non equivoci di reità, come tali conosciuti dall'autorità procedente, non rilevando, a tale proposito, eventuali sospetti od intuizioni personali degli inquirenti (Sez. U, n. 23868 del 23/04/2009, Fruci, Rv. 243416). L'inutilizzabilità assoluta, ai sensi dell'art. 63, comma 2, cod. proc. pen., richiede, infatti, l'originaria esistenza, a carico dell'escusso, di precisi, anche se non gravi, indizi di reità, che non possono automaticamente inferirsi dal solo fatto che il dichiarante risulti essere stato, in qualche modo, coinvolto in vicende potenzialmente suscettibili di dar luogo alla formulazione di addebiti di carattere penale a suo carico (Sez. 1, n. 48861 del 11/07/2018, Mero, Rv. 280666), occorrendo invece che le predette vicende, così come percepite dall'autorità inquirente, presentino connotazioni tali da indurre a ravvisare concretamente la sussistenza di elementi di spessore indiziante sufficiente ad attribuire al soggetto la qualità di indagato: dovendo infatti la verifica della sussistenza della qualità di persona indagata essere condotta non secondo un criterio formale (esistenza di notizia criminis, iscrizione nel registro degli indagati), ma secondo il criterio sostanziale della qualità oggettivamente attribuibile al soggetto in base alla situazione esistente nel momento in cui le dichiarazioni sono state rese a seguito della eventuale emersione di elementi indiziari a carico del dichiarante capaci di modificare lo statuto della prova dichiarativa ad esso riferibile (Sez. U, n. 23868 del 2009 cit.), è solo in tale seconda eventualità che il soggetto può ritenersi irritualmente sentito come persona informata sui fatti, giacché avrebbe dovuto essere interrogato ab origine in qualità di imputato o di indagato, e dunque le sue dichiarazioni non possono essere utilizzate né contra se né contra alias (Sez. 4, n. 46203 del 19/09/2019, Pavone, Rv. 277947).
Nel caso in esame, la questione dell'inutilizzabilità delle dichiarazioni rese dal M.G. non era stata esplicitamente prospettata nell'atto di appello, in cui la difesa si limitava a chiedersi le ragioni della mancata configurazione di ipotesi di responsabilità a carico del medesimo e della sua estraneità dal relativo contesto processuale. Ebbene, la questione dell'inutilizzabilità delle dichiarazioni rese senza le necessarie garanzie difensive da chi sin dall'inizio doveva essere sentito in qualità di imputato o indagato non può essere proposta per la prima volta in sede di legittimità se richiede valutazioni di fatto su cui è necessario il previo vaglio, in contraddittorio, da parte del giudice di merito (Sez. 6, n. 18889 del 28/02/2017, Tornasi, Rv. 269891).
In ogni caso, solo nel corso dell'istruttoria processuale - e soprattutto delle dichiarazioni rese dagli altri dipendenti - erano emersi elementi di reità a carico del M.G. connessi al ruolo che via via risultava aver ricoperto, tanto vero che la sua audizione era esposta solo ai sensi dell'art. 507 cod. proc. pen..
Ne consegue che in virtù del principio di conservazione degli atti e della regola, ad esso connessa, del tempus regit actum, fossero legittimamente utilizzabili le dichiarazioni rese in qualità di testimone, a nulla rilevando, in contrario, la circostanza che avrebbe potuto rivestire la condizione di indagato o di imputato (vedi, per riferimenti, Sez. U, n. 33583 del 26/03/2015, Lo Presti, Rv. 264482).

2. Il secondo e il terzo motivo di ricorso, da trattare congiuntamente in quanto strettamente connessi tra loro, sono fondati.
2.1. In materia di ripartizione delle responsabilità tra Sindaco e funzionari in caso di infortuni sul lavoro del dipendente, va premesso che, nelle pubbliche amministrazioni di cui all'art. 1, comma 2, D.L. 30 marzo 2001, n. 165 (fra cui rientrano le Amministrazioni comunali), per datore di lavoro si intende il dirigente al quale spettano i poteri di gestione, ovvero il funzionario non avente qualifica dirigenziale, nei soli casi in cui quest'ultimo sia preposto ad un ufficio avente autonomia gestionale, individuato dall'organo di vertice delle singole amministrazioni tenendo conto dell'ubicazione e dell'ambito funzionale degli uffici nei quali viene svolta l'attività, e dotato di autonomi poteri decisionali e di spesa (art. 2, comma 1, lettera b), D. Lgs. n. 81 del 2008).
Tale disciplina è perfettamente coerente col principio di separazione fra funzioni di indirizzo politico e di gestione negli enti locali, ormai invalso da tempo nel nostro sistema e recepito, dal D. Lgs. n. 165 del 2001 e dall'art. 107 Testo Unico delle leggi sull'ordinamento degli Enti locali, approvato con D.Lgs. n. 267 del 2000.
In tale sistema di separazione fra le due distinte forme di responsabilità - politica e gestionale - non può farsi questione circa la sussistenza o meno, in capo al dirigente o al funzionario comunale titolare di poteri di gestione e d'impegno di spesa, di una delega di funzioni sul modello e per le finalità di cui all'art. 16, D.Lgs. n. 81 del 2008.

Siffatta delega ha rilievo laddove il soggetto destinatario di compiti e funzioni propri del datore di lavoro sia, per ciò stesso, soggetto distinto dal datore di lavoro medesimo: ciò che accade nelle ordinarie realtà aziendali e nell'ambito dei modelli organizzativi di natura privatistica.
Qualora con uno specifico atto di individuazione siano conferite funzioni specifiche comprensive dell'esercizio di poteri decisionali e di spesa (ne-i termini esplicitamente previsti dal citato art. 2, comma 1, lettera b), D.Lgs. n. 81 del 2008, il soggetto designato assume ape legis la corrispondente posizione datoriale. In tal caso, per­ tanto, vengono trasferite al dirigente pubblico tutte le funzioni datoriali, ivi omprese quelle non delegabili, il che rende non assimilabile detto atto alla delega di funzioni disciplinata dall'art. 16 D. Lgs. n. 81 del 2008 (Sez. 4, n. 22415 del 12/05/2015, Borghi, Rv. 263873). Ciò in quanto, con il suddetto atto d'individuazione, il soggetto depositario di poteri gestionali e di spesa assume ex lege la qualifica datoriale.
L'attribuzione della qualità di datore di lavoro a un dirigente o a un funzionario da parte dell'organo di vertice deve essere espressa e accompagnata dal conferimento dei poteri decisionali e di spesa, con la conseguenza che, in mancanza di tale indicazione espressa e del conferimento dei necessari poteri, la qualità di datore di lavoro permane in capo all'organo di direzione politica della singola amministrazione (Sez. 4, n. 43829 del 20/04/2018, Cesini, Rv. 274263).
2.2. Ciò posto sui principi operanti in materia, deve rilevarsi che, nella fattispecie, il dipendente comunale G.F., operaio addetto al servizio R.S.U., in mancanza di formazione sufficiente ed adeguata in materia di sicurezza e di salute e in assenza di dispositivi di protezione individuale, nello svolgimento di attività di potatura di alberi in quota, cadeva dall'alto e, dopo aver subito plurime conseguenze lesive, decedeva.
Egli aveva eseguito tale attività in esecuzione di un ordine di servizio stampato e affisso nella casa comunale, contenente l'elenco delle attività da svolgere e dei nomi dei lavoratori incaricati, sottoscritto da M.G., Responsabile dell'ufficio dei servizi del Personale.
La responsabilità per omicidio colposo è stata attribuita al Sindaco M.D., il quale avrebbe a sua volta ordinato al M.G. (vedi le testimonianze di V.V. e VA.M.) di impartire detta disposizione di servizio.
Alla luce di tale ricostruzione della vicenda, emergono, pertanto, le vistose carenze motivazionali denunciate e sono riscontrabili alcune significative lacune nella ricostruzione degli elementi fattuali indispensabili per stabilire gli eventuali profili di responsabilità penale.
Occorre evidenziare che, tenuto conto dell'esistenza di un ordine di servizio facente capo al M.G. con cui questi impartiva al G.F. il compito di eseguire la potatura, l'accertamento delle modalità organizzative concrete dell'apparato comunale appare propedeutico all'esame della problematica della presenza o meno di una delega.
In presenza di una struttura complessa come l'ente comunale, è necessario previamente verificare quale sia la concreta pianificazione dei servizi amministrativi e delle ripartizioni delle funzioni tra i vari soggetti, al fine di individuare la posizione di garanzia e, pertanto, il soggetto espressamente deputato alla gestione del rischio.
Dall'esame della Convenzione del Comune di Falerna del 16 giugno 2000 si evince esclusivamente che uno spazio verde urbano di proprietà comunale era stato affidato per quattro anni al titolare di un esercizio pubblico (bar) impegnatosi a curare la manutenzione; dalla successiva delibera dell'll luglio 2006 si comprende l'assegna­ zione era stata prorogata per altri quattro anni (atti allegati dalla difesa ai fini dell'autosufficienza del ricorso).
Nella fattispecie, è mancato l'approfondimento istruttorio necessario per stabilire la possibilità di riconoscere la sussistenza di una posizione di datore di lavoro in capo al Sindaco circa l'effettiva (ed eventuale) organizzazione dell'apparato comunale e come potesse essere stata ricollegata a lui la paternità di un atto sottoscritto dal solo M.G..
In particolare, sarebbe stato necessario verificare quanto segue:
a) l'organizzazione generale dell'apparato comunale con riferimento ai rapporti tra il Sindaco e i funzionari e, in particolare, col M.G., per stabilire se a quest'ultimo fossero state attribuite competenze nell'ambito alcuni settori oppure solo per singoli atti specifici;
b) L'(eventuale) esistenza di una disciplina nel Comune in ordine all'attività di giardinaggio con particolare riferimento alla potatura degli alberi;
c) le modalità di attribuzione dell'incarico al G.F. e, cioè, se la sua destinazione a compiti di giardiniere fosse stabile, saltuaria o per la sola attività eseguita il giorno della tragica caduta che ne determinava la morte;
d) le ragioni della ritenuta sussistenza di un ordine impartito dal M.D. al M.G. di adibire il G.F. all'attività di potatura, nonostante la mancanza di un atto scritto (al riguardo il Segretario Comunale attestava per iscritto l'inesistenza di ordini di servizio a firma del Sindaco);
e) il significato delle dichiarazioni dei testimoni, secondo i quali sarebbe esistito un ordine del Sindaco al M.G., ma senza il necessario approfondimento per stabilire le ragioni della ritenuta riconducibilità di quello specifico ordine di servizio al primo cittadino e in mancanza di loro chiarimenti sull'organizzazione comunale di tali servizi;
f) le ragioni dell'espletamento della potatura da parte di un dipendente comunale in un periodo apparentemente ricompreso in quello di gestione dell'affidatario del relativo spazio verde (vedi le due convenzioni allegate dalla difesa).

3. Per tali ragioni, la sentenza impugnata va annullata con rinvio per nuovo giudizio ad altra Sezione della Corte di appello di Catanzaro.

 

P. Q. M.



Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio ad altra Sezione della Corte di appello di Catanzaro.
Così deciso in Roma 1'8 luglio 2021.