- Coordinatore per l'Esecuzione
- Infortunio sul Lavoro
- Piano di Sicurezza e Coordinamento
Responsabilità del coordinatore per l'esecuzione dei lavori dell'impresa edile facente capo a ... (anche lui imputato per gli stessi fatti e separatamente giudicato), che aveva appaltato i lavori per la realizzazione di uno scavo largo circa 40-45 cm. e profondo cm. 120/130, necessario per la posa in opera di una condotta idrica, per negligenza e violazione di norme antinfortunìstiche; venne accusato infatti di aver cagionato la morte del lavoratore ..., messo a lavorare, con pala e piccone, ad uno scavo di m. 1,70 di profondità e di m. 1,60 di larghezza senza tener conto della natura del terreno di riporto, privo di aderenza in quanto addossato ad un muro di cemento armato, che non garantiva adeguata resistenza.
Circostanza che rendeva indispensabile provvedere all'esecuzione di opere di sostegno nell'ambito di un piano di sicurezza che andava rinnovato in ragione della necessità, appena emersa - per la presenza di una condotta per lo smaltimento di acque fognarie - di effettuare scavi più profondi rispetto a quelli originariamente previsti.
In tale condizione di rischio, il lavoratore era rimasto travolto dal terreno soprastante, franatogli improvvisamente addosso mentre, dal fondo dello scavo, si stava accingendo a salire in superficie, ed era deceduto per compressione della gabbia toracica.
Ricorre in Cassazione - Rigetto.
"Il giudice del gravame ha correttamente rilevato come dall'imprevista presenza, sul posto ove dovevano essere posizionati i tubi della rete idrica, della rete fognaria, e dunque dall'interferenza delle due condotte, che imponeva di modificare l'originario piano di lavoro e di adattarlo alla nuova situazione, nascesse il dovere dell'imputato, in ragione della qualifica ricoperta, di rielaborare il piano di sicurezza in vista dell'esigenza di eseguire una diversa tipologia di scavo, in relazione alla quale si rendeva necessario l'intervento manuale dei lavoratori in fondo alla trincea già realizzata con i mezzi meccanici.
Davanti all'evidente aumento del rischio - che nasceva dalla previsione di un abbassamento di quota dello scavo, e quindi della sua profondità, e dalla necessaria, e non prevista, originariamente, presenza di operai al fondo dello stesso, nella zona di intersezione delle due condotte, oltre che dalla natura del terreno sul quale si andava ad operare, rimaneggiato e di riempimento della vecchia trincea - l'imputato, in violazione di precise norme antinfortunistiche, ha omesso di predisporre un aggiornamento del piano di sicurezza e coordinamento, essendosi limitato a fornire verbali e generiche indicazioni ai lavoratori (la vittima, peraltro, era stata assunta solo il giorno prima), e di prevedere interventi sul piano della sicurezza in grado di evitare crolli, e comunque di assicurare la regolare e sicura prosecuzione, oltre che dei lavori di scavo, anche di quelli, a scavo ultimato, di posa in opera dei tubi.
A fronte di tale condotta gravemente omissiva, giustamente il giudice del gravame ha ritenuto del tutto priva di rilievo, nei termini ritenuti dall'imputato, la decisione della vittima di risalire sul piano di campagna utilizzando una via diversa da quella da altri seguita; tale via, peraltro, mai concretamente interdetta."
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
QUARTA SEZIONE PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: |
UDIENZA PUBBLICA |
|
Dott. ALDO SEBASTIANO RIZZO | - Presidente - |
SENTENZA |
Dott. FRANCESCO MARZANO | - Consigliere - | |
Dott. GIACOMO FOTI | - Rel. Consigliere - |
REGISTRO GENERALE |
Dott. UMBERTO MASSAFRA | - Consigliere - | |
Dott. PATRIZIA PICCIALLI | - Consigliere - |
ha pronunciato la seguente
SENTENZA / ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
1) … N. IL 20/11/1967
avverso la sentenza n. 173/2005 CORTE APPELLO di ANCONA, del 05/11/2007
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 17/12/2009 la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIACOMO FOTI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Cedrangolo che ha concluso per l'inammissibilità del ricorso
Udito, per la parte civile, l'Avv
Udito il difensore Avv. … che ha chiesto l'accoglimento del ricorso
Fatto
-I- Con sentenza del 5 novembre 2007, la Corte d'Appello di Ancona, riformando, su appello proposto dal procuratore della repubblica di Urbino, la decisione assolutoria del Gup del locale tribunale, del 12 ottobre 2004, ha ritenuto … colpevole del delitto dì omicidio colposo commesso, con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro, in pregiudizio di …, assunto quale operaio il giorno precedente Infortunio, verificatosi il 29.11.2001.
Secondo l'accusa, condivisa dalla corte territoriale, l'imputato, nella qualità di coordinatore per l'esecuzione dei Lavori dell'impresa edile facente capo a … (anche lui imputato per gli stessi fatti e separatamente giudicato), che aveva appaltato i lavori per la realizzazione di uno scavo largo circa 40-45 cm. e profondo cm. 120/130, necessario per la posa in opera di una condotta idrica, per negligenza e violazione di norme antinfortunistiche (artt. 13 del d.p.r. n.164/56 e 5/1/a-b del D.L.vo n. 494/96) aveva cagionato la morte del …, messo a lavorare, con pala e piccone, ad uno scavo di m. 1,70 di profondità e di m, 1,60 di larghezza senza tener conto della natura del terreno di riporto, privo di aderenza in quanto addossato ad un muro di cemento armato, che non garantiva adeguata resistenza.
Circostanza che rendeva indispensabile provvedere all'esecuzione di opere di sostegno nell'ambito di un piano di sicurezza che andava rinnovato in ragione della necessità, appena emersa -per la presenza di una condotta per lo smaltimento di acque fognarie- di effettuare scavi più profondi rispetto a quelli originariamente previsti. In tale condizione di rischio, il … era rimasto travolto dal terreno soprastante, franatogli improvvisamente addosso mentre, dal fondo dello scavo, si stava accingendo a salire in superficie, ed era deceduto per compressione della gabbia toracica.
La corte territoriale, accogliendo l'appello del PM, richiamando le conclusioni cui erano pervenuti il consulente del PM ed il perito nominato in sede di incidente probatorio, ha rilevato specifici profili di colpa nella condotta dell'imputato, per avere lo stesso omesso di aggiornare le prescrizioni di sicurezza attraverso la predisposizione di un apposito piano di lavoro che, tenendo conto dell'esigenza di eseguire uno scavo di circa m. 1,70 di profondità, prevedesse la realizzazione di opere di sostegno delle pareti le cui condizioni di instabilità, e dunque di pericolosità, derivavano oltre che dalla maggiore profondità dello scavo, dall'instabilità del terreno, già rimaneggiato per precedenti scavi. Nessun addebito, peraltro, poteva muoversi, a giudizio della stessa corte, al comportamento della vittima, che si stava accingendo a risalire dal lato di nord est, cioè dalla parte opposta rispetto a quella in cui era sceso nella trincea.
-II- Avverso tale sentenza propone ricorso l'imputato che deduce:
1) violazione dell'art. 13 del d.p.r. n. 164/1956; sostiene il ricorrente l'infondatezza dell'addebito mosso all'imputato, di non avere previsto la realizzazione di opere di sostegno dello scavo, posto che:
a) nel punto incriminato la larghezza dello scavo era di m. 1,60, e quindi non era necessario provvedere a rinforzi delle pareti;
b) la vittima è stata investita dallo smottamento del terreno mentre si trovava in un posto in cui non era previsto il transito di persone, cioè nella stretta trincea entro la quale la tubazione veniva posizionata dall'esterno con l'ausilio di una macchina; c) i lavoratori potevano agevolmente utilizzare, per uscire dalla trincea, altro tragitto, del tutto sicuro; il … si sostiene nel ricorso, non aveva alcuna necessità di attraversare quella stretta trincea e nessuno poteva prevedere una condotta così assurda ed anomala;
2) violazione dell'art. 5/1/a-b dei D.L.vo n. 494/1996 in relazione agli artt. 40 e 41 c.p. e vizio di motivazione; sostiene, a tale proposito, il ricorrente, che l'imputato, secondo la prova documentale e testimoniale acquisita, aveva impartito precise disposizioni alle maestranze, alle quali era stata interdetta la discesa nello scavo principale attraverso la piccola trincea; inspiegabilmente, quindi, e contro tali direttive, il … aveva deciso il pericoloso attraversamento di quella trincea dove si è verificato lo smottamento; mentre la corte territoriale non ha spiegato, soggiunge il ricorrente, a cosa potesse servire un'armatura di sostegno apposta in una trincea di appena 40 cm. e come essa si sarebbe potuta realizzare; l'imputato, peraltro, è stato artificiosamente coinvolto nella condotta rimproverata, nel capo d'imputazione, al titolare della ditta, …, cioè di non avere realizzato le opere di sostegno previste dall'art. 13 del d.p.r. n. 164/56, pur in assenza di qualsiasi nesso causale tra la sua condotta e l'evento, anche se la sentenza richiama il concorso di cause piuttosto che la cooperazione colposa.
All'udienza di trattazione del ricorso, il difensore ha sollevato censure anche sotto il profilo del trattamento sanzionatorio, reclamando la prevalenza delle concesse attenuanti generiche sull'aggravante, con conseguente declaratoria di prescrizione del reato.
-III- Premessa l'inammissibilità delle censure da ultimo svolte dal difensore dell'imputato, in ragione della loro genericità ed intempestività, osserva la Corte che il ricorso è infondato.
Inesistenti sono, invero, i vizi dedotti dal ricorrente nell'atto d'impugnazione, avendo la corte territoriale, nel pieno rispetto della normativa di riferimento ed in assoluta coerenza rispetto alle acquisizioni probatorie, precisamente individuato i profili di colpa addebitabili all'imputato, del tutto trascurati dal giudice di primo grado.
In realtà, il giudice del gravame ha correttamente rilevato come dall'imprevista presenza, sul posto ove dovevano essere posizionati i tubi della rete idrica, della rete fognaria, e dunque dall'interferenza delle due condotte, che imponeva di modificare l'originario piano di lavoro e di adattarlo alla nuova situazione, nascesse il dovere dell'imputato, in ragione della qualifica ricoperta, di rielaborare il piano di sicurezza in vista dell'esigenza di eseguire una diversa tipologia di scavo, in relazione alla quale si rendeva necessario l'intervento manuale dei lavoratori in fondo alla trincea già realizzata con i mezzi meccanici.
Davanti all'evidente aumento del rischio - che nasceva dalla previsione dì un abbassamento di quota dello scavo, e quindi della sua profondità, e dalla necessaria, e non prevista, originariamente, presenza di operai al fondo dello stesso, nella zona di intersezione delle due condotte, oltre che dalla natura del terreno sul quale si andava ad operare, rimaneggiato e di riempimento della vecchia trincea - l'imputato, in violazione di precise norme antinfortunistiche, ha omesso di predisporre un aggiornamento del piano di sicurezza e coordinamento, essendosi limitato a fornire verbali e generiche indicazioni ai lavoratori (la vittima, peraltro, era stata assunta solo il giorno prima), e di prevedere interventi sul piano della sicurezza in grado di evitare crolli, e comunque di assicurare la regolare e sicura prosecuzione, oltre che dei lavori dì scavo, anche di quelli, a scavo ultimato, di posa in opera dei tubi.
A fronte di tale condotta gravemente omissiva, giustamente il giudice del gravame ha ritenuto del tutto priva di rilievo, nei termini ritenuti dall'imputato, la decisione della vittima di risalire sul piano di campagna utilizzando una via diversa da quella da altri seguita; tale via, peraltro, mai concretamente interdetta.
D'altra parte, non era stata predisposta, secondo quanto affermato dallo stesso giudice, senza essere smentito, un'apposita via di risalita né era stato allestito altro mezzo di discesa e risalita, arbitrariamente non utilizzato dalla vittima.
Invero, le vie dì risalita, ha sostenuto la corte territoriale, ancora senza essere smentita, erano solo quelle venutesi a creare naturalmente dall'incedere dei lavori di scavo, di guisa che era del tutto prevedibile che per l'accesso alla trincea e per ritornare in superficie si utilizzasse una di tali vie.
In sostanza, l'addebito fondatamente rivolto all'imputato è di non avere proceduto ad una revisione dell'originario piano di sicurezza e coordinamento allorché erano emerse non solo la necessità di procedere ad uno scavo più profondo di quello inizialmente previsto, ma anche la impossibilità, per la presenza della rete fognaria, di proseguire lo scavo con l'uso del mezzo meccanico e la necessità di un intervento manuale dei lavoratori in fondo alla trincea.
Tutto ciò avrebbe dovuto comportare, secondo quanto giustamente sostenuto dal giudice del gravame, l'aggiornamento del piano di sicurezza che verificasse sia la tenuta del terreno di riporto sul quale si svolgeva il lavoro, sia la fruibilità di vie di discesa nella trincea e di risalita dalla stessa.
Temi per nulla affrontati dall'imputato, limitatosi a verbali e generiche indicazioni.
Condotta che correttamente lo stesso giudice ha ritenuto in rapporto causale rispetto all'evento determinatosi, posto che, se l'imputato avesse attentamente esaminato la nuova situazione venutasi a creare per la presenza della rete fognaria ed avesse modificato il piano di sicurezza in coerenza rispetto al diverso e ben più grave grado di rischio dovuto alla esigenza di eseguire una diversa tipologia di scavo, eventualmente imponendo la sospensione dei lavori, in attesa dei necessari approfondimenti, l'infortunio sarebbe stato evitato.
Il ricorso deve essere, quindi, rigettato, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 17 dicembre 2009.
Il Consigliere Il Presidente
CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
IV Sezione Penale
DEPOSITATO IN CANCELLERIA
8 APRILE 2010
IL CANCELLIERE