Tribunale di Asti, ord. 5 gennaio 2022 - Superamento del periodo di comporto causa Covid-19: illegittimo il licenziamento, il datore di lavoro deve riassumerla
Presidente Antoci
Premesso che:
- la ricorrente, (omissis), si è rivolta al giudice del Lavoro di Asti denunciando la nullità e l'illegittimità del licenziamento comunicatole, per superamento del periodo di comporto, con lettera del 4.12.2020, e ha chiesto la condanna della società resistente, (omissis) SNC, alla reintegrazione e al risarcimento del danno nella misura pari a 12 mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto, alla luce del combinato disposto di cui ai commi quarto e settimo dell'art. 18 della l. 300/70;
- a sostegno delle proprie domande la ricorrente ha dedotto:
• di essere stata dipendente di (omissis) SNC a far data dal 13.9.2002, dapprima in qualità di apprendista commessa e in seguito, dal 12.9.2005, in qualità di commessa in forza di contratto a tempo indeterminato, con inquadramento nel livello D del CCNL Terziario;
• di aver prestato servizio, da ultimo, presso l'unità locale di Alba;
• di aver svolto la propria attività, insieme ad altre tre colleghe, presso detto punto vendita, che si trova all'interno di un capannone e condivide gli spazi con il punto vendita a marchio (omissis), ove lavorano tre/quattro lavoratrici;
• di aver saputo che nel mese di novembre 2020 una commessa del negozio (omissis), (omissis), era stata contagiata da Covid-19, per poi assentarsi da lavoro;
• di aver accusato uno stato di malessere, mal di testa e mal di gola e di essersi quindi recata dal proprio medico curante in data 20.11.2020, ottenendo certificato di malattia con prognosi fino al 24.11.2020, con diagnosi di “sindrome parainfluenzale”;
• di essere stata segnalata dal medico curante, in data 23.11.2020, al SISP della ASL di Asti quale possibile caso sospetto di infezione Covid-19;
• di essere quindi stata inserita nella c.d. “Piattaforma Covid-19” (prot. n. 1084159) con disposizione, a far data dall'inserimento (e cioè dal 23.11.2020), della “quarantena” con obbligo di dimora presso la propria abitazione fino al 7.12.2020;
• di aver ottenuto dal medico curante un nuovo certificato medico telematico in data 25.11.2020 con indicazione del codice “V07.0” e della diagnosi “Necessità isolamento, virosi sospetto Covid, in attesa tampone, ancora non pervenuto codice di riferimento dal SISP”, con data di prognosi fino al 7.12.2020 (ossia la data di prevista quarantena indicata in piattaforma dal SISP);
• di aver effettuato tampone molecolare in data 27.11.2020, con esito positivo ricevuto il 28.11.2020;
• di aver ricevuto il provvedimento di isolamento al domicilio in data 29.11.2020 e sino al 10.12.2020, disposto dal Dipartimento SISP dell'ASL di Asti;
• di aver cercato di avvisare telefonicamente il sig. Luciano (omissis) della propria positività al Covid-19, senza ottenere risposta; di avere, quindi, inviato una email in data 30.11.2020 del seguente tenore “Buonasera (omissis), volevo informarla che sono risultata positiva al covid. Le chiedo se posso usufruire dopo il 07/12 delle ferie residue. Grazie. In attesa di risposta porgo Distinti Saluti.”, senza ottenere risposta;
• di essersi sottoposta in data 7.12.2020 al tampone di controllo per verificare l'avvenuta guarigione e di avere ricevuto l'esito negativo in data 9.12.2020;
• di aver ricevuto in data 10.12.2020 comunicazione via email dal SISP dell'ASL di Asti di cessazione del periodo di isolamento in pari data;
• di aver richiesto con lettera del 30/11/2020, spedita il 3/12/2020, un periodo di aspettativa, non accolta per le ragioni indicate nella raccomandata datata 9/12/2020;
• di aver richiesto in data 10.12.2020, al termine del periodo di isolamento, al responsabile del negozio di (omissis) quando poter rientrare al lavoro;
• di aver ricevuto una telefonata in cui le è stato comunicato che il rapporto di lavoro era risolto per superamento del periodo di comporto, come da comunicazione già inoltrata con lettera raccomandata;
• di aver ricevuto per email in data 14.12.2020 copia della lettera di licenziamento, ricevuta per posta in data 20.12.2020, del seguente tenore: “Oggetto: Licenziamento per superamento del periodo di comporto, Art. 186 CCNL Terziario Distribuzione e Servizi. Le comunichiamo con la presente che il rapporto di lavoro in atto deve intendersi cessato, con effetto dalla data odierna, avendo Lei superato il periodo di conservazione del posto di lavoro per assenza dal lavoro per malattia. Infatti Ella risulta essere stata assente per malattia nei seguenti periodi: segue elenco dei periodi. La informiamo che le Sue spettanze saranno disponibili con la busta paga relativa al mese di cessazione del rapporto di lavoro mentre il TFR verrà corrisposto con la mensilità successiva. Cordiali saluti.”;
• di aver impugnato il licenziamento con raccomandata del 30.12.2020 e poi nuovamente con pec del 12.2.2020;
• di aver presentato all'INAIL in data 4.12.2020 la richiesta di riconoscimento di infortunio sul lavoro in relazione al proprio contagio, richiesta reiterata in data 23.4.2020;
- tanto premesso in fatto, la ricorrente ha dedotto il mancato superamento del periodo di comporto – indicato dall'art. 186 del CCNL Terziario in 180 giorni – posto che dai 183 giorni maturati nell'anno solare alla data del 4.12.2020 (indicati nella lettera di licenziamento) andrebbero dedotti i giorni dal 25.11.2020 al 4.12.2020 per due ordini di ragioni: in primo luogo, tale ultimo periodo di assenza andrebbe considerato come infortunio sul lavoro, avendo la ricorrente contratto il Covid-19 nel luogo di lavoro, con conseguente non computabilità dell'assenza ai fini del superamento del comporto, ai sensi dell'art. 188 del CCNL Terziario e delle previsioni di cui all'art. 42 del d.l. 18/2020; in secondo luogo, il predetto periodo andrebbe escluso dal computo ai fini del comporto in quanto qualificabile come “quarantena con sorveglianza attiva o in permanenza domiciliare fiduciaria con sorveglianza attiva” ex art. 26 comma 1 del d.l. 18/2020;
- si è costituita in giudizio la società resistente chiedendo il rigetto del ricorso e deducendo la legittimità del licenziamento impugnato, essendosi la ricorrente assentata per 183 giorni alla data del 4.12.2020 e avendo così superato il periodo di conservazione del posto di lavoro, indicato dal CCNL in 180 giorni nell'anno solare; ha dedotto, innanzitutto, la resistente di aver saputo del contagio della ricorrente da Covid-19 solo con il ricorso introduttivo del giudizio, non avendo ricevuto l'email del 30.11.2020 prodotta da parte ricorrente sub doc. 14; ha contestato inoltre la resistente che il contagio della ricorrente sia avvenuto sul posto di lavoro, atteso il rispetto delle misure di prevenzione (distanza e uso delle mascherine) nonché la conformazione dei locali e la loro aerazione continua, precisando inoltre che la sig.ra Mortara non era rimasta assente dal lavoro perché affetta da Covid-19 bensì solo per quarantena cautelativa; infine, la resistente ha contestato l'applicabilità dell'art. 26 del d.l. 18/2020 alla fattispecie in esame, dal momento che detta disposizione farebbe esclusivo riferimento – escludendone la computabilità ai fini del comporto – alla quarantena “per gli individui che hanno avuto contatti stretti con casi confermati” e alla permanenza domiciliare per gli individui “che hanno fatto ingresso in Italia da zone a rischio epidemiologico”, ai sensi dell'art. 1, comma 2, lett. h) e i) del d.l. 6/2020, e non anche alla fattispecie di assenza dal posto di lavoro per malattia da Covid-19;
- acquisita la documentazione attestante lo stato di occupazione della ricorrente in epoca successiva al licenziamento, le parti hanno insistito nelle conclusioni rassegnate;
Ritenuto che:
E' pacifico e documentalmente provato che la ricorrente sia stata:
- in malattia dal 20 al 24 novembre 2020 per “sindrome parainfluenzale” (certificato medico sub doc. 20 fascicolo ricorrente);
- in quarantena dal 23.11.2020 e con assegnazione iniziale di fine quarantena al 7.12.2020 (screenshot piattaforma SISP sub doc. 8, certificato medico sub doc. 10 fascicolo ricorrente); per il periodo dal 25.11.2020 al 7.12.2020 il medico curante ha redatto un ulteriore certificato di malattia telematico in continuazione per il periodo 25.11.2020-7.12.2020 con diagnosi “Necessità isolamento, virosi sospetto Covid, in attesa di tampone, ancora non pervenuto codice di riferimento dal sisp”;
- in isolamento domiciliare dal 28.11.2020 al 10.12.2020 (screenshot piattaforma SISP sub doc. 8, comunicazione della disposizione SISP sub doc. 12, comunicazione SISP di fine isolamento sub doc. 13 fascicolo ricorrente).
La tesi di parte ricorrente, secondo cui le giornate dal 25.11.2020 al 4.12.2020 (ultimo giorno di assenza considerato dal datore di lavoro nella lettera di licenziamento) debbano essere escluse dal computo ai fini del superamento del comporto, è fondata per le ragioni che seguono.
L'art. 26, comma 1, d.l. 18/2020 nella versione ratione temporis vigente (dal 14/10/2020 al 31/12/2020) prevedeva che: “1.Il periodo trascorso in quarantena con sorveglianza attiva o in permanenza domiciliare fiduciaria con sorveglianza attiva di cui all'articolo 1, comma 2, lettere h) e i) del decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6, convertito, con modificazioni, dalla legge 5 marzo 2020, n. 13, e di cui all'articolo 1, comma 2, lettere d) ed e), del decreto-legge 25 marzo 2020, n. 19, dai lavoratori dipendenti del settore privato, è equiparato a malattia ai fini del trattamento economico previsto dalla normativa di riferimento e non è computabile ai fini del periodo di comporto”, e il successivo comma 3 prevedeva che “3. Per i periodi di cui al comma 1, il medico curante redige il certificato di malattia con gli estremi del provvedimento che ha dato origine alla quarantena con sorveglianza attiva o alla permanenza domiciliare fiduciaria con sorveglianza attiva di cui all'articolo 1, comma 2, lettere h) e i) del decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6, convertito, con modificazioni, dalla legge 5 marzo 2020, n. 13, e di cui all'articolo 1, comma 2, lettere d) ed e), del decreto-legge 25 marzo 2020, n. 19”.
La norma menzionata fa espresso riferimento ad una serie di misure di contenimento della diffusione del virus COVID-19 previste via via nel tempo dal legislatore, e adottabili dalle autorità competenti, dapprima con riferimento a specifiche aree del Paese (ossia “nei comuni o nelle aree nei quali risulta positiva almeno una persona per la quale non si conosce la fonte di trasmissione o comunque nei quali vi è un caso non riconducibile ad una persona proveniente da un'area già interessata dal contagio del menzionato virus”, come recita l'art. 1 comma 1, d.l. 6/2020 del 23.2.2020) e poi per l'intero territorio nazionale (“su specifiche parti del territorio nazionale ovvero, occorrendo, sulla totalità di esso”, come recita l'art. 1 comma 1, d.l. 19/2020 del 25.3.2020), e precisamente:
- “quarantena con sorveglianza attiva agli individui che hanno avuto contatti stretti con casi confermati di malattia infettiva diffusiva” (lett. h) dell'art. 1, comma 2, del d.l. 6/2020 del 23.2.2020);
- “permanenza domiciliare fiduciaria con sorveglianza attiva” disposta dall'autorità sanitaria per “gli individui che hanno fatto ingresso in Italia da zone a rischio epidemiologico, come identificate dall'Organizzazione mondiale della sanità” (lett. i) dell'art. 1, comma 2, del d.l. 6/2020 del 23.2.2020);
- “quarantena precauzionale ai soggetti che hanno avuto contatti stretti con casi confermati di malattia infettiva diffusiva o che entrano nel territorio nazionale da aree [,] ubicate al di fuori del territorio italiano” (lett. d) dell'art. 1, comma 2, del d.l. 19/2020 del 25.3.2020);
- “divieto assoluto di allontanarsi dalla propria abitazione o dimora per le persone sottoposte alla misura della quarantena, applicata dal sindaco quale autorità sanitaria locale, perché risultate positive al virus” (lett. e) dell'art. 1, comma 2, del d.l. 19/2020 del 25.3.2020).
Il legislatore, con la previsione di cui all'art. 26 comma 1 d.l. 18/2020, ha inteso tutelare quei lavoratori che sono costretti a rimanere assenti dal lavoro in quanto attinti dalle misure di quarantena e di isolamento fiduciario prevedendo, da un lato, l'equiparazione di detta assenza alla malattia e, dall'altro, escludendone la computabilità ai fini del periodo di comporto.
Il riferimento alle misure di quarantena e isolamento fiduciario – effettuato attraverso il richiamo a specifiche disposizioni di legge, talune delle quali poi abrogate (l'art. 5 del d.l. 19/2020 ha infatti integralmente abrogato l'art. 1 del d.l. 6/2020) e in ogni caso ripetutamente modificate alla luce dell'evoluzione della situazione epidemiologica – deve intendersi comprensivo di tutte le misure che sono state nel tempo normativamente previste per arginare la diffusione del virus, e quindi sia quelle legate al mero contatto con casi confermati di malattia o di rientro da zone a rischio epidemiologico sia quelle connesse alla positività al virus Covid-19.
Del resto, la ratio della norma è quella di non far ricadere sul lavoratore le conseguenze dell'assenza dal lavoro che sia riconducibile causalmente alle misure di prevenzione e di contenimento previste dal legislatore e assunte con provvedimento dalle autorità al fine di limitare la diffusione del virus Covid-19, in tutte le ipotesi di possibile o acclarato contagio dal virus e a prescindere dallo stato di malattia, che – come ormai noto – può coesistere o meno con il contagio (caso dei positivi asintomatici). Invero, anche in caso di contagio con malattia, ciò che contraddistingue la malattia da Covid-19 dalle altre malattie è l'impossibilità, imposta autoritativamente, per il lavoratore di rendere la prestazione lavorativa e per il datore di lavoro di riceverla per i tempi normativamente e amministrativamente previsti, tempi che – ancora una volta – prescindono dall'evoluzione della malattia ma dipendono dalla mera positività o meno al virus.
Ed allora, venendo al caso di specie, deve essere escluso dal computo del periodo di comporto tutto il periodo successivo al 25.11.2020, ossia l'intero periodo non più coperto dal primo certificato di malattia (per sindrome parainfluenzale) e coperto invece dapprima dal provvedimento di quarantena (dal 23.11.2020) e poi dal provvedimento di isolamento (dal 28.11.2020), e quindi l'intero periodo 25.11.2020/4.12.2020, pari a 10 giorni, con conseguente mancato superamento del comporto.
Con riferimento a tale periodo, infatti, è documentalmente provato che l'assenza della ricorrente sia stata originata dai provvedimenti di quarantena e di isolamento e anche lo stato morboso – che secondo parte resistente varrebbe ad escludere l'applicabilità dell'art. 26, comma 1, del d.l. 18/2020, trattandosi di “vera e propria malattia” – non è affatto provato, dal momento che il secondo certificato redatto dal medico curante (del 25.11.2020, doc. 21 fascicolo ricorrente) non reca la diagnosi del primo certificato (del 20.11.2020, doc. 20 fascicolo ricorrente) ma evidenzia la “necessità di isolamento, virosi sospetto Covid, in attesa tampone, ancora non pervenuto codice di riferimento dal SISP” e indica come data di prognosi il “7.12.2020” ossia esattamente la data prevista di “fine quarantena” (come risulta dallo screenshot piattaforma SISP sub doc. 8 fascicolo ricorrente). Può quindi dedursi che si tratti proprio del certificato redatto dal medico curante e previsto dal comma 3 dell'art. 26 del d.l. 18/2020, come confermato anche dal fatto che il medico curante ha precisato di non essere ancora in possesso del codice di riferimento dal Sisp e quindi degli estremi del provvedimento che aveva disposto la quarantena.
Infine, merita di essere precisato che anche volendo accedere ad una interpretazione più restrittiva delle norme sopra menzionate, e pertanto escludendo dall'ambito di applicazione dell'art. 26, comma 1, del d.l. 18/2020, il periodo trascorso dalla ricorrente in isolamento in quanto disposto dall'autorità sanitaria (SISP) e non dal Sindaco (come previsto nella ipotesi di cui alla lett. e) dell'art. 1, comma 2, del d.l. 19/2020), non può in ogni caso escludersi dall'operatività della previsione dell'art. 26 citato il periodo trascorso dal 25.11.2020 al 28.11.2020 poiché pacificamente in “quarantena”, con la conseguenza che anche il tale ipotesi non si verificherebbe in ogni caso il superamento dei 180 giorni previsti dall'art. 186 del CCNL Terziario (dovendosi sottrarre ai 183 giorni considerati dal datore di lavoro 4 giorni, o – non considerando il giorno 28 – 3 giorni, così portando il numero dei giorni complessivi di assenza a 179 o 180, e quindi entro il limite di conservazione del posto.
Deve ritenersi, inoltre, provata la comunicazione da parte della lavoratrice della propria condizione di positività al Covid-19, alla luce dell'invio dell'email in data 30.11.2020, prodotta dalla ricorrente sub doc. 14 e genericamente disconosciuta da parte resistente (Cass. civ., sez. 5, n. 16557 del 20/06/2019; Cass. Civ. sez. L, n. 3122 del 17/2/2015).
Alla luce delle superiori argomentazioni deve, quindi, essere accolta la domanda di parte ricorrente, restando assorbiti gli ulteriori profili di doglianza.
Ai sensi del combinato disposto di cui ai commi settimo e quarto dell'art. 18 l. 300/70 il licenziamento impugnato va annullato, con condanna del datore di lavoro alla reintegrazione nel posto di lavoro e al pagamento di un'indennità risarcitoria commisurata all'ultima retribuzione globale di fatto dal giorno del licenziamento sino a quello dell'effettiva reintegrazione, (in ogni caso non superiore a dodici mensilità della retribuzione globale di fatto) e al versamento dei contributi previdenziali e assistenziali dal giorno del licenziamento fino a quello della effettiva reintegrazione.
Quanto all'ultima retribuzione globale di fatto, parte ricorrente ha aderito alla quantificazione indicata nella memoria difensiva da parte resistente, pari ad € 1.079,87 lordi.
Nulla va dedotto a titolo di aliunde perceptum essendovi la prova della mancata occupazione della ricorrente in epoca successiva al licenziamento (cfr. estratto Centro per l'Impiego depositato dalla ricorrente).
La assoluta novità delle questioni trattate e la mancanza di precedenti giustifica la compensazione delle spese di lite.
P.Q.M.
- annulla il licenziamento e condanna (omissis) SNC alla reintegrazione di (omissis) nel posto di lavoro con le mansioni in precedenza svolte, nonché al pagamento di un'indennità risarcitoria commisurata all'ultima retribuzione globale di fatto dal giorno del licenziamento sino a quello dell'effettiva reintegrazione, al tallone lordo mensile di € 1.079,87 e in ogni caso non superiore a dodici mensilità della retribuzione globale di fatto, oltre interessi e rivalutazione come per legge e oltre al versamento dei contributi assistenziali e previdenziali;
- spese di lite compensate.