Cassazione Penale, Sez. 4, 19 luglio 2022, n. 28241 - Infortunio durante la manovra di riavvio e sostituzione delle reticelle sulla macchina ratinatrice. Prescrizione


 

 

Presidente: DI SALVO EMANUELE
Relatore: D'ANDREA ALESSANDRO
Data Udienza: 08/07/2022
 

 

Fatto




1. Con sentenza del 24 novembre 2020I la Corte di appello di Brescia, in parziale riforma della pronuncia del Tribunale di Cremona del 26 settembre 2018, ha ridotto la pena inflitta a L.G.C. in quella di giorni venti di reclusione, con concessione del beneficio della non menzione della condanna nel certificato del casellario penale, nel resto confermando la decisione di primo grado, con cui l'imputato era stato riconosciuto colpevole del delitto ex art.  40 cpv., 590, commi 1 e 3, cod. pen. ascrittogli al capo A), con contestuale dichiarazione di estinzione per prescrizione della fattispecie di cui agli artt. 5, 6, 7, 21, 25-septies d.lgs. 8 giugno 2001, n. 231, contestatagli al capo B).
1.1. Il L.G.C. è stato, in particolare, condannato perché, nella sua qualità di legale rappresentante della HDI Holding Dolciaria S.p.a., per imprudenza, imperizia e inosservanza delle norme antinfortunistiche e, segnatamente, degli artt. 28, comma 2 lett. d), e 71, comma 7, d.lgs. 9 aprile 2008, n. 81, non redigendo il documento per l'individuazione di misure preventive - organizzative per l'esecuzione di mansioni in presenza di una fase di lavoro che può dar luogo a rischi per la salute, nello specifico rappresentata dalla manovra di riavvio e sostituzione delle reticelle sulla macchina ratinatrice Somma (postazione conta operai n. 4) - e omettendo di fornire alla lavoratrice L.M.A., per la mansione svolta al momento dell'infortunio, addestramento circa l'utilizzo dei dispositivi forniti, aveva cagionato alla suddetta lavoratrice lesioni personali gravi consistite in "flc polso sx con lesione tendinea estensore radiale del campo" dalle quali era derivata un'incapacità di attendere alle ordinarie occupazioni per un periodo di 48 giorni. Fatto avvenuto in Castelleone (CR) 1'8 agosto 2013.
1.2. Per come giudizialmente accertato, la L.M.A., nel mentre si trovava, unitamente ad un'altra collega, alla postazione conta pezzi n. 4 del reparto di confezionamento della società, nell'effettuare la manutenzione della macchina confezionatrice, bloccatasi a causa di un'etichetta posizionata non correttamente, aveva azionato il pulsante di arresto della macchina e aveva provveduto ad effettuare l'azione di rimozione allorquando la stessa macchina, improvvisamente riavvisatasi, verosimilmente a causa di un fraintendimento avuto con l'altra lavoratrice, le aveva provocato lo schiacciamento della mano sinistra, collocata al di sotto degli organi lavoratori posti inferiormente al foro presente nella macchina del tubo caricatore che consente il passaggio della reticella all'ingresso della macchina.

2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione, a mezzo del proprio difensore, L.G.C., deducendo otto motivi di censura, di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall'art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen.
Con il primo il ricorrente ha dedotto la manifesta violazione del principio di correlazione tra accusa e sentenza, per avere il giudice di merito fondato la pronuncia di conferma della condanna su un profilo specifico di colpa, relativo alla ritenuta inidoneità della macchina retinatrice azionata dalla persona offesa, mai contestato nel corso del giudizio.
Con la seconda doglianza è stata eccepita inosservanza ed erronea applicazione della normativa di settore richiamata dalla disposizione incriminatrice di cui all'art. 590, comma 3, cod. pen. (art. 71, comma 7, d.lgs. n. 81 del 2008), per avere la Corte di appello mal applicato, con motivazione carente e manifestamente illogica, i concetti di formazione e di addestramento ai fini del giudizio di sussistenza dell'elemento oggettivo dell'illecito.
Rileva, infatti, il ricorrente che al momento dell'assegnazione della L.M.A. alla sua specifica mansione le era stata fornita l'informazione generale sulla sicurezza dei luoghi di lavoro, nonché la formazione e l'informazione specifica riguardante il macchinario da utilizzare e l'attività ad esso connessa, così come le era stato fornito il necessario addestramento pratico da parte di una persona esperta sul luogo di lavoro. Il giudice di merito non avrebbe adeguatamente valorizzato gli indicati aspetti, confondendo il profilo della formazione in senso proprio con quello dell'addestramento, nonché trascurando di accertare quanto, sotto il profilo dell'addestramento, era stato effettivamente impartito, e correttamente disposto, in favore della L.M.A..
Con il terzo motivo il L.G.C. ha lamentato erronea applicazione della legge penale in materia di sicurezza sul lavoro con riferimento ai contenuti delle procedure di sicurezza impartite al lavoratore ai sensi dell'art. 28, comma 2, lett. d) d.lgs. n. 81 del 2008.
Avrebbe, infatti, errato la Corte territoriale nell'aver ritenuto non corretta la procedura di gestione in sicurezza delle macchine retinatrici, per non essere stata regolamentata anche l'astratta ipotesi dell'intervento sulla macchina di due persone contemporaneamente, trattandosi di considerazione all'evidenza illogica, in quanto espressa con riguardo ad una macchina in cui è prevista l'azione di un unico lavoratore, e rispetto alla quale non è concepibile il contestuale intervento di due operatori.
Con la quarta censura il ricorrente ha dedotto inosservanza della legge penale per mancata applicazione del principio di diritto avente ad oggetto l'esenzione di responsabilità per il datore di lavoro in conseguenza di un comportamento anomalo, imprevedibile ed eccentrico dell'operatore costituente causa sopravvenuta e sufficiente a produrre l'evento, oltre a contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in ordine all'indicato aspetto.
La Corte di appello avrebbe, infatti, errato nel ritenere la sussistenza del nesso di causalità tra la procedura di gestione della macchina retinatrice e la verificazione dell'infortunio, dovendo tale ultimo essere eziologicamente riferito alla condotta abnorme della L.M.A., che del tutto imprevedibilmente, e al di fuori del processo lavorativo e delle sue mansioni, aveva inserito la sua mano in una sezione aperta della macchina.
Con la quinta doglianza è stata dedotta inosservanza ed erronea applicazione della legge penale in tema di causalità tra la contestata omissione di addestramento della lavoratrice e l'evento infortunio, essendo tale ultimo da imputarsi, in modo univoco, alla condotta imprevedibile ed eccentrica posta in essere dalla persona offesa.
Con il sesto motivo il ricorrente ha lamentato inosservanza ed erronea applicazione della legge penale con riguardo all'elemento oggettivo del reato, in particolare con riferimento alla configurazione degli obblighi di garanzia gravanti sul datore di lavoro, altresì deducendo contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione sul punto.
Il L.G.C., infatti, era entrato in carica come legale rappresentante dell'ente solo pochi giorni prima del sinistro, ragion per cui, analizzando concretamente la fattispecie e valorizzando solo condotte effettivamente esigibili da parte dell'imputato, gli obblighi specifici su di lui gravanti avrebbero dovuto essere riferiti necessariamente alla persona del suo predecessore.
Con la settima censura il L.G.C. ha eccepito carenza, illogicità e contraddittorietà della motivazione in merito alle ragioni che hanno condotto a un giudizio di mera equivalenza, e non di prevalenza, delle circostanze attenuanti generiche rispetto alla contestata aggravante ex art. 590, comma 3, cod. pen.
Con l'ultimo motivo è stata dedotta, infine, erronea applicazione della legge penale, con riferimento all'art. 133 cod. pen., in ragione della mancata commisurazione della pena in misura minima.
 

 

Diritto




l. Il Collegio ritiene che i motivi dedotti dal ricorrente non siano manifestamente infondati, per cui deve, conseguentemente, prendere atto dell'intervenuta prescrizione del reato, pronunciando nei suoi riguardi l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata per essere il reato estinto per prescrizione.
Non appare manifestamente infondata, in particolare, la doglianza con cui il L.G.C. ha lamentato l'insussistenza del nesso di causalità tra la condotta a lui imputabile e la verificazione dell'occorso incidente, stante la carenza di esatta individuazione di un comportamento alternativo lecito da costui esigibile.

2. La superiore valutazione fa ritenere ben radicato il grado di giudizio dinanzi a questa Corte di legittimità, inducendo alla conseguente declaratoria di estinzione del reato per intervenuta prescrizione.
La commissione del reato, infatti, risale all'8 agosto 2013 per cui, tenuto conto delle sospensioni intervenute (dal 9 marzo all'll maggio 2021), il termine prescrizionale massimo di anni sette e mesi sei, di cui al combinato disposto agli artt. 157, comma 1, e 161, comma 2, cod. pen., si è compiuto il 12 aprile 2021.
E', poi, appena il caso di sottolineare come la maturata prescrizione precluda ogni possibile approfondimento nel merito. Ed infatti, a prescindere dalla fondatezza o meno degli assunti del ricorrente, è ben noto che, secondo consolidato orientamento di questa Corte di legittimità, qualora già risulti una causa di estinzione del reato, non rileva la sussistenza di eventuali nullità, addirittura pur se di ordine generale, in quanto l'inevitabile rinvio al giudice di merito è incompatibile con il principio dell'immediata applicabilità della causa estintiva (cfr. Sez. U, n. 1021 del 28/11/2001, dep. 2002, Cremonese, Rv. 220511-01), non essendo rilevabili in sede di legittimità vizi di motivazione della sentenza impugnata in presenza, come nel caso di specie, di una causa di estinzione del reato, quale la prescrizione (v. Sez. U, n. 35490 del 28/05/2009, Tettamanti, Rv. 244275-01).
Non ricorrono, infine, le condizioni per una pronuncia assolutoria di merito ex art. 129, comma 2, cod. proc. pen., tenuto conto delle congrue e non illogiche valutazioni rese dalla Corte di merito nella sentenza impugnata.
Non emergendo, dunque, all'evidenza circostanze tali da imporre, quale mera "constatazione" (cioè presa d'atto), la necessità di assoluzione (Sez. U, n. 35490 del 28/05/2009, Tettamanti, Rv. 244275-01), discende, di necessità, la pronunzia dell'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata per essere il reato estinto per intervenuta prescrizione.

 

P. Q. M.




Annulla senza rinvio la sentenza impugnata, perché il reato è estinto per prescrizione.

Così deciso in Roma l'8 luglio 2022