Tribunale di Padova, Sez. Lav., 7 dicembre 2021 - Obbligo vaccinale dei sanitari: il Giudice del lavoro presenta domanda di pronuncia pregiudiziale alla Corte di Giustizia
REPUBBLICA ITALIANA
TRIBUNALE ORDINARIO DI PADOVA
IL GIUDICE DEL LAVORO
a scioglimento della riserva assunta all'udienza del 16 novembre 2021, pronunzia la presente
ORDINANZA
nel procedimento n. 1953/2021 RG promosso da rappresentata e difesa, congiuntamente e disgiuntamente, dal prof. avv. Augusto Sinagra - PEC:
contro
Azienda Ospedale-Università di Padova, in persona del direttore generale dott. Giuseppe Dal
-
Ben, rappresentato e difeso dall'av,·alic' t · ·' iffi IR I 11'71;;· SI· , con domicilio·"'. eletto presso il loro studio in Padova, Corso Garibaldi, 5, e-mail:
fax
MOTIVAZIONE
La sig.ra ... dall'1 gennaio 2017 lavora alle dipendenze dell'Azienda Ospedale-Università di Padova, come infermiera professionale in servizio presso il reparto di neurochirurgia- degenze. Espone che con provvedimento del 16 settembre 2021, la predetta Azienda, in applicazione dell'art. 4 del decreto legge 1.04.2021, n. 44, le comunicava la sospensione dal lavoro con effetto immediato e senza diritto alla retribuzione, poiché ella aveva violato l'obbligo vaccinale ed era impossibile adibirla a mansioni diverse che non implicassero il rischio di diffusione del contagio; la sospensione durava fino all'adempimento dell'obbligo vaccinale o, in mancanza, fino al completamento del piano vaccinale e comunque non oltre il 31.12.2021. Con ricorso d'urgenza proposto il 14.10.2021 ai sensi dell'art. 700 c.p.c., la sig.ra espone che ella non dispone di altri redditi da lavoro, che le sarebbero comunque preclusi a causa della sospensione dall'Albo professionale decisa dal relativo Ordine professionale, e chiede pertanto a questo Tribunale, in funzione di giudice del lavoro, di essere riammessa in servizio, sostenendo che il cii. art. 4 del decreto legge 1.04.2021, n. 44, sarebbe contrario, sotto vari profili, alla Costituzione della Repubblica Italiana, nonché alla normativa dell'Unione Europea.
L' Azienda Ospedale-Università di Padova contesta la fondatezza del ricorso.
Il procedimento è stato istruito solo mediante produzioni documentali. All'udienza del 16 novembre 2021, questo Tribunale si è riservato di decidere.
Ciò premesso, questo Tribunale ricorda che il citato art. 4 del decreto legge 1.04.2021, n. 44, convertito dalla legge 28 maggio 2021, 76, al primo comma dispone testualmente che "in considerazione della situazione di emergenza epidemiologica da SARS-CoV-2, fino alla completa attuazione del piano di cui all'articolo 1, comma 457, della legge 30 dicembre 2020, n. 178, e comunque non oltre il 31 dicembre 2021, al fine di tutelare la salute pubblica e mantenere adeguate condizioni di sicurezza nell'erogazione delle prestazioni di cura e assistenza, gli esercenti le professioni sanitarie e gli operatori di interesse--samitario di cui all'articolo 1, comma 2, della legge 1° febbraio 2006, n. 43, che svolgono la loro attività nelle strutture sanitarie, sociosanitarie e socio-assistenziali, pubbliche e private, nelle farmacie, nelle parafarmacie e negli studi professionali sono obbligati a sottoporsi a vaccinazione gratuita per. la prevenzione dell'infezione da SARS-CoV-2. La vaccinazione costituisce requisito essenziale per l'esercizio della professione e per lo svolgimento delle prestazioni lavorative dei soggetti obbligati. La vaccinazione è somministrata nel rispetto delle indicazioni fornite dalle regioni, dalle province autonome e dalle altre autorità sanitarie competenti, in conformità alle previsioni contenute nel piano".
Il secondo comma dello stesso art. 4 del decreto legge n. 44 del 2021, prevede che "solo in caso di accertato pericolo per la salute, in relazione a specifiche condizioni cliniche documentate, attestate dal medico di medicina generale, la vaccinazione di cui al comma 1 non è obbligatoria e può essere omessa o differita".
Il sesto comma dispone che "Decorsi i termini per l'attestazione dell'adempimento dell'obbligo vaccinale di cui al comma 5, l'azienda sanitaria locale competente accerta l'inosservanza dell'obbligo vaccinale e, previa acquisizione delle ulteriori eventuali informazioni presso le autorità competenti, ne dà immediata comunicazione scritta all'interessato, al datore di lavoro e all'Ordine professionale di appartenenza. L'adozione dell'atto di accertamento da parte dell'azienda sanitaria locale determina la sospensione dal diritto di svolgere prestazioni o mansioni che implicano contatti interpersonali o comportano, in qualsiasi altra forma; il rischio di diffusione del contagio da SARS-CoV-2".
Il settimo comma prevede che "La sospensione di cui al comma 6 è comunicata immediatamente all'interessato dall'Ordine professionale di appartenenza".
L'ottavo comma dispone che "Ricevuta la comunicazione di cui al comma 6, il datore di lavoro adibisce il lavoratore, ove possibile, a mansioni, anche inferiori, diverse da quelle indicate al comma 6, con il trattamento corrispondente alle mansioni esercitate, e che'. comunque, non implicano rischi di diffusione del contagio. Quando l'assegnazione a mansioni diverse non è possibile, per il periodo di sospensione di cui al comma 9 non sono dovuti la retribuzione né altro compenso o emolumento, comunque denominato".
Il nono comma prevede che "la sospensione di cui al comma 6 mantiene efficacia fino all'assolvimento dell'obbligo vaccinale o, in mancanza, fino al completamento del piano vaccinale nazionale e comunque non oltre il 31 dicembre 2021".
Il decimo comma dispone che "salvo in ogni caso il disposto dell'articolo 26, commi 2 e 2-bis, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, per il periodo in cui la vaccinazione di cui al comma 1 è omessa o differita e comunque non oltre il 31 dicembre 2021, il datore di lavoro adibisce i soggetti di cui al comma 2 a mansioni anche diverse, senza decurtazione della retribuzione, in modo da evitare il rischio di diffusione del contagio da SARS-CoV-2".
L'undicesimo comma del medesimo art. 4 del decreto legge 1.04.2021, n. 44, prevede infine che "Per il medesimo periodo di cui al comma 10, al fine di contenere il rischio di contagio, nell'esercizio dell'attività libero-professionale, i soggetti di cui al comma 2 adottano le misure di prevenzione igienico-sanitarie indicate dallo specifico protocollo di sicurezza adottato con decreto del Ministro della salute, di concerto con i Ministri della giustizia e del lavoro e delle politiche
sociali, entro venti giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto".
Ciò premesso, la ricorrente sig.ra , a fondamento della propria pretesa di ripristino del rapporto di lavoro in thesi illegittimamente sospeso, invoca molteplici argomenti di natura in senso stretto medico-sanitaria (in primis, quello di essere già stata contagiata e guarita, con un conseguente effetto di "immunizzazione naturale", certamente rilevante in termini di c.d. green pass) e argomenti più specificatamente giuridici, vuoi di diritto costituzionale che europeo (convenzionale -leggasi CEDU- e unionale in senso proprio).
Sotto il primo profilo, anche alla luce della sterminata letteratura in subiecta materia e del dibattito scientifico finanche sovrabbondante, non appare pensabile o anche solo ragionevole che questo Tribunale possa farsi carico, magari attraverso una consulenza tecnica, di risolvere il punto sub judice della maggiore rischiosità del vaccino rispetto al possibile contagio, anche a causa di eventuali ricadute nella malattia da parte della ricorrente, e della preferibilità/opzionabilità di cure diverse, oggi comunque disponibili in ambiente ospedaliero (cure anticorpali: si veda, nel sito dell'Aifa, il Report n. 34 Monitoraggio Anticorpi Monoclonali per Covid-19 Ufficio Registri di Monitoraggio A/FA Dati relativi alla settimana 19 - 25 novembre 2021; o farmaci antivirali, ad esempio, quali Roche (AT-527), Pfizer (PF-07321332) e Merck (Molnupiravir), già in parte in circolazione e con efficacia di prevenzione -per lo meno per il farmaco Paxlovid prodotto da Pfizer fino al/'89 % rispetto ai vaccini esistenti).
D'altro canto, le autorizzazioni alla messa in commercio dei vaccini anti-Covid, sia pure condizionate ai sensi del Regolamento n. 507/2006, sono atti di diritto dell'Unione Europea e, come tali, valutabili sotto il profilo della loro legittimità, soltanto dalla Corte di Giustizia ai sensi della nota giurisprudenza Foto-frost del 22 ottobre 1987, causa 314/85, salva la possibilità del giudice nazionale di apprezzarne in via cautelare la possibile illegittimità comunitaria, e pur tuttavia con obbligo di rinvio immediato alla Corte di Giustizia ex art. 267 TFUE ai sensi della richiamata giurisprudenza Foto-frost, come letta successivamente ed autorevolmente in Zuckerfabrick del 21 febbraio1991, cause riunite C-143/88 e C-92/89.
In quest'ultima pronuncia si legge che:
23 "Occorre premettere che le misure di sospensione dell'esecuzione di un atto impugnato non possono essere adottate se non quando le circostanze di fatto e di diritto invocate dai ricorrenti inducano il giudice nazionale a convincersi dell'esistenza di gravi dubbi sulla validità del regolamento comunitario sul quale l'atto amministrativo impugnato è fondato. Solo la possibilità di un'invalidazione, riservata alla Corte, può infatti giustificare la concessione della sospensione. 24 Va poi rilevato che la sospensione dell'esecuzione deve mantenere carattere provvisorio. Il giudice nazionale può quindi ordinare la sospensione cautelare solo fino a che la Corte non abbia statuito sulla questione della validità. Ove la Corte non sia già stata investita di tale questione, il giudice nazionale è perciò tenuto ad operare il rinvio pregiudiziale, esponendo i motivi d'invalidità che gli appaiano fondati. 25 Quanto agli altri presupposti della sospensione dell'esecuzione degli atti amministrativi, si deve osservare che le norme processuali sono stabilite dai diritti nazionali, le cui divergenze in materia di condizioni per la concessione della sospensione possono nuocere all'uniforme applicazione del diritto comunitario".
Laddove il giudice nazionale, dunque, ravvisasse dei seri dubbi di validità di un atto comunitario, e intendesse in qualche modo attribuire una tutela cautelare, sarebbe obbligato comunque ad investire la Corte di Giustizia della questione stessa, ai sensi della richiamata giurisprudenza.
Orbene, alla luce delle nuove emersioni mediche e delle nuove acquisizioni in termini di medicinali a disposizione, in parte qui richiamate, la questione di validità delle autorizzazioni vaccinali, alla luce del Regolamento n. 507/2006, a questo Tribunale non pare fuori contesto, o comunque non irragionevolmente ipotizzabile, un dubbio di validità delle autorizzazioni della Commissione, previo parere EMA, alla luce dell'art. 4 del Regolamento, specie in considerazione del fondamentale valore giuridico in gioco, ovvero dell'integrità fisica e della salute, protetti fra l'altro anche dagli artt. 3 e 35 della Carta europea dei diritti fondamentali, parametri di legittimità degli atti comunitari e nazionali in sede di attuazione del diritto dell'Unione europea (cfr. art. 51 Carta).
Orbene, a tenore dell'art. 4, l'autorizzazione condizionata "può essere rilasciata quando il comitato ritiene che, malgrado non siano stati forniti dati clinici completi in merito alla sicurezza e all'efficacia del medicinale, siano rispettate tutte le seguenti condizioni:
a) il rapporto rischio/beneficio del medicinale, quale definito all'articolo 1, paragrafo 28 bis, della direttiva 2001/83/CE, risulta positivo;
b) è probabile che il richiedente possa in seguito fornire dati clinici completi;
c) il medicinale risponde ad esigenze mediche insoddisfatte;
d) i benefici per la salute pubblica derivanti dalla disponibilità immediata sul mercato del medicinale in questione superano il rischio inerente al fatto che occorrano ancora dati supplementari".
Su un tale dubbio di validità comunitaria delle autorizzazioni in parola, questo Tribunale ritiene utile provocare l'intervento della Corte di Giustizia ai sensi e agli effetti dell'art. 267 TFUE.
In particolare, si pongono alla Corte i seguenti quesiti rilevanti nel caso concreto:
"Dica la Corte di Giustizia se le autorizzazioni condizionate della Commissione, emesse su parere favorevole dell'EMA, relative ai vaccini oggi in commercio, possano essere considerate ancora valide, ai sensi dell'art. 4 del Reg. n. 507/2006, alla luce del fatto che, in più Stati membri (ad esempio in Italia, approvazione AIFA del protocollo di cura con anticorpi monoclonali e/o antivirali), sono state approvare cure alternative al COVID SARS 2 efficaci e in thesi meno pericolose per la salute della persona, e ciò anche alla luce degli artt. 3 e 35 della Carta di Nizza";
"Dica la Corte di Giustizia se, nel caso di sanitari per i quali la legge dello Stato membro abbia imposto il vaccino obbligatorio, i vaccini approvati dalla Commissione in forma condizionata ai sensi e agli effetti del Regolamento n. 507/2006, possano essere utilizzati al fine della vaccinazione obbligatoria anche qualora i sanitari in parola siano già stati contagiati e quindi abbiano già raggiunto una immunizzazione naturale e possano quindi chiedere una deroga dall'obbligo";
"Dica la Corte di Giustizia se, nel caso di sanitari per i quali la legge dello Stato membro abbia imposto il vaccino obbligatorio, i vaccini approvati dalla Commissione in forma condizionata ai sensi e agli effetti del Regolamento n. 507/2006, possano essere utilizzati al fine della vaccinazione obbligatoria senza procedimentalizzazione alcuna con finalità cautelativa o se, in considerazione della condizionalità dell'autorizzazione, i sanitari medesimi possano opporsi all'inoculazione, quanto meno fintantoché l'autorttà sanitaria deputata abbia escluso in concreto, e con ragionevole sicurezza, da un lato, che non vi siano controindicazioni in tal senso, dall'altro, che i benefici che ne derivano siano superiori a quelli derivanti da altri farmaci oggi a disposizione. Chiarisca la Corte se in tal caso, le autorità sanitarie deputate debbano procedere nel rispetto dell'art. 41 della Carta di Nizza".
"Dica la Corte di giustizia se, nel caso del vaccino autorizzato dalla Commissione in forma condizionata, l'eventuale non assoggettamento al medesimo da parte del personale medico sanitario nei cui confronti la legge dello Stato impone obbligatoriamente il vaccino, possa comportare automaticamente la sospensione dal posto di lavoro senza retribuzione o se si debba prevedere una gradualità delle misure sanzionatorie in ossequio al principio fondamentale di proporzionalità";
"Dica la Corte di Giustizia se laddove il diritto nazionale consenta forme di dépeçage, la verifica della possibilità di utilizzazione in forma alternativa del lavoratore, debba avvenire nel rispetto del contraddtttorio ai sensi e agli effetti dell'art. 41 della Carta di Nizza, con conseguente diritto al risarcimento del danno nel caso in cui ciò non sia avvenuto".
Le parti in causa non hanno invocato il Regolamento n. 953/2021 che, tuttavia, in quanto norma direttamente applicabile, pare avere un'indubbia rilevanza ai presenti fini.
Ogni Regolamento dell'Unione Europea possiede, alla stregua dell'art. 288 TFUE, la caratteristica della diretta applicabilità, con conseguente obbligo a carico del giudice dello Stato membro di assicurarne il rispetto.
Alla luce della nota giurisprudenza Simmenthal, del 9 marzo 1978, C-106/77, "in forza del principio della preminenza del diritto comunitario, le disposizioni del Trattato e gli atti delle istituzioni, qualora siano direttamente applicabili, hanno l'effetto, nei loro rapporti col diritto interno degli Stati membri, non solo di rendere «ipso jure» inapplicabile, per il fatto stesso della loro entrata in vigore, qualsiasi disposizione contrastante della legislazione nazionale preesistente, ma anche - in quanto dette disposizioni e detti atti fanno parte integrante, con rango superiore rispetto alle norme interne, dell'ordinamento giuridico vigente nel territorio dei singoli Stati membri - di impedire la valida formazione di nuovi atti legislativi nazionali, nella misura in cui questi fossero incompatibili con norme comunitarie".
Per giurisprudenza costante, "ogni giudice nazionale, chiamato a pronunciarsi nell'ambito delle proprie competenze, ha, in quanto organo di uno Stato membro, più precisamente l'obbligo di disapplicare qualsiasi disposizione nazionale contraria a una disposizione del diritto dell'Unione, che abbia effetto diretto nella controversia di cui è investito" (cfr. recentemente la sentenza del 24 giugno 2019, Popiawski, C 573/17, EU:C:2019:530, punto 61 e giurisprudenza ivi citata).
Sulla base di queste premesse, si deve segnalare come, nel Regolamento n. 953/2021, relativo ad un quadro per il rilascio, la verifica e l'accettazione di certificati interoperabili di vaccinazione, di test e di guarigione in relazione alla COVID-19 (certificato COVID digitale dell'UE) per agevolare la libera circolazione delle persone durante la pandemia di COVID-19, si precisi inter alia che "è necessario che tali limitazioni [n.d.r.: alla libera circolazione delle persone] siano applicate conformemente ai principi generali del diritto dell'Unione, segnatamente la proporzionalità e la non discriminazione".
A tale ultimo proposito, ovvero della possibile discriminazione derivante dalla disciplina nazionale emergenziale per causa del Covid, questo Tribunale non può esimersi dal rilevare un punto della predetta disciplina, suscettibile di dare origine a problemi interpretativi ed applicativi da questo specifico punto di vista.
In virtù del ci!. art. 4, comma 5, del decreto legge n. 44 dell'1 aprile 2021, "gli esercenti le professioni sanitarie e gli operatori di interesse sanitario che svolgono la loro attività nelle strutture sanitarie, sociosanitarie e socio-assistenziali, pubbliche e private, nelle farmacie, parafarmacie e negli studi professionali sono obbligati a sottoporsi a vaccinazione gratuita per la prevenzione dell'infezione da SARS-CoV-2".
Inoltre, il medesimo art. 4, al comma 11, stabilisce che: "per il medesimo periodo di cui al comma 10, al fine di contenere il rischio di contagio, nell'esercizio dell'attività libero-professionale, i soggetti di cui al comma 2 adottano le misure di prevenzione igienico-sanitarie indicate dallo specifico protocollo di sicurezza adottato con decreto del Ministro della salute, di concerto con i Ministri della giustizia e del lavoro e delle politiche sociali, entro venti giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto".
In altre parole, mentre il sanitario (medico o infermiere che sia) che non possa, per una qualsiasi ragione, essere assoggettato al vaccino, può continuare a praticare la professione, sia pure nel rispetto delle regole di sicurezza, chi non vuole assoggettarsi al vaccino non può più esercitare l'attività professionale sanitaria, sia come dipendente sia come libero professionista, nonostante sia disposto a seguire rigorosamente le stesse regole di sicurezza.
Alla luce delle osservazioni qui esposte in tema di decreto legge n. 44/2021 e di Regolamento n. 953/2021, questo Tribunale ritiene opportuno sottoporre alla Corte di Giustizia il seguente quesito. "Dica la Corte di Giustizia se, alla luce del Regolamento n. 953/21 che vieta qualunque discriminazione fra chi ha assunto il vaccino e chi non ha voluto o potuto per ragioni mediche assumerlo, sia legittima una disciplina nazionale, quale quella risultante dall'art. 4, comma 11, del decreto legge n. 44/2021, che consente al personale sanitario che è stato dichiarato esente dall'obbligo di vaccinazione di esercitare la propria attività a contatto con il paziente, ancorché rispettando i presidi di sicurezza imposti dalla legislazione vigente, mentre il sanitario che come la ricorrente - in quanto naturalmente immune a seguito di contagio - non voglia sottoporsi al vaccino senza approfondite indagini mediche, viene automaticamente sospeso da qualunque atto professionale e senza remunerazione".
Infine, alla luce della giurisprudenza della recente Corte di Giustizia Memoria srl e Dell'Antonia ci Comune di Padova del 14 novembre 2018, C-342/17, e delle considerazioni ivi contenute a margine dell'art. 53 della legge n. 234/2012 (recante "Norme generali sulla partecipazione dell'Italia alla formazione e all'attuazione della normativa e delle politiche dell'Unione europea", il quale stabilisce che "nei confronti dei cittadini italiani non trovano applicazione norme dell'ordinamento giuridico italiano o prassi interne che producano effetti discriminatori rispetto alla condizione e al trattamento garantiti nell'ordinamento italiano ai cittadini dell'Unione europea"), si chiede di conoscere se la misura del vaccino obbligatorio, nel caso lo Stato membro ospite intendesse imporlo anche ad un sanitario di altro Stato membro dell'Unione presente in Italia per motivi professionali, sia compatibile con il principio di proporzionalità espressamente richiamato dal Regolamento n. 953/2021.
Questo, dunque, il quesito.
"Dica la Corte se sia compatibile con il Regolamento n. 953 del 2021 e i principi di proporzionalità e di non discriminazione ivi contenuti, la disciplina di uno Stato membro che imponga obbligatoriamente il vaccino anti-Covid -autorizzato in via condizionata dalla Commissione - a tutto il personale sanitario anche se proveniente da altro Stato membro e sia presente in Italia ai fini dell'esercizio della libera prestazione dei servizi e della libertà di stabilimento".
Con istanza separata, questo Tribunale chiede che la presente domanda di pronunzia pregiudiziale, venga decisa con procedimento accelerato.
Per tutti questi motivi,
lo scrivente Giudice del lavoro del Tribunale Ordinario di Padova (Italia), visti l'art. 267 TFUE e l'art. 19, par. 3, lett. b, TUE, presenta alla eccellentissima Corte di Giustizia dell'Unione Europea domanda di pronuncia pregiudiziale, chiedendo che risponda ai seguenti quesiti:
1. "Dica la Corte di Giustizia se le autorizzazioni condizionate della Commissione, emesse su parere favorevole dell'EMA, relative ai vaccini oggi in commercio, possano essere considerate ancora valide, ai sensi dell'art. 4 del Reg. n. 507/2006, alla luce del fatto che, in più Stati membri (ad esempio in Italia, approvazione AIFA del protocollo di cura con anticorpi monoclonali e/o antivirali), sono state approvare cure alternative al COVID SARS 2 efficaci e in thesi meno pericolose per la salute della persona, e ciò anche alla luce degli arti. 3 e 35 della Carta di Nizza";
2. "Dica la Corte di Giustizia se, nel caso di sanitari per i quali la legge dello Stato membro abbia imposto il vaccino obbligatorio, i vaccini approvati dalla Commissione in forma condizionata ai sensi e agli effetti del Regolamento n. 507/2006, possano essere utilizzati al fine della vaccinazione obbligatoria anche qualora i sanitari in parola siano già stati contagiati e quindi abbiano già raggiunto una immunizzazione naturale e possano quindi chiedere una deroga dall'obbligo";
3. "Dica la Corte di Giustizia se, nel caso di sanitari per i quali la legge dello Stato membro abbia imposto il vaccino obbligatorio, i vaccini approvati dalla Commissione in forma condizionata ai sensi e agli effetti del Regolamento n. 507/2006, possano essere utilizzati al fine della vaccinazione obbligatoria senza procedimentalizzazione alcuna con finalità cautelativa o se, in considerazione della condizionalità dell'autorizzazione, i sanitari medesimi possano opporsi all'inoculazione, quanto meno fintantoché l'autorità sanitaria deputata abbia escluso in concreto, e con ragionevole sicurezza, da un lato, che non vi siano controindicazioni in tal senso, dall'altro, che i benefici che ne derivano siano superiori a quelli derivanti da altri farmaci oggi a disposizione.
Chiarisca la Corte se in tal caso, le autorità sanitarie deputate debbano procedere nel rispetto dell'art. 41 della Carta di Nizza";
4. "Dica la Corte di giustizia se, nel caso del vaccino autorizzato dalla Commissione in forma condizionata, l'eventuale non assoggettamento al medesimo da parte del personale medico sanitario nei cui confronti la legge dello Stato impone obbligatoriamente il vaccino, possa comportare automaticamen la sospensione dal posto di lavoro senza retribuzione o se si debba prevedere una gradualità delle misure sanzionatorie in ossequio al principio fondamentale di proporzionalità";
5. "Dica la Corte di Giustizia se laddove il diritto nazionale consenta forme di dépeçage, la verifica
della possibil $ di utilizzazione in forma alternativa del lavoratore, debba avvenire nel rispetto del contraddittorio ai sensi e agli effetti dell'art. 41 della Carta di Nizza, con consenguente diritto al risarcimento del danno nel caso in cui ciò non sia avvenuto";
6. "Dica la Corte se sia compatibile con il Regolamento n. 953 del 2021, e i principi di proporzionalità e di non discriminazione ivi contenuti, la disciplina di uno Stato membro che imponga obbligatoriamente il vaccino anticovid autorizzato in via condizionata dalla Commissione a tutto il personale sanitario anche se proveniente da altro Stato membro e sia presente in Italia ai fini dell'esercizio della libera prestazione dei servizi e della libertà di stabilimento.
7. "Dica la Corte se sia compatibile con il Regolamento n. 953 del 2021, e i principi di proporzionalità e di non discriminazione ivi contenuti, la disciplina di uno Stato membro che imponga obbligatoriamente il vaccino anticovid autorizzato in via condizionata dalla Commissione a tutto il personale sanitario anche se proveniente da altro Stato membro e sia presente in Italia ai fini dell'esercizio della libera prestazione dei servizi e della libertà di stabilimento.
Il presente giudizio è sospeso fino all'esito della presente domanda di pronuncia pregiudiziale. Si comunichi alle parti.
La cancelleria deve spedire l'originale della presente ordinanza, del fascicolo d'ufficio e dei fascicoli di parte, alla Cancelleria della Corte di Giustizia dell'Unione Europea, o mediante plico raccomandato a Rue du Fort Niedergrunewald, L-2925 Lussemburgo, oppure mediante l'applicazione e-Curia (le modalità di accesso a tale applicazione, nonché le condizioni di utilizzo di quest'ultima sono disponibili al seguente indirizzo: httpszl/curia.europa.eu/jcms/jcms/P_78957/it/).
La cancelleria deve inoltre spedire il file della presente ordinanza e quello dell'ordinanza anonimizzata a:
Padova (ltalia), 7 dicembre 2021