Cassazione Civile, Sez. Lav., 30 giugno 2022, n. 20823 - Risarcimento del danno biologico differenziale. Onere della prova
Presidente: RAIMONDI GUIDO
Relatore: PAGETTA ANTONELLA
Data pubblicazione: 30/06/2022
Fatto
1. Il giudice di primo grado, in accoglimento della domanda di A.DG., N.A., D.M., T.C.DM., S.C. e N.T., condannava la datrice di lavoro E- distribuzione s.p.a. (già Enel Distribuzione s.p.a.) al pagamento del danno biologico differenziale derivato ai suddetti dipendenti dall'espletamento delle attività di lavoro come in ricorso dedotta.
2. La Corte di appello di L'Aquila, in riforma della decisione di primo grado, ha respinto le domande dei lavoratori che ha condannato alla restituzione di quanto percepito in esecuzione della sentenza di primo grado.
3. La statuizione di rigetto è stata fondata sulle seguenti considerazioni: a) la qualificazione della domanda sia in termini di responsabilità contrattuale che in termini di responsabilità extracontrattuale comporta l'onere per il lavoratore della prova del danno alla salute, della nocività dell'ambiente di lavoro, e della relativa connessione causale mentre sul datore di lavoro grava l'onere della prova dell'adozione delle cautele necessarie ad impedire il verificarsi del pregiudizio subito; b) la verificazione del danno non è sufficiente a determinare l'insorgere dell'onere probatorio a carico del datore di lavoro in quanto la prova liberatoria a suo carico presuppone sempre che vi sia stata omissione da parte di questi nella predisposizione di misure di sicurezza suggerite dalla particolarità del lavoro, dall'esperienza e dalla tecnica, necessarie ad evitare il danno mentre non può essere estesa ad ogni ipotetica misura di prevenzione configurandosi in tal caso una responsabilità oggettiva; c) i lavoratori, sui quali ricadeva il relativo onere, non avevano offerto prova di una specifica omissione datoriale nella predisposizione di quelle misure di sicurezza, suggerite dalla particolarità del lavoro, dall'esperienza e dalla tecnica, necessarie ad evitare il danno.
4. Per la cassazione della decisione hanno proposto ricorso i lavoratori sulla base di sette motivi; E-distribuzioni s.p.a. ha resistito con controricorso e richiamato la domanda di manleva nei cfr. della Compagnia assicuratrice; Generali Italia s.p.a ha resistito con controricorso. Tutte le parti hanno depositato memoria.
Diritto
1. Con il primo motivo di ricorso parte ricorrente deduce ai sensi dell'art. 360, comma 1, n. 5 cod. proc. civ. omesso esame di un fatto controverso e decisivo rappresentato dalla circostanza che molte fasi della filiera di costruzione, al pari di quelle di manutenzione e ammodernamento di linee elettriche, implicavano l'abituale utilizzo di strumenti ad aria compressa e fonte di vibrazione e scuotimenti e comprendevano tra le altre attività, anche i lavori in altezze ed i getti per le fondamenta, l'installazione e sostituzione trasformatori, la realizzazione e manutenzione di linee sotterranee, l'esecuzione di lavori in reperibilità e pronto intervento, la conduzione di mezzi meccanici rispetto ai quali si era verificato l'omesso esame dell'azione sinergica e cumulativa prodotta dal loro ciclico susseguirsi sui medesimi distretti osteoarticolari in via gradata deduce violazione degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ. ai sensi dell'art. 360, comma 1, n. 4 cod. proc. civ.
2. Con il secondo motivo di ricorso parte ricorrente deduce nullità della sentenza e/o del procedimento in relazione agli artt. 112, 132, comma 2 n. 4 e dell'art 111 Cost ., e apparenza e/ o inesistenza di motivazione per avere la Corte di merito valorizzato la estrema difficoltà per la parte datrice di dimostrare il corretto adempimento degli obblighi di prevenzione e sicurezza in ragione della distanza temporale tra l'insorgere dei sintomi ed il periodo di lavoro.
3. Con il terzo motivo deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 1218, 2087, 2697 e 2729 cod. civ. per avere la sentenza impugnata violato il principio per cui è sul datore di lavoro, debitore dell'obbligo di sicurezza, che grava l'onere della prova della non imputabilità del pregiudizio cagionato al lavoratore.
4. Con il quarto motivo deduce nullità della sentenza e del procedimento per violazione dell'art. 132, comma 2, n. 4 cod. proc. civ. e dell'art. 111 Cost., censurando la sentenza impugnata per avere la Corte di merito limitato la verifica giudiziale sul corretto adempimento aziendale delle misure preventive al periodo di lavoro anteriore alla data di entrata in vigore del d. lgs. n. 626/1994 in ragione del fatto che il periodo di massima concentrazione dell'esposizione a rischi secondo quanto desumibile dalla data di insorgenza delle patologie rendeva ininfluente l'indagine sui periodi successivi alla entrata in vigore del detto provvedimento e sino alla cessazione del rapporto di lavoro.
5. Con il quinto motivo deduce violazione degli artt. 112, 115, 116 e 132, comma 2, n. 4 cod. proc. civ. e dell'art. 111 Cost. e dunque nullità della sentenza per motivazione apparente in relazione alle affermazioni della Corte relative all'accertamento, in tema di utilizzo di strumenti vibranti, sollevamento manuale di carichi, alla riduzione della frequenza dei lavori quale effetto della progressiva esternalizzazione delle attività in questione ed in relazione alla esclusione nella filiera elettrica dei lavori di utilizzo di strumenti implicanti scuotimenti e vibrazioni.
6. Con il sesto motivo deduce nullità della sentenza e/o del procedimento per motivazione apodittica e illogica e per irriducibile contraddittorietà, per avere la Corte di merito escluso il nesso di causalità in ragione dell'obesità per quattro ricorrenti ed in ragione dello svolgimento di altri brevi impieghi per gli altri, così discostandosi, senza giustificazioni, dalle conclusioni della consulenza tecnica di ufficio; in via gradata deduce nullità della sentenza per violazione e falsa applicazione degli artt. 40 e 41 cod. pen. in tema di verifica del concorso causale nella produzione dell'evento.
7. Con il settimo motivo deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 1218 e 2087 cod. civ., dell'art. 37 c.c.n.l. 1973, degli artt. 4, 16, 47, 48, 49 all. VI d. lgs n. 626/1994, degli artt. 4, 24 e 303 d. P.R. 19.3.1956 e voce 48 della tabella allegata, n. 303, degli artt. 1175 e 1375 cod. civ., dell'art. 32 Cost e dei principi espressi dalla S.C. ; deduce, in via gradata, violazione degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ.; si duole che la Corte distrettuale avesse omesso di verificare la violazione dell'obbligo di sicurezza in relazione alle previsioni del contratto collettivo del 1973 in tema di sorveglianza sanitaria e necessità di avvicendamento per il personale addetto ad attività gravose e disagiate; si duole, inoltre, dell'accertamento relativo alla violazione delle disposizioni richiamate in tema di obbligo di sicurezza a carico del soggetto datore.
8. Il primo motivo di ricorso è inammissibile.
8.1. La censura investe l'accertamento della Corte di merito la quale sul rilievo che le attività comportanti vibrazioni e/o scuotimenti, la movimentazione manuale dei carichi e le posture incongrue o coatte non fossero state quantitativamente rilevanti o addirittura assenti all'interno della filiera elettrica aveva escluso l'obbligo di sorveglianza sanitaria e degli altri obblighi protettivi previsti dal d. PR n. 303/1956 e dal d.lgs n. 626/1994. Tanto premesso, la denunzia di omesso esame non è articolata in conformità delle indicazioni del giudice di legittimità il quale con riferimento alla attuale formulazione dell'art. 360, comma 1 n. 5 cod. proc. civ., nel testo risultante dalla modifica introdotta dall' art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 134, ha sottolineato l'obbligo per la parte ricorrente di indicare, nel rigoroso rispetto delle previsioni di cui all'art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6), e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4), - il "fatto storico", il cui esame sia stato omesso, il "dato", testuale o extratestuale, da cui ne risulti l'esistenza, il "come" e il "quando" (nel quadro processuale) tale fatto sia stato oggetto di discussione tra le parti, e la "decisività" del fatto stesso ( ex plurimis Cass. Sez. Un,n. 8053 del 2014). Tale obbligo non è stato assolto dagli odierni ricorrenti in quanto non viene trascritto o riportato negli esatti termini il testo del ricorso di primo grado onde verificare la allegazione della circostanza rispetto alla quale è dedotto l'omesso esame, non viene specificato se ed in che modo essa ha costituito oggetto di discussione fra le parti in quanto i ricorrenti si limitano a dare atto che essa è stata oggetto di discussione, non viene trascritta in modo completo la prova dalla quale essa emergerebbe.
9. Il secondo motivo è infondato.
9.1. E' noto che la motivazione apparente - che la giurisprudenza parifica, quanto alle conseguenze giuridiche, alla motivazione in tutto o in parte mancante - sussiste allorquando pur non mancando un testo della motivazione in senso materiale, lo stesso non contenga una effettiva esposizione delle ragioni alla base della decisione, nel senso che le argomentazioni sviluppate non consentono di ricostruire il percorso logico -giuridico alla base del decisum (Cass. Sez. Un. n. 22232/2016); ciò o perché è omessa l'indicazione degli elementi dai quali è tratto il convincimento del giudice oppure perché tali elementi sono indicati senza un'approfondita loro disamina logica e giuridica (Cass. n. 9105/2017) oppure, ancora, perché le argomentazioni sono svolte in modo talmente contraddittorio da non permettere di individuare la motivazione come giustificazione della decisione (Cass. n. 20112/2009).
8.2. Tali caratteristiche non si rinvengono in relazione alle argomentazioni che sorreggono la sentenza impugnata, argomentazioni che, viceversa, rendono del tutto percepibili le ragioni alla base della decisione, rappresentate, in definitiva, dal fatto che i lavoratori non avevano fornito sufficiente prova, della quale erano onerati, della sussistenza di specifiche omissioni datoriali nella predisposizione di quelle misure di sicurezza, suggerite dalla particolarità del lavoro, dall'esperienza e dalla tecnica necessarie ad evitare il danno oggetto della pretesa risarcitoria azionata. In tale contesto, il riferimento alla estrema difficoltà per il datore di lavoro in ragione del lungo tempo trascorso di dimostrare il corretto adempimento degli obblighi di prevenzione e sicurezza si configura quale argomentazione aggiuntiva ed ulteriore che non interferisce con il nucleo centrale del ragionamento decisorio fondato, in estrema sintesi, sul mancato assolvimento dell'onere probatorio asseritamente gravante sui lavoratori.
9. Il terzo motivo di ricorso è meritevole di accoglimento.
9.1. La Corte di appello, richiamati i principi in tema di ripartizione degli oneri di allegazione e prova in relazione alla prospettata responsabilità datoriale - sia extracontrattuale che contrattuale - ha ritenuto che i lavoratori erano tenuti a dimostrare la sussistenza di specifiche omissioni datoriali nella predisposizione delle misure di sicurezza suggerite dalla particolarità del lavoro, dall'esperienza e dalla tecnica necessaria ad evitare il danno. Solo ove tale prova fosse stata offerta sorgeva per il datore di lavoro l'onere di dimostrare di avere adottato le cautele necessarie ad impedire il verificarsi del pregiudizio subito; tale onere non era stato in concreto assolto.
Il richiamato passaggio argomentativo in punto dei criteri di ripartizione della prova è frutto di un errore di diritto del giudice di appello in quanto prescinde dai principi, pur correttamente evocati in sentenza, in tema di distribuzione dell'onere della prova ( v. in particolare, pag. 4 sentenza), finendo con il porre a carico dei lavoratori la dimostrazione della violazione da parte del datore di lavoro di specifiche misure antinfortunistiche - anche innominate- laddove essi erano tenuti solo a dimostrare il nesso di causalità tra le mansioni espletate e la nocività dell'ambiente di lavoro restando a carico del datore di lavoro la prova di avere adottato tutte le misure (anche quelle cd. innominate) esigibili in concreto.
9.2. Secondo la condivisibile e consolidata giurisprudenza di questa Corte infatti l'art. 2087 cod. civ. non configura un'ipotesi di responsabilità oggettiva, in quanto la responsabilità del datore di lavoro - di natura contrattuale - va collegata alla violazione degli obblighi di comportamento imposti da norme di legge o suggeriti dalle conoscenze sperimentali o tecniche del momento; ne consegue che incombe al lavoratore che lamenti di avere subito, a causa dell'attività lavorativa svolta, un danno alla salute, l'onere di provare, oltre all'esistenza di tale danno, la nocività dell'ambiente di lavoro, nonché il nesso tra l'una e l'altra, e solo se il lavoratore abbia fornito tale prova sussiste per il datore di lavoro l'onere di provare di avere adottato tutte le cautele necessarie ad impedire il verificarsi del danno (ex plurimis: Cass. n. 15112 del 2020, Cass. n. 26495 del 2018, Cass. n. 12808 del 2018, Cass. n. 14865/2017, Cass. n. 2038 del 2013, Cass. 12467 del 2003).
6. Dalle considerazioni che precedono consegue, in accoglimento del terzo motivo di ricorso, la cassazione in parte qua della sentenza impugnata con rinvio al giudice di seconde cure per il riesame del materiale istruttorie e degli esiti della prova, orale e documentale, alla luce del criterio di ripartizione degli oneri probatori sopra richiamato.
7. Resta assorbito l'esame degli ulteriori motivi.
8. Al giudice del rinvio è demandato il regolamento delle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il terzo motivo, dichiara inammissibile il primo e rigetta il secondo assorbiti gli altri. Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte d'appello di L'Aquila in diversa composizione cui demanda di provvedere sulle spese del presente giudizio di legittimità.
Roma, così deciso nella camera di consiglio del 15 dicembre 2021.