Cassazione Penale, Sez. 4, 15 luglio 2022, n. 27577 - Infortunio durante la manifestazione in piazza in occasione dell'epifania. Applicazione delle norme del D.lgs. 81/08 al personale dei VV.FF
Presidente: PICCIALLI PATRIZIA
Relatore: BRUNO MARIAROSARIA
Data Udienza: 30/03/2022
Fatto
1. Con sentenza emessa in data 1/3/2021, la Corte di appello di Napoli ha confermato la pronuncia emessa dal Tribunale di S. Maria Capua Vetere il 12/12/2018, con cui DB.A. è stato ritenuto colpevole del reato di lesioni colpose, aggravate dalla violazione di norme antinfortunistiche, in danno di A.S..
Alla stregua della contestazione elevata a suo carico, il DB.A., vigile del fuoco in servizio presso il Comando Provinciale Vigili del Fuoco di Caserta, era chiamato a rispondere del reato di cui all'art. 590, commi 1, 2, 3 e 5 cod. pen., perché, in qualità di responsabile della sicurezza e vigile coordinatore, operatore SAF (speleo-alpino-fluviale) di livello 2B, aveva errato nel predisporre l'attrezzatura utilizzata dal collega A.S. nel corso di una manifestazione di piazza in occasione dell'epifania. In tale manifestazione l'A.S., travestito da befana, con l'uso di un sistema di funi approntato dal DB.A., issato sul campanile della chiesa, doveva sorvolare la piazza, lanciando caramelle ai bambini, e calarsi infine in un punto prestabilito della piazza in modo controllato.
Il sistema di corde si era rivelato però inadeguato, poiché il DB.A. aveva previsto una sola fune traente (detta "del vieni") e non aveva previsto altra corda traente (detta "del vai"), come stabilito nella scheda 22 del manuale SAF, corso 2, livello A, che aveva una precipua funzione di controllo anti caduta.
Nel corso della manovra l'A.S., dopo essersi volontariamente sganciato dalla fune portante, per calarsi sulla piazza, era stato attirato all'indietro, andando a sbattere violentemente contro le pareti del campanile.
In tal modo aveva riportato lesioni personali gravissime (politrauma da precipitazione, trauma cranico, edema e contusioni con prognosi riservata sciolta solo in data 18/2/2014).
La Corte di merito ha confermato il giudizio di responsabilità a cui era pervenuto il giudice di primo grado.
2. Avverso la pronuncia della Corte d'appello di Napoli ha proposto ricorso per cassazione l'imputato, a mezzo del difensore, affidando le proprie deduzioni a diversi articolati.
Motivo primo: contraddittorietà della motivazione e travisamento della prova con riferimento all'art. 41, comma 2, cod. pen.
I giudici avrebbero dovuto ritenere la condotta della persona offesa causa sopravvenuta da sola sufficiente a produrre l'evento. La decisione assunta è in netto contrasto con le risultanze della consulenza tecnica disposta dal P.M., elaborata dall'Ing. Fuschetti, acquisita in primo grado. Dopo avere equiparato il ruolo svolto dall'imputato a quello del datore di lavoro, la Corte di merito ha recepito in modo acritico le conclusioni a cui era pervenuto il Tribunale, non considerando l'intima contraddizione esistente tra dette conclusioni e le risultanze della consulenza tecnica.
Dal testo della sentenza impugnata e dalla relazione del C.T. del P.M. (cfr. relazione acquisita in atti) emerge che la discesa del vigile A.S. con la teleferica era stata arrestata a metà percorso per consentire la distribuzione dall'alto delle caramelle. Dopo qualche minuto, come confermato dalle videoriprese amatoriali acquisite e visionate anche in camera di consiglio, l'A.S. aveva eseguito una manovra inaspettata che lo aveva portato a sollevarsi con le braccia e ad aggrapparsi alle corde portanti. Dopo avere fatto ciò, aveva sganciato il moschettone con cui era assicurato alla corda di sicurezza "longe", lasciandosi cadere. Il peso in caduta aveva spinto le carrucole carrello verso il campanile e la fune pescante aveva agito da pendolo, portando l'operatore a sbattere violentemente contro la facciata del campanile. Il consulente tecnico nominato dal P.M. aveva precisato che l'incidente era da imputarsi ad un errore della parte offesa, che, pure in presenza di elementi sintomatici di una situazione dì pericolo, rappresentati dal mancato suo sollevamento con contestuale allentamento (scarico) della corda dì sicurezza "longe", aveva eseguito una manovra anomala di sollevamento per aggrapparsi alle funi portanti. Quindi, secondo il C.T., l'omessa installazione della fune traente detta "del vai", che avrebbe determinato l'errore progettuale, non avrebbe avuto incidenza alcuna sulla causa del sinistro.
La causa in concreto dell'evento avrebbe dovuto ascriversi esclusivamente alla manovra errata della parte offesa: l'operatore, infatti, senza la sua manovra consapevole, sarebbe rimasto tutelato dalla corda di sicurezza e sarebbe stato portato a terra dai colleghi.
Motivo secondo: contraddittorietà della motivazione e travisamento della prova per contrasto con quanto emerso nella consulenza tecnica del P.M.; insussistenza della violazione delle norme in materia di sicurezza sul lavoro determinata dalla omessa predisposizione del dispositivo di sicurezza.
La Corte distrettuale ha confermato la sentenza del giudice di primo grado, ravvisando la responsabilità dell'imputato, la cui posizione, per qualifica ed anzianità, ha ritenuto assimilabile a quella del datore di lavoro e di responsabile per la sicurezza (cfr. sentenza pag. 12). Ha addebitato al ricorrente di aver realizzato un sistema di teleferica in violazione della normativa antinfortunistica che mira a salvaguardare l'incolumità del lavoratore. Con specifico riferimento ai fatti, richiamata l'attività istruttoria svolta nel processo di primo grado, la Corte territoriale ha individuato profili di colpa omissivi, consistiti nel non aver correttamente progettato il sistema di funi che sorreggeva il collega, omettendo la installazione della fune "del vai", che avrebbe avuto la funzione di assicurare la discesa in sicurezza dell'operatore, e di non avere dotato l'operatore di un sistema di comunicazione via radio.
La conclusione a cui perviene la Corte di merito sarebbe contraddetta dalle risultanze della consulenza. Il consulente del P.M. ha precisato che il sistema di teleferica era dotato di un dispositivo individuale di sicurezza in grado di assicurare l'incolumità del vigile del fuoco. Esso era rappresentato dalla corda "longe" (dispositivo individuale di sicurezza utilizzato in alpinismo, arrampicata e speleologia), attraverso la quale l'operatore in carico rimane vincolato alle fune portanti. Il dispositivo è costituito da uno spezzone di corda assicurato all'imbrago e da un moschettone.
Il consulente ha precisato che l'errore progettuale non avrebbe determinato alcun pericolo per la sicurezza dell'A.S. se questi non si fosse sganciato dalle funi portanti, poiché il sistema avrebbe comunque consentito agli operatori di portare a terra il collega.
Motivo terzo: carenza di motivazione in merito a quanto dedotto con motivi nuovi in ordine alla prospettata inapplicabilità ai fatti oggetto del giudizio del d.lgs. n. 81/2008, ai sensi dell'art. 3, comma 2, dello stesso decreto e del decreto del Ministero dell'interno n. 127 del 21/8/2019.
Con motivi nuovi, tempestivamente depositati in data 05/03/2020, si ampliava e precisava la richiesta d'inapplicabilità della disciplina dettata dal d. lgs. n. 81/08 ai fatti per cui è processo, già sostenuta con i motivi principali di appello. La richiesta prende spunto dall'art. 3, comma 2, d.lgs. n. 81/08, il quale prevede che, nei riguardi del Dipartimento dei vigili del fuoco e di altre forze di polizia, le disposizioni del decreto legislativo sono applicate tenendo conto delle effettive particolari esigenze connesse al servizio espletato o alle peculiarità organizzative, individuate con decreti emanati, ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, dai ministri competenti di concerto con i ministri del lavoro e della previdenza sociale, della salute e per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione. All'epoca dell'incidente oggetto del giudizio, stante l'assenza di decreti ministeriali che individuassero le effettive particolari esigenze connesse al servizio espletato o alle peculiarità organizzative dell'attività dei VV.FF., non poteva trovare applicazione il d.lgs n. 81/08, bensì il d.P.R. 28 febbraio 2012 n. 64 che disciplina il Regolamento di servizio del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, il quale prevede, agli artt. 47, comma 3 e 51, comma 1, che il personale specialista intervenuto effettua le valutazioni di competenza in relazione alle manovre ed alle operazioni da effettuare, di cui è direttamente responsabile in virtù delle specifiche abilitazioni conseguite.
Con i motivi nuovi si precisava quanto già dedotto con il motivo principale, evidenziando che era stato, medio tempore, emanato il Decreto del Ministero dell'Interno n. 127 del 21 agosto 2019, il quale, in attuazione dell'art. 3, comma 2, d.lgs. n. 81/08, all'art. 16, prevede per il personale dei VV.FF. che "non si intendono luoghi di lavoro le aree in cui si effettuano attività di addestramento, esercitazioni
operative o manifestazioni a cui il personale partecipa, anche al di fuori
delle sedi e infrastrutture di pertinenza del Corpo nazionale".
Alla luce di tale disposizione si censurava la decisione del Giudice di prime cure che aveva equiparato l'incidente occorso al vigile del fuoco A.S. ad un infortunio sui luoghi di lavoro, senza tenere conto della sostanziale inapplicabilità del d.lgs. n. 81/08 all'attività dei vigili del fuoco all'epoca dei fatti.
Si chiedeva di valutare se, alla luce della normativa richiamata e del Decreto ministeriale emanato dopo la proposizione del motivo principale, l'attività svolta dai vigili del fuoco di Caserta in data 05/01/2014 dovesse considerarsi quale intervento in area non classificabile come luogo di lavoro, anche alla luce del decreto ministeriale n. 127/2019, in relazione al quale il personale impiegato, pur nel rispetto dei ruoli, era direttamente responsabile delle manovre e delle operazioni da esso compiute, secondo quanto disposto dal d.P.R. 28 febbraio 2012 n. 64.
L'imputato, pur rivestendo il ruolo di coordinatore e di responsabile per la sicurezza, non avrebbe potuto essere ritenuto responsabile per le conseguenze di una manovra imprudente, irresponsabile e consapevole posta in essere dall'operatore qualificato A.S..
Sui profili dedotti (ritenuta inapplicabilità, all'epoca dei fatti, del d.lgs. n. 81/08, alla luce di quanto disposto dall'art. 3 dello stesso decreto e del d.m. n. 127 del 21/08/2019) la Corte di merito non si è pronunciata.
Motivo quarto: erronea applicazione della legge penale con riferimento al d.lgs.n. 81/08, per aver attribuito all'imputato la posizione di garante ed equiparato il suo ruolo a quello del datore di lavoro.
La Corte d'appello di Napoli avrebbe erroneamente applicato la normativa in materia di tutela della salute e sicurezza dei luoghi di lavoro, parificando la posizione dell'imputato a quella del datore di lavoro sotto il profilo del rispetto delle norme in materia di sicurezza, in quanto egli, al momento dell'incidente, era il più alto in grado ed aveva assunto il coordinamento dell'operazione, rivestendo anche la qualifica di responsabile della sicurezza.
Il d.lgs. n. 81/08, all'art. 3, comma 2, prevede, in relazione al personale dei VV.FF. che le disposizioni del decreto legislativo "sono applicate tenendo conto delle effettive particolari esigenze connesse al servizio espletato o alle peculiarità organizzative" da individuarsi "entro ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo con decreti emanati, ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, dai Ministri competenti di concerto con i Ministri del lavoro e della previdenza sociale, della salute e per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione".
La peculiarità delle attività svolte dai vigili del fuoco sarebbe confermata dall'art. 13, comma 1, dello stesso d.lgs. n. 81/08, che stabilisce che "la vigilanza sull'applicazione della legislazione in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro è svolta dalla azienda sanitaria locale competente per territorio e, per quanto di specifica competenza, dal Corpo nazionale dei vigili del fuoco".
Al comma 1-bis è previsto:"Nei luoghi di lavoro delle Forze armate, delle Forze di polizia e dei vigili del fuoco la vigilanza sulla applicazione della legislazione in materia di salute e sicurezza sul lavoro è svolta esclusivamente dai servizi sanitari e tecnici istituiti presso le predette amministrazioni".
Sulla base di quanto precede, poiché all'epoca del fatto non era stato ancora emanato il decreto ministeriale n. 127/2019, nella risoluzione del caso avrebbe dovuto tenersi conto delle "effettive particolari esigenze connesse al servizio espletato o alle peculiarità organizzative" e, pertanto, avrebbe dovuto applicarsi la disciplina di cui al d.P.R. n. 64/2012 che riguarda il Regolamento di servizio del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, ai sensi dell'articolo 140 del d. lgs 13 ottobre 2005, n.217.
Con riferimento alle attività che richiedono una particolare specializzazione, la normativa citata prevede all'art. 14 che, a parità di qualifica, la sovraordinazione è determinata dall'anzianità di servizio e, all'art. 47, comma 3, stabilisce che nelle attività di intervento che richiedono l'impiego di personale specialistico "il personale specialista intervenuto effettua le valutazioni di competenza in relazione alle manovre ed alle operazioni da effettuare di cui è direttamente responsabile", aggiungendo, all'art. 51, comma 1, che "il personale del Corpo nazionale, oltre a svolgere tutte le attività istituzionali connesse alla qualifica di appartenenza, è impiegato in interventi che richiedono una particolare specializzazione sulla base delle direttive dell'Amministrazione ed è responsabile delle manovre effettuate in virtù delle specifiche abilitazioni conseguite".
Solo in data 30 ottobre 2019 è stato pubblicato il Decreto Ministeriale 21 agosto 2019 n. 127 in materia di tutela della sicurezza nei luoghi di lavoro nell'ambito delle articolazioni centrali e periferiche del dipartimento vigili del fuoco e degli altri corpi che si occupano di ordine e sicurezza pubblica. Con riferimento specifico alle attività dei vigili del fuoco e del Corpo nazionale, all'art. 16, è previsto che non si intendono luoghi di lavoro le aree in cui si effettuano attività di addestramento, esercitazioni operative o manifestazioni a cui il personale partecipa, anche al di fuori delle sedi di pertinenza del Corpo nazionale.
Pertanto, la Corte d'appello ha erroneamente applicato il d.lgs n. 81/08, difettando all'epoca le condizioni per poter equiparare l'imputato al datore di lavoro o a un suo preposto, dovendo invece trovare applicazione la diversa normativa in materia di sicurezza cui al d.P.R. 28 febbraio 2012 n. 64 che disciplina il Regolamento di servizio del Corpo nazionale dei vigili del fuoco.
La erronea equiparazione dell'imputato al datore di lavoro, inoltre, sembrerebbe trovare conferma in quanto previsto, da ultimo, nell'art. 16 del Decreto ministeriale 21 agosto 2019 n. 127.
Motivo quinto: illogicità della motivazione in ordine alla valutazione delle dichiarazioni del testimone Chiaro Alessandro, acquisite ex art. 512 cod. proc. pen. al fascicolo del dibattimento.
Appaiono viziate da illogicità le argomentazioni con le quali la Corte di Appello di Napoli ha superato le dichiarazioni rese dal teste C. Alessandro innanzi al personale della Questura di Caserta in data 08/01/2014, acquisite ai sensi dell'art. 512 cod.proc.pen. durante il giudizio di primo grado e utilizzate per la decisione.
Il teste ha chiaramente detto che il DB.A. ha intimato più volte alla persona offesa di fermarsi e di non intraprendere la manovra effettuata.
Sul punto la Corte non offrirebbe una spiegazione convincente, limitandosi ad affermare che le condizioni esistenti al momento dell'infortunio (interno del campanile buio, luce intensa dei riflettori nella parte esterna, musica e voci di sottofondo), rendevano impossibile la comprensione delle comunicazioni tra i manovratori e la persona offesa.
3. Il P.G. presso questa Corte, con requisitoria scritta, ex art. 23 art. 23 co. 8 d.l. 137/2020, ha concluso per l'inammissibilità del ricorso.
La difesa dell'imputato ha presentato memoria difensiva nella quale si riporta ai motivi di ricorso, chiedendone l'accoglimento. In subordine chiede che venga dichiarata la prescrizione del reato.
La parte civile costituita ha presentato conclusioni scritte nelle quali chiede che il ricorso sia dichiarato inammissibile e ha depositato nota spese.
Diritto
1. Deve in primo luogo rilevarsi come il reato ascritto all'imputato sia estinto per intervenuta prescrizione.
E' invero interamente decorso il termine massimo di anni sette e mesi sei dalla data di verificazione del fatto. In assenza di intervenute cause di sospensione della prescrizione, non rilevabili dalla lettura degli atti, tale termine risulta interamente decorso alla data del 5/7 /21.
La causa di estinzione del reato per intervenuta prescrizione può essere rilevata anche in sede di legittimità.
Quanto alle più favorevoli forme di proscioglimento, di cui alla previsione dell'art. 129, comma 2, cod. proc. pen., esse vengono in rilievo soltanto nei casi in cui le circostanze idonee ad escludere l'esistenza del fatto, la commissione del medesimo da parte dell'imputato e la sua rilevanza penale, emergano dagli atti in modo assolutamente evidente e non contestabile, essendo la valutazione da compiersi in tali casi, più vicina al concetto di "constatazione", che di "apprezzamento". Essa, invero, è incompatibile con qualsiasi necessità di accertamento o di approfondimento (Sez. U, n. 35490 del 28/05/2009, Tettamanti, Rv. 244274).
Nella concreta fattispecie, non sono riscontrabili elementi di giudizio idonei ad integrare la prova evidente dell'innocenza dell'imputato, ma, anzi, come si avrà modo di precisare in prosieguo, sono contenute valutazioni di segno diametralmente opposto.
2. Nel giudizio di impugnazione, nel caso di rilevata prescrizione, in presenza di una condanna al risarcimento dei danni o alle restituzioni pronunciata dal primo giudice o dalla Corte d'appello, in seguito a costituzione di parte civile nel processo, è preciso obbligo del giudice, anche di legittimità, secondo il disposto di cui all'art. 578 cod. proc. pen., esaminare il fondamento dell'azione civile e verificare, senza alcun limite, l'esistenza di tutti gli elementi della fattispecie penale al fine di confermare o meno la condanna alle restituzioni ed al risarcimento pronunciate nei precedenti gradi.
Ebbene, il ricorso agli effetti civili deve essere rigettato.
La motivazione offerta dalla Corte di merito è congrua e non meritevole di essere censurata in questa sede.
Non colgono nel segno le pur articolate doglianze difensive dirette ad escludere l'applicabilità al caso in esame della disciplina dettata dal T.U. in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro.
Invertendo nella trattazione l'ordine dei motivi di ricorso, appare opportuno, in primo luogo, affrontare le questioni di cui ai motivi terzo e quarto dell'impugnazione, che attengono, con argomentazioni intimamente connesse tra loro, alla disciplina applicabile al caso concreto.
Al fatto occorso, diversamente da quanto sostenuto dalla difesa, deve applicarsi la disciplina in materia di tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro dettata dal d.lgs. 9 aprile 2008 n. 81.
La difesa propone invece l'applicazione delle disposizioni di cui al decreto legislativo 13 ottobre 2005 n. 217, afferente all' "Ordinamento del personale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco a norma dell'articolo 2 della legge 30 settembre 2004, n. 252" e il d.P.R. 28 febbraio 2012 n. 64, riguardante il "Regolamento di servizio del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, ai sensi dell'articolo 140 del decreto legislativo 13 ottobre 2005, n. 217".
Il richiamo a tali disposizioni è inconferente; le citate disposizioni, infatti riguardano l'ordinamento del personale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, disciplinano i diversi ruoli professionali all'interno del Corpo stesso ed hanno lo scopo di valorizzare le funzioni del Corpo nazionale dei vigili del fuoco in materia di pubblica incolumità e soccorso pubblico.
Non sono invece contenute nell'ordinamento del personale e nel regolamento di servizio disposizioni che riguardano misure di prevenzione a tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro.
In proposito non può trascurarsi di considerare come lo stesso d.lgs. 81/08 preveda espressamente, all'art. 3, l'applicazione delle norme ivi contenute al personale dei VV.FF., sia pure "tenendo conto delle effettive particolari esigenze connesse al servizio espletato o alle peculiarità organizzative" ("Nei riguardi delle Forze armate e di Polizia, del Dipartimento dei vigili del fuoco, del soccorso pubblico e della difesa civile, dei servizi di protezione civile, nonché nell'ambito delle strutture giudiziarie, penitenziarie, di quelle destinate per finalità istituzionali alle attività degli organi con compiti in materia di ordine e sicurezza pubblica, delle università, degli istituti di istruzione universitaria, delle istituzioni dell'alta formazione artistica e coreutica, degli istituti di istruzione ed educazione di ogni ordine e grado, dei coltivatori diretti del fondo, degli artigiani e dei piccoli commercianti, degli uffici all'estero di cui all'articolo 30 del d. P.R. 5 gennaio 1967, n. 18, e dei mezzi di trasporto aerei e marittimi, le disposizioni del presente decreto legislativo sono applicate tenendo conto delle effettive particolari esigenze connesse al servizio espletato o alle peculiarità organizzative ivi comprese quelle per la tutela della salute e sicurezza del personale nel corso di operazioni ed attività condotte dalla Forze armate, compresa l'Arma dei carabinieri, nonché dalle altre Forze di polizia e dal Corpo dei vigili del fuoco, nonché dal Dipartimento della protezione civile fuori dal territorio nazionale, individuate entro ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo con decreti emanati, ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, dai Ministri competenti di concerto con i Ministri del lavoro e della previdenza sociale, della salute e per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione, acquisito il parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sentite le organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale nonché, relativamente agli schemi di decreti di interesse delle Forze armate, compresa l'Arma dei carabinieri ed il Corpo della Guardia di finanza, gli organismi a livello nazionale rappresentativi del personale militare; analogamente si provvede per quanto riguarda gli archivi, le biblioteche e i musei solo nel caso siano sottoposti a particolari vincoli di tutela dei beni artistici storici e culturali. Con i successivi decreti, da emanare entro cinquantacinque mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta dei Ministri competenti, di concerto con i Ministri del lavoro e della previdenza sociale e della salute, acquisito il parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, si provvede a dettare le disposizioni necessarie a consentire il coordinamento con la disciplina recata dal presente decreto della normativa relativa alle attività lavorative a bordo delle navi, di cui al decreto legislativo 27 luglio 1999, n. 271, in ambito portuale, di cui al decreto legislativo 27 luglio 1999, n. 272, e per il settore delle navi da pesca, di cui al decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 298, e l'armonizzazione delle disposizioni tecniche di cui ai titoli dal II al XII del medesimo decreto con la disciplina in tema di trasporto ferroviario contenuta nella legge 26 aprile 1974, n. 191, e relativi decreti di attuazione").
L'art. 3, comma 3, d.lgs 81/08 prevede espressamente che, fino all'emanazione dei decreti ministeriali, trovino applicazione tutte le norme in materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro emanate in precedenza ("Fino all'emanazione dei decreti di cui al comma 2, sono fatte salve le disposizioni attuative dell'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, nonché le disposizioni di cui al decreto legislativo 27 luglio 1999, n. 271, al decreto legislativo 27 luglio 1999, n. 272, al decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 298, e le disposizioni tecniche del d.P.R. 27 aprile 1955, n. 547, e del d.P.R. 7 gennaio 1956, n. 164, richiamate dalla legge 26 aprile 1974, n. 191, e dai relativi decreti di attuazione. Gli schemi dei decreti di cui al citato comma 2 del presente articolo sono trasmessi alle Camere per l'espressione del parere da parte delle Commissioni parlamentari competenti, da rendere entro trenta giorni dalla data di assegnazione").
Con ritardo rispetto ai termini originariamente previsti (l'art. 3, comma 2, d.lgs. 81/08 aveva previsto un termine di 24 mesi dalla sua entrata in vigore per l'adozione di decreti ministeriali) è stato introdotto il decreto ministeriale n. 127 del 21 agosto 2019, intitolato "Regolamento recante l'applicazione del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro, nell'ambito delle articolazioni centrali e periferiche della Polizia di Stato, del Dipartimento dei vigili del fuoco, del soccorso pubblico e della difesa civile, del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, nonché delle strutture del Ministero dell'interno destinate per finalità istituzionali alle attività degli organi con compiti in materia di ordine e sicurezza pubblica", che disciplina l'attività istituzionale del personale del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco e contiene precipue disposizioni di raccordo con il d.lgs. 81/08 in materia antinfortunistica, a conferma del fatto che, anche in epoca antecedente alla emanazione del suddetto decreto ministeriale, dovesse farsi riferimento alla più generale disciplina dettata in materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro dal decreto legislativo n. 81/08.
Nel decreto ministeriale n. 127/19 si evidenzia in premessa come le attività dei vigili del fuoco siano contraddistinte dall'immediatezza e dall'urgenza della prestazione nonché dalla gestione di scenari non prevedibili e dalle conseguenze non valutabili, per le quali il personale preposto e addetto necessita di specifica preparazione tecnica professionale, di formazione e di addestramento costanti nonché di periodico controllo sanitario.
Il suddetto decreto, nelle singole previsioni, opera poi un raccordo con le disposizioni di cui al d.lgs. 81/08, chiarendo, all'art. 1, come il citato decreto legislativo si applichi, al Dipartimento dei vigili del fuoco, nelle sue articolazioni centrali e periferiche, nelle aree operative e nei riguardi del personale permanente e volontario del Corpo nazionale.
L'aspetto maggiormente innovativo del nuovo decreto ministeriale (art. 16) riguarda l'espressa intervenuta esclusione, dalla qualificazione di "luoghi di lavoro", delle aree in cui il personale dei VV. FF. intervenga per soccorso tecnico urgente a tutela della pubblica incolumità, dei beni e dell'ambiente. In tali ambiti gli obblighi di cui al comma 1, lettera a), dell'articolo 17 del decreto legislativo n. 81 del 2008 si intendono adempiuti adottando uno o più dei seguenti strumenti appositamente predisposti: corsi base di qualificazione e di specializzazione, attività di istruzione e addestrative di aggiornamento, verifica e mantenimento delle qualificazioni professionali acquisite, disposizioni interne, manuali addestrativi e libretti di uso e manutenzione e note informative redatte dalle ditte fornitrici. In tali circostanze, si precisa, il personale interviene sulla base della preparazione tecnica e professionale posseduta e adotta le tecniche e le procedure ritenute più idonee in relazione all'evento, contemperando la valutazione della diretta e personale esposizione al pericolo con l'esigenza di assicurare la protezione propria e di quanti sono presenti sullo scenario, in relazione all 'urgenza e alla gravità dell'attività da espletare .
Si stabilisce ancora (art. 16, comma 4, d.m. ) che non sono intesi come "luoghi di lavoro" le aree in cui si effettuano attività di addestramento, esercitazioni operative o manifestazioni a cui il personale partecipa anche al di fuori delle sedi e infrastrutture di pertinenza del Corpo nazionale.
In tali casi le operazioni sono svolte a seguito di specifica pianificazione da effettuarsi con le modalit à di cui al comma 3 del medesimo articolo.
3. Tutto ciò premesso, non può revocarsi in dubbio che, al caso in esame, si debbano applicare le generali norme del T.U. di cui al d.lgs . 81/08.
La particolare previsione riguardante la definizione di luogo di lavoro contenuta nel d.m. n. 127/19, su cui richiama l'attenzione la difesa, è stata emanata successivamente al fatto in esame, avvenuto il 5/ 1/ 2014.
Ad ogni modo, anche alla luce della definizione del perimetro di "luogo di lavoro" introdotta nel decreto ministeriale richiamato, non può escludersi il carattere d'infortunio sul lavoro nell'incidente occorso al vigile del fuoco A.S.. Invero, come correttamente osservato nella sentenza impugnata, pur essendo l'episodio avvenuto in occasione di una manifestazione di beneficenza, lo stesso si è verificato in orario di lavoro, con attrezzature messe a disposizione del Comando dei VV.FF. e previa autorizzazione del Comandante, che aveva emesso apposito ordine di servizio con il quale autorizzava i sottoposti a partecipare alla manifestazione.
L'art. 16 d.m. n. 127/19, si osserva, pur escludendo dal novero dei luoghi di lavoro quelli nei quali si svolgono manifestazioni, al di fuori delle sedi di pertinenza del Corpo dei VV.FF., prevede comunque che vi sia un'attività di individuazione dei rischi a cui è esposto il personale, la cui neutralizzazione, secondo la nuova previsione, è affidata alla qualificazione professionale, al rispetto delle disposizioni interne, al rispetto delle disposizioni contenute in manuali addestrativi e libretti di uso.
Nel presente caso viene in rilievo, tra le cause dell'infortunio occorso, un errore di progettazione e realizzazione del complesso di funi che doveva sostenere !'A.S. durante i suoi movimenti, in violazione delle disposizioni contenute nel manuale d'uso (nella specie SAF) che prevede le regole di allestimento di un sistema di tal fatta.
Sulla nozione di luogo lavoro questa Corte (Sez. 4, sent. 18 maggio 2011, n. 19533), in coerenza con il dettato normativo (articolo 62 TUS), ha precisato che «per luogo di lavoro, tutelato dalla normativa antinfortunistica, deve intendersi qualsiasi posto in cui il lavoratore acceda, anche solo occasionalmente, per svolgervi le mansioni affidategli, e che nella ratio della normativa antinfortunistica, il riferimento ai "luoghi di lavoro" ed ai "posti di lavoro" non può che riguardare qualsiasi posto nel quale concretamente si svolga l'attività lavorativa». Una limitazione di tale nozione non si traduce nell'automatica esclusione dal novero degli infortuni sul lavoro degli accadimenti che interessano il personale del Corpo. La stessa norma, difatti, richiede che vi sia comunque l'adempimento degli obblighi di cui all'art. 17 d.lgs 81/08.
4. La sentenza impugnata, lungi dall'aver trascurato di offrire risposta al motivo di gravame riguardanti tale aspetto, si è invece espressa sul punto in modo corretto, affermando: "condivisibile la sentenza anche nella parte in cui (da pagina 18 a 23 che qui si intendono espressamente per richiamate) il giudice - rispondendo ad obiezioni della difesa già proposte in primo grado e meramente reiterate in appello, esamina poi la normativa in materia di tutela della salute e sicurezza dei luoghi di lavoro osservando sia l'applicabilità delle stesse al caso de quo, che la responsabilità di DB.A.. Va osservato che, come correttamente rilevato nella sentenza impugnata, la giurisprudenza della Corte di Cassazione ritiene che si tratta di infortunio sul lavoro tenuto conto della circostanza che pur trattandosi di un'attività di beneficienza si era svolta in orario di servizio degli operanti, con utilizzo di attrezzature e mezzi in dotazione alla stazione dei vigili del fuoco di cui certamente gli operanti non avrebbero potuto usufruire a titolo personale" (pag. 12 della sentenza).
Per completezza argomentativa occorre rammentare come anche in altro caso, attinente ad infortunio sul lavoro che ha riguardato un appartenente al corpo dei VV.FF., questa Corte abbia stabilito l'applicazione delle norme di cui al d.lgs 81/08 [cfr. Sez. 4, n. 28883 del 11/06/2019, Rv. 276569, così massimata: "In tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro, la normativa a tutela della sicurezza di cui al d.lgs. 9 aprile 2008, n. 81 è applicabile anche alle attività svolte dai vigili del fuoco. (Nella fattispecie la Corte ha ritenuto immune da censure la sentenza di condanna, per il reato di lesioni personali colpose aggravate ai sensi del terzo comma dell'art. 590 cod. pen., del caposquadra nonché preposto del comando provinciale dei vigili del fuoco in relazione all'infortunio occorso a un vigile esperto, durante un'esercitazione in discesa da fune, conseguente all'omesso uso della corda di sicurezza)"].
5. Non può dubitarsi, anche alla luce di quanto fin qui illustrato, che il DB.A. rivestisse nei confronti della persona offesa una posizione di garanzia. Sul punto la Corte di merito ha correttamente evidenziato che l'imputato, oltre ad essersi occupato dell'allestimento del sistema di funi che dovevano sorreggere l'A.S., era il più alto in grado nella squadra preposta all'attività di cui si tratta ed aveva anche assunto funzioni di coordinamento delle operazioni.
I profili di responsabilità a carico del prevenuto sono stati individuati, con argomentare del tutto logico e coerente, nell'avere predisposto un sistema di aggancio in violazione delle disposizioni tecniche contenute nel manuale SAF, nella mancanza di prova del segnale di STOP lanciato alla persona offesa (il quale, peraltro, non poteva essere percepito nelle condizioni di luce e rumore al momento del fatto), nel non avere dotato l'A.S. di strumenti di comunicazione radio con il manovratore.
I rilievi che riguardano il comportamento abnorme dell'A.S., l'interruzione del nesso causale e la concretizzazione del rischio sono infondati (motivi primo e secondo di ricorso).
La Corte territoriale, con argomentazioni non censurabili in questa sede, ha escluso che la condotta del vigile A.S. potesse essere stata da sola idonea ad interrompere il nesso causale con l'evento verificatosi.
Richiamando il contenuto della testimonianza resa dall'Ing. Fuschetti, la Corte stessa ha evidenziato come il consulente avesse indicato chiaramente diverse cause dell'incidente, "individuandole in alcune genetiche che si pongono certamente a carico del DB.A., ovvero aver consentito quale responsabile dell'operazione che essa avvenisse pur in mancanza di corretta progettazione, ovvero in mancanza di una delle funi necessarie ad una corretta e sicura operazione di discesa dell'A.S. (la fune del vai)", nonché per aver "omesso di predisporre un sistema di comunicazione via radio che consentisse le necessarie comunicazioni tra gli operatori ed il vigile collegato alle funi"; e una terza causa rappresentata dalla "condotta dell'A.S. che si era sganciato dalla longe mentre le funi erano in tensione in un momento in cui le regole tecniche non consentivano tale operazione ed in violazione delle disposizioni predisposte" (pag. 10 della sentenza).
Da tali elementi ha desunto la responsabilità dell'imputato nella causazione dell'infortunio.
La concorrente responsabilità della persona offesa non elide la condotta colposa dell'imputato.
In base a principi consolidati di questa Corte solo la condotta abnorme del lavoratore è suscettibile di determinare l'interruzione del nesso causale tra condotta colposa ascritta al garante ed evento. Ciò si verifica in caso di condotta imprudente o negligente del lavoratore che attivi un rischio nuovo ed eccentrico rispetto a quello che il garante è chiamato a governare (Sez. 4, n. 33976 del 17/03/2021, Rv. 281748- 01: "In tema di prevenzione antinfortunistica, perché la condotta colposa del lavoratore possa ritenersi abnorme e idonea ad escludere il nesso di causalità tra la condotta del datore di lavoro e l'evento lesivo, è necessario non tanto che essa sia imprevedibile, quanto, piuttosto, che sia tale da attivare un rischio eccentrico o esorbitante dalla sfera di rischio governata dal soggetto titolare della posizione di garanzia").
Deve anche aggiungersi che, in presenza di evidenti criticità del sistema, non può farsi questione di esclusione di responsabilità del garante della sicurezza (Sez. 4, n. 10265 del 17/01/2017, Rv. 269255 - 01: "Non è configurabile la responsabilità ovvero la corresponsabilità del lavoratore per l'infortunio occorsogli allorquando il sistema della sicurezza approntato dal datore di lavoro presenti delle evidenti criticità, atteso che le disposizioni antinfortunistiche perseguono il fine di tutelare il lavoratore anche dagli infortuni derivanti da sua colpa, dovendo il datore di lavoro dominare ed evitare l'instaurarsi da parte degli stessi destinatari delle direttive di sicurezza di prassi di lavoro non corrette e, per tale ragione, foriere di pericoli").
6. Parimenti infondato è il rilievo sul travisamento della prova. Il ricorrente, infatti, invoca il vizio di contraddittorietà della motivazione e travisamento della prova per avere la Corte fondato la pronuncia sostanzialmente sulle dichiarazioni della persona offesa, senza correttamente valutare le considerazioni del C.T. (pag. 7 del ricorso).
Occorre rilevare, in primis, come la Corte di merito abbia richiamato la testimonianza della persona offesa al solo fine di ricostruire il percorso fattuale e argomentativo affrontato dal giudice di prime cure, evidenziando, peraltro, come la vittima avesse riconosciuto di aver commesso un errore (pg. 7-10 della sentenza). In secondo luogo, dalla consulenza tecnica, richiamata a pag. 11 della pronuncia impugnata, è emerso un quadro differente rispetto a quello indicato in ricorso.
Ciò in quanto secondo l'Ing. Fuschetti "se il sistema avesse funzionato alla perfezione la vittima non avrebbe avuto la necessità di cercare un appoggio per sollevarsi per raggiungere l'altezza dell'aggancio della corda di sicurezza perché vi sarebbe stato portato dal pescante". Inoltre, il consulente ha affermato che "gli originari imputati accortisi dell'errore di progettazione (effettuato questo dal DB.A. che aveva il comando dell'operazione) avrebbero potuto far continuare la discesa della vittima lungo la teleferica così portando A.S. in sicurezza a terra".
E' di tutta evidenza come, nella specie, non ricorra il vizio del travisamento della prova, avendo il Collegio valutato e riportato in modo completo ed esaustivo quanto dichiarato dal C.T., non limitando le proprie argomentazioni a quanto affermato dalla persona offesa.
7. Il giudice della sentenza impugnata ha ritenuto che, nel caso in esame, fosse stato rispettato il necessario rapporto di causalità tra la condotta omissiva del garante della normativa antinfortunistica e l'evento lesivo, rapporto che deve ritenersi interrotto, ai sensi dell'art. 41, comma secondo, cod. pen., solo nel caso in cui sia dimostrata l'abnormità del comportamento del lavoratore. Ha poi correttamente affermato come la condotta dell'A.S. non potesse reputarsi connotata dall'abnormità, per stranezza ed imprevedibilità delle sue caratteristiche.
L'assunto del giudice d'appello è corretto e conforme ai principi più volte affermati dalla Corte di legittimità in proposito, richiamati nella stessa sentenza impugnata. E' orientamento costante, in materia di infortuni sul lavoro, quello in base al quale la condotta colposa del lavoratore infortunato non possa assurgere a causa sopravvenuta, da sola sufficiente a produrre l'evento, quando sia comunque riconducibile all'area di rischio propria della lavorazione svolta: in tal senso il datore di lavoro è esonerato da responsabilità solo quando il comportamento del lavoratore presenti caratteri dell'eccezionalità, dell'abnormità e dell'esorbitanza rispetto al procedimento lavorativo e alle direttive di organizzazione ricevute (così ex multis, Sez. 4, n. 21587 del 23/03/2007, Rv. 236721).
Pertanto, può definirsi abnorme soltanto la condotta del lavoratore che si ponga al di fuori di ogni possibilità di controllo da parte dei soggetti preposti all'applicazione della misure di prevenzione contro gli infortuni sul lavoro e sia assolutamente estranea al processo produttivo o alle mansioni che gli siano state affidate (così, Sez. 4, n. 38850 del 23/06/2005, Rv. 232420).
A ciò deve aggiungersi che la condotta imprudente o negligente del lavoratore, in presenza di evidenti criticità del sistema di sicurezza approntato dal datore di lavoro, non potrà mai spiegare alcuna efficacia esimente in favore dei soggetti destinatari degli obblighi di sicurezza. Ciò in quanto, tali disposizioni, secondo orientamento conforme della giurisprudenza di questa Corte, sono dirette a tutelare il lavoratore anche in ordine ad incidenti che possano derivare da sua colpa, dovendo, il datore di lavoro, prevedere ed evitare prassi di lavoro non corrette e foriere di eventuali pericoli. (così, ex multis Sez. 4, n. 10265 del 17/01/2017, Rv. 269255; Sez. 4 n. 22813 del 21/4/2015 Rv. 263497; Sez. 4, n. 38877 del 29/09/2005, Rv. 232421 ).
8. Deve pertanto annullarsi senza rinvio la sentenza impugnata, agli effetti penali, per essere il reato estinto per prescrizione. Il ricorso è rigettato agli effetti civili con condanna del ricorrente alla rifusione delle spese sostenute dalla parte civile A.S., che liquida in euro 3.000,00 oltre accessori come per legge.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata, agli effetti penali, per essere il reato estinto per prescrizione. Rigetta il ricorso agli effetti civili e condanna il ricorrente alla rifusione delle spese sostenute dalla parte civile A.S., che liquida in euro 3.000,00 oltre accessori come per legge
Così deciso il 30 marzo 2022