Consiglio di Stato, Sez. 3, 20 dicembre 2021, n. 8454 - Esenzione vaccinale del sanitario: vanno indicate le specifiche condizioni cliniche 


 


Presidente Nocelli – Estensore Fedullo

 

FattoDiritto
 


1. - L'odierno appellante, medico convenzionato presso l'ASL Roma 6, adiva il T.A.R. Lazio al fine di vedere annullato l'atto prot. n. -omissis-, notificatogli il giorno successivo, recante “accertamento dell'inosservanza dell'obbligo vaccinale”, la successiva determina prot. n. -omissis-, recante rigetto dell'istanza di revoca in autotutela del suddetto atto di accertamento, ed infine il provvedimento della Direzione Generale Prot. -omissis-, con il quale veniva disposta la sospensione del rapporto e dell'attività convenzionale del suddetto con decorrenza immediata e senza retribuzione. 1.2 - Gli atti suindicati venivano adottati dalla ASL Roma 6 sulla scorta del mancato assolvimento da parte del ricorrente, nella suddetta qualità, dell'obbligo vaccinale da Covid 19 ai sensi dell'art. 4 del d.l. n. 44/2021, non essendo stata ritenuta idonea l'attestazione di esonero presentata in data 6 settembre 2021. 1.3 - Il TAR per il Lazio, con la sentenza (in forma semplificata) appellata, dopo aver affermato la sussistenza della giurisdizione amministrativa in ordine alla controversia (evidenziando, quanto all'atto di accertamento dell'ottemperanza da parte del medico convenzionato dell'obbligo vaccinale ex art. 44, comma 1, d.l. n, 44/2021, che esso inerisce ad “uno specifico segmento procedimentale propriamente amministrativo e pubblicistico diretto ad accertare, mediante l'esercizio di un potere discrezionale ed autoritativo, se il sanitario abbia ricevuto o meno la somministrazione del vaccino contro il SARS-CoV-2” e, quanto al conseguenziale atto di sospensione, che “una simile evenienza costituisce effetto automatico che discende direttamente dalla legge a carico del sanitario inottemperante” e che “riservare alla giurisdizione dell'AGO la cognizione sulla sola sospensione dal servizio (tesi della difesa ASL) rischierebbe di consentire ad un altro giudice, appartenente a diverso plesso giurisdizionale, di pronunziarsi nella sostanza sulle stesse questioni di cui all'atto di accertamento dell'inosservanza all'obbligo vaccinale, e ciò in totale spregio al principio fondamentale del ne bis in idem”), ha respinto i plurimi motivi di ricorso formulati dal ricorrente. 1.4 - Il T.A.R., in sintesi, ha rilevato: - l'infondatezza del motivo inteso a lamentare la violazione dell'art. 4, comma 2, d.l. n. 44/2021, attesa l'inidoneità delle due certificazioni prodotte dall'interessato al fine di giustificare l'esenzione dall'obbligo vaccinale, correlata dalla citata disposizione alla sussistenza di un “accertato pericolo per la salute, in relazione a specifiche condizioni cliniche documentate, attestate dal medico di medicina generale”, dal momento che le stesse “nulla dicono circa la patologia sofferta e, soprattutto, circa la documentazione base da cui tale esenzione sarebbe in effetti scaturita”; - la non opponibilità, al riguardo, di esigenze di tutela della sfera di riservatezza dell'interessato, sia perché “il necessario bilanciamento tra riservatezza e trattamento dei dati sensibili da parte della competente amministrazione deputata alla verifica di attendibilità della attestazione di esonero dalla vaccinazione [trattamento da intendere nella specie anche come semplice “consultazione” del dato stesso, ai sensi dell'art. 4, primo par., n. 2), del Regolamento 27 aprile 2016, n. 2016/679/UE, d'ora in avanti “Regolamento UE”] è stato direttamente operato “a monte” dal legislatore di emergenza, a favore ossia della possibilità di trattare tali dati ad opera della competente PA, nel momento in cui il richiamato comma 5 dell'art. 4 del DL n. 44 del 2021 ha previsto l'obbligo, a carico dell'interessato, di versare agli atti del procedimento non solo la “certificazione” del proprio medico curante ma anche tutta la “documentazione comprovante” le ragioni poste alla base di siffatto esonero vaccinale”, sia perché “una simile conclusione si rivela inoltre pienamente coerente con l'ordinamento interno ed eurounitario in materia di tutela della riservatezza”; - l'insussistenza di alcun obbligo a provvedere in ordine all'istanza dell'8 settembre 2021, essendo diretta a sollecitare il potere di autotutela dell'Amministrazione: istanza comunque riscontrata dalla ASL Roma 6 con le due note in data 23 settembre 2021; - l'avvenuto assolvimento da parte della ASL dell'obbligo di comunicare l'avvio del procedimento, mediante il formale invito, rivolto all'interessato, a produrre documentazione circa i propri obblighi (od esoneri) di tipo vaccinale; - l'insussistenza dei profili di incostituzionalità del richiamato art. 4 d.l. n. 44/2021, nella parte in cui si prescrive il predetto obbligo vaccinale a carico dei medici, come evidenziato da Consiglio di Stato, Sez. III, 20 ottobre 2021, n. 7045, e dal TAR Friuli Venezia Giulia, Sez. I, 10 settembre 2021, n. 261. 1.5 - Mediante i motivi di appello – cui si oppongono la Regione Lazio, la quale chiede anche di essere estromessa dal giudizio per mancanza di legittimazione passiva, e la ASL Roma 6 – l'originario ricorrente allega gli errori in fatto ed in diritto asseritamente inficianti la sentenza appellata, della quale chiede la riforma in vista del conclusivo accoglimento del ricorso di primo grado. 2. - Deve preliminarmente disporsi l'estromissione dal giudizio della Regione Lazio, non costituendo oggetto dello stesso atti da essa promananti: ciò in accoglimento della relativa eccezione, formulata già dinanzi al giudice di primo grado e sulla quale questo ha omesso di pronunciarsi. 3. – Nel merito, deve rilevarsi che l'art. 4, comma 1, d.l. n. 44 del 1° aprile 2021, conv. in legge n. 76 del 28 maggio 2021, rubricato “Disposizioni urgenti in materia di prevenzione del contagio da SARS-CoV-2 mediante previsione di obblighi vaccinali per gli esercenti le professioni sanitarie e gli operatori di interesse sanitario”, ha introdotto specifiche misure finalizzate a garantire che l'esercizio delle funzioni sanitarie da parte dei relativi operatori avvenga in modo da minimizzare il rischio per la salute dei pazienti che entrino con essi in contatto, con particolare riguardo a quelli affetti da patologie tali da renderli particolarmente vulnerabili al rischio infettivo ed alle conseguenze pregiudizievoli derivanti dalla contrazione della malattia respiratoria acuta denominata Covid-19. 3.1 - Il legislatore ha previsto, in particolare, che “gli esercenti le professioni sanitarie e gli operatori di interesse sanitario di cui all'articolo 1, comma 2, della legge 1° febbraio 2006, n. 43, che svolgono la loro attività nelle strutture sanitarie, sociosanitarie e socio-assistenziali, pubbliche e private, nelle farmacie, nelle parafarmacie e negli studi professionali sono obbligati a sottoporsi a vaccinazione gratuita per la prevenzione dell'infezione da SARS-CoV-2. La vaccinazione costituisce requisito essenziale per l'esercizio della professione e per lo svolgimento delle prestazioni lavorative dei soggetti obbligati”. 3.2 - L'operatività di tali misure, inizialmente prevista “fino alla completa attuazione del piano di cui all'articolo 1, comma 457, della legge 30 dicembre 2020, n. 178” (ovvero del “piano strategico nazionale dei vaccini per la prevenzione delle infezioni da SARS-CoV-2, finalizzato a garantire il massimo livello di copertura vaccinale sul territorio nazionale”) “e comunque non oltre il 31 dicembre 2021” (termine ad quem che, ai sensi dei commi 6 e 9, condizionava altresì l'efficacia della sospensione “dal diritto di svolgere prestazioni o mansioni che implicano contatti interpersonali o comportano, in qualsiasi altra forma, il rischio di diffusione del contagio da SARS-CoV-2”, conseguente all'accertamento dell'inosservanza dell'obbligo vaccinale e comportante ai sensi del comma 9, laddove non fosse stato possibile adibire il lavoratore “a mansioni, anche inferiori, diverse da quelle indicate al comma 6, con il trattamento corrispondente alle mansioni esercitate, e che, comunque, non implicano rischi di diffusione del contagio”, la non spettanza della retribuzione e di “altro compenso o emolumento, comunque denominato”), è stata successivamente estesa – includendo nell'obbligo la “somministrazione della dose di richiamo successiva al ciclo vaccinale primario” – fino al “termine di sei mesi a decorrere dal 15 dicembre 2021” (cfr. art. 4, comma 5, come sostituito dall'art. 1, comma 1, lett. b) d.l. n. 172 del 26 novembre 2021). 3.3 - Deve altresì rilevarsi che la disciplina vigente ratione temporis prevedeva che, per la suindicata categoria di lavoratori, la vaccinazione non fosse obbligatoria “solo in caso di accertato pericolo per la salute, in relazione a specifiche condizioni cliniche documentate, attestate dal medico di medicina generale” (art. 4, comma 2, d.l. n. 44/2021), mentre, al fine di garantire la concreta operatività dell'obbligo de quo, era previsto che: - entro cinque giorni dalla data di entrata in vigore del suddetto decreto, ciascun Ordine professionale territoriale competente trasmettesse l'elenco degli iscritti alla regione o alla provincia autonoma in cui aveva sede (comma 3); - entro dieci giorni dalla data di ricezione degli elenchi di cui al comma 3, le regioni e le province autonome, per il tramite dei servizi informativi vaccinali, verificassero lo stato vaccinale di ciascuno dei soggetti rientranti negli elenchi, segnalando all'azienda sanitaria locale i nominativi dei soggetti che non risultassero vaccinati (comma 4); - l'azienda sanitaria locale, ricevuta la segnalazione di cui sopra, invitasse l'interessato a produrre, entro cinque giorni dalla ricezione dell'invito, la “documentazione comprovante l'effettuazione della vaccinazione o l'omissione o il differimento della stessa ai sensi del comma 2, ovvero la presentazione della richiesta di vaccinazione o l'insussistenza dei presupposti per l'obbligo vaccinale di cui al comma 1” (comma 5, primo periodo); - l'azienda sanitaria locale, in caso di mancata presentazione della documentazione di cui sopra, invitasse “formalmente l'interessato a sottoporsi alla somministrazione del vaccino anti SARS-CoV-2, indicando le modalità e i termini entro i quali adempiere all'obbligo di cui al comma 1” (comma 5, secondo periodo); - l'azienda sanitaria locale, decorsi i termini per l'attestazione dell'adempimento dell'obbligo vaccinale, accertasse l'inosservanza dell'obbligo vaccinale e, previa acquisizione delle ulteriori eventuali informazioni presso le autorità competenti, ne desse immediata comunicazione scritta all'interessato, al datore di lavoro e all'Ordine professionale di appartenenza (comma 6, primo periodo); - l'adozione dell'atto di accertamento da parte dell'azienda sanitaria locale determinasse l'effetto sospensivo innanzi indicato (comma 6, secondo periodo). 3.4 - Deve precisarsi che l'art. 1, comma 1, lett. b) d.l. n. 172/2021 ha innovato la disciplina suindicata, oltre che per i profili innanzi indicati, con riferimento all'Ente deputato a verificare l'assolvimento dell'obbligo vaccinale, all'adozione dell'atto di accertamento dell'inadempimento (individuato nell'Ordine professionale territorialmente competente), alla espressa qualificazione di tale atto come avente “natura dichiarativa” ed alla previsione secondo cui l'atto di accertamento “determina l'immediata sospensione dall'esercizio delle professioni sanitarie” e non solo, come nel regime previgente, “dal diritto di svolgere prestazioni o mansioni che implicano contatti interpersonali o comportano, in qualsiasi altra forma, il rischio di diffusione del contagio da SARS-CoV-2”, laddove l'adibizione “a mansioni anche diverse, senza decurtazione della retribuzione, in modo da evitare il rischio di diffusione del contagio da SARS-CoV-2” è prevista dal vigente comma 7 nei soli confronti dei soggetti esentati dall'obbligo vaccinale. 4. - L'originario ricorrente lamentava appunto - con il ricorso introduttivo del giudizio di primo grado, e reiterando le doglianze con il presente atto di appello - che, nonostante avesse ottemperato alle menzionate disposizioni di legge, quanto in particolare agli adempimenti connessi all'applicazione della clausola di esonero dall'obbligo di vaccinazione, era stato nondimeno destinatario dell'impugnato atto di accertamento dell'inosservanza dell'obbligo medesimo e della conseguente misura sospensiva del servizio. 4.1 - Dalla documentazione in atti si evince infatti che: - con nota prot. n. -omissis-, la ASL Roma 6, rilevato che il ricorrente non risultava essere stato sottoposto a vaccinazione né si era prenotato allo scopo, lo invitava a trasmettere, entro cinque giorni, “documentazione comprovante l'effettuazione della vaccinazione” ovvero “documentazione attestata dal MMG che giustificano l'omissione o il differimento della vaccinazione”, ai sensi dell'art. 44, comma 2, d.l. cit.; - il ricorrente trasmetteva alla ASL certificazione in data 6 settembre 2021, a firma del dott. -omissis-, con la quale: “Si attesta che … risulta essere soggetto Esente alla vaccinazione anti SARS-CoV-2. Risulta, infatti, affetto da patologie che non sono oggetto di sperimentazione da parte di alcuna delle Case Farmaceutiche produttrici di vaccini anti-Covid – Tale attestazione viene rilasciata previa valutazione anamnestica dichiarata dal Paziente rispetto alla quale deve trovare rigorosa applicazione il principio di precauzione anche in virtù dell'approvazione meramente condizionata dei vaccini anti Covid”; - con nota prot. n. -omissis-, la ASL Roma 6 comunicava che la certificazione prodotta “non è conforme alle modalità specificate al comma 2 dell'art. 4 del decreto Legge 1° Aprile 2021, n. 44 (specifiche condizioni cliniche documentate, attestate dal medico di medicina generale) e, pertanto, non è idonea all'omissione e/o al differimento della vaccinazione obbligatoria”, invitando il ricorrente a sottoporsi alla somministrazione del vaccino, per la quale indicava luogo, data ed orario di presentazione; - il ricorrente trasmetteva alla ASL una seconda certificazione, a firma del medesimo dott. -omissis- e recante la data dell'8 settembre 2021, con la quale: “Si attesta che … risulta essere soggetto Esente alla vaccinazione anti SARS-COV:2 ai sensi e per gli effetti dell'art. 4 co. 2 del D.L. 44/2021. Infatti in relazione a specifiche condizioni cliniche documentate, risulta affetto da patologie che non sono oggetto di sperimentazione da parte di alcuna delle Case Farmaceutiche produttrici di vaccini anti Covid e pertanto la mancata sperimentazione costituisce accertato pericolo per la salute del paziente essendo tale la mancata sperimentazione specifica. La documentazione attestante le condizioni cliniche e la patologia del paziente, non esplicitata per motivi di privacy, è stata esibita dal paziente e l'odierna attestazione viene rilasciata previa valutazione anamnestica dichiarata dal Paziente rispetto alla quale deve trovare rigorosa applicazione il principio di precauzione anche in virtù dell'approvazione meramente condizionata dei vaccini anti Covid”; - con nota prot. n. -omissis-, la ASL Roma, richiamata la precedente nota prot. n. -omissis-e constatata la mancata presentazione del ricorrente ai fini della somministrazione vaccinale, accertava, ai sensi dell'art. 4, comma 6, d.l. n. 44/2021, “l'inosservanza dell'obbligo vaccinale, con conseguente sospensione dal diritto di svolgere prestazioni o mansioni che implicano contatti interpersonali o comportano, in qualsiasi altra forma, il rischio di diffusione del contagio da SARS-CoV-2”; - con nota prot. n. -omissis-, la ASL Roma, ai sensi dell'art. 4, comma 9, d.l. cit., disponeva la “sospensione del rapporto e dell'attività convenzionale del dott. M.A. – Medico di Medicina Generale, con decorrenza immediata, fino all'assolvimento dell'obbligo vaccinale o, in mancanza, fino al completamento del piano vaccinale nazionale e, comunque, non oltre il 31 dicembre 2021, senza retribuzione né altro compenso o emolumento”; - con istanza trasmessa in data 14 settembre 2021, il ricorrente chiedeva alla ASL Roma 6 di disporre l'annullamento in autotutela della nota prot. n. -omissis-(recte, -omissis- - con istanza trasmessa in data 15 settembre 2021, il ricorrente chiedeva alla ASL Roma 6 di disporre l'annullamento in autotutela della nota prot. n. -omissis-del 14 settembre 2021; - con le note prot. n. -omissis-, la ASL Roma respingeva le suddette istanze di autotutela. 5. - Ciò premesso, censurando il passaggio della sentenza appellata in cui si attribuiscono “alle ASL compiti di verifica (circa la correttezza dell'operato dei medici certificatori)”, deduce in primo luogo l'appellante che dalle norme citate si evince che la ASL non è assolutamente deputata al controllo circa la correttezza dell'operato dei medici certificatori, né è legittimata a richiedere la documentazione medica attestante le ragioni dell'esenzione, dovendo limitarsi a ricevere l'attestazione del medico di medicina generale e prenderne atto. 5.1 - Il motivo non è meritevole di accoglimento. 5.2 - Deve in primo luogo osservarsi che le deduzioni attoree, alla luce dell'obiettivo finale del gravame (inteso all'annullamento dell'atto impugnato in primo grado più che alla mera contestazione dell'ordito argomentativo della sentenza appellata) e del carattere devolutivo dell'appello (che affida alla cognizione del giudice di secondo grado la res iudicanda nella sua essenza originaria, così come sostanziata, in particolare, dalle ragioni poste dall'Amministrazione a fondamento del provvedimento impugnato), devono essere apprezzate - nella loro pertinenza e fondatezza - in relazione al modus procedendi seguito in concreto dall'Amministrazione. Ebbene, come si evince dalla ricostruzione che precede, questa non ha fatto discendere l'accertamento della inosservanza dell'obbligo vaccinale da alcuna pretesa di “controllo circa la correttezza dell'operato dei medici certificatori”, né dalla mancata trasmissione della “documentazione medica attestante le ragioni dell'esenzione”, quanto piuttosto dalla rilevata “non conformità” della certificazione trasmessa dal ricorrente “alle modalità specificate al comma 2 dell'art. 4 del decreto Legge 1° Aprile 2021, n. 44 (specifiche condizioni cliniche documentate, attestate dal medico di medicina generale)”: l'Amministrazione, in tal modo, non ha affatto trasceso i limiti posti ai suoi compiti dal legislatore e connessi, secondo le stesse allegazioni attoree, alla ricezione/presa d'atto dell'attestazione del medico di medicina generale, atteso che anche il mero atto di “accertamento dell'inosservanza dell'obbligo vaccinale”, demandato dalla disciplina vigente ratione temporis alla ASL, sottende comunque la verifica del perfezionamento della relativa fattispecie, comprensiva - in negativo - della sussistenza di eventuali condizioni derogatorie rappresentate dall'interessato, così come definite dal comma 2, alle quali non potrebbe non essere ricondotta la corrispondenza della certificazione avente ad oggetto un “accertato pericolo per la salute, in relazione a specifiche condizioni cliniche documentate” - da un punto di vista formale e contenutistico - al relativo modello legale. 6. - Con ulteriore spunto critico, la parte appellante deduce che, contrariamente a quanto affermato dal giudice di primo grado, nel senso che essa avrebbe prestato acquiescenza alla comunicazione del 7 settembre 2021, costituente un provvedimento di rigetto della (prima) ”istanza di esonero”, essa integra solo “una forma di preavviso di rigetto con cui si comunica l'inidoneità del primo certificato”, cui ha fatto seguito il tempestivo invio di una nuova attestazione rispondente ai requisiti previsti dalla normativa. 6. 1- La deduzione è priva di decisivo rilievo ai fini dell'accoglimento della domanda attorea, dal momento che, anche eventualmente riconoscendo alla richiamata nota della ASL prot. n. -omissis- carattere meramente endo-procedimentale (seguendo la ricostruzione pubblicistica che il giudice di primo grado ha fatto della fattispecie in esame; ma su tale punto si dirà meglio infra), dalla pretesa “acquiescenza” che il ricorrente avrebbe manifestato alla stessa il T.A.R. non ha fatto derivare alcuna significativa conseguenza atta a pregiudicare la posizione processuale e/o sostanziale del ricorrente. 7. - L'appellante prosegue censurando l'affermazione, ugualmente recata dalla sentenza appellata, secondo cui l'Amministrazione avrebbe preso in esame la seconda “istanza” (recte, certificazione), avendola “sostanzialmente rigettata con due coeve note del 23 settembre 2021 della ASL Roma 6”. Deduce in senso contrario l'appellante che il secondo certificato non è mai stato esaminato dalla ASL, nemmeno in occasione delle due istanze di revoca formulate successivamente. 7.1 - Nemmeno tale profilo di doglianza può essere accolto. 7.2 - Svolgendo anche le presenti considerazioni nel segno della lettura procedimentale che il giudice di primo grado ha inteso offrire dell'attività demandata alla P.A. dalle norme in esame, deve osservarsi che la nota prot. n. -omissis-fa discendere dalla rilevata inidoneità della certificazione prodotta al fine di dimostrare la sussistenza delle condizioni di esonero di cui all'art. 4, comma 2, d.l. n. 44/2021 un ben preciso effetto dispositivo, relativo all'invito (ma, con maggiore aderenza alla natura obbligatoria dell'adempimento prescritto al destinatario ed alle conseguenze derivanti dalla sua inosservanza, meglio sarebbe definire “ordine”) a presentarsi al centro vaccinale per la somministrazione del vaccino. 7.3 - Del resto, siffatta ricostruzione della valenza della nota suindicata nell'ambito della complessiva dinamica procedimentale risponde al disegno normativo di: 1) definire in linea generale il perimetro soggettivo dell'obbligo vaccinale, individuandone i destinatari negli “esercenti le professioni sanitarie e gli operatori di interesse sanitario di cui all'articolo 1, comma 2, della legge 1° febbraio 2006, n. 43, che svolgono la loro attività nelle strutture sanitarie, sociosanitarie e socio-assistenziali, pubbliche e private, nelle farmacie, nelle parafarmacie e negli studi professionali”; 2) consentire agli interessati, pur appartenenti alle suindicate categorie generali, di dimostrare la sussistenza delle condizioni di esonero, ugualmente contemplate in termini puntuali e rigorosi dal legislatore, attraverso la produzione dell'apposita certificazione; 3) attribuire all'Amministrazione (nella specie, la ASL territorialmente competente) il compito di concretizzare l'obbligo vaccinale, affermandone l'imputazione in capo all'operatore sanitario interessato, previo accertamento (mediato dalla verifica di idoneità della certificazione all'uopo prodotta) della insussistenza delle medesime condizioni di esonero, ed indicando le modalità (spaziali e temporali) per porre in essere il “ravvedimento”; 4) far constatare, mediante specifico atto di “accertamento”, la mancata osservanza, nonostante la “sollecitazione” in tal modo rivolta all'interessato, dell'obbligo vaccinale; 5) ricollegare all'atto di accertamento l'effetto sospensivo dal servizio. Ebbene, deriva dalla descritta articolazione procedimentale che alla constatazione dell'obbligo vaccinale è deputato un atto avente una precisa portata dispositiva (ergo, nell'ottica seguita, provvedimentale) e, quindi, immediatamente pregiudizievole (cfr. sub 3 della sequenza), con la conseguente necessità della sua immediata impugnazione, ove si intenda far valere dall'interessato l'erroneità dell'affermazione (in concreto) dell'obbligo vaccinale. La ricaduta di tale ricostruzione, ai fini della presente controversia, è nel senso che sarebbe stato onere del ricorrente contestare immediatamente la nota prot. n. -omissis-, onde interrompere la sequenza procedimentale che è approdata alla sua sospensione dal servizio. 7.4 - Non si intende negare che la “regolarizzazione” della certificazione inidonea avrebbe ben giustificato una istanza di autotutela da parte dell'interessato, intesa a far valere la sussistenza delle condizioni di esonero dall'obbligo vaccinale: istanza anche implicitamente formulabile, mediante la mera trasmissione di un certificato conforme allo schema normativo. Tuttavia, a prescindere dal fatto che le istanze di autotutela formalmente presentate dall'appellante in data 14 e 15 settembre 2021 hanno avuto ad oggetto le successive note prot. n. -omissis- e prot. n. -omissis-del 14 settembre 2021 (finalizzate, rispettivamente, all'accertamento della inosservanza di un obbligo vaccinale ormai cristallizzato – per effetto della nota prot. n. -omissis-– in capo al medesimo ed alla applicazione nei suoi confronti della misura sospensiva), e che l'Amministrazione ha espressamente respinto le suddette istanze con le richiamate note prot. n. -omissis-, non si ritiene fondata la doglianza intesa a lamentare che, anche con queste ultime, non risulta che l'Amministrazione abbia preso in considerazione la (seconda) certificazione dell'8 settembre 2021. Deve infatti osservarsi che questa non si rivela idonea ad inficiare la valutazione di inidoneità formulata dalla ASL con la nota prot. n. -omissis-, con la conseguente non predicabilità in capo alla stessa Amministrazione dell'obbligo di prenderla specificamente in esame ai fini dell'eventuale riesame delle sue precedenti determinazioni. Deve all'uopo ricordarsi che la valutazione di non idoneità della prima certificazione era ancorata dalla ASL alla sua “non conformità modalità specificate al comma 2 dell'art. 4 del decreto Legge 1° Aprile 2021, n. 44 (specifiche condizioni cliniche documentate, attestate dal medico di medicina generale)”. Deve altresì ribadirsi che la pertinente disposizione (art. 4, comma 2, d.l. n. 44/2021) ricollega l'esonero dall'obbligo vaccinale al solo “caso di accertato pericolo per la salute, in relazione a specifiche condizioni cliniche documentate, attestate dal medico di medicina generale”. Ebbene, poiché la norma, nella sua formulazione testuale, attribuisce al medico di medicina generale il compito di attestare l'”accertato pericolo per la salute, in relazione a specifiche condizioni cliniche documentate”, ne deriva che di tali elementi costitutivi della fattispecie di esonero deve darsi espressamente atto nella certificazione all'uopo rilasciata: l'”attestazione” delle “specifiche condizioni cliniche documentate”, quindi, non consiste nella (ed il relativo compito non può quindi ritenersi assolto mediante una) mera dichiarazione della loro esistenza “ab externo”, essendo necessario, ai fini del perfezionamento della fattispecie esoneratrice, che delle “specifiche condizioni cliniche documentate” sia dato riscontro nella certificazione, unitamente al “pericolo per la salute” dell'interessato che il medico certificatore ritenga di ricavarne. Del resto, ove così non fosse, sarebbe neutralizzato qualsiasi potere di controllo – anche nella forma “minima” e “mediata” della esaustività giustificativa della certificazione, la quale implica e sottende la possibilità di vagliare, quantomeno secondo un parametro “minimo” di “attendibilità”, la rispondenza della certificazione alla finalità per la quale è prevista, che la parte appellante esclude essere esercitabile dalla ASL – spettante all'Amministrazione, restando devoluta al medico certificatore ogni decisione in ordine alla (in)sussistenza dell'obbligo vaccinale: esito interpretativo che, tuttavia, risulta dissonante rispetto alla pregnanza – in termini sostanziali (con il riferimento alle “specifiche condizioni cliniche” ed al “pericolo per la salute”) e probatori (allorché si richiede che le prime siano “documentate” ed il secondo “accertato”) delle condizioni esoneratrici, delineate nei termini esposti dal legislatore. Ebbene, non risulta che la seconda certificazione prodotta dall'appellante risponda alla suddetta previsione, non indicando - nella loro essenza - le “specifiche condizioni cliniche documentate”, ma genericamente dichiarando che l'interessato è affetto da “patologie che non sono oggetto di sperimentazione da parte di alcuna delle Case Farmaceutiche produttrici di vaccini anti Covid e pertanto la mancata sperimentazione costituisce accertato pericolo per la salute del paziente essendo tale la mancata sperimentazione specifica”. 7.5 - A tale riguardo, non si ritiene di condividere quanto sostenuto dall'appellante, a sostegno dell'assunto secondo cui la documentazione comprovante le specifiche condizioni cliniche, da cui sarebbe desumibile il pericolo per la salute del vaccinando, dovrebbe essere prodotta al solo medico certificatore e non alla ASL. In primo luogo, invero, deve ribadirsi che il controllo demandato alla ASL concerne pur sempre la certificazione del medico di medicina generale, la quale però, proprio perché costituente l'oggetto (diretto ed esclusivo) dell'attività di verifica della ASL, deve consentire all'Amministrazione di appurare la sussistenza dei presupposti dell'esonero. In secondo luogo, la parte appellante fonda la sua soluzione interpretativa sull'art. 44, comma 5, d.l. n. 44/2021, laddove prevede disgiuntamente che la ASL inviti l'operatore sanitario che non risulti essere stato vaccinato a produrre “la documentazione comprovante l'effettuazione della vaccinazione o l'omissione o il differimento della stessa ai sensi del comma 2, ovvero la presentazione della richiesta di vaccinazione o l'insussistenza dei presupposti per l'obbligo vaccinale di cui al comma 1”, per cui – sostiene l'appellante – “la documentazione che deve essere prodotta è solo quella comprovante la vaccinazione e non certo quella posta a base dell'attestazione prevista dal comma 1”. Deve in senso contrario rilevarsi che, anche ammessa la validità astratta dell'argomento, la sua formulazione non rispecchia il contenuto della disposizione, atteso che la previsione concernente le condizioni dell'esonero - con il connesso onere documentale a carico dell'interessato - è recata dal comma 2 dell'art. 44 (e non, come sostenuto dall'appellante, dal comma 1, che concerne invece, come già detto, i presupposti generali soggettivi dell'obbligo vaccinale). 7.6 - Aggiunge l'appellante che una diversa soluzione interpretativa finirebbe per “aggravare spropositatamente l'iter procedurale di accertamento dell'obbligo vaccinale, richiedendo un primo intervento di accertamento al medico di medicina generale e poi un ulteriore intervento valutativo dell'ASL”. Nemmeno tale considerazione di carattere funzionale si presenta condivisibile. Deve infatti osservarsi che la finalità semplificatrice delle modalità di accertamento della sussistenza delle condizioni di esonero dell'obbligo vaccinale, e la connessa realizzazione di un punto di equilibrio con la primaria responsabilità attribuita alla ASL in ordine alla efficacia del piano vaccinale (il quale sarebbe compromesso in uno dei suoi gangli principali, laddove la tutela anti-pandemica, affidata allo strumento vaccinale, fosse indebolita proprio laddove l'agente infettivo ha dimostrato maggiore virulenza e capacità mortifera, ovvero nei riguardi dei soggetti “fragili” perché affetti da patologie preesistenti e/o concomitanti), è appunto stata realizzata dal legislatore mediante l'attribuzione al medico di medicina generale di un compito di “filtro” delle “istanze” di esonero, ferma la responsabilità della ASL di verificare l'idoneità della certificazione all'uopo rilasciata: con il corollario che non di inutile “duplicazione” si tratta, atteso il contatto “diretto” del medico di medicina generale con il paziente, e quello secondario ed indiretto (ovvero mediato dalla certificazione del medico di medicina generale) della ASL. 7.7 - In conclusione, deve osservarsi che, sebbene la sentenza appellata presti il fianco alle critiche di parte appellante, laddove rileva che il medesimo non ha fornito alla ASL (né prodotto in giudizio) la documentazione medica posta a fondamento della richiesta di esonero dall'obbligo vaccinale, nondimeno il motivo posto dall'Amministrazione a giustificazione della ricusazione della richiesta medesima, connesso come si è detto alla inidoneità della certificazione all'uopo presentata, si sottrae alla portata invalidante delle deduzioni attoree. 8. - Nel prosieguo dell'appello, il suo promotore censura la sentenza appellata laddove ha escluso l'opponibilità di motivi di riservatezza all'esigenza di produzione della documentazione medica attestante la patologia atta a giustificare l'applicazione della clausola di esonero, deducendo che in primo grado aveva evidenziato come la patologia posta a base dell'accertamento del medico attestatore non dovesse essere indicata nel certificato per ragioni di privacy e come tale assunto trovasse fondamento nella circolare del Ministero della Salute che specifica le modalità di redazione dell'attestazione nel caso di esenzione dall'obbligo vaccinale prevista dagli artt. 9 - 9 septies del d.l. n. 52/2021. 8.1 - La parte appellante, premesso che le suddette norme richiamano espressamente il certificato di esenzione “sulla base di idonea certificazione medica rilasciata secondo i criteri definiti con circolare del Ministero della Salute” e che nella predetta circolare (pagina 4) si precisa che “i certificati non possono contenere altri dati sensibili del soggetto interessato (es. motivazione clinica della esenzione)”, deduce che tale criterio non potrebbe non valere per l'analogo certificato medico di esenzione che deve essere redatto dal medico di medicina generale in forza dell'art. 4, comma 2, d.l. n. 44/2021. 8.2 - Essa censura infine la sentenza appellata laddove, per respingere la doglianza, ha da un lato evidenziato che “il suddetto atto generale si applica esclusivamente – per stessa ammissione della difesa di parte ricorrente in occasione della odierna camera di consiglio – per l'accesso ai servizi ed alle attività di cui all'art. 3, comma 1, del DL 23 luglio 2021, n. 105 (il quale riguarda non i medici o le strutture sanitarie ma soltanto luoghi di culto, di ristorazione, di svago e di cultura, etc.)”, dall'altro lato, che “quand'anche si volesse ammettere un simile obbligo (omissione motivazione clinica nella certificazione di esonero vaccinale anche per il personale sanitario), ciò non toglie che la “documentazione comprovante” le condizioni cliniche dell'interessato debba comunque essere fornita agli organi competenti alla verifica ed alla vigilanza circa l'operato dei medesimi medici di medicina generale. Obbligo questo si ripete prescritto dall'art. 4, comma 5, del DL n. 44 del 2021, e non altrimenti derogato – non avendone peraltro la capacità – dalla richiamata circolare del 4 agosto 2021”. Deduce in senso critico l'appellante che la ASL non è investita del compito di vigilanza sull'operato dei medici di medicina generale, dovendo essa solo verificare che l'attestazione concernente le condizioni di esonero sia stata rilasciata. 8.3 - La doglianza non può essere accolta. 8.4 - In primo luogo, è processualmente dubbio che possano avere ingresso nel giudizio, quali profili di possibile illegittimità del provvedimento impugnato in primo grado, deduzioni che, come riconosciuto dal T.A.R., sono state operate dalla parte ricorrente con semplice memoria non notificata alla controparte. 8.5 - In secondo luogo, la parte appellante non formula alcuna specifica censura in relazione al passaggio motivazionale col quale il T.A.R. ha posto in rilievo la diversità tra la fattispecie oggetto di giudizio e quella cui si riferisce la richiamata circolare. 8.6 - Infine, a rimarcare la differenza tra le medesime fattispecie – ed escludere quindi l'invocata applicazione analogica delle indicazioni fornite con la suddetta circolare a quella oggetto del presente giudizio – è sufficiente osservare che le menzionate disposizioni si limitano a prevede che le disposizioni relative al possesso della certificazione verde Covid-19 non si applicano ai soggetti esentati dalla somministrazione del vaccino “sulla base di idonea certificazione medica rilasciata secondo i criteri definiti con circolare del Ministero della Salute”, senza quindi prescrivere, a differenza dell'art. 4, comma 2, d.l. n. 44/2021, gli stringenti requisiti che la certificazione da esso prevista deve possedere al fine di assolvere alla sua funzione esoneratrice. 9. - Le ulteriori censure di parte appellante si prefiggono di evidenziare la rispondenza al paradigma normativo della (seconda) certificazione prodotta in data 8 settembre 2021 e che la ASL non l'ha presa in considerazione, omettendo anche di inviare una nuova convocazione ai sensi del comma 5, così come aveva fatto dopo aver ricevuto il primo certificato medico: essa deduce quindi che la ASL avrebbe dovuto inviare un (nuovo) preavviso di rigetto con il quale dovevano essere evidenziati i motivi per cui l'attestazione non sarebbe stata idonea all'esenzione. 9.1 - Nessuno dei profili di censura così sintetizzati è meritevole di accoglimento. 9.2 - Per quanto concerne la validità della seconda certificazione ed all'obbligo dell'Amministrazione di esaminarla, non può che rinviarsi ai rilievi già in precedenza formulati (cfr. parr. 7.4 e ss). 9.3 - Per quanto concerne invece la mancata comunicazione di un nuovo preavviso di rigetto, a prescindere dalla mancata contestazione della sentenza appellata laddove afferma l'estraneità dell'adempimento ex art. 10 bis l. n. 241/1990 al procedimento in esame, attesa l'iniziativa officiosa del suo avvio, deve osservarsi che, anche alla luce della specifica normativa in esame, la nota prot. n. -omissis-, che ad avviso della parte appellante integrerebbe tale adempimento comunicativo, non ha affatto natura meramente informativo/endo-procedimentale, né è finalizzata alla attivazione del contraddittorio procedimentale, ma, come già evidenziato, definisce una specifica quanto autonoma fase del procedimento complessivo. 10. - La successiva sezione dell'atto di appello si prefigge espressamente di “richiamare integralmente i motivi di impugnazione indicati nel ricorso e nei motivi aggiunti di fatto assorbiti dalla dichiarazione di improcedibilità oggi impugnata… previa rimessione in termini ovvero accertamento del mancato decorso dei termini per impugnare, della nota del MISE del 19.05.2010 e della nota prot. -omissis-, nonché nella richiesta di risarcimento dei danni, per i seguenti”. 10.1 - L'appello costituisce evidentemente frutto, in parte qua, di un errore materiale, non recando la sentenza appellata alcuna statuizione di improcedibilità né essendo stati formulati in primo grado motivi aggiunti, tantomeno in relazione agli atti innanzi menzionati. 10.2 - In ogni caso, i primi motivi riproposti costituiscono la mera reiterazione di quelli corrispondenti formulati in primo grado, i quali sono stati espressamente esaminati, sebbene in chiave reiettiva, dal T.A.R., le cui conclusioni sono state condivise dalla Sezione, per le ragioni innanzi illustrate. 10.3 - Meritevole di specifico esame da parte del giudice di appello appare invece il motivo, parimenti riproposto ed in ordine al quale non si rinviene, nella sentenza appellata, alcuna espressa statuizione reiettiva, inteso a far valere l'illegittimità costituzionale delle norme de quibus laddove, in asserita violazione dell'art. 3 Cost., prevedono l'imposizione di un obbligo vaccinale solo per la categoria degli appartenenti alle professioni sanitarie, laddove, per le altre categorie professionali (che sono parimenti a contatto diretto con il pubblico, come a titolo esemplificativo quella del personale scolastico), le pertinenti disposizioni prevedono l'obbligo del cd. Green Pass, che consente la scelta tra il sottoporsi alla vaccinazione ovvero l'effettuazione di un tampone che consenta di verificare l'impossibilità di contagiare il prossimo. 10.4 - Aggiunge la parte appellante che costituisce invero fatto notorio e non contestato che i soggetti vaccinati possano comunque contrarre la malattia (seppure in forma meno forte) così come che i vaccinati possano trasmettere la malattia, per cui, se il fine principale dell'attuale normativa sull'obbligatorietà del vaccino per gli esercenti la professione sanitaria è la tutela della collettività, sarebbe stato più logico imporre per le professioni sanitarie l'obbligo del tampone ogni 48 ore ovvero l'obbligo del cd. Green Pass. 10.5 - I dubbi di illegittimità costituzionale in tal modo prospettati dall'appellante appaiono alla Sezione manifestamente infondati. 10.6 - Deve muoversi dal rilievo che, anche alla stregua delle deduzioni attoree, il tampone ha una prevalente finalità diagnostica, essendo finalizzato ad accertare l'avvenuta infezione da Sars-CoV-2, mentre il vaccino persegue anche una funzione preventiva, in quanto finalizzato a impedire l'infezione e comunque l'evoluzione patologica della stessa, in particolare nelle forme particolarmente gravi con la quale si manifesterebbe in caso di mancata somministrazione. Ebbene, già tale rilievo pone in evidenza che, dal punto di vista del sindacato di ragionevolezza (nella particolare angolazione relativa alla sussistenza tra le fattispecie esaminate di profili differenziatori atti a giustificate il trattamento normativo non uniforme delle stesse), la diversa efficacia del vaccino rispetto al tampone “al fine di tutelare la salute pubblica e mantenere adeguate condizioni di sicurezza nell'erogazione delle prestazioni di cura e assistenza” (cfr. art. 4, comma 1, d.l. n. 44/2021): basti osservare che, mentre il tampone da eseguire con cadenza di 48 ore, come dedotto dalla parte appellante, espone comunque al pericolo di contagio (e conseguente diffusione virale) nel pur breve periodo intermedio che intercorre tra l'uno e l'altro, il vaccino garantisce una copertura anti-virale, nel lasso temporale della sua efficacia, ininterrotta, non potendo addursi in senso contrario, e sempre nell'ottica del suindicato sindacato di ragionevolezza (delle scelte legislative in subiecta materia), una generica permanente esposizione all'infezione del soggetto vaccinato né il connesso persistente pericolo di contagio, in mancanza di dati precisi in ordine alla entità del rischio dedotto, anche in termini di intensità del pericolo della trasmissione virale da parte dei soggetti vaccinati. In siffatto contesto, inteso a rimarcare la distinta efficacia preventiva del tampone e del vaccino, non risulta sfornita di giustificazione la diversità dello strumento utilizzato dal legislatore al fine di garantire il contenimento della trasmissione virale, a seconda della tipologia di personale, attesa la maggiore potenziale fragilità dei soggetti che accedono alle prestazioni sanitarie, la quale giustifica l'adozione a fini preventivi di misure ritenute maggiormente efficaci (anche se maggiormente invasive nei confronti delle libertà dell'operatore interessato). 10.7 - Ai rilievi svolti deve aggiungersi quello inteso ad evidenziare che la previsione dell'obbligo vaccinale risponde anche ad una finalità protettiva nei confronti dello stesso operatore sanitario, la quale non può che essere maggiormente avvertita in un contesto lavorativo caratterizzato, a differenza di quello scolastico, da un maggiore grado di esposizione al rischio infettivo, già in ragione della più intensa variabilità dell'utenza (rispetto a quella scolastica). 11. - Infine, deve essere considerata inammissibile, nella sua formulazione meramente reiterativa del corrispondente motivo di primo grado, la censura intesa a lamentare il contrasto delle norme in questione con il parametro costituzionale di cui all'art. 32 Cost., essendosi il giudice di primo grado espressamente pronunciato sul punto (sebbene mediante il richiamo dei precedenti giurisprudenziali che hanno affrontato funditus la questione prospettata) e non essendo stata attinta la sentenza appellata, in parte qua, da specifiche censure. 12. – L'appello, in conclusione, deve essere complessivamente respinto. 13. – L'esito della controversia giustifica la condanna della parte appellante alla refusione delle spese di giudizio a favore della Asl Roma 6, nella complessiva misura di € 2.000,00, oltre oneri di legge.

 

P.Q.M.
 


Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), previa estromissione dal giudizio della Regione Lazio, respinge l'appello. Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 (e degli articoli 5 e 6 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016), a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità. Condanna la parte appellante alla refusione delle spese di giudizio a favore della Asl Roma 6, nella complessiva misura di € 2.000,00, oltre oneri di legge.