Tribunale di Bergamo, Sez. Lav., 08 febbraio 2022, n. 549 - Sospensione dal lavoro a causa del rifiuto di sottoporsi al tampone antigenico nell'ambito di una campagna di screening anti Covid-19. Adempimento del dovere imposto dall'art. 2087 c.c.


 

Nota a cura di Sonnati Silvio, in Responsabilità civile e previdenza, 5/2022, pp. 1614-1631 "La legittimità della richiesta del datore di lavoro del tampone o del green pass in assenza di un obbligo di legge: due decisioni a confronto" Trib. Firenze 4.3.22, n. 155 e Trib. Bergamo, 8.2.22, n. 549

 

 

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Tribunale di Bergamo
Il Giudice unico del Tribunale di Bergamo, in funzione di giudice del lavoro, dott. Raffaele Lapenta, all'udienza del 21.10.2021, che si è svolta con le modalità della trattazione da remoto ex art. 221, co. 6-7 d.l. n. 34/2020 conv. in L. n. 77/2020, ha pronunciato, mediante lettura del dispositivo (termine di giorni 60 per il deposito delle motivazioni), la seguente
 

SENTENZA


nella causa iscritta al n. R.G. 577/2021
TRA
DE Mo. Gi. Lu., rappresentato e difeso come in atti dall'avv. Antonio Carbonelli
ricorrente
E
SANPELLEGRINO s.p.a., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa come in atti dagli avv.ti Carlo Fossati, Eleonora Garavatti e Luca Montesarchio convenuto
 

CONCLUSIONI: come in atti e verbali di causa




Fatto


Con ricorso ex art. 414 c.p.c e contestuale istanza cautelare depositati in data 16.04.2021, De Mo. Gi., macchinista alle dipendenze di Sanpellegrino s.p.a. presso lo stabilimento Levissima di Valdisotto, agiva in giudizio, innanzi all'intestato Tribunale, in funzione di giudice del lavoro, nei confronti della società datrice di lavoro, chiedendo l'accertamento della illegittimità della sospensione dal lavoro e dalla retribuzione con condanna della società a reintegrarlo nelle mansioni abitualmente espletate e al pagamento delle retribuzioni non percepite per l'illegittima sospensione, oltre interessi e rivalutazione monetaria.

L'istante, in particolare, lamentava l'illegittimità della decisione aziendale di collocarlo in permesso non retribuito per 14 giorni a partire dal 12.04.2021, stante il suo rifiuto di sottoporsi al tampone antigenico rapido nell'ambito di una campagna di screening anti Covid-19 di tutto il personale addetto allo stabilimento di Valdisotto; insisteva per l'adozione di un provvedimento inaudita altera parte, rassegnando le conclusioni sopra riportate.

Il Tribunale respingeva la richiesta di adozione di un provvedimento inaudita altera parte 'stante l'assenza del periculum in mora che non può essere rappresentato dalla sospensione per soli 14 giorni della prestazione lavorativa e della retribuzione, nocumento che sarebbe comunque ristorabile ove fosse accertata l'illegittimità della sospensione, rilevato che non vi è evidenza in atti di un pericolo di sospensione sine die della prestazione lavorativa e della retribuzione', fissando quindi udienza di discussione del giudizio cautelare nel rispetto del contraddittorio delle parti.

Con memoria depositata in data 03.05.2021, si costituiva in giudizio Sanpellegrino s.p.a., contestando le avverse deduzioni e argomentazioni, stante l'infondatezza delle pretese e sostenendo l'assenza sia del fumus boni iuris che del periculum in mora. La società dava atto anche del rifiuto successivo del ricorrente a rendere la 'dichiarazione per accesso personale interno' (ovvero un'attestazione di non trovarsi in situazioni di rischio - v. doc. 7 fasc. convenuta) al termine del periodo di 14 giorni di collocazione in permesso non retribuito, così impedendo il rientro in servizio, per fatto imputabile al lavoratore.

Sanpellegrino s.p.a. sosteneva, poi, di aver adottato e posto in essere tutte quelle misure (anche strategie di testing/screening) come richieste dalla normativa emergenziale anti-Covid-19 nei luoghi di lavoro, al fine di garantire l'incolumità dei dipendenti per tutto il periodo pandemico.

Il Giudice definiva il procedimento cautelare, in data 25.05.2021, con ordinanza di rigetto per insussistenza del periculum in mora.

La causa di merito veniva decisa, senza necessità di approfondimenti istruttori, mediante deposito del dispositivo e previsione di giorni 60 per il deposito della parte motiva.

Il ricorso non può trovare accoglimento per le ragioni di seguito indicate.

 

Diritto


 


Con comunicazione del 01.04.2021, Sanpellegrino s.p.a. stabiliva che 'nelle giornate del 08-09-12 aprile 2021 verrà organizzato uno screening con tamponi rapidi a favore di tutti i dipendenti. La partecipazione allo screening è fortemente raccomandata, al fine di garantire una indagine sul nostro ambiente di lavoro e garantire a tutti la massima sicurezza', precisando che 'La non partecipazione alla campagna di screening a tutela della propria salute e quella dei colleghi, dato l'attuale contesto epidemiologico, comporterà l'oggettiva irricevibilità della prestazione lavorativa per un periodo di 14 giorni di calendario collocando la persone in permesso non retribuito' (doc. 4 fasc. ricorrente).

Il ricorrente non aderiva alla campagna, pertanto, in data 12.04.2021, la società convenuta gli comunicava che 'Nel prendere atto della Sua decisione di non sottoporsi al tempone antigenico rapido naso-faringeo disposto dall'Azienda nell'ambito della campagna di screening rivolta a prevenire la diffusione del contagio da Covid-19 nel luogo di lavoro, Le comunichiamo che - dato l'attuale contesto epidemiologico - la Sua decisione determina, a tutela della salute di tutti i colleghi, l'oggettiva irricevibilità della Sua prestazione lavorativa. Pertanto, Ella viene posta in permesso non retribuito per un periodo di 14 giorni di calendario, a partire da oggi' (doc. 5 fasc. ricorrente).

Il lavoratore De Mo., con la presente azione, ha contestato la legittimità della disposizione aziendale appena riportata, rilevando che: l'art. 5 L. n. 300/1970 fa espresso divieto di 'accertamenti da parte del datore di lavoro sulla idoneità e sulla infermità per malattia e infortunio del lavoratore dipendente'; che il 'Protocollo condiviso di regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus Covid-19 negli ambienti di lavoro', sottoscritto in data 24.04.2020 dalle organizzazioni padronali e sindacali, non prevede l'obbligo di tampone; che il d.l. n. 44/2021 prevede l'obbligo di vaccinazione solo per determinate categorie del settore sanitario e farmaceutico; che il 'Protocollo nazionale per la realizzazione dei piani aziendali finalizzati all'attivazione di punti straordinari di vaccinazione anti SARS-CoV-2/Covid-19 nei luoghi di lavoro' sottoscritto dalle organizzazioni padronali e sindacali in data 06.04.2021, prevede l'adesione volontaria a procedure di somministrazione del vaccino;

che l'ATS competente per territorio, in relazione alle procedure di screening aziendali con tamponi antigenici rapidi, ha previsto che 'l'adesione da parte del lavoratore all'offerta del datore di lavoro è comunque volontaria'.

Le eccezioni e deduzioni del ricorrente sono infondate considerato che l'art. 2087 c. c., che sancisce i principi generali in materia di obblighi del datore di lavoro in materia di sicurezza, impone all'imprenditore di adottare 'le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l'esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l'integrità fisica (...) dei prestatori di lavoro'.

Inoltre, il Testo unico per la sicurezza sul lavoro (d.lgs. n. 81/2008), all'art. 15, impone espressamente all'imprenditore 'l'eliminazione', o comunque la 'riduzione al minino' dei rischi 'in relazione alle conoscenze acquisite in base al progresso tecnico', la limitazione al minimo del numero dei lavoratori potenzialmente esposti al rischio, 'la priorità delle misure di protezione collettiva rispetto alle misure di protezione individuale', il 'controllo sanitario dei lavoratori', la 'programmazione delle misure ritenute opportune per garantire il miglioramento nel tempo dei livelli di sicurezza, anche attraverso l'adozione di codici di condotta e di buone prassi', l'esigere 'l'osservanza da parte dei singoli lavoratori delle norme vigenti, nonché delle disposizioni aziendali in materia di sicurezza e igiene del lavoro'.

Al tempo stesso, il lavoratore, ai sensi dell'art. 20 d.lgs. n. 81/2008, 'deve prendersi cura della propria salute e sicurezza e di quella delle altre persone presenti sul luogo di lavoro, su cui ricadono gli effetti delle sue azioni o omissioni, conformemente alla sua formazione, alle istruzioni e ai mezzi forniti dal datore di lavoro', dovendo in particolare: 'a) contribuire, insieme al datore di lavoro, ai dirigenti e ai preposti, all'adempimento degli obblighi previsti a tutela della salute e sicurezza sui luoghi di lavoro; b) osservare le disposizioni e le istruzioni impartite dal datore di lavoro, dai dirigenti e dai preposti, ai fini della protezione collettiva ed individuale; (...) e) segnalare immediatamente al datore di lavoro, al dirigente o al preposto (...) qualsiasi eventuale condizione di pericolo di cui vengano a conoscenza (...); i) sottoporsi ai controlli sanitari previsti dal presente decreto legislativo o comunque disposti dal medico competente'.

Ancora: ai sensi dell'art. 272 d.lgs. n. 81/2008, il datore di lavoro è tenuto ad attuare 'misure tecniche, organizzative e procedurali, per evitare ogni esposizione degli stessi i lavoratori ad agenti biologici', e in particolare ad adottare 'misure collettive di protezione ovvero misure di protezione individuali qualora non sia possibile evitare altrimenti l'esposizione'.

Con specifico riferimento alla normativa emergenziale, l'art. 29-bis del d.l. n. 23/2020, conv. in L. n. 40/2020 recita 'ai fini della tutela contro il rischio di contagio da COVID-19, i datori di lavoro pubblici e privati adempiono all'obbligo di cui all'articolo 2087 del codice civile mediante l'applicazione delle prescrizioni contenute nel protocollo condiviso di regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del COVID-19 negli ambienti di lavoro, sottoscritto il 24 aprile 2020 tra il Governo e le parti sociali, e successive modificazioni e integrazioni'

Ebbene, già il Protocollo del 24.04.2020 (doc. 6 fasc. ricorrente), ma ancor più puntualmente il Protocollo condiviso di aggiornamento del 06.04 2021 (doc. 7 fasc. ricorrente), tra le altre previsioni volte a 'favorire il contrasto e il contenimento della diffusione del virus', hanno espressamente previsto che le aziende, con la collaborazione del Medico Competente, possono 'integrare e proporre tutte le misure di regolamentazione legale al COVID-19', fermo restando che 'il medico competente (...) potrà suggerire l'adozione di eventuali mezzi diagnostici qualora ritenuti utili al fine del contenimento della diffusione del virus e della salute dei lavoratori, anche tenuto conto dell'andamento epidemiologico nel territorio di riferimento e di quanto stabilito nella circolare del Ministero della salute dell'8 gennaio 2021' (v. art. 12 del Protocollo di cui al doc. 6 fasc. convenuta e 7 fasc. ricorrente).

Ora, nel caso di specie, la società Sanpellegrino s.p.a., tenuto conto dei dati epidemiologici aziendali (cfr. doc. 10 fasc. convenuta, non contestato) e con l'ausilio del medico competente (come previsto dal protocollo del 06.04.2021 - cit. doc. 6 fasc. convenuta e 7 fasc. ricorrente), ha disposto una procedura di screening mediante tampone antigenico rapido per individuare la presenza di lavoratori positivi al virus (in pieno adempimento delle disposizioni di cui ai menzionati artt. 15 lett. e), g), i) ed l) e 272 d.lgs. 81/2008, oltre che dell'art. 2 D.P.C.M. 11 giugno 2020 (che, a sua volta, aveva quale allegato il Protocollo condiviso del 24.04.2020).

Oltretutto, contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente - che ha eccepito la violazione del divieto di cui all'art. 5 L. n. 300/1970 secondo cui 'Sono vietati accertamenti da parte del datore di lavoro sulla idoneità e sulla infermità per malattia o infortunio del lavoratore dipendente' - a tutti i lavoratori è stata lasciata assoluta libertà di aderire o meno a tale screening (ferma la forte raccomandazione - v. doc. 4 fasc. ricorrente): l'adesione volontaria del lavoratore a tali accertamenti, disposti per far fronte a un concreto e attuale rischio per l'integrità della propria e altrui salute, rende sicuramente legittimi gli stessi, a prescindere dalle specifiche disposizioni normative sopra citate. Si rammenta, poi, che il già citato art. 20 d.lgs. n. 81/2008 prevede testualmente che il lavoratore 'deve prendersi cura della propria salute e sicurezza e di quella delle altre persone presenti sul luogo di lavoro, su cui ricadono gli effetti delle sue azioni o omissioni, conformemente alla sua formazione, alle istruzioni e ai mezzi forniti dal datore di lavoro', dovendo in particolare: 'a) contribuire, insieme al datore di lavoro, ai dirigenti e ai preposti, all'adempimento degli obblighi previsti a tutela della salute e sicurezza sui luoghi di lavoro; b) osservare le disposizioni e le istruzioni impartite dal datore di lavoro, dai dirigenti e dai preposti, ai fini della protezione collettiva ed individuale; (...) e) segnalare immediatamente al datore di lavoro, al dirigente o al preposto (...) qualsiasi eventuale condizione di pericolo di cui vengano a conoscenza (...); i) sottoporsi ai controlli sanitari previsti dal presente decreto legislativo o comunque disposti dal medico competente'.

Del tutto ultronei appaiono, inoltre, i riferimenti operati dal ricorrente ai punti 9 e 10 di cui al ricorso introduttivo, dal momento che riguardano la fattispecie del tutto differente della somministrazione dei vaccini; cosa chiaramente diversa è la sottoposizione ad un tampone antigenico. Anche il Tribunale di Sondrio (ordinanza del 29.04.2021 - doc. 24 fasc. convenuta), in maniera del tutto condivisibile - ha rilevato che 'il tampone antigenico rapido naso-faringeo effettuato nella campagna di screening allo scopo di prevenire la diffusione del contagio nel luogo di lavoro, a differenza del vaccino, non è un trattamento sanitario e non viene pertanto in considerazione il diritto garantito dall'art. 32 della Costituzione, costituendo soltanto un accertamento diagnostico privo di qualsiasi idoneità ad incidere sull'integrità fisica del lavoratore'.

Resta da esaminare la questione relativa alla legittimità del provvedimento di collocamento in permesso non retribuito, in seguito alla libera scelta del lavoratore di non sottoporsi al tampone.

Sul punto si condivide l'argomento speso dal Tribunale di Bergamo in causa parallela del tutto analoga alla presente: 'tale provvedimento datoriale è la necessaria conseguenza della libera scelta di non adempiere - come richiesto in primis dall'art. 2 Cost. e più specificamente dall'art. 20 d.lgs. 81/2008 - al dovere di solidarietà tra consociati e di tutela reciproca della salute tra colleghi di lavoro; scelta che rende oggettivamente inidoneo il lavoratore a prestare attività e il cui onere (quantomeno economico) necessariamente grava su chi non contribuisce alla sicurezza della collettività (medesima ratio è sottesa a quanto successivamente previsto dal d.l. 127/2021 in tema di green pass per l'accesso del posto di lavoro)' (sent. 550/2021 del 21.10.2021).

In definitiva, la contestata campagna di screening è stata correttamente e condivisibilmente disposta dalla datrice di lavoro per adempiere al dovere impostole dall'art. 2087 c.c. ed a tutela preventiva della salute di tutti i lavoratori dello stabilimento di Valdisotto. D'altro canto, il ricorrente, con il suo rifiuto a sottoporsi al tampone antigenico (le cui motivazioni restano ad ora sconosciute), ha potenzialmente leso l'efficacia preventiva dello screening operato a tappeto dalla società.

Le vicende successive, sorte nelle more del presente giudizio, ovvero l'ulteriore e ripetuto rifiuto del ricorrente di sottoscrivere la 'dichiarazione per accesso personale interno', con conseguente decisione della società di inibire al ricorrente l'accesso allo stabilimento (doc. 20 fasc. convenuta), esulano dal presente giudizio; le domande avanzate con il ricorso del 16.04.2021 sono incentrate su altre questioni, antecedenti a tali ulteriori eventi. È sufficiente affermare che, sulla base delle argomentazioni già spiegate, la scelta aziendale di impedire l'accesso ai locali è funzionale alla proficuità dello screening operato e, a fortiori, all'esigenza di garantire l'incolumità psico-fisica di tutti i lavoratori, ivi compreso del ricorrente, il quale oltretutto, lamenta una violazione della privacy (non dedotta con il ricorso) poco circostanziata e, ad ogni modo, cedevole rispetto alle prominenti esigenze di tutela della salute collettiva dei lavoratori.

La domanda non può essere accolta per le motivazioni appena rimesse.

Stante la novità della questione trattata, si reputa congrua l'integrale compensazione delle spese di lite tra le parti (anche della precedente fase cautelare).

 

P.Q.M.


Il Tribunale di Bergamo, definitivamente pronunziando, respinta ogni diversa istanza, deduzione, eccezione così provvede:

- rigetta il ricorso;

- compensa le spese di lite.

Così deciso in Bergamo, il 21.10.2021

Depositata in cancelleria il 08/02/2022