Cassazione Civile, Sez. 6, 08 giugno 2022, n. 18487 - Ricorso volto ad ottenere la condanna dell'INAIL per i comportamenti vessatori e persecutori asseritamente posti in essere da alcuni dirigenti


 

 

Rilevato che


1. la Corte di Appello di Bari, con la sentenza impugnata, ha rigettato l’appello proposto da N.M. nei confronti dell’INAIL, confermando la decisione di primo grado che aveva respinto il ricorso del dipendente volto ad attenere la condanna dell’Istituto al risarcimento di tutti i danni, quantificati nel complesso in euro 2.500.000,00, subiti in seguito a comportamenti vessatori e persecutori asseritamente posti in essere nei suoi confronti da dirigenti dell’INAIL ed integranti gli estremi del mobbing;
2. per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso il soccombente con plurime doglianze; ha resistito con controricorso l’INAIL;
3. la proposta del relatore ex art. 380 bis c.p.c. è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell'adunanza camerale;
 

Considerato che
1. il ricorso è inammissibile;
innanzitutto, l’INAIL ha eccepito e documentato, senza contestazioni, la “invalidità della procura speciale conferita dal ricorrente interdetto”, dichiarato tale dal Tribunale di Bari con sentenza n. 4658/2019 confermata in appello con sentenza n. 2143/2020, con conseguente nullità della procura conferita da soggetto in stato di interdizione legale;
inoltre, i “motivi di diritto” posti a base del ricorso sono riassunti e trascritti dalla stessa parte ricorrente come: “errate motivazioni rispetto ai fatti dedotti così come documentati nel ricorso e nei giudizi riuniti, falsa applicazione e violazione di norme di diritto su punti decisivi della controversia”;
le censure in seguito espresse nel ricorso sono del tutto prive della necessaria specificità;
invero il ricorso per cassazione, in quanto ha ad oggetto censure espressamente e tassativamente previste dall’art. 360 c.p.c., deve essere articolato in specifici motivi riconducibili in maniera chiara ed inequivocabile ad una delle cinque ragioni di impugnazione stabilite dalla citata disposizione (tra le tante v. Cass. n. 9228 del 2016); il rispetto del principio di specificità dei motivi del ricorso per cassazione - da intendere alla luce del canone generale "della strumentalità delle forme processuali" - comporta, fra l'altro, l'esposizione di argomentazioni chiare ed esaurienti, illustrative delle dedotte inosservanze di norme o principi di diritto, che precisino come abbia avuto luogo la violazione ascritta alla pronuncia di merito (Cass. n. 23675 del 2013), in quanto è solo la esposizione delle ragioni di diritto della impugnazione che chiarisce e qualifica, sotto il profilo giuridico, il contenuto della censura (Cass. n. 25044 del 2013; Cass. n. 17739 del 2011; Cass. n. 7891 del 2007; Cass. n. 7882 del 2006; Cass. n. 3941 del 2002); l’osservanza del canone della chiarezza e della sinteticità espositiva rappresenta l'adempimento di un preciso dovere processuale il cui mancato rispetto, da parte del ricorrente per cassazione, lo espone al rischio di una declaratoria d'inammissibilità dell'impugnazione (Cass. n. 19100 del 2006) ed è dunque inammissibile un ricorso che non consenta di individuare in che modo e come le numerose norme invocate sarebbero state violate nella sentenza impugnata, quali sarebbero i principi di diritto asseritamente trasgrediti nonché i punti della motivazione specificamente viziati (Cass. n. 17178 del 2014 e giurisprudenza ivi richiamata);
le censure del ricorso all’attenzione del Collegio risultano irrispettose del canone della specificità del mezzo di impugnazione in quanto in esse non risulta possibile scindere le ragioni poste a sostegno dell’uno o dell’altro vizio, determinando una situazione di inestricabile promiscuità, tale da rendere impossibile l’operazione di interpretazione e sussunzione delle censure (v. Cass. n. 7394 del 2010, n. 20355 del 2008, n. 9470 del 2008);
2. conclusivamente il ricorso deve essere dichiarato inammissibile; le spese seguono la soccombenza liquidate come da dispositivo, tenuto conto del valore della controversia;
occorre dare atto della sussistenza dei presupposti processuali di cui all’art. 13, co. 1 quater, d.P.R. n. 115 del 2002, come modificato dall’art. 1, co. 17, l. n. 228 del 2012 (Cass. SS.UU. n. 4315 del 2020);
 

P.Q.M.
 

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese di lite liquidate in euro 8.000,00, oltre euro 200,00 per esborsi, accessori secondo legge e rimborso spese generali al 15%.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma nell’adunanza camerale del 24 febbraio 2022