Cassazione Penale, Sez. 4, 18 novembre 2021, n. 42121 - Vettore di trasporto colpito dal crollo del solaio in calcestruzzo armato a causa dell'eccessivo sovraccarico


 

 

Presidente: DOVERE SALVATORE
Relatore: PEZZELLA VINCENZO
Data Udienza: 28/10/2021
 

Fatto


1. La Corte di Appello di Torino, pronunciando nei confronti degli odierni ricorrenti G.A. e M.A., con sentenza del 11/10/2019 confermava la sentenza, emessa in data 6/11/2017, con la quale il Tribunale di Asti, riconosciute ad entrambi gli imputati le attenuanti generiche ritenute equivalenti alle aggravanti, li aveva condannati alla pena di 2 mesi di reclusione ciascuno, oltre al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali nei confronti della parte civile, da liquidarsi in separato giudizio, con una provvisionale immediatamente esecutiva di€ 10.000,00, con i benefici della sospensione condizionale della pena e non menzione per entrambi, per i seguenti reati.
Gli odierni ricorrenti, nella qualità, rispettivamente, il G.A. di amministratore della srl VAUDANIA, società incaricata dello svolgimento di lavori edili di costruzione di un capannone ad un piano fuori terra a Era, in località Borgo Nuovo n. 40, ed il M.A. di coordinatore per la sicurezza in fase di progettazione ed in fase di esecuzione, sono stati dai giudici di merito ritenuti colpevoli del delitto di cui agli artt. 113 - 590, co. 1 e 3, in relazione all'art 583 co. 1, n. 1, cod. pen., per avere cagionato, in cooperazione fra loro, per colpa consistita in imprudenza, negligenza, imperizia e violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro, a A.B. socio della s.n.c. B.G. - che aveva operato quale vettore di trasporto del calcestruzzo preconfezionato da utilizzare per la costruzione di un solaio in calcestruzzo armato - lesioni personali gravi, segnatamente "politrauma contusivo e successivo stress post-traumatico", tali da determinare un'incapacità di attendere alle ordinarie occupazioni per un periodo superiore ai 40 giorni (prognosi di guarigione al 2/8/2014, pari a 121 giorni).

In particolare, il G.A. in conseguenza della violazione della disposizione di cui:
• all'art. 142 co. 1 D.L. vo 81/08, per non avere costruito le armature provvisorie per l'esecuzione del solaio in cemento armato, costituite da due ordini sovrapposti di puntelli metallici e banchine in legno, in modo da assicurare in ogni fase del lavoro la necessaria solidità;
• all'art. 28, co. 2 lett. a) D.L.vo 81/08, per avere omesso, all'interno del Piano Operativo di Sicurezza (POS), definito come documento di valutazione dei rischi, in riferimento al singolo cantiere ai sensi dell'art. 17, co. 1 lett. a), di riportare tutti i rischi per la sicurezza relativamente alle attività di realizzazione del solaio, con particolare riferimento al getto del calcestruzzo;
• all'art. 28, co. 2 lett. b) D. L. vo 81/08 per avere omesso, all'interno del POS, definito come documento di valutazione dei rischi, in riferimento al singolo cantiere ai sensi dell'art. 17, co. 1 lett. a), di riportare l'indicazione delle misure di prevenzione e di protezione relativamente alle attività di realizzazione del solaio, con particolare riferimento al getto del calcestruzzo;

ed il M.A. in conseguenza della violazione della disposizione di cui:
• all'art. 91, co. 1 lett. a) D.L.vo 81/08, per aver redatto il Piano di Sicurezza e Coordinamento senza rispettare i contenuti di cui all'Allegato XV del D. L. vo n. 81/08, relativamente agli aspetti dell'organizzazione del cantiere di cui al punto 2.2.2. in quanto mancava l'analisi delle disposizioni relative all'organizzazione della cooperazione e coordinamento tra le attività effettuate tra i datori di lavoro, modalità di accesso dei mezzi di fornitura dei materiali, e mancavano al­tresì le scelte progettuali ed organizzative, le procedure, le misure preventive e protettive per ridurre i rischi, le misure di coordinamento atte a realizzarle (in particolare, nulla veniva riportato sulle misure di sicurezza da adottare durante le fasi di consegna e getto del calcestruzzo un cantiere); per quanto concerne le lavorazioni di cui al punto 2.2.3 dell'Allegato XV, nulla veniva riportato relativamente al tipo di opere provvisionali da adottare per evitare i crolli durante la fase del getto del calcestruzzo;
• all'art. 92, co. 1 lett. c) D. L. vo 81/08, per non avere organizzato tra i datori di lavoro la cooperazione ed il coordinamento delle attività nonché la loro reciproca informazione.

In conseguenza di tal omissioni il A.B., che si trovava a terra posto ai comandi dell'autobetoniera che alimentava la tramoggia dell'autopompa ed a circa un metro dal bordo del solaio, nel mentre erano in corso le operazioni del getto delle travi del solaio e del getto di completamento sopra le lastre prefabbricate disposte sulla puntellatura, veniva colpito dal crollo del solaio in calcestruzzo armato, riportando le lesioni sopra descritte.
Con l'aggravante di avere cagionato una lesione grave e di avere commesso il fatto con la violazione delle norme sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro.
In Bra (CN) il 2/4/2014.


2. Avverso tale provvedimento hanno proposto ricorso per Cassazione, a mezzo dei propri difensori di fiducia, G.A. e M.A., ciascuno con proprio ricorso, deducendo i motivi di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall'art. 173, comma 1, disp. att., cod. proc. pen.:
• G.A. (Avv. Pierpaolo Viganò)
Con un unico motivo il ricorrente deduce violazione di legge in relazione all'art. 192 cod. proc. pen. per l'omessa attribuzione di rilevanza probatoria alla documentazione fotografica in atti sullo stato dei luoghi dopo il crollo, attestante la presenza di 15 pilastri sopravvissuti al crollo, e in relazione all'art. 603 n. 3 cod. proc. pen. per l'omessa rinnovazione istruttoria con ammissione di perizia tecnica di accertamento delle cause del crollo; nonché vìzìo motìvazionale in relazione alla presenza di 15 pilastrì in cemento armato sopravvissuti al crollo e alla loro idoneità a sostenere l'ulteriore aggravio di peso della soletta.
Ci si duole in ricorso della motivazione resa dalla corte di appello in merito alla capacità di sostegno dei 360 puntelli rispetto al sovraccarico del solaio posto sugli stessi, rappresentando che la tesi difensiva ha sempre raffigurato la causa del crollo nell'urto laterale/orizzontale da parte del braccio di un'autobetoniera, che pompava gli ultìmì metri cubi di calcestruzzo sulla soletta, contro la struttura, facendola, a causa della spinta orizzontale, piegare e poi collassare con il suo appiattimento a terra.
Si eccepisce, quindi, l'omessa ed erronea valutazione delle fotografie riproducenti la situazione dopo il crollo, da cui emerge la presenza di 15 pilastri eretti e non lesionati.
Dall'esame delle fotografie sarebbe evidente, secondo la tesi sostenuta dal ricorrente, l'ìdoneità dei pilastri a sostenere il sovraccarico di 50 tonnellate individuato come causa del crollo. La circostanza che siano rimasti 15 pilastri in posizione eretta dimostrerebbe che il crollo è stato determinato da una spinta laterale/orizzontale, altrimenti gli stessi pilastri sarebbero risultati spezzati o quanto meno abbattutì.
Il ricorrente evidenzia di avere proposto motivo di appello su tale circostanza, riportandolo testualmente e ponendolo a confronto con la motivazione resa dai giudici di appello, i quali ritengono irrilevante la presenza dei 15 pilastri in cemento armato, dal momento che gli stessi, evidentemente, non erano stati in grado, di aiutare i puntelli a sostenere la soletta dopo la posa di un maggior quantitativo di calcestruzzo.
La motivazione resa nella sentenza impugnata viene definita mancante, in quanto il termine "evìdentemente", utìlìzzato dai giudici, indicherebbe una soluzione non supportata da alcuna prova, e contraddittoria in quanto conseguente ad una erronea valutazione della documentazione fotografica, che ha determinato un'erronea applicazione della legge penale.
Si ritiene che il mantenimento dei pilastri in posizione eretta dopo il crollo, dimostrerebbe il contrario rispetto a quanto dedotto dai giudici.
Si lamenta, ancora, l'inosservanza dell'art. 603 co. 3 cod. proc. pen., in quanto la corte di appello, pur riconoscendo che l'urto del braccio dell'autopompa avrebbe potuto costituire una concausa, non ha disposto l'accertamento tecnico volto ad accertare l'idoneità dei 15 pilastri a sostenere il sovraccarico. Tale accertamento sarebbe stato indispensabile ai fini della decisione in quanto ove fosse stata affermata l'idoneità, la stessa avrebbe escluso ogni responsabilità del ricorrente.
• M.A. (Avv. Giuseppe Sandri)
Con un primo motivo il ricorrente deduce vizio di motivazione dolendosi dell'omessa valutazione da parte dei giudici del merito dei rischi da interferenze dei vari operatori presenti durante la gittata.
La Corte distrettuale condivide l'individuazione delle cause dell'evento, fatta dal tribunale, nell'eccessivo versamento di calcestruzzo da parte del costruttore, che aveva proceduto in maniera autonoma ed esclusiva.
La responsabilità del M.A., nella sua qualità di coordinatore, viene individuata per la mancata valutazione dei rischi interferenziali dei vari operatori.
La corte di appello, però, confonderebbe il ruolo di coordinatore della sicurezza e non delineerebbe i confini dei doveri dello stesso rispetto alle altre posizioni di garanzia delle altre figure presenti in cantiere, snaturandone, quindi, la funzione. Il ricorrente critica la motivazione della sentenza impugnata in primo luogo perché non verrebbe distinta la figura del coordinatore da quella di coloro che hanno i poteri-doveri di intervento diretto e immediato nell'esecuzione dei lavori. In secondo luogo, perché non sarebbero delineati i poteri-doveri del coordinatore, attribuendogli un rischio proprio del costruttore, non legato al difetto di coordinamento. In terzo luogo, perché verrebbe addebitata al M.A. un'assenza dal cantiere nel giorno dell'incidente, imponendogli un obbligo di presenza non previsto dalla sua funzione di alta vigilanza.
Si contesta l'individuazione a carico del M.A. di profili di colpa specifica, mentre si sostiene, avrebbe potuto addebitarsi solo una colpa generica con con­ seguente assoluzione per difetto di procedibilità.
Il ricorrente richiama i principi stabiliti da questa Corte di legittimità in relazione alla figura del coordinatore ed agli obblighi e ai doveri incombenti sulla stessa, evidenziando che nel caso che ci occupa si è cercata la prova della presenza "diuturna" del M.A. piuttosto che l'esistenza di un difetto di coordinamento.
Si evidenzia che nulla è stato motivato circa il mancato rispetto del piano di sicurezza o il suo mancato aggiornamento o anche sulla mancata osservanza delle condizioni per il verificarsi dell'evento.
Al M.A. sarebbe stata addebitata la sua assenza nel giorno dell'incidente, ma lo stesso non aveva un dovere di presenza continua, avendo unicamente un dovere di scrupolosa vigilanza.
Il ricorrente ribadisce che il crollo è stato determinato dalla decisione esclusiva del costruttore, non comunicata né coordinata con nessuno, di aggiungere calcestruzzo. E tale determinante circostanza non può rientrare in una mancanza di coordinamento, non essendovi stato il coinvolgimento di altri.
La causa del crollo - si sostiene in ricorso- non è stata determinata da un problema organizzativo del lavoro di più soggetti, né è stata rilevata l'inidoneità tecnica dei calcoli originari dei pesi sostenibili dalla puntellatura nel rispetto dei pesi iniziali.
Si rileva in ricorso che, seguendo l'iter logico dell'impugnata sentenza lo svolgimento dell'alta vigilanza e la predisposizione di un piano di sicurezza non sarebbe stata sufficiente ad evitare la sanzione penale del coordinatore, derivante dalla sua assenza dal cantiere.
Sostanzialmente si attribuirebbe al coordinatore un obbligo di presenza e non di verifica del processo costruttivo e si individuerebbe nella presenza o meno in cantiere l'unico criterio utile per sanzionare o meno il coordinatore.
Ci si duole, infine, dell'avvenuto travisamento delle risultanze probatorie laddove si sarebbe attribuita al M.A. una colpa generica che, in assenza di querela e contestazione, renderebbe l'azione penale improcedibile.
Con un secondo motivo si deduce violazione di legge e vizio di motivazione in punto di mancata sostituzione della pena detentiva con la pena pecuniaria, richiesta formulata nell'atto di appello che sarebbe stata rigettata con motivazione meramente apparente.
Entrambi i ricorrenti chiedono, pertanto, l'annullamento della sentenza impugnata con i provvedimenti consequenziali.

3. Nei termini di legge hanno rassegnato le proprie conclusioni scritte per l'udienza camerale senza discussione orale (art. 23 co. 8 d.l. 137/2020), il P.G., che ha chiesto dichiararsi inammissibili i ricorsi e l'Avv. Giuseppe Sandri, per il ricorrente M.A., che ha insistito per l'accoglimento del ricorso.
 

Diritto


1. I motivi sopra illustrati proposti nell'interesse di G.A. appaiono manifestamente infondati e, pertanto, il ricorso proposto dallo stesso va dichiarato inammissibile.
Viceversa, per i motivi che si illustreranno in seguito, appare fondato il dedotto vizio motivazionale afferente all'affermazione di responsabilità di M.A..
Pertanto, quanto a tale imputato, tenuto conto che i fatti risalgono al 2/4/2014, agli effetti penali la sentenza impugnata va annullata senza rinvio per intervenuta prescrizione del reato perché il termine massimo di sette anni e mezzo, relativo al reato di cui all'art. 590 cod. pen., è spirato in data 2/10/2021.
Ed invero, il ricorso a questa Corte di legittimità risulta proposto in data 23/1/2020 e pertanto, alla luce del dictum di Sez. Un., n. 5292 del 26/11/2020, Sanna, Rv. 280432, non essendovi pendenza di termini processuali, non vi è stata alcuna sospensione della prescrizione causa Covid - ed in particolare quella di complessivi sessantaquattro giorni, prevista dall'art. 83, comma 4, del d.l. 17 marzo 2020 n. 18, convertito con modificazioni dalla legge 24 aprile 2020, n. 27 - in relazione al presente processo, il cui fascicolo risulta pervenuto a questa Corte di legittimità in data 13/4/2021.
La sentenza impugnata, stante la fondatezza del motivo in punto di responsabilità, va invece annullata ai fini civili con rinvio al giudice civile competente per valore in grado di appello.

2. In premessa, va ricordato che secondo l'insegnamento della giurisprudenza di questa Corte di legittimità, allorquando c'è parte civile, la previsione di cui all'art. 578 cod. proc. pen., per la quale il giudice di appello o quello di legittimità, che dichiarino l'estinzione per amnistia o prescrizione del reato per cui sia intervenuta in primo o in secondo grado condanna, sono tenuti a decidere sull'impugnazione agli effetti delle disposizioni dei capi di sentenza che concernono gli interessi civili, comporta come conseguenza che i motivi d'impugnazione proposti dall'imputato devono essere esaminati compiutamente, non potendosi dare con­ ferma alla condanna al risarcimento del danno in ragione della mancanza di prova dell'innocenza dell'imputato, secondo quanto previsto dall'art. 129, co. 2 cod. proc. pen.: con la conseguenza che, laddove la sentenza d'appello non compia un esaustivo apprezzamento sulla responsabilità dell'imputato, s'impone un suo annullamento con rinvio limitatamente alla conferma delle statuizioni civili.
Ciò perché il rilevamento in sede di legittimità della sopravvenuta prescrizione del reato, unitamente al riscontro nella sentenza di condanna impugnata di un vizio di motivazione in ordine alla responsabilità dell'imputato ne comporta l'annullamento senza rinvio - in conseguenza della predetta causa estintiva - ai fini penali, e per quel che concerne gli effetti civili, l'annullamento delle relative sta­ tuizioni, con rinvio al giudice civile competente per valore in grado di appello. (Sez. 4, n. 29627 del 21/4/2016, Silva ed altri, Rv. 267844; conf. Sez. 4, n. 13869 del 5/3/2020, Sassi, Rv. 278761; Sez. 1, n. 14822 del 20/02/2020, Milanesi, Rv. 278943; Sez. 5, n. 26217 del 13/7/2020, G., Rv. 279598; Sez. 5, n. 28848 del
21/9/2020, D'Alessandro, Rv. 279599; Sez. 5, n. 594 del 16/11/2011, dep. 2012, Rv. 252665).

3. Quanto al ricorso di G.A., come visto in premessa, lamenta il ricorrente erronea applicazione di legge e vizi della motivazione; in particolare ritiene che i giudici di merito avrebbero erroneamente valutato la prova documentale, non tenendo presente che la causa del crollo sarebbe stato l'urto orizzontale da parte del braccio di un'autobetoniera.

Ebbene, quanto alla dedotta violazione dell'art. 192 cod. proc. pen, secondo il consolidato insegnamento di questa Corte di legittimità, cui il Collegio aderisce, «poiché la mancata osservanza di una norma processuale intanto ha rilevanza in quanto sia stabilita a pena di nullità, inutilizzabilità, inammissibilità o decadenza, come espressamente disposto dall'art. 606, co. 1, lett. c) cod. proc. pen., non è ammissibile il motivo di ricorso in cui si deduca la violazione dell'art. 192 cod. proc. pen., la cui inosservanza non è in tal modo sanzionata» (così questa Sez. 4, n. 51525 del 04/10/2018, M., Rv. 274191-01; in conformità v., già in precedenza, Sez. 1, n. 42207 del 20/10/2016, dep. 2017, Pecorelli e altro, Rv. 271294; Sez. 3, n. 44901 del 17/10/2012, F., Rv. 253567; Sez. 6, n. 7336 del 08/01/2004, Meta ed altro, Rv. 229159; Sez. 1, n. 9392 del 21/05/1993, Germanotta, Rv. 195306-01; più recentemente, v. Sez. 6, n. 4119 del 30/05/2019, dep. 2020, Romeo Gestioni s.p.a., Rv. 2781961).
Per il resto, il ricorso è inammissibile in quanto ripropone acriticamente un motivo di appello già confutato, con motivazione logica e congrua, nel provvedi­mento impugnato, di fatto richiedendo a questa Corte una rivalutazione della dinamica dell'incidente non consentita in questa sede.
La Corte torinese, sulla scorta degli accertamenti operati dallo Spresal, delle testimonianze acquisite e degli accertamenti del perito del coimputato M.A., con motivazione ampia, coerente e logica, in nulla contraddittoria, ha disatteso le tesi difensive, ritenendole non suffragate da elementi probatori, e ha ritenuto provato che il manufatto crollò a causa del sovraccarico del calcestruzzo sul solaio.
Le generiche doglianze oggi riproposte non si confrontano con la motivazione del provvedimento impugnato, e non ne intaccano la tenuta.

4. La Corte territoriale, sugli specifici rilievi già proposti in quella sede, ha dato atto che i dati riportati nella relazione redatta da P.M., in merito alla capacità di sostegno dei 360 puntelli presenti in cantiere e al peso indicativo da loro sostenibile, sono diversi da quelli indicati dal teste N.S., dipendente Spresal, che ebbe ad effettuare specifiche verifiche tecniche nel cantiere in esame, nell'immediatezza dei fatti, e che accertò che il peso massimo che i predetti puntelli potevano reggere, alla luce dei loro dati tecnici, era pari a 485 chili al metro quadrato e, quindi, a complessivi 175.000 chili, (175 tonnellate), mentre il peso concreto raggiunto dal solaio, dopo la posa del calcestruzzo, era pari a 200 tonnellate, 25 tonnellate in più del peso massimo sostenibile dai 360 puntelli, a cui andava aggiunto il peso della parte di armatura presente nel solaio, pari a circa 50.000 chili e, cioè, a 50 tonnellate (v. pag. 18 e 19 delle trascrizioni).
Quanto ritenuto dal teste N.S. -evidenziavano i giudici del gravame del merito- aveva trovato conferma nelle dichiarazioni rese dal teste B.G., consulente dell'imputato M.A., che confermava che il quantitativo di calcestruzzo posato sul solaio in oggetto, il giorno della verificazione dell'infortunio, era decisamente superiore rispetto alla portata massima dei predetti puntelli, con "incremento dei carichi di circa 200.001 Kg", pari a un aumento del relativo carico del 17%, rispetto a quanto previsto nel progetto. B.G. specificava che, nel caso in esame, dovevano essere gettati 71 mq di calcestruzzo al posto degli 84 mq posati e che il maggior quantitativo di calcestruzzo posato avrebbe dovuto comportare delle modifiche progettuali, anche in merito al puntellamento del solaio.
Quanto sostenuto da P. -secondo la logica motivazione dei giudici del merito- non è pertanto rilevante in quanto contrastante con quanto attendibilmente accertato dal dipendente dello Spresal, N.S., e dal consulente dell'imputato M.A. e non supportato da specifiche contestazioni tecniche delle diverse valutazioni effettuate da N.S. e da B.G. e di quanto risultante nel progetto realizzato da M.A.
P. -si osserva in sentenza- nella propria relazione, si limita a formulare delle mere ipotesi valutative ritenendo che "il cedimento del piano del solaio potrebbe essere iniziato proprio dal lato ove stazionavano i mezzi per la fornitura ed il pompaggio del calcestruzzo" e che "le lesioni sulla testa interna del pilastro n. 7 e la rotazione della trave di bordo sul lato sud potrebbero essere state causate da una sollecitazione puntuale sul piano orizzontale del solaio, dall'esterno verso l'interno del fabbricato".
Coerentemente con tali rilievi i giudici di appello hanno perciò ritenuto che quanto ritenuto da P. non fosse, pertanto, dirimente e non fosse, in ogni caso, idoneo a sconfessare gli accertamenti e le valutazioni compiuti dallo Spresal e dal consulente B.G., tenuto anche conto che nessuno dei presenti era in grado di confermare un urto del braccio della betopompa contro la soletta.
Viene in ogni caso rilevato che la capacità di portata dei predetti puntelli, quantificata da P. in 204.282 Kg, è in ogni caso inferiore, di circa 50 tonnellate (come riferito dal teste N.S.), al peso in concreto raggiunto dal solaio in oggetto attraverso la posa di 84 mq di calcestruzzo.
Altrettanto logicamente non viene ritenuto rilevante quanto dichiarato dal teste B. visto che lo stesso, per sua stessa ammissione, si occupava solo di indicare la distanza della banchinatura e non già dei puntelli presenti in cantiere, con conseguenza mancata effettuazione, sul punto, da parte sua, di specifici accertamenti.
Così come viene ritenuto irrilevante che, oltre ai puntelli, fossero presenti anche 15 pilastri in cemento armato, visto che gli stessi, evidentemente, non erano stati in grado, in termini "di portata in aiuto" ai predetti puntelli, di sostenere il peso della predetta soletta dopo la posa di un maggior quantitativo di calcestruzzo.

La Corte territoriale ha in proposito confutato il dato infine indicato dalle difese, in merito alla complessiva resistenza di carico dei predetti puntelli, quantificata in 333.648 Kg, sul rilievo che lo stesso non trova alcuno specifico riscontro anche nella perizia di P. e contrasta, ancora una volta, con quanto ritenuto dallo Spresal e dal consulente B.G. e con gli accertamenti compiuti dagli stessi.
E' stato ritenuto parimenti infondato quanto eccepito dalla difesa in merito alla testimonianza resa da N.S., visto che la progressiva posa di quanti­tativi (di calcestruzzo) maggiori di quelli che potevano essere sostenuti dai predetti puntelli cagionava il progressivo aumento di peso della soletta e, quindi, il progressivo indebolimento della capacità di portata della sottostante armatura che, a fronte del progressivo superamento, in misura rilevante, del peso da lei sostenibile, non riusciva più a svolgere la sua funzione portante e collassava.
L'avvenuto cedimento di tali puntelli e, quindi, della soletta, era infatti cagionato dal progressivo aumento del quantitativo di calcestruzzo posato su tale soppalco ed è pertanto naturale che la caduta si sia manifestata quando ormai il lavoro era quasi finito, a causa del continuativo getto di calcestruzzo e del progressivo incremento del peso della soletta, che diventava sempre più pesante con conseguente progressivo aumento del peso gravante sulla sottostante armatura.
Entrambi i giudici di merito hanno argomentatamente sostenuto, infine, che non è stato attendibilmente dimostrato che il braccio dell'autopompa abbia urtato la struttura e che tale evenienza, in ogni caso, avrebbe potuto costituire, al più, una concausa, stante l'accertata scelta dell'imputato di sovraccaricare il solaio oltre i limiti consentiti.
Senza dubbi, secondo la concorde valutazione dei giudici di merito, la causa del crollo del solaio in esame è stato l'eccessivo sovraccarico, dovuto alla posa di un quantitativo di calcestruzzo, maggiore di quello previsto nel progetto e di quello sostenibile, in concreto, dalla struttura sottostante.
Le gravi lesioni riportate da A.B. sono causalmente riconducibili alla condotta illecita commessa dall'imputato e corretta appare, pertanto, la conclusione di avere ritenuto G.A., in virtù della posizione di garanzia ricoperta -che non è oggetto di contestazione in questa sede- colpevole del reato imputatogli sia a titolo di negligenza, imprudenza e imperizia nell'armatura del solaio e nel suo getto che per la violazione, nel caso di specie, i precetti contenuti negli artt. 28 e 142 del D.Ivo n. 81/2008, così come specificamente indicati nel capo di imputazione.
Motivato appare, alla luce delle considerazioni suvviste, il rigetto della rinnovazione dibattimentale, così come acclarate appaiono le cause del crollo individuate nell'eccessivo appesantimento, superiore di oltre 50 tonnellate, al carico sopportabile dalla struttura sottostante.

5. A diverse conclusioni si perviene, invece, come già anticipato, quanto alla posizione di M.A., che fondatamente lamenta vizio della motivazione laddove non si distingue la figura del coordinatore per l'esecuzione da quella degli altri garanti cui, in via principale, sono attribuiti i poteri-doveri di intervento diretto ed immediato nell'esecuzione dei lavori.
In particolare, come si ricordava in premessa, tale ricorrente si duole della mancata identificazione di un perimetro preciso di poteri-doveri del coordinatore della sicurezza, essendo attribuito invece a questi un rischio proprio del costruttore. E, ancora, lo stesso lamenta che le sentenze di merito abbiano attribuito al coordinatore la colpa per omissione per una sua assenza dal cantiere nel giorno dell'incidente, imponendogli un obbligo di presenza che si scontra con la funzione di alta vigilanza, e individuando profili di colpa specifica non aderenti al concreto verificarsi dell'evento.
Orbene, va evidenziato che, ancorché entrambe pervengano ad un'affermazione di penale responsabilità del M.A., le sentenze di merito non configurano a carico dello stesso una doppia conforme affermazione di responsabilità.
Per il primo giudice, infatti, che pure aveva premesso essere "meno scontata la responsabilità di M.A. per l'evento lesivo" (così a pag. 5 della sentenza di primo grado il M.A. è colpevole in quanto: "è pacifico che svolgesse funzioni di direttore dei lavori e di coordinatore per la sicurezza del cantiere; ed è anche pacifico, perché concordemente riferito dai testi A.B. e T., che il giorno dell'infortunio
M.A. non fosse presente sul cantiere. E' inoltre pacifico che M.A. avesse predisposto il posizionamento dei puntelli, come descritto da N.S. e redatto la relazione con i pesi massimi sostenibili dall'armatura" (così pag. 6 della sentenza di primo grado).
In un simile contesto, ritiene il tribunale astigiano: " ...che la totale assenza di M.A. dal cantiere in una fase delicata come la gettata del solaio abbia configurato un comportamento omissivo colposo che ha consentito agli operai di aumentare a loro piacere il carico della struttura, concorrendo pertanto a determinare l'evento lesivo. Si consideri che l'operazione che si svolgeva quel giorno consisteva nel gettare tonnellate di cemento sopra una struttura alta quasi 5 metri, sostenuta da un'armatura composta da due file di esili puntelli, su una superficie molto ampia (N.S. ha indicato le dimensioni del capannone in circa 18 metri x 20), con un limitato margine di carico. Ritiene il Tribunale che, considerando la tipologia di armatura (il teste N.S. è stato chiaro nel riferire come un'armatura a due file di puntelli sia di per sé meno solida ed offra meno garanzie rispetto ad una con una sola fila), la dimensione del manufatto (20x18 m), l'intervento di più mezzi meccanici (autobetoniera e autopompa), la presenza di almeno tre squadre operative (muratori, betoniere e "pompista"), nonché la delicatezza dell'operazione di per sé considerata (gettata di molte tonnellate di cemento in quota), il direttore dei lavori (e coordinatore della sicurezza) avrebbe dovuto essere presente sul posto e dare opportune direttive, controllando la corretta esecuzione delle operazioni ed il rispetto dei limiti massimi di carico. O, quantomeno avrebbe dovuto controllare il quantitativo di calcestruzzo richiesto alla ditta produttrice; che avrebbe reso immediatamente evidente il superamento dei limiti di carico" (pag. 6 della sentenza di primo grado).
E' del tutto evidente che il giudice di primo grado trasferisce sullo sfondo il ruolo di coordinatore per l'esecuzione del M.A. e fonda l'affermazione di responsabilità sull'incarico ricoperto dallo stesso di direttore dei lavori.
Non a caso - ancora a pag. 6 della propria pronuncia- il Tribunale di Asti ricorda che secondo la giurisprudenza di questa Corte "il direttore dei lavori è responsabile a titolo di colpa del crollo di costruzioni anche nell'ipotesi di sua assenza dal cantiere, dovendo egli esercitare un'oculata attività di vigilanza sulla regolare esecuzione delle opere edilizie ed in caso di necessità adottare le necessarie precauzioni d'ordine tecnico ovvero scindere immediatamente la propria posizione di garanzia da quella dell'assuntore dei lavori, rinunciando a/l'incarico ricevuto (Cass. Sez. Sez. 4, 8/5/2008 n. 18445, Rv. 240157)".
In un solo passaggio il giudice di primo grado richiama, ai fini dell'afferma­ zione di responsabilità del M.A. il ruolo di garante imputatogli specificamente, ovvero, quando, sempre a pag. 6, afferma che tutti i testimoni hanno riferito di non avere visto M.A. sul cantiere il giorno dei fatti "e che pacificamente, nella sua qualità di coordinatore per la sicurezza, egli ha omesso di valutare i rischi da interferenze dei vari operatori presenti durante la gettata del solaio, nonché di informarli circa i rischi specifici che avrebbero corso nell'ambito di tale attività".
La condotta colpevolmente omissiva del M.A. - si legge ancora in quella sentenza - è legata da un rapporto causale diretto con l'evento dannoso.
Orbene, fondatamente, in sede di gravame del merito, la Difesa del M.A. aveva lamentato la violazione dell'art. 521 cod. proc. pen. in quanto nel capo d'imputazione non si legge alcun riferimento al ruolo di direttore dei lavori, ma esclusivamente a quello di "coordinatore per la sicurezza in fase di progettazione ed in fase di esecuzione".
Ebbene, la sentenza impugnata rigetta il motivo di impugnazione sul punto sul rilievo (pag. 11) che " ...nel caso di specie, il primo giudice non disattendeva quanto riportato nel capo di imputazione attraverso la costruzione di una "nuova" responsabilità fondata su generici profili di colpa".
Per i giudici torinesi: "Il primo giudice riteneva l'imputato responsabile del fatto di reato in oggetto perché, nella sua qualità di coordinatore per la sicurezza, egli ha omesso di valutare i rischi da interferenze dei vari operatori presenti durante la gettata del solaio nonché di informarli circa i rischi specifici che avrebbero corso nell'ambito di tale attività. Quanto ritenuto dal Tribunale è, pertanto, del tutto conforme e corrispondente a quanto indicato nel capo di imputazione e a quanto previsto dagli art. 91 comma i lett. a) e 92 comma i lett. c) del D.vo n. 81/2008, che contempla profili di colpa specifica. Gli accertati doveri (in capo all'imputato) di presenza sul cantiere e di vigilanza delle operazioni di lavoro non costituiscono una "nuova" forma di responsabilità estranea, in quanto tale, alla incolpazione originaria ma fanno semplicemente parte della condotta che l'imputato, nella sua qualità di coordinatore per la sicurezza, era tenuto ad adottare per adempiere i doveri previsti, a suo carico, dalle norme di legge riportate nel capo di imputazione e per non incorrere in profili di colpa specifica" (così pagg. 11-12 della sentenza impugnata".
Per i giudici del gravame del merito: "Le condotte indicate nel capo di imputazione, così come accertate dal giudice in sentenza, sono, infatti, contrarie ai doveri tipicamente previsti dalla legge a carico del coordinatore per la sicurezza, in fase di progettazione e di esecuzione, da attuarsi, rispettivamente, per espressa previsione normativa, attraverso l'adozione di un idoneo piano di sicurezza e di coordinamento e l'organizzazione (e la vigilanza) della cooperazione e del coordinamento, tra i datori di lavoro e i lavoratori autonomi, delle varie attività svolte in cantiere e la loro reciproca informazione. Il giudice, in base a quanto sopra esposto, accertava a carico dell'imputato tali tipologie di inadempimenti senza incorrere nella violazione dell'art. 521 c.p.p. e senza violare il diritto di difesa dell'imputato. Il riferimento del primo giudice al ruolo svolto dall'imputato anche in veste di direttore di lavori non è sul punto dirimente visto che, comunque, la sentenza fa espresso riferimento alla sua funzione di coordinatore per la sicurezza del cantiere e alle violazioni da lui commesse in tale veste".
I giudici di appello "bypassano" quindi la (fondata) doglianza di avere violato l'art. 521 cod. proc. pen. riportando la condotta omissiva del M.A. nell'alveo dell'originaria figura di garante indicata in imputazione, ovvero quella di coordinatore per la sicurezza in fase di progettazione ed in fase di esecuzione".
Così facendo, tuttavia, finiscono per attribuire a tale figura compiti che pacificamente la giurisprudenza di questa Corte di legittimità esclude.

6. La pronuncia impugnata non applica correttamente i principi affermati dalla giurisprudenza di questa Corte di legittimità circa il ruolo, i compiti e le responsabilità del coordinatore per l'esecuzione dei lavori, ben compendiati nell'arresto costituito da Sez. 4, n. 27165 del 24/5/2016, Battisti, Rv. 267735, il cui dictum va qui ribadito, e tutta la giurisprudenza successiva (Sez. 4, n. 45853 del 13/9/2017 Revello, Rv. 270991, Sez. 4, n. 2293 del 19/11/2020 dep. 2021, Vasa, Rv. 280695).
In tema di infortuni sul lavoro, il coordinatore per l'esecuzione dei lavori - è stato più volte precisato - oltre ai compiti che gli sono affidati dall'art.92 del D.Lgs. n. del 81/08, ha una autonoma funzione di alta vigilanza circa la generale configurazione delle lavorazioni che comportino rischio interferenziale, ma non è tenuto anche ad un puntuale controllo, momento per momento, delle singole attività lavorative, che è invece demandato ad altre figure operative (datore di lavoro, dirigente, preposto), salvo l'obbligo, previsto dall'art. 92, lett. f), del D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81, di adeguare il piano di sicurezza in relazione alla evoluzione dei lavori e di sospendere, in caso di pericolo grave e imminente direttamente riscontrato, le singole lavorazioni fino alla verifica degli avvenuti adeguamenti da parte delle imprese interessate.
Ritiene il Collegio che vada nuovamente specificato quello che è il ruolo del coordinatore per l'esecuzione, cui fa carico, fatto eccezione che per il caso limite di cui alla lettera f) dell'art. 92 d.lgs. 81/08, che nel caso in esame non risulta contestato, la sola gestione del rischio interferenziale.
Questa Corte di legittimità, con una serie di sentenze concordanti (17631/2009, 38002/2008, 24010/2004, 39869/2004) ha stabilito una responsabilità del coordinatore per l'esecuzione in quanto garante della sicurezza dei lavoratori nel cantiere ed ha specificato che si tratta di una posizione di garanzia che si affianca, in modo autonomo e indipendente, a quella del datore di lavoro e del committente. Tuttavia, va qui ulteriormente precisato che il coordinatore per l'esecuzione non è il controllore del datore di lavoro, ma il gestore del rischio interferenziale.
Importante snodo, ad avviso del Collegio, è tuttavia la sentenza n.18149 del 21.4.2010, Celli e altro, rv. 247536, pur se relativa ad un fatto commesso prima dell'entrata in vigore del d.lgs. n. 81 del 2008 e del d.lgs. n. 106 del 2009, ove si ribadiva che il coordinatore per l'esecuzione dei lavori, oltre ai compiti che gli sono affidati dall'art. 5 d.lgs. n. 494 del 1996, ha una autonoma funzione di alta vigilanza che riguarda la generale configurazione delle lavorazioni che comportino rischio interferenziale, e non anche il puntuale controllo, momento per momento, delle singole attività lavorative, che è demandato ad altre figure operative (datore di lavoro, dirigente, preposto).
Una riprova verrebbe -secondo il condivisibile dictum di quella sentenza- dal fatto che il coordinatore proceda per atti formali: contestazione scritta alle imprese delle irregolarità riscontrate e segnalazione al committente di dette irregolarità. Solo in caso di imminente e grave pericolo direttamente riscontrato gli è consentito di sospendere immediatamente i lavori.

Pertanto, il coordinatore ha solo un ruolo di vigilanza in merito allo svolgi­ mento generale delle lavorazioni e non è obbligato ad effettuare quella stringente vigilanza, momento per momento, che compete al datore di lavoro e ai suoi collaboratori. Solo qualora l'infortunio sia riconducibile a carenze organizzative generali di immediata percettibilità sarà dunque configurabile anche la responsabilità del coordinatore; la conseguenza è che non è richiesta la sua continua presenza nel cantiere con ruolo di controllo.
Il caso della sentenza 18149/2010 riguardava un lavoratore che era caduto nel vuoto. Questa Corte ha rilevato come il rischio di caduta implicasse l'uso delle cinture di sicurezza, ma l'obbligo di vigilanza da parte del coordinatore comportava solo il controllo sulla esistenza in cantiere delle cinture di sicurezza e sulla previsione della loro utilizzazione in quella lavorazione. E non sul fatto che il singolo lavoratore se ne servisse realmente in quella specifica situazione.
In un recente arresto (Sez. 4, n. 24915 del 10/6/2021, Paletti, Rv . 281489), in un caso molto simile a quello in esame, ribadito il principio che, in tema di infortuni sul lavoro, la funzione di alta vigilanza che grava sul coordinatore per la sicurezza - che si esplica prevalentemente mediante procedure e non poteri doveri di intervento immediato - riguarda la generale configurazione delle lavorazioni che comportino un rischio interferenziale, e non anche il puntuale controllo delle singole lavorazioni, demandato ad altre figure (datore di lavoro, dirigente, preposto), salvo l'obbligo di adeguare il piano di sicurezza in relazione all'evoluzione dei lavori e di sospendere, in caso di pericolo grave e imminente, direttamente riscontrato ed immediatamente percettibile, le singole lavorazioni fino alla verifica degli avvenuti adeguamenti da parte delle imprese interessate, la Corte ha annullato con rinvio la sentenza che aveva riconosciuto la responsabilità del coordinatore per la progettazione e per l'esecuzione dei lavori per il reato di omicidio colposo di un lavoratore travolto dal crollo di un solaio durante la sua demolizione, effettuata in contrasto con quanto progettato, senza spiegare perché tale lavorazione fosse ri­ conducibile al rischio interferenziale e perché egli potesse e dovesse essere a conoscenza di tale demolizione.

7. La sentenza impugnata attribuisce al coordinatore per la sicurezza in fase di esecuzione compiti di controllo (la verifica della corretta attuazione delle procedure di getto del calcestruzzo) che non gli sono propri, non rientrando con tutta evidenza gli stessi nel compito di "generale vigilanza sulla configurazione delle lavorazioni" che è affidata al coordinatore.
Gli si attribuiscono, in altri termini, attività che non sono proprie di questa figura, come il rapporto diretto con le maestranze ovvero una minuziosa ingerenza nella gestione giornaliera del cantiere.

La norma di riferimento circa il ruolo e i compiti del CSE è l'art. 92 del d.lgs 81/98 e succ. modif. (Obblighi del coordinatore per l'esecuzione dei lavori) secondo cui: "1. Durante la realizzazione dell'opera, il coordinatore per l'esecuzione dei lavori: a) verifica, con opportune azioni di coordinamento e controllo, l'applicazione, da parte delle imprese esecutrici e dei lavoratori autonomi, delle disposizioni loro pertinenti contenute nel piano di sicurezza e di coordinamento di cui all'articolo 100 e la corretta applicazione delle relative procedure di lavoro; b) verifica l'idoneità del piano operativo di sicurezza, da considerare come piano complementare di dettaglio del piano di sicurezza e coordinamento di cui all'articolo 100, assicurandone la coerenza con quest'ultimo, adegua il piano di sicurezza e di coordinamento di cui all'articolo 100 e il fascicolo di cui all'articolo 91, comma 1, lettera b), in relazione all'evoluzione dei lavori ed alle eventuali modifiche intervenute, valutando le proposte delle imprese esecutrici dirette a migliorare la sicurezza in cantiere, verifica che le imprese esecutrici adeguino, se necessario, i rispettivi piani operativi di sicurezza; c) organizza tra i datori di lavoro, ivi compresi i lavoratori autonomi; la cooperazione ed il coordinamento delle attività nonché la loro reciproca informazione; d) verifica l'attuazione di quanto previsto negli accordi tra le parti sociali al fine di realizzare il coordinamento tra i rappresentanti della sicurezza finalizzato al miglioramento della sicurezza in cantiere; e) segnala al committente e al responsabile dei lavori, previa contestazione scritta alle imprese e ai lavoratori autonomi interessati, le inosservanze alle disposizioni degli articoli 94, 95 e 96 e alle prescrizioni del piano di cui all'articolo 100, e propone la sospensione dei lavori, l'allontanamento delle imprese o dei lavoratori autonomi dal cantiere, o la risoluzione del contratto. Nel caso in cui il committente o il responsabile dei lavori non adotti alcun provvedimento in merito alla segnalazione, senza fornire idonea motivazione, il coordinatore per l'esecuzione dà comunicazione dell'inadempienza alla azienda unità sanitaria locale e alla direzione provinciale del lavoro territorialmente competenti; f) sospende, in caso di pericolo grave e imminente, direttamente riscontrato, le singole lavorazioni fino alla verifica degli avvenuti adeguamenti effettuati dalle imprese interessate. 2. Nei casi di cui all'articolo 90, comma 5, il coordinatore per l'esecuzione, oltre a svolgere i compiti di cui al comma 1, redige il piano di sicurezza e di coordinamento e predispone il fascicolo, di cui a/l'articolo 91, comma 1, lettere a) e b).
Dunque, con riferimento alle attività lavorative svolte in un cantiere edile, il coordinatore per l'esecuzione dei lavori è titolare di una posizione di garanzia che si affianca a quella degli altri soggetti destinatari della normativa antinfortunistica, in quanto gli spettano compiti di "alta vigilanza", consistenti: a) nel controllo sulla corretta osservanza, da parte delle imprese, delle disposizioni contenute nel piano di sicurezza e di coordinamento nonché sulla scrupolosa applicazione delle procedure di lavoro a garanzia dell'incolumità dei lavoratori; b) nella verifica dell'idoneità del piano operativo di sicurezza (POS) e nell'assicurazione della sua coerenza rispetto al piano di sicurezza e coordinamento; c) nell'adeguamento dei piani in relazione all'evoluzione dei lavori ed alle eventuali modifiche intervenute, verificando, altresì, che le imprese esecutrici adeguino i rispettivi POS. (così sez. 4, n. 44977 del 12.6.2013, Lorenzi ed altro, rv. 257167).
In particolare - si è condivisibilmente sottolineato (Sez. 4, n. 37597 del 5.6.2015, Giambertone, non mass.) che il controllo sul rispetto delle previsioni del piano non può essere meramente formale, ma va svolto in concreto, secondo modalità che derivano dalla conformazione delle lavorazioni.
Essenziale è che alla previsione della cautela segua un'attività di verifica della sua attuazione, che compete alle imprese esecutrici. Attività di verifica che tuttavia non può significare presenza quotidiana nel cantiere ma, appunto, presenza nei momenti delle lavorazioni topici rispetto alla funzione di controllo.
L'alta vigilanza della quale fa menzione la giurisprudenza di questa Corte, lungi dal poter essere interpretata come una sorta di contrazione della posizione di garanzia indica piuttosto il modo in cui vanno adempiuti i doveri tipici. Mentre le figure operative sono prossime al posto di lavoro ed hanno quindi poteri-doveri di intervento diretto ed immediato, il coordinatore opera attraverso procedure; tanto è vero che un potere-dovere di intervento diretto lo ha solo quando constati direttamente gravi pericoli (art. 92, co. 1 lett. f) dlgs. n.81/2008).
L'obbligo di cui alla lettera f) è particolarmente importante, perché è norma di chiusura che, eccezionalmente, individua la posizione di garanzia del CSE nel potere-dovere di intervenire direttamente sulle singole lavorazioni pericolose, il che implica anche la necessità legale di frequentare il cantiere con una periodicità compatibile con la possibilità di rilevare le eventuali lavorazioni pericolose.
Per il resto, il coordinatore per l'esecuzione, identifica momenti topici delle lavorazioni e predispone attività che assicurino rispetto ad esse l'attuazione dei piani 'attraverso la mediazione dei datori esecutori'. Certo non può esimersi dal prevedere momenti di verifica della effettiva attuazione di quanto esplicato e previsto; ma anche queste azioni di verifica non possono essere quotidiane ed hanno una periodicità significativa e non burocratica (cioè dettate dalle necessità che risultino idonee allo scopo e non routinarie). Parallelamente, l'accertamento giu­ diziale non dovrà ricercare i segni di una presenza diuturna, ma le tracce di azioni di coordinamento, di informazione, di verifica, e la loro adeguatezza sostanziale.

8. Nel caso in esame all'imputato M.A. viene contestata la violazione dell'art. 91 co. 1 lett . a) D.Ivo 91/08 - su cui la motivazione delle sentenze di merito non si spende- e, quanto all'art. 92 la violazione sub c) (in relazione all'ob­ bligo di organizzare tra i datori dì lavoro, ivi compresi i lavoratori autonomi, la cooperazione ed il coordinamento delle attività nonché la loro reciproca informazione".
Come visto, la sentenza di primo grado, solo in un breve passaggio, fa riferimento al rischio interferenziale, peraltro genericamente, senza legarlo al caso concreto. Ancor meno ne parla la sentenza impugnata.
A partire da quello, pertanto, con riferimento ai principi di diritto sopra ricordati, il giudice del rinvio, in sede civile in ragione dell'intervenuta estinzione del reato per prescrizione, sarà chiamato a rivalutare i profili di responsabilità del M.A. per le lesioni patite dal A.B..
Va aggiunto che non vi è in imputazione alcun riferimento alla norma dì chiusura di cui all'art. 92 lett. f), ma nemmeno le sentenze dì merito o l'imputazione riferiscono di gravi e generalizzate carenze del cantiere.
La motivazione del giudice del rinvio dovrà confrontarsi, sul punto, con la giurisprudenza di questa Corte di legittimità secondo cui la funzione di alta vigilanza, che grava sul coordinatore per la sicurezza dei lavori, ha ad oggetto quegli eventi riconducibili alla configurazione complessiva, di base, della lavorazione e non anche gli eventi contingenti, scaturiti estemporaneamente dallo sviluppo dei lavori medesimi e, come tali, affidati al controllo del datore di lavoro e del suo preposto (Sez. 4, n. 46991 del 12/11/2015, Portera ed altri, Rv. 265661, relativa ad una fattispecie nella quale è stata ritenuta la responsabilità del coordinatore per la sicurezza in relazione al crollo di un'impalcatura).
Tuttavia, la gestione di tali rischi - va ribadito- non va confusa con quelli che sono propri e specifici del committente e del datore di lavoro, che non sono e non possono essere gestiti dal coordinatore per l'esecuzione dei lavori, fatte salve quelle violazioni così macroscopiche che vadano a ricadere nella ipotesi sub f) del citato art. 92 d.lgs 81/08.
In altri termini, in tutti gli altri casi estranei a tale ultima previsione normativa, da considerarsi di chiusura, l'alta vigilanza del coordinatore per l'esecuzione viene in rilievo laddove si sia in presenza di un rischio interferenziale, sia cioè in atto una lavorazione che vede contemporaneamente al lavoro più imprese, con un aumentato rischio antinfortunistico reciproco.
Egli assume la funzione più generale di garante sulle situazioni di pericolo nel cantiere, indipendentemente dalle lavorazioni in corso, solo nei casi di macroscopiche carenze organizzative o di attuazione della normativa antinfortunistica, di­ rettamente riscontrate, che, ai sensi dell'art. 92 lett. f) determinino una situazione di pericolo grave ed imminente, che gli impone di sospendere le singole lavorazioni fino alla verifica degli avvenuti adeguamenti effettuati dalle imprese interessate.

Occorre avere riferimento ai contenuti minimi del piano di sicurezza e di coordinamento, il cui controllo è demandato a tale figura professionale, previsti dall'allegato XV del D.gs. 81/2008 (in particolare al punto 2.3. ove, in relazione ai contenuti minimi del PSC in riferimento alle interferenze tra le lavorazioni ed al loro coordinamento si legge: "2.3.3. Durante i periodi di maggior rischio dovuto ad interferenze di lavoro, il coordinatore per l'esecuzione verifica periodicamente, previa consultazione della direzione dei lavori, delle imprese esecutrici e dei lavoratori autonomi interessati, la compatibilità della relativa parte di PSC con l'andamento dei lavori, aggiornando il piano ed in particolare il cronoprogramma dei lavori, se necessario. 2.3.4. Le misure di coordinamento relative all'uso comune di apprestamenti, attrezzature, infrastrutture, mezzi e servizi di protezione collettiva, sono definite analizzando il loro uso comune da parte di più imprese e lavoratori autonomi. 2.3.5. Il coordinatore per l'esecuzione dei lavori integra il PSC con i nominativi delle imprese esecutrici e dei lavoratori autonomi tenuti ad attivare quanto previsto al punto 2.2.4 ed al punto 2.3.4 e, previa consultazione delle imprese esecutrici e dei lavoratori autonomi interessati, indica la relativa cronologia di attuazione e le modalità di verifica).
Pare evidente, ad avviso del Collegio, che la norma in questione delimiti l'area "ordinaria" di garanzia del coordinatore per l'esecuzione alle fasi in cui si concretizzi un rischio interferenziale.

9. La fondatezza del primo motivo di ricorso proposto dal M.A. assorbe il secondo motivo di doglianza proposto nell'interesse dello stesso, con il quale si era lamentata violazione di legge e vizio di motivazione relativamente alla omessa applicazione di pena pecuniaria in sostituzione della pena detentiva (richiesta rigettata perché priva di motivazione nonché di indicazione e dimostrazione della sussistenza dei requisiti di legge per la concessione) non potendo, tuttavia, la Corte di legittimità esimersi dal rilevare che lo stesso si palesava manifestamente infondato avendo questa Corte di legittimità chiarito (Sez. 1, n. 35849 del 17/5/2019, Rv. 276716) che "in tema di sanzioni sostitutive, l'accertamento della sussistenza delle condizioni che consentono di applicare una delle sanzioni sosti­ tutive della pena detentiva breve, previste dall'art. 53, legge 24 novembre 1981, n. 689, costituisce un accertamento di fatto, non sindacabile in sede di legittimità, se motivato in modo non manifestamente illogico."
Nella specie la Corte territoriale aveva rappresentato come l'istanza fosse stata del tutto immotivata, né nella presente sede sare possibile la rivalutazione di tale profilo.

10. Essendo il ricorso proposto nell'interesse del G.A. inammissibile e, a norma dell'art. 616 cod. proc. pen, non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000), alla condanna di tale ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura indicata in dispositivo
 

P.Q.M.
 

Annulla senza rinvio, agli effetti penali, la sentenza impugnata nei confronti di M.A., perché il reato è estinto per prescrizione. Annulla agli effetti civili la medesima sentenza nei confronti del M.A., con rinvio al giudice civile competente per valore in grado di appello.
Dichiara inammissibile il ricorso di G.A., che condanna al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.