Cassazione Penale, Sez. 4, 19 aprile 2022, n. 14944 - Infortunio mortale durante le operazioni di frangizollatura a bordo di un trattore cingolato. Ricorso contro l'assoluzione in appello del datore di lavoro


Presidente: FERRANTI DONATELLA Relatore: RICCI ANNA LUISA ANGELA
Data Udienza: 05/04/2022
 

Fatto





1. La Corte d'appello di Potenza in riforma della sentenza del Tribunale di Matera, ha assolto L.F. dal reato di omicidio colposo in danno del lavoratore dipendente L.Q. avvenuto il 27 luglio 2011.
1.1 Secondo la descrizione del fatto contenuta nell'imputazione L.Q., dipendente dell'azienda agricola di proprietà di L.F., era impegnato nelle operazioni di frangizollatura del terreno composto da filari, a bordo di un trattore cingolato trainante il frangizolle, quando, transitando nello spazio sito tra due filari di aranci, aveva perso il controllo del mezzo che era andato ad urtare il tronco di un albero.
1.2 Il Tribunale aveva escluso, sulla base del riscontro autoptico, che L.Q. avesse avuto un malore ed aveva ritenuto che la morte fosse stata determinata dallo sbalzo in avanti del suo corpo, dopo che lo stesso, avendo urtato con il volto un ramo posto ad un'altezza di 1,43 metri da terra, aveva perso il controllo del mezzo. Così ricostruita la dinamica del sinistro, il Tribunale aveva ritenuto sussistente la responsabilità del datore di lavoro sia a titolo di colpa generica ex art. 2087, sia a titolo di a colpa specifica in relazione all' artt. 71 lett a) e b) D.Ivo n.81/2008 per aver omesso di dotare il lavoratore di idonee attrezzature ed in particolare di un trattore meno ingombrante, in ragione dello stato dei luoghi, e comunque dotato di protezioni quali cabine o equipollenti, atte a consentire il passaggio in quella zona, in modo da non esporre il conducente al rischio di impattare contro eventuali rami sporgenti e per avere omesso di valutare adeguatamente i rischi presenti nell'ambiente di lavoro, provvedendo, prima delle operazioni di frangizollatura, ad effettuare lavori di potatura volti a ricreare una maggiore e migliore viabilità lungo i filari del campo di agrumeto. Il Tribunale aveva, peraltro, riconosciuto il concorso, nella misura del cinquanta per cento, della condotta colposa del lavoratore, consistita nel non aver fatto uso delle cinture di sicurezza pure in dotazione del mezzo.
1.3 La Corte di appello, adita dall'imputato con appello principale e dalle parti civili con appello incidentale, aveva, invece, assolto l'imputato, ritenendo che non fossero state compiutamente accertate le cause della morte del L.Q. e che, in ogni caso, non fossero ascrivibili al datore di lavoro gli addebiti di colpa individuati dal primo giudice.

2. Avverso la sentenza d'appello hanno proposto ricorso le parti civili con proprio difensore, ai sensi dell'art. 576 e ai soli effetti della responsabilità civile, formulando due motivi.

2..-1.Con il primo motivo, la difesa ha dedotto inosservanza della legge penale e mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione. Lamenta il ricorrente che la Corte di Appello avrebbe violato l'obbligo della motivazione rafforzata cui sono tenuti i giudici di secondo grado in caso di pronuncia assolutoria dopo una sentenza di condanna, omettendo di prendere in considerazione e confutare tutti gli argomenti posti dal primo giudice a sostegno della sua pronuncia. Più in particolare la Corte avrebbe affermato che il rinvenimento del ramo spezzato poco distante dal luogo del sinistro non riscontrava l'ipotesi che era stato l'impatto contro tale ramo a causare lo sbalzo in avanti del corpo di L.Q. contro la trattrice, omettendo un adeguato approfondimento riguardante la dinamica del sinistro e le cause del decesso. Inoltre la Corte erroneamente avrebbe ritenuto idonea, sotto il profilo della sicurezza, rispetto alla mansione da compiere, la trattrice fornita al lavoratore, in quanto munita di Rol bar e di cinture di sicurezza, senza considerare, tuttavia, che il Rol bar aveva la funzione di prevenire, non già l'impatto tra il capo del conducente con i rami degli alberi, ma soltanto il ribaltamento del veicolo, e che le cinture di sicurezza, come indicato nel manuale di istruzione del mezzo, non dovevano essere indossate quando il mezzo, come nel caso in esame, aveva il Rol bar abbassato, per evitare di danneggiare le piantagioni. Sotto lo stesso profilo, relativo alla inidoneità del mezzo rispetto alle condizioni del terreno, la Corte avrebbe omesso di considerare la deposizione resa a dibattimento dal tecnico Spresal, il quale aveva precisato che, al fine di eseguire la frangizollatura in sicurezza con quel mezzo, si sarebbe dovuto procedere a potatura ulteriore, rispetto a quella effettuata nella precedente primavera. Infine la Corte avrebbe omesso di considerare l'addebito contestato all'imputato, ed oggetto di una specifica prescrizione da parte dello Spresal, consistito nel non aver operato una adeguata valutazione del rischio specifico rispetto a quel tipo di lavorazione effettuata in periodo estivo, tanto più
che il lavoratore era un semplice bracciante e non già un trattorista.
2 2-Con il secondo motivo la difesa ha dedotto mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in relazione al rigetto dell'appello delle parti civili avverso la sentenza di primo grado nella parte in cui questa attribuisce la corresponsabilità in capo alla vittima per presunta omessa utilizzazione di cinture di sicurezza. La Corte nelle motivazioni sottese all'accoglimento dell'appello principale non avrebbe menzionato se il lavoratore avesse o meno indossato le cinture di sicurezza ed avrebbe dunque omesso di motivare in merito all'appello incidentale proposto sul punto dalle parti civili.

3. Il Procuratore Generale, nella persona del sostituto Francesca Costantini, ha chiesto l'annullamento della sentenza impugnata agli effetti civili con rinvio al giudice civile

 

Diritto




1. Il ricorso deve essere accolto in quanto è fondato il primo motivo, assorbente rispetto al secondo.

2. La Corte di appello ha riepilogato le risultanze istruttorie ed ha concluso nel senso della insussistenza della responsabilità dell'imputato in ordine all'infortunio mortale occorso al lavoratore dipendente.
In primo luogo ha affermato che non erano state determinate con certezza le cause della perdita di controllo del mezzo da parte del L.Q., evidenziando che il rinvenimento da parte del CT del PM nel luogo del sinistro di un ramo spezzato e il rilevamento in un albero d'arancio di un ramo tronco ad una altezza di 143 cm non erano elementi sufficienti a far ritenere che L.Q. avesse impattato con il volto contro detto ramo e evidenziando anche che il CT dell'imputato aveva ritenuto altrettanto plausibile l'ipotesi di un malore.
In secondo luogo, ed a prescindere da quale fosse stata la esatta dinamica dell'infortunio, ha ritenuto che nessuna violazione alla normativa sulla sicurezza poteva essere addebitata al datore di lavoro, rilevando che sul terreno, in primavera erano stati effettuati lavori di potatura degli alberi, che L.Q. già aveva arato la stessa zona con lo stesso trattore ed infine che il mezzo messo a disposizione per effettuare la frangizollatura, con l'ingombro massimo nella parte del frangizolle in larghezza di 2,5 mt a fronte di una distanza fra un albero e l'altro di circa 5/7 e con velocità di marcia assai ridotta (fra i 5 e ei 12 km/h) era idoneo. Il trattore era anche dotato di un sistema di protezione rappresentato dal Rol bar atto a evitare che in caso di ribaltamento l'operatore potesse rimanere schiacciato e di cinture di sicurezza.
I giudici hanno, dunque, concluso che, sia ipotizzando una distrazione del L.Q. che avrebbe impattato con il volto contro un ramo mentre si trovava con la testa girata all'indietro in fase di svolta (come sostenuto dal CT del PM), sia ipotizzando un suo malore improvviso (come non escluso dal CT dell'imputato), in ogni caso non fossero ascrivibili al datore di lavoro addebiti di colpa.

3. Si ricorda che il giudice d'appello che riformi in senso assolutorio la sentenza di condanna di primo grado non ha l'obbligo di rinnovare l'istruzione dibattimentale mediante l'esame dei soggetti che hanno reso dichiarazioni ritenute decisive, ma deve offrire una motivazione puntuale e adeguata, che fornisca una razionale giustificazione della difforme conclusione adottata, anche riassumendo, se necessario, la prova dichiarativa decisiva. Sez. U, n. 14800 del 21/12/2017 Ud. (dep. 03/04/2018), Troise Rv. 272430 - 01 ).
La Corte di Appello di Potenza non ha fatto buon governo di tale principio e, a fronte degli argomenti analiticamente affrontati dal giudice di primo grado, sia in tema di individuazione del nesso causale, sia in tema di individuazione degli addebiti di colpa in capo al datore di lavoro, ha seguito un percorso argomentativo contraddittorio e non aderente ai dati istruttori.
Quanto al primo profilo, la Corte, nel ritenere plausibile che L.Q. fosse rimasto vittima di un malore, ha introdotto una sequenza causale che l'istruttoria aveva invece fondatamente escluso sulla base dei risultati degli accertamenti autoptici che non avevano evidenziato segni clinici di perdita di coscienza o di malore e che avevano riscontrato su un lato del volto del L.Q. ferite riconducibili all'impatto contro il ramo.
Quanto al secondo profilo la Corte non ha adeguatamente valutato gli obblighi incombenti sul datore di lavoro titolare di posizione di garanzia in funzione della tutela della sicurezza del lavoratore ed in particolare l'obbligo di effettuare la valutazione del rischio e l'obbligo di mettere a disposizione del lavoratore le attrezzature idonee rispetto alla lavorazione da compiere. Il datore di lavoro, infatti, ai sensi dell'art.28 Dlgs n.81/2008, ha l'obbligo giuridico di analizzare e individuare tutti i fattori di pericolo concretamente presenti sul luogo di lavoro e di indicare nel documento apposito le misure precauzionali e i dispositivi di protezione adottati per tutelare la salute e la sicurezza dei lavoratori. La redazione del documento di valutazione dei rischi, tuttavia, non esclude la responsabilità del datore di lavoro quando, per un errore nell'analisi dei rischi o nell'identificazione di misure adeguate, non sia stata adottata idonea misura di prevenzione (Sez. 4 n. 43350 del 05/10/2021, Mara Rv. 282241 - 01). Sul datore di lavoro incombe anche l'obbligo, ai sensi dell'art. 71 D.lgs n. 81/2008, di mettere a disposizione dei lavoratori attrezzature idonee ai fini della salute e sicurezza e adeguate al lavoro da svolgere in considerazione delle condizioni e delle caratteristiche specifiche dello stesso e dei rischi presenti nell'ambiente di lavoro. Non è sufficiente, a tal fine, che l'attrezzatura fornita sia conforme alla normativa CE o non presenti difetti di funzionamento, ma è necessario che, per come in concreto utilizzata in ragione delle specifiche modalità del lavoro da svolgere, non esponga il lavoratore a rischi (Sez 4 n. 22819 del 23/4/2015, Pg in proc. Baiguini e altri Rv 263489).
La Corte di Appello, nell'escludere che il datore di lavoro fosse incorso nella violazione delle norme richiamate, non si è confrontata con le testimonianze acquisite e con il verbale di prescrizione della Asl in atti allegato al ricorso. Nel corso dell'istruttoria, infatti, era emerso che il passaggio fra i filari con il trattore, proprio per la presenza di fogliame, non era agevole, tanto che era stato detto a L.Q. di passare a filo largo e, solo se fosse riuscito, anche a filo stretto, ed era altresì emerso che in azienda era presente anche una trattrice più piccola, non utilizzabile in quei giorni in quanto in riparazione. Il tecnico Spresal S. aveva imputato al datore di lavoro di aver omesso una corretta valutazione del rischio rispetto alla lavorazione svolta da L.Q., valutando quella in atti «approssimativa e non specifica», e conseguentemente di non aver effettuato o una nuova potatura (posto che la precedente risaliva al mese di marzo/aprile e non garantiva, pertanto, una adeguata pulizia dai rami nascosti dal fogliame che ostruivano il passaggio), o, in alternativa, di non aver messo a disposizione del lavoratore un mezzo idoneo, meno ingombrante e comunque dotato di dispositivi di protezione, tipo cabine o equipollenti atti a scongiurare il rischio di impatto del conducente con i rami. Tali addebiti avevano formato oggetto di una specifica prescrizione «ora per allora», con ammissione al pagamento di una somma a titolo di oblazione ai sensi dell'art. 21 Dlgs n.758/94.
Il ricorso è, dunque, fondato, in quanto la Corte non ha adeguatamente approfondito la dinamica del sinistro, sulla base delle emergenze istruttorie, e non ha adeguatamente valutato i profili di colpa analiticamente indicati nel capo di imputazione contestato all'imputato.

5. La sentenza deve pertanto essere annullata limitatamente agli effetti civili con rinvio per nuovo giudizio al giudice civile competente per valore in grado di appello, cui deve essere rimessa anche la liquidazione delle spese tra le parti per questo grado di legittimità

 

P.Q.M.


Annulla la sentenza impugnata limitatamente agli effetti civili con rinvio per nuovo giudizio al giudice civile competente per valore in grado di appello, cui rimette anche la liquidazione delle spese tra le parti per questo grado di legittimità.

Deciso il 5 aprile 2022