Cassazione Civile, Sez. 6, 09 dicembre 2021, n. 39050 - Equo indennizzo. Nessun contrasto tra motivazione e dispositivo


 

Presidente: DORONZO ADRIANA Relatore: PATTI ADRIANO PIERGIOVANNI

Data pubblicazione: 09/12/2021
 

Rilevato che


1. con sentenza 22 ottobre 2019, la Corte d'appello di Napoli accertava l'inabilità di P.C., dipendente del M.E.F., in misura del 40%, per infortunio sul lavoro con diritto a rendita mensile a carico dell'Inail e lo condannava al pagamento, in favore del primo, dei relativi ratei maturati oltre accessori, dichiarando la cessazione della materia del contendere in ordine alla data di decorrenza della rendita: così riformando la sentenza di primo grado, che aveva riconosciuto al lavoratore un danno biologico pari al 34% con decorrenza dalla data della domanda amministrativa, con detrazione dalla somma di quanto percepito a titolo di equo indennizzo, rigettandogli la domanda di pagamento dell'indennità per inabilità temporanea assoluta;
2. nel merito, premessa la formazione di giudicato interno, in assenza di censura dell'Inail, sull'indennizzabilità del danno biologico al lavoratore e di detrazione dall'indennizzo spettantegli di quanto già percepito a titolo di equo indennizzo (€ 23.860,00), la Corte territoriale riteneva: a) lo spontaneo accoglimento dall'Inail della data di decorrenza della rendita, non già dalla presentazione della domanda amministrativa (riconosciuta dal Tribunale), ma da quella anteriore del 28 aprile 2003, in base a documento dell'Istituto 26 giugno 2014, successivo alla sentenza di primo grado (ma non di sua attuazione, avendo essa riconosciuto una data successiva di decorrenza), comportante cessazione della materia del contendere;
b) un danno biologico di entità superiore, pari al 40%, sulla base della rinnovata C.t.u. medico-legale;
3. con atto notificato il 23 giugno 2020, l'Inail ricorreva per cassazione con unico motivo, cui il lavoratore resisteva con controricorso.

 

Considerato che
 

1. il ricorrente deduce nullità della sentenza per violazione dell'art. 156, secondo comma c.p.c. e violazione della stessa norma, per insanabile contrasto tra motivazione e dispositivo, avendo la Corte: nella prima, espressamente dato atto del giudicato interno sulla detrazione dell'indennizzo già percepito dal lavoratore nell'ammontare di € 23.860,00 e della cessazione della materia del contendere sulla data di decorrenza della prestazione assistenziale, con la conseguente condanna dell'Inail al pagamento, in favore del lavoratore infortunato a titolo di danno biologico, in ragione del 40% (in luogo del 34% riconosciuto in primo grado); nel secondo, in accoglimento dell'appello del lavoratore, dichiaratane l'inabilità in misura del 40%, con diritto a rendita mensile a carico dell'Inail, condannato l'Istituto al pagamento dei relativi ratei maturati (oltre accessori) e dichiarato cessata la materia del contendere in ordine alla data di decorrenza della rendita (unico motivo);
2. esso è infondato;
3. il contrasto tra motivazione e dispositivo che determina la nullità della sentenza sussiste solo se ed in quanto esso incida sulla idoneità del provvedimento, nel suo complesso, a rendere conoscibile il contenuto della statuizione giudiziale, ricorrendo nelle altre ipotesi un mero errore materiale (Cass. 30 dicembre 2015, n. 26077; Cass. 27 giugno 2017, n. 16014; Cass. 17 ottobre 2018, n. 26074);
3.1. in particolare, presupposto indefettibile della prospettata nullità della sentenza è l'insanabilità del contrasto tra dispositivo e motivazione, in quanto rechino affermazioni del tutto antitetiche tra loro; la prospettata insanabilità non sussiste quando la motivazione sia invece coerente rispetto al dispositivo, limitandosi a ridurne o ad ampliarne il contenuto, senza tuttavia inficiarne il contenuto decisorio e se ne possa escludere qualsiasi ripensamento sopravvenuto, essendo la motivazione saldamente ancorata ad elementi acquisiti al processo: in tal caso, la divergenza tra dispositivo e motivazione non preclude il raggiungimento dello scopo ed esclude la nullità della sentenza, ai sensi dell'art. 156, secondo comma c.p.c. (Cass. 10 maggio 2011, n. 10305);
3.2. inoltre, nell'ordinario giudizio di cognizione, l'esatto contenuto della sentenza deve essere individuato, non già alla stregua del solo dispositivo, bensì integrando questo con la motivazione, nella parte in cui la medesima riveli l'effettiva volontà del giudice: con la conseguenza della prevalenza della parte del provvedimento maggiormente attendibile e capace di fornire una giustificazione
del dictum giudiziale (Cass. 10 settembre 2015, n. 17910; Cass. 18 ottobre 2017, n. 24600); sicché, ove manchi un vero e proprio contrasto tra dispositivo e motivazione, deve ritenersi prevalente la statuizione contenuta in una delle due parti del provvedimento, da interpretare secondo l'unica statuizione in esso contenuta (Cass. 11 luglio 2007, n. 15585; Cass. 17 luglio 2015, n. 15088; Cass. 21 giugno 2016, n. 12841). E sempre che il principio dell'interpretazione del dispositivo mediante la motivazione non si estenda fino all'integrazione del contenuto precettivo del primo con la statuizione desunta dalla seconda, attesa la prevalenza da attribuirsi al dispositivo (Cass. 12 febbraio 2020, n. 3469, p.to 1.3. in motivazione);
4. nel caso di specie, non ricorre alcun contrasto, tanto meno insanabile: fermi il rilevato giudicato interno sulla detrazione dall'importo ancora dovuto al lavoratore dell'equo indennizzo di € 23.860,00 percepito e la cessazione della materia del contendere sulla decorrenza della rendita (rispettivamente: primo capoverso e terz'ultimo e penultimo di pg. 4 della sentenza), il dispositivo deve essere letto, senza alcuna forzatura, nel senso della condanna dell'Inail "al pagamento dei relativi ratei maturati", in coerenza con le dette detrazione e decorrenza;
4. pertanto il ricorso deve essere rigettato, con la regolazione delle spese di giudizio secondo il regime di soccombenza, con distrazione in favore del difensore antistatario, secondo la sua richiesta e raddoppio del contributo unificato, ove spettante nella ricorrenza dei presupposti processuali (Cass. s.u. 20 settembre 2019, n. 23535);

 

P.Q.M.


La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente alla rifusione, in favore del controricorrente, delle spese di giudizio, che liquida in euro 200,00 per esborsi e euro 2.500,00 per compensi professionali, oltre rimborso per spese generali in misura del 15% e accessori di legge, con distrazione in favore del difensore antistatario.
Ai sensi dell'art. 13 comma lquater del d.p.r. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis, dello stesso art. 13, se dovuto.

Così deciso nella Adunanza camerale del 9 novembre 2021