Cassazione Penale, Sez. 4, 11 gennaio 2022, n. 425 - Caduta del facchino addetto al carico e scarico merci dal camion. Assenza di qualsivoglia presidio, procedura di sicurezza e di una procedura operativa coordinata


 

 

Presidente: CIAMPI FRANCESCO MARIA Relatore: FERRANTI DONATELLA
Data Udienza: 03/12/2021
 

Fatto

 

1. La Corte di Appello di Brescia, con la sentenza in epigrafe, ha confermato l'affermazione di responsabilità penale pronunciata dal Tribunale di Mantova il 1.03.2017 nei confronti di L.G., Presidente del consiglio di amministrazione di Futurlog società cooperativa e preposto in materia di prevenzione infortuni, in relazione al reato di cui all'art. 590 comma 1,2,3 e 5 cod.pen, commesso in Pegognaga il 9.04.2014, con riferimento alla lesioni personali patite da K.P., facchino addetto al carico e scarico merci dal camion e dipendente di Furtolog, società che aveva stipulato con il macello Unipeg di Pegognaga, un contratto di appalto avente ad oggetto il carico e scarico di mezzene e carni confezionate.
1.1. A L.G., nella sua qualità, si contesta un comportamento colposo per negligenza imprudenza e imperizia e inosservanza delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro e in particolare di non aver elaborato procedure operative nel documento di valutazione rischi per le operazioni di caduta del personale dai cassoni del camion durante le operazioni di carico e scarico limitandosi a prevedere generici obblighi di informazione dei dipendenti di tenersi ad una distanza di sicurezza, misura del tutto inidonea a prevenire il rischio in quanto il carico merce avviene in un spazio angusto di circa 50 cm (art. 28 comma 2 lett. b e 64 comma 1 lett a) d.lgs 81/2008).Tanto che K.P. mentre caricava le mezzene su un autoarticolato frigo della ditta Aldrovandi spedizioni carne e cercava di agganciare il materiale alle guidovie si avvicinava con i piedi ai bordi del camion, si sporgeva e infilava il piede dx nello spazio esistente tra il cassone sopraelevato per più di un metro e mezzo e la paratia che doveva impedire ai fumi di scarico di entrare nel macello, che non si trovava allineata al piano dell'autocarro, scivolava e cadendo al suolo si procurava la frattura scomposta della tibia lesione, giudicata guaribile in un tempo superiore a giorni quaranta, con una invalidità permanente stimata nel 14% e conseguenti periodi di inabilità totale e parziale ( fol 3 e 4 ).
2. Nelle sentenze di merito si è affermato che la fessura esistente tra il bordo dell'automezzo e la paratia metallica era una condizione lavorativa nota al datore di lavoro e concretizzava il rischio di caduta durante le operazioni di carico mentre nel documento di valutazione erano state previste misure del tutto insufficienti e generiche inidonee a prevenire e a garantire la sicurezza dei lavoratori.
3. Il ricorso.
Avverso la sentenza ha proposto ricorso l'imputato, a mezzo del difensore di fiducia, deducendo:
1)violazione di legge in quanto erroneamente il rapporto tra Unipeg e Futurlog era stato qualificato come contratto di appalto mentre di fatto il lavoratore infortunato era un somministrato alla società Unipeg, che gestiva il macello con propri uomini e attrezzature; infatti le operazioni del facchino avvenivano sotto il costante controllo del personale della Unipeg che esercitava il potere direttivo e disciplinare. Si trattava di un contratto di somministrazione e conseguentemente tutti gli obblighi di prevenzione gravavano sull'utilizzatore ( art. 23 comma 5 dlgs n.276/03 e art. 35 del Dlgs n. 81/15). La indisponibilità del luogo di lavoro da parte del somministratore, cioè dell'imputato, incideva anche sull'efficacia degli obblighi ad esso correlati;
Il) violazione di legge con riferimento all'art. 26 comma 1 e 2 Dlgs 81/2008 in quanto l'imputato non aveva la disponibilità giuridica del luogo di lavoro dove operava la persona offesa, vale a dire il macello;
III) violazione di legge con riferimento all'art. 40 e 41 cod.pen. in quanto le modalità di carico sono avvenute in maniera diversa da quanto previsto dall'imputato in condizioni di sicurezza vale a dire mediante il posizionamento del camion refrigerante in retromarcia in perfetta aderenza alle porte di apertura del reparto spedizioni del macello.
Le modalità esecutive pericolose consentite dal datore di lavoro/utilizzatore Unipeg hanno interrotto il nesso di causa con riferimento alle supposte omissioni da parte dell'imputato;
IV) violazione di legge con riferimento all'art. 43 cod.pen in quanto non sussisteva alcun comportamento lecito alternativo prevedibile ed esigibile idoneo ad evitare l'infortunio;
V) vizio di motivazione con riferimento al travisamento della prova e in specie della testimonianza resa da M.R., capo spedizioniere Unipeg, e da altri testi, tra cui il responsabile PG della Asl Mantova, circa le misure che dovevano essere concretamente adottate dal macello Unipeg;
VI) violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento al trattamento sanzionatorio ex art. 62 bis e 133 cod.pen. stante la mancata concessione delle attenuanti generiche e l'eccessività della pena.
 


Diritto

 


1. Alcune considerazioni di premessa giovano ad una più spedita trattazione dei motivi di ricorso appena riassunti.
1.1.Il sistema di sicurezza aziendale si configura come procedimento di programmazione della prevenzione globale dei rischi e tale logica riguarda anche la gestione dei rischi in caso di affidamento dei lavori a singole imprese appaltatrici o a lavoratori autonomi all'interno dell'azienda o di una singola unità produttiva della stessa, nonché nell'ambito del ciclo produttivo dell'azienda medesima.
Giova richiamare a tal proposito che questa Suprema Corte ha da tempo chiarito che, se sono più i titolari della posizione di garanzia, come nel caso di specie, ciascun garante risulta per intero destinatario dell'obbligo di impedire l'evento fino a che non si esaurisca il rapporto che ha originato la singola posizione di garanzia (Sez.4 n. 46849 del 3.11.2011 rv 252149; Sez. 4 n.8593 del 22.01.2008 rv.238936).
E, ancora, che, quando l'obbligo di impedire un evento ricade su più persone che debbano intervenire o intervengano in momenti diversi, il nesso di causalità tra la condotta omissiva o commissiva del titolare di una posizione di garanzia non viene meno per effetto del successivo mancato intervento da parte di altro soggetto, parimenti destinatario dell'obbligo di impedire l'evento, configurandosi un concorso di cause ex art. 41 comma primo cod. pen ( Sez. 4 n. 244455 del 22.04.2015 rv 263733-0l;Sez. 4 n. 37992 del 11.07.2012 rv 254368-01; sez. 4 n.1194 del 15.11.2013, rv. 258232).
1.2. Si è poi precisato che, ai fini della attività di valutazione di coordinamento e cooperazione connessa al rischio interferenziale, secondo quanto previsto dall'art. 7 D.lgs 626/1994 ( ora art. 26 D.lgs 81/08 ), occorre avere riguardo inoltre, non alla qualificazione civilistica attribuita al rapporto tra le imprese che cooperano tra loro -contratto di appalto, d'opera o di somministrazione-, ma all'effetto che da tale rapporto origina, vale a dire alla concreta interferenza e coesistenza - nella specie operazioni di scarico e carico della carne- di più organizzazioni, che genera la posizione di garanzia dei datori di lavoro ai quali fanno capo le distinte organizzazioni ( Sez. 4 n. 44792 del 17.06.2015 rv 264957-01).
Tale coinvolgimento, funzionale nella procedura di lavoro di diversi plessi organizzativi, non esclude poi la necessità di adottare le misure previste per i diversi rischi specifici, a meno che non risultino inefficaci o dannose ai fini della sicurezza dell'ambiente di lavoro (Sez. 4 n. 18200 del 7.01.2016 rv 266640-01).
Gli obblighi di cooperazione e coordinamento gravanti a norma dell'art. 26 D.lgs 81/08 sui datori di lavoro rappresentano la "cifra" della loro posizione di garanzia e sono rilevanti anche per delimitare l'ambito della loro responsabilità.
L'assolvimento di tali obblighi risponde all'esigenza antinfortunistica - avvertita come primaria anche dal legislatore europeo - di gestire preventivamente tale categoria di rischio.
La vigente tutela penale dell'integrità psicofisica dei lavoratori risente, infatti, della scelta di fondo del legislatore di attribuire rilievo dirimente al concetto di prevenzione dei rischi connessi all'attività lavorativa e di ritenere che la prevenzione si debba basare sulla programmazione globale del sistema di sicurezza aziendale, nonché su un modello collaborativo e informativo di gestione del rischio da attività lavorativa, dovendosi così ricomprendere nell'ambito delle omissioni penalmente rilevanti tutti quei comportamenti dai quali sia derivata una carente programmazione dei rischi.
La identificazione dell'area di rischio e dei soggetti deputati alla sua gestione serve ad arginare la potenziale espansività della causalità condizionalistica, consentendo di imputare il fatto solo a coloro che erano chiamati a gestire il rischio concretizzatosi.
Parimenti, in tema di aggravante speciale della violazione di norme antinfortunistiche va altresì ricordato che in materia di reati colposi derivanti da infortunio sul lavoro, per la configurabilità dell'aggravante speciale della violazione delle norme antinfortunistiche (rilevante per la procedibilità di ufficio in caso di lesioni gravi e gravissime e per il raddoppio della prescrizione ai sensi dell'art. 157 cod. pen) non occorre che sia integrata la violazione di norme specifiche dettate per prevenire infortuni sul lavoro, giacché per l'addebito di colpa specifica, è sufficiente che l'evento dannoso si sia verificato a causa della violazione del citato art. 2087, che fa carico all'imprenditore di adottare nell'esercizio dell'impresa tutte le misure che secondo la particolarità del lavoro, l'esperienza e la tecnica sono necessarie a tutelare l'integrità fisica e la personalità morale dei lavoratori(Sezione 4, del 4 luglio 2006,Civelli).
Infatti, il datore di lavoro e gli altri soggetti investiti della posizione di garanzia devono in proposito ispirare la loro condotta alle acquisizioni della migliore scienza ed esperienza, per fare in modo che il lavoratore sia posto nelle condizioni di operare con assoluta sicurezza. In sintesi, sussiste una posizione di garanzia a condizione che: un bene giuridico necessiti di protezione, poiché il titolare da solo non è in grado di proteggerlo; una fonte giuridica - anche negoziale - abbia la finalità di tutelarlo; tale obbligo gravi su una o più persone specificamente individuate sulla base di un'investitura formale o l'esercizio di fatto delle funzioni tipiche delle diverse figure di garante;
queste ultime siano dotate di poteri atti ad impedire la lesione del bene garantito, ovvero siano ad esse riservati mezzi idonei a sollecitare gli interventi necessari ad evitare che l'evento dannoso sia cagionato(Sez. 4, n. 9855 del 27/01/2015, Chiappa, Rv. 262440; Sez 4,n.2536 del23/10/2015, Rv. 265797;Sez.4, n.38991del 10/06/2010, Quaglierini, Rv. 248849).
Con la conseguenza che, in caso di lesioni e di omicidio colposi, perché possa ravvisarsi l'ipotesi del fatto commesso con violazione delle norme dirette a prevenire gli infortuni sul lavoro, è necessario e sufficiente che sussista tra siffatta violazione e l'evento dannoso un legame causale, il quale ricorre tutte le volte che il fatto sia ricollegabile alla inosservanza delle norme stesse secondo i principi dettati dagli artt. 40 e 41 cod.pen.

2. Va premesso, per quanto attiene alle doglianze avanzate dal L.G., che possono essere esaminate congiuntamente, che sono inammissibili in quanto già peraltro esposte nei motivi di appello, vagliate dalla sentenza impugnata in uno con la sentenza di primo grado che affronta motivatamente ed esaurientemente tutti punti attinti dal ricorso, mentre le censure sostanzialmente attengono al fatto.
In specie, il ricorrente critica in definitiva la vicenda per come ricostruita dai giudici, ritenendola frutto di una erronea interpretazione delle prove, cercando di offrire una rilettura anche di diversa qualificazione giuridica del rapporto sussistente tra il macello cooperativa agricola Unipeg e la Futurlog, secondo considerazioni che appaiono riconducibili non tanto ad una consentita censura di travisamento della prova, quanto ad un presunto travisamento dei fatti, vizio pacificamente non sindacabile in sede di legittimità, stante la preclusione per la Corte di cassazione di sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi di merito (Sez. 3, n. 18521 del 11/01/2018, Ferri, Rv. 273217'.0l; Sez. 6, n. 47204 del 07/10/2015, Musso, Rv. 26548201; Sez. 6, n. 25255 del 14/02/2012 Minervini, Rv. 25309901).
2.1 Inoltre, nel caso che occupa, ci si trova di fronte ad una c.d. "doppia conforme" di condanna, per cui le motivazioni della pronuncia di primo grado e di quella di appello, fondendosi, si integrano a vicenda, confluendo in un risultato organico ed inscindibile al quale occorre in ogni caso fare riferimento per giudicare della congruità della motivazione. Ciò tanto più ove, come nel caso di specie, i giudici dell'appello abbiano esaminato le censure con criteri omogenei a quelli usati dal giudice di primo grado e con frequenti riferimenti alle -determinazioni ivi prese ed ai passaggi logico-giuridici della decisione, di guisa che le motivazioni delle sentenze dei due gradi di merito costituiscano una sola entità (Sez. 3, n. 44418 del 16/07/2013, Argentieri, Rv.25759501; Sez. 3, n. 13926 del 01/12/2011 dep. 2012, Valerio, Rv.25261501; Sez. 2, n. 5606 del 10/01/2007, Conversa e altro, Rv. 23618101).I primi sei motivi di ricorso, che possono essere trattati congiuntamente, sono manifestamente infondati.

2.2. Con particolare riferimento alla ricostruzione della vicenda vanno, peraltro, ribaditi come argomentato dalla Corte di appello a fai 3 e ss della sentenza impugnata, sulla base del materiale probatorio ( fonti dichiarative testimoniali e documentali) che:
nel novembre 2013 il macello cooperativa agricola Unipeg aveva dato in appalto alla Futurlog, di cui era legale rappresentante l'imputato, per la movimentazione e lavori di carico e scarico di carni bovine suine e delle relative mezzene;
- in sede di sopralluogo congiunto venne elaborato un documento di valutazione dei rischi dell'appaltatrice Futurlog in cui fu considerato proprio il rischio di caduta dal piano del veicolo sul quale veniva effettuati il caricamento delle mezzene, la cui altezza era di circa 1 metro e mezzo, ma le uniche misure di sicurezza previste erano la informativa al lavoratore del rischi e l'invito, sostanzialmente impraticabile, fai 6, a tenersi lontano dal bordo e ciò senza considerare le concrete condizioni e modalità lavorative, in particolare la necessità per il lavoratore, durante le fasi finali del caricamento del cassone, di trovarsi ad operare in uno spazio angusto in prossimità del bordo del cassone, con il rischio concreto di caduta stante la presenza di una fessura tra il bordo dell'autocarro e la paratia metallica frapposta ad esso che rendeva prevedibile ed evitabile il rischio specifico.
Era pertanto concretamene prevedibile che si potesse verificare un incidente, come poi si è verificato, anche a causa del mancato coordinamento tra l'attività della committente Unipeg, l'autotrasportatore e i facchini della Futurelog, proprio a causa della mancata messa a punto di una procedura di carico e scarico della carne sicura ed adeguata all'ambiente di lavoro.

2.3. Va ribadito che la interruzione del nesso di condizionamento, a causa del comportamento imprudente dei lavoratori, secondo i principi giuridici enucleati dalla dottrina e dalla giurisprudenza (Sez. U, n. 38343 del 24/04/2014, Espenhahn e altri, Rv.261106, in motivazione; Sez. 4, n. 33329 del 05/05/2015, Rv.264365; Sez. 4, n. 49821 del 23/11/2012, Rv. 25409), deriva dalla condotta del lavoratore che si collochi in qualche guisa al di fuori dell'area di rischio definita dalla lavorazione in corso. Tale comportamento è «interruttivo» non perché «eccezionale» ma perché eccentrico rispetto al rischio lavorativo che il garante è chiamato a governare (Sez.4 n.15124 del 13.12.2016,Rv.269603).
In tema di rapporto di causalità, ai sensi dell'art.41, terzo comma, cod.pen., il nesso di causalità non resta escluso inoltre dal fatto altrui, cioè quando l'evento è dovuto anche all'imprudenza di un terzo o dello stesso offeso, poiché il fatto umano, involontario o volontario, realizza anch'esso un fattore causale, al pari degli altri fattori accidentali o naturali (Sez. 4, n. 31679 del 08/06/2010, Rv. 248113), a meno che tale comportamento non sia qualificabile come concausa qualificata, capace di assumere di per sé rilievo dirimente nella spiegazione del processo causale e nella determinazione dell'evento.
La Corte territoriale, correttamente così come il primo Giudice, ha escluso che possa discutersi di responsabilità (o anche solo di corresponsabilità) del lavoratore per l'infortunio quando, come nel caso di specie, il sistema della sicurezza approntato presenti gravi criticità (Sez.4, n.22044 del 2.05.2012,n.m; Sez.4, n.16888, del 7/02/2012, Rv.252373). Le disposizioni antinfortunistiche perseguono, infatti, il fine di tutelare il lavoratore anche dagli infortuni derivanti da sua colpa, onde l'area di rischio da gestire include il rispetto della normativa prevenzionale che si impone ai lavoratori, dovendo il datore di lavoro dominare ed evitare l'instaurarsi, da parte degli stessi destinatari delle direttive di sicurezza, di prassi di lavoro non corrette e per tale ragione foriere di pericoli (Sez.4, n.4114 del 13/01/2011, n.m.; Sez.F, n. 32357 del 12/08/2010, Rv. 2479962).
La Corte d'Appello ha sottolineato come fosse del tutto prevedibile il verificarsi dell'evento infortunio in assenza di qualsivoglia presidio e procedura di sicurezza e di una procedura operativa coordinata che tenga conto del fatto che il lavoratore per agganciare le mezzene alla guidovia doveva necessariamente operare con le braccia in alto, rivolto verso l'interno del cassone, con le spalle al vuoto e quindi senza poter controllare l'appoggio dei piedi; nel caso di specie il non perfetto allineamento tra il camion e la paratia creava una pericolosa intercapedine con rischio caduta.
2.4. Vale la pena rammentare che in tema di prevenzione infortuni, se il datore di lavoro è una persona giuridica, destinatario delle norme è il legale rappresentante dell'ente imprenditore, quale persona fisica attraverso la quale il soggetto collettivo agisce nel campo delle relazioni intersoggettive, così che la sua responsabilità penale, in assenza di valida delega, è indipendente dallo svolgimento o meno di mansioni tecniche, attesa la sua qualità di preposto alla gestione societaria, Sez. 3, n. 28358 del 04/07/2006 Ud. (dep.08/08/2006 ) Rv. 234949-01 (Nell'occasione la Corte ha ulteriormente affermato che il legale rappresentante non può esimersi da responsabilità adducendo una propria incapacità tecnica, in quanto tale condizione lo obbliga al conferimento a terzi dei compiti in materia antinfortunistica).
In materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro, destinatario delle normativa antinfortunistica in una impresa strutturata come persona giuridica, quale è nel caso di specie è il suo legale rappresentante, nella specie il L.G., persona fisica attraverso cui l'ente ha agito e agisce nel campo delle relazioni intersoggettive; ne consegue che la responsabilità penale del predetto, ad eccezione delle ipotesi di valida delega, deriva proprio dalla sua qualità di preposto alla gestione societaria ed è indipendente dallo svolgimento, o meno, di mansioni tecniche ( Cfr.Sez. 3, n. 17426 del 10/03/2016 Ud. (dep. 28/04/2016) Rv. 267026 - 01.
2.5. Logica e immune da vizi di rilievo in questa sede è la motivazione della sentenza impugnata anche in punto di trattamento sanzionatorio, in quanto il Giudice ha argomentato ala luce delle plurime precedenti condanne la insussistenza di elementi per il riconoscimento delle attenuanti generiche e la congruità della pena in considerazione della gravissime lesioni subite dalla persona offesa e in relazione al grado di colpa rilevante.
3. Alla dichiarazioni di inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3000,00 a favore della Cassa delle ammende oltre alla rifusione delle spese sostenute dalla costituita parte civile liquidate come in dispositivo.

 

P.Q.M.


Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila a favore della Cassa delle Ammende nonché alla rifusione delle spese sostenute dalla costituita parte civile K.P.che liquida in complessivi euro tremila oltre accessori come per legge.
Così deciso il 3.12.2021