Cassazione Penale, Sez. 4, 07 febbraio 2022, n. 4155 - Morte del lavoratore durante l'installazione di un ventilatore nella cella frigorifera. Lacuna nelle indagini


 

Presidente: CIAMPI FRANCESCO MARIA Relatore: FERRANTI DONATELLA
Data Udienza: 28/01/2022
 

 

Fatto



1. La Corte d'appello di Trento, con sentenza emessa in data 10.01.2020, ha confermato la pronuncia del Tribunale di Trento che aveva assolto con la formula il fatto non sussiste gli imputati O.M., G.F., L.C. e Z.F., rispettivamente il primo presidente del consiglio di amministrazione del Consorzio Melinda Cooperativa Agricola, il secondo direttore dello stabilimento, delegato in materia di applicazione delle norme di igiene e sicurezza sul lavoro con riferimento all'unità locale 6 del consorzio Melinda, il terzo presidente del consiglio di amministrazione della società L.frigo s.r.l. e datore di lavoro di A.B., il quarto responsabile del Servizio di prevenzione e protezione aziendale del Consorzio Melinda, con riferimento ai reato loro ascritto di cui agli artt. 110,589 comma 2 cod. pen., relativo all'infortunio sul lavoro occorso a A.B., dipendente della società L.frigo s.r.l., presso l'unità operativa situata in Cles del Consorzio Melinda, mentre svolgeva l'incarico di installare un ventilatore dentro la cella frigorifera 34. Fatto avvenuto in Cles il 3.10.2013.
2. Secondo la ricostruzione fornita dai giudici di merito nelle due sentenza conformi la tesi dell'accusa, secondo la quale il decesso era dovuto ad asfissia causata dalla presenza nella cella frigorifera n.34 di una sacca di azoto in quota immessa dalla valvola manopola di erogazione lasciata aperta accidentalmente il 29.09.2013, con conseguente abbassamento della quantità di ossigeno, non era stata suffragata dagli accertamenti probatori. In particolare veniva rilevata una grave lacuna nelle indagini in quanto nell'immediatezza dei fatti i Vigili del fuoco non avevano controllato se vi fosse azoto nella cella frigorifera; la valvola fu trovata chiusa, la cella frigorifera era aperta e quindi non era plausibile che si fosse creata una situazione letale per il lavoratore in quanto i Vigili del fuoco di Trento, nell'immediatezza dei fatti, avevano rilevato una percentuale di ossigeno del 17,5 a livello della finestrella e del 18,5 a livello di pavimento, valori che non potevano provocare un effetto letale, secondo anche quanto argomentato dal consulente medico legale.
Inoltre, è stato affermato che il successivo esperimento effettuato dai Vigili del fuoco, il 15 e 16 ottobre 2013, volto a riprodurre le condizioni dell'infortunio anche nei fenomeni di carattere fisico, fu realizzato in condizioni di funzionamento ed operatività dell'impianto produttivo ( fol 10) diverse da quelle in cui si era verificato l'incidente, ed era comunque da ritenersi inutilizzabile in quanto non erano state osservate le forme di cui all'art. 360 cod.proc. pen., trattandosi di luoghi soggetti a modificazioni.
3. Ha proposto ricorso per Cassazione il Procuratore Generale presso la Corte di appello di Trento formulando il seguenti motivo (in sintesi, giusta il disposto di cui all'art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen.):
I) Violazione di legge con riferimento alla inutilizzabilità /nullità dell'accertamento tecnico ripetibile esperito dal Corpo dei Vigili del fuoco ( art. 526 cod.proc.pen) il 15 e 16 ottobre 2013 e acquisito al dibattimento dopo la testimonianza del vigile del fuoco Borzaga. Si contesta che l'accertamento effettuato sia stato qualificato come esperimento giudiziale e non invece come accertamento tecnico ripetibile, in quanto i locali rimasero a lungo non modificati e nella disponibilità degli imputati, prova atipica il cui valore di prova legittimamente acquisita si ricava dall'art. 189 cod.proc.pen.
3.1. I difensori di fiducia degli imputati hanno presentato articolate memorie difensive con cui richiedono il rigetto del ricorso.



 

Diritto




1. Il motivo di ricorso risulta manifestamente infondato in quanto attraverso la dedotta violazione della legge processuale in realtà tende ad accreditare una diversa ricostruzione della dinamica dell'incidente sul lavoro il cui ambito valutativo incontra rigorosi limiti in sede di legittimità.
1.1. Per consolidata giurisprudenza di questa Corte, invero, la ricostruzione di un infortunio nella sua dinamica e nella sua eziologia è rimessa al giudice di merito ed integra una serie di apprezzamenti di fatto che sono sottratti al sindacato di legittimità se sorretti da adeguata motivazione (così, ex multis Sez. 4, n. 54996 del 24/10/2017, Rv. 271679).
Occorre aggiungere che in tema di sindacato del vizio di motivazione, il compito del giudice di legittimità non è quello di sovrapporre la propria valutazione a quella compiuta dai giudici di merito in ordine all'affidabilità delle fonti di prova, bensì quello di stabilire se questi ultimi abbiano esaminato tutti gli elementi a loro disposizione, se abbiano fornito una corretta interpretazione di essi, dando esaustiva e convincente risposta alle deduzioni delle parti e se abbiano esattamente applicato le regole della logica nello sviluppo delle argomentazioni che hanno giustificato la scelta di determinate conclusioni a preferenza di altre (Sez. U. n. 930 del 13 dicembre 1995, Clarke, Rv. 203428). Esula quindi dai poteri della Corte la rilettura della ricostruzione storica dei fatti posti a fondamento della decisione di merito, dovendo l'illogicità del discorso giustificativo, quale vizio di legittimità denunciabile mediante ricorso per cassazione, essere di macroscopica evidenza (cfr. Cass. S.U., 24 dicembre 1999, Spina; Cass. S.U., 30 aprile 1997, Dessimone; cfr. altresì Cass. S.U. 24 settembre 2003, n. 47829, Petrella, RV 226074).
Il ricorrente, d'altro canto, solo apparentemente svolge una critica alle argomentazioni logiche diversa prospettazione legittimità allorquando fornite dai giudici di merito, offrendo in realtà una dei fatti, la quale non può essere delibata in sede di la struttura razionale della sentenza impugnata, come nel caso in esame, abbia una sua chiara e puntuale coerenza argomentativa.
2. L'esame della struttura motivazionale e logica della sentenza d'appello rivela un'attenta analisi della regiudicanda poiché la Corte territoriale, dopo avere dettagliatamente ricostruito il fatto, sulla base degli elementi di prova indicati nella sentenza e preso in esame le deduzioni della pubblica accusa appellante, è giunta ad escludere responsabilità degli imputati percorrendo un iter in nessun modo censurabile sotto il profilo logico e fondato su apprezzamenti di fatto, non qualificabili in termini di contraddittorietà o di manifesta incoerenza. I Giudici di merito hanno evidenziato che i Vigili del fuoco, a distanza di alcuni giorni ( tredici giorni) dall'infortunio, hanno effettuato, senza le garanzie della difesa, un accertamento tecnico, divenuto peraltro irripetibile, a seguito della modifica delle condizioni di funzionamento dello stabilimento di Cles, e comunque inquadrabile in un'attività investigativa assimilabile ad un esperimento giudiziale e pertanto inutilizzabile.
2.1. Sull'argomento (differenza tra esperimento giudiziale e accertamento di P.G.) si richiama Sez. 4, sentenza n. 20066 del 11/05/2010 Rv. 247537 - 01, nella cui motivazione si legge:" L'art. 218 c.p.p. dà dell'esperimento giudiziale una definizione chiara: esso consiste nella ripetizione delle modalità di svolgimento di un fatto, riproducendo per quanto possibile la situazione concreta nella quale si ipotizza che esso sia avvenuto; e persegue la finalità di appurare se lo stesso fatto sia avvenuto o possa essere avvenuto nel modo che viene prospettato. Esso conseguentemente, costituisce un affinato strumenta euristico tipico della logica ipotetico-deduttiva fa/sificazionista. Si riproduce il fatto in una situazione per quanto possibile controllata e tipica, al fine di verificare se la catena causale, che si assume in ipotesi essersi estrinsecata nel caso oggetto del giudizio, possa essersi effettivamente concretizzata nelle condizioni date nel processo. Se si accerta che, in tali condizioni, il processo causale ha nuovamente luogo con le medesime· modalità, l'ipotesi causale è accreditata. Se, al contrario, il processo causale non si riproduce, l'ipotesi eziologia che riconduce l'evento ad un determinato fattore causale e ad una determinata generalizzazione esplicativa viene falsificata. In tale situazione può solitamente ritenersi che l'ipotesi di spiegazione degli accadimenti non sia pertinente al caso concreto. Si tratta, in breve, di uno strumento tipico della logica scientifica sperimentale che viene opportunamente utilizzato in ambito giudiziario. È di tutta evidenza che la logica sperimenta/e che caratterizza tale strumento d'indagine impone che il contesto in cui avviene la riproduzione degli accadimenti sia, per quanto possibile, rigidamente controllato; al fine di evitare che qualcuno dei numerosi fattori che solitamente interagiscono del complesso iter causale, intervenendo in modo incontrollato, perturbi in un modo o in un altro l'andamento dell'indagine, confondendone il significato. Si tratta, altrettanto brevemente, di assicurare che sia rispettata la clausola ceteris paribus, che costituisce il presupposto implicito di qualunque indagine esplicativa focalizzata su uno specifico fattore causale. Tale clausola viene 'gestita' in ambito scientifico con consapevole affinata attenzione al contesto, ripetendo l'esperimento in modo rigidamente controllato, assicurando, ad esempio, che esso avvenga a temperatura controllata o in condizioni asettiche ecc.. Il codificatore, consapevole delle delicate implicazioni euristiche connesse al contesto d'indagine, ben note del resto all'epistemologia scientifica, disciplina l'esperimento giudiziario con una certa accuratezza, al fine di assicurare che esso avvenga in modo controllato e sia adeguatamente documentato.
Da tali considerazioni emergono chiaramente le essenziali coordinate che definiscono l'istituto probatorio di cui si discute. Da un lato lo scopo: la verifica concreta, sperimentalmente, di un'ipotesi esplicativa sullo sviluppo di un accadimento.
A tale ordine di idee, del resto, questa Corte (cass. 6A, 19 gennaio 1996, Rv. 204149) si è già implicitamente attenuta quando ha affermato che un accertamento che non sia volto a stabilire lo svolgimento di un fatto mediante la sua riproduzione fenomenica, ne' diretto a richiedere il parere di un esperto (sul come e sul perché un fatto sia accaduto secondo la cògnizione tecnica di scienze ed arti), ma tenda semplicemente ad ottenere la descrizione oggettiva e statica di una determinata cosa non costituisce esperimento giudiziale ne' perizia ne' accertamento tecnico non ripetibile, comportante la necessità dell'intervento della difesa, ma un accertamento sulle cose e sui luoghi, cioè un'osservazione immediata e diretta che può essere compiuta anche dalla P.G." ( cfr. nello stesso senso Sez. 4 n.18338 del 29.01.2019 rv 275759).
2.2. Ebbene, sulla base di tali condivisibili premesse, deve ritenersi che l'attività compiuta dai Vigili del fuoco nel caso in esame, presentava caratteri tipici dell'esperimento giudiziario in quanto si è sostanziata in un accertamento di P.G., volto a verificare la causa della morte dell'infortunato che secondo la prospettiva accusatoria era riconducibile alla carenza di ossigeno nella cella frigorifera e in particolare alla presenza di una sacca di azoto, all'altezza di 9 metri, derivante dall'accidentale apertura della valvola di erogazione dell'azoto nella cella 34 che aveva causato l'asfissia del lavoratore ( fol 46 sentenza di primo grado e foll. 11 e 12 sentenza impugnata).
Va, inoltre considerato che, fermo restando che al giudice di legittimità è preclusa - in sede di controllo sulla motivazione - la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della, decisione o l'autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, la motivazione della decisione impugnata si sottrae alla censura che le è stata mossa perché il giudice di appello - con motivazione esente da vizi logici e da interne contraddizioni - così come il primo giudice, ha rappresentato le ragioni che l'hanno indotto a escludere in ogni caso l'efficacia probante dell'accertamento dei Vigili del fuoco in quanto lo stesso è stato effettuato in condizioni diverse di funzionamento e operatività dell'impianto produttivo rispetto a quelle reali del giorno dell'incidente, puntualmente riferite dal frigorista Alessandro Tavonatti ( fol 10 sentenza impugnata e fol 46 sentenza di primo grado). Inoltre i giudici di merito hanno evidenziato che i Vigili del fuoco non controllarono nell'immediatezza dell'incidente la concentrazione di ossigeno nell'aria all'altezza di 9 metri, altezza a cui lavorava B. al momento dell'infortunio ( fol 45 sentenza di primo grado ) e che il consulente tecnico del PM, medico legale, ha chiarito che i valori rilevati dai soccorritori all'altezza di due metri e mezzo più in basso del luogo in cui si trovava B. non sono incompatibili con la vita ( fol 14 sentenza impugnata). E' evidente, pertanto, che l'accertamento dei Vigili del fuoco, effettuato in un luogo soggetto a modificazione, a 13 giorni dall'infortunio senza le garanzie della difesa, non solo è stato dichiarato dalla Corte distrettuale inutilizzabile ma non poteva assumere nemmeno in astratto, nell'economia delta decisione impugnata, il rilievo determinante che il PM ricorrente pretende di attribuirgli; al contrario, la Corte di appello sulla scorta dell'analisi del complessivo quadro probatorio, sviscerato anche dal Giudice di primo grado, ha escluso che l'ipotesi ricostruttiva della Pubblica accusa avesse trovato riscontro stante l'assoluta mancanza di forza probante dell'esperimento effettuato dai Vigili del Fuoco su incarico del PM il 16 ottobre in relazione alla accertata differenza delle condizioni di funzionamento dell'impianto ( fol 48 sentenza di primo grado); la mancanza della prova certa della presenza di azoto nella cella 34 il giorno 3 ottobre e la mancanza della prova dell'apertura accidentale della valvola di immissione dell'azoto nella cella 34, valvola trovata chiusa al momento dell'intervento nell'immediatezza dei fatti.
3. Sulla base di queste considerazioni il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.


 

P.Q.M.
 



Dichiara inammissibile il ricorso.
Così deciso il 28.01.2022