Cassazione Penale, Sez. 4, 29 settembre 2022, n. 36785 - Infortunio con una "taglierina media" durante il taglio di tubi in ceramica. Macchinario non sicuro e mancato aggiornamento del DVR


 

 

Presidente: DI SALVO EMANUELE
Relatore: DAWAN DANIELA Data Udienza: 19/04/2022
 

 

Fatto




1. La Corte di appello di Torino, in parziale riforma della sentenza del Tribunale della stessa città, per avere valutato in regime di prevalenza le già riconosciute circostanze attenuanti generiche, ha confermato la penale responsabilità di F.M. in ordine al reato di cui all'art. 590, comma 3, cod. pen., in relazione all'art. 583, comma 1, nn. 1 e 2, cod. pen.
2. In particolare, l'imputato è accusato di avere, nella qualità di amministratore delegato della ISOTALCO s.r.l., quindi datore di lavoro di V.R., cagionato alla stessa, per colpa generica e per violazione della normativa in materia di infortuni sul lavoro, lesioni personali gravi, segnatamente una profonda ferita da taglio alla terza falange (falange distale) del dito indice della mano sinistra, con conseguenti lesioni del tendine estensore e di un ramo nervoso del dito, tali da determinare incapacità di attendere alle proprie ordinarie occupazioni per un tempo superiore a sei mesi ed un indebolimento permanente della funzione prensile della mano sinistra. Accadeva che, dopo aver effettuato il taglio di uno spezzone di tubo, la lavoratrice, reagendo al movimento anomalo in avanti del tubo, poneva la mano sinistra a contatto con il disco a taglio, così procurandosi le anzidette lesioni (in Villar Perosa, il 28/10/2014).
3. In base alle dichiarazioni della vittima e alla documentazione acquisita, i Giudici di merito hanno così ricostruito la dinamica dell'infortunio: la persona offesa era addetta, quale operaia specializzata, al taglio dei tubi in ceramica prodotti dall'impresa ISOTALCO s.r.l., azienda presso la quale lavorava da trent'anni. Nello svolgimento della sua attività, utilizzava la macchina denominata "taglierina media", composta da un disco da taglio e da una culla oscillante su cui viene appoggiato un tubo da sezionare in più parti, il quale, dopo essere stato posizionato contro un fermo per ottenere la giusta misura, viene avvicinato manualmente per essere tagliato dalla lama rotante. Una volta completata l'operazione, l'addetta preleva con la mano sinistra la parte appena tagliata e la colloca in una cassetta. L'infortunio si verificava quando la V.R. era giunta all'incirca a metà del taglio di un tubo in più sezioni. Presumibilmente a causa di una maggiore ed inusuale resistenza opposta dal pezzo in lavorazione, la mano sinistra, con cui la donna stava tenendo il pezzo, era scivolata verso il disco in movimento.
4. I giudici del merito avevano fondato la responsabilità dell'imputato sul fatto che era stato dimostrato, con certezza, il mancato adempimento dell'obbligo stabilito dall'art. 71, comma 1, d.lgs. 81/2008, in relazione alla messa a disposizione della lavoratrice di un'attrezzatura da lavoro conforme ai requisiti generali di sicurezza.
5. Avverso la sentenza di appello ricorre il difensore dell'imputato che articola due motivi con cui deduce:
5.1. Contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione per travisamento delle risultanze probatorie e per omessa motivazione: la Corte territoriale sarebbe incorsa in un travisamento delle risultanze probatorie relative alla ricostruzione dell'infortuno, tale da determinare una illogicità manifesta della motivazione in relazione al compendio probatorio acquisito nel contraddittorio delle parti. La sentenza impugnata avrebbe omesso di dare risposta alle deduzioni dell'atto di appello volte a contestare la ricostruita dinamica dei fatti, giacché non sarebbe stato possibile alcun contatto tra la mano della lavoratrice e il disco rotante.
5.2. Erronea applicazione degli artt. 42, 43, 590 cod. pen. e omessa motivazione con riguardo alla configurabilità dell'elemento soggettivo, per quanto attiene alla valutazione della prevedibilità ed evitabilità dell'evento e al principio di affidamento. Si evidenzia che l'imputato aveva fatto affidamento sulle prescrizioni dello Spresal, adeguando la taglierina, nel 2010, secondo le prescrizioni ricevute, e non aveva effettuato interventi ulteriori e diversi sul macchinario anche perché questo risultava del tutto sicuro.
6. Il Procuratore Generale ha concluso per l'inammissibilità del ricorso.


 

Diritto


1. Il ricorso è infondato e deve, pertanto, essere rigettato.
2. Va preliminarmente ricordato che l'indagine di legittimità sul discorso giustificativo della decisione ha un orizzonte circoscritto, dovendo il sindacato demandato alla Corte di cassazione essere limitato - per espressa volontà del legislatore - a riscontrare l'esistenza di un logico apparato argomentativo sui vari punti della decisione impugnata, senza possibilità di verificare l'adeguatezza delle argomentazioni di cui il giudice di merito si è avvalso per sostanziare il suo convincimento, o la loro rispondenza alle acquisizioni processuali. L'illogicità della motivazione, come vizio denunciabile, deve essere evidente, cioè di spessore tale da risultare percepibile ictu oculi, dovendo il sindacato di legittimità al riguardo essere limitato a rilievi di macroscopica evidenza, restando ininfluenti le minime incongruenze e considerandosi disattese le deduzioni difensive che, anche se non espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata, purché siano spiegate in modo logico e adeguato le ragioni del convincimento (Sez. U, n. 24 del 24/11/1999 Spina, Rv. 214794 - 01).
Il ricorrente - che è stato condannato in entrambi i giudizi di merito, con motivazione conforme - si duole di un presunto travisamento della prova in relazione alla ricostruzione dell'infortunio operata dai giudici di merito. La doppia conformità della decisione di condanna dell'imputato ha decisivo rilievo con riguardo ai limiti della deducibilità in Cassazione del vizio di travisamento della prova. È pacifico, infatti, nella giurisprudenza di legittimità, che tale vizio possa essere dedotto con il ricorso per cassazione, nel caso di cosiddetta "doppia conforme", soltanto nelle ipotesi in cui il giudice di appello, per rispondere alle critiche contenute nei motivi di gravame, abbia richiamato dati probatori non esaminati dal primo giudice, ovvero quando entrambi i giudici di merito siano incorsi nel medesimo travisamento delle risultanze probatorie acquisite in forma di tale macroscopica o manifesta evidenza da imporre, in termini inequivocabili, il riscontro della non corrispondenza della motivazione di entrambe le sentenze di merito rispetto al compendio probatorio acquisito nel contraddittorio delle parti (ex multis, Sez. 2, n. 5336 del 09/01/2018, Le altro, Rv. 272018 - 01).
Sul punto si è poi, in particolare, affermato che, in tema di motivi di ricorso per cassazione, il vizio di travisamento della prova, desumibile dal testo del provvedimento impugnato o da altri atti del processo specificamente indicati dal ricorrente, è ravvisabile ed efficace solo se l'errore accertato sia idoneo a disarticolare l'intero ragionamento probatorio, rendendo illogica la motivazione per la essenziale forza dimostrativa dell'elemento frainteso o ignorato, fermi restando il limite del devolutum in caso di cosiddetta "doppia conforme" e l'intangibilità della valutazione nel merito del risultato probatorio.
3. Tutto ciò premesso, con riguardo al primo motivo, con cui si contesta la ricostruzione dell'infortunio operata dai giudici di merito, con specifico riguardo all'avvenuto contatto della mano della lavoratrice con l'organo tagliente, il Collegio osserva che, sul punto, la motivazione si appalesa adeguata e congrua. La Corte di appello ha, invero, ricordato che già il primo giudice, in relazione alla asserita (dalla difesa dell'imputato) impossibilità di verificazione di un contatto tra la mano sinistra della lavoratrice e il disco tagliente, era pervenuto, sulla base dell'osservazione dei fotogrammi predisposti dallo stesso consulente tecnico della difesa, alla conclusione che la lavorazione dei pezzi mediante la taglierina implicasse la collocazione di entrambe le mani in prossimità della lama, con conseguente possibilità di entrare accidentalmente in contatto con la stessa in caso di scivolamento, movimenti bruschi o simili. Così come, peraltro, rilevato dagli ispettori in relazione a tutte le taglierine presenti nello stabilimento, rispetto alle quali l'imputato provvedeva ad adempiere alle specifiche prescrizioni imposte, eliminando in conseguenza il rischio di contatto con gli organi deputati al taglio. Con riguardo al primo motivo di ricorso, la Corte di appello ricorda come gli argomenti in cui esso era (ed è anche nel presente ricorso) articolato siano stati ampiamente confutati dal primo giudice che, sulla base delle risultanze istruttorie - rappresentate dal puntuale racconto della persona offesa, confortato dalle valutazioni del consulente tecnico medico legale del pubblico ministero, dott. B. (la cui consulenza è stata acquisita agli atti) e dalla documentazione medica sulla profonda ferita da taglio - ha adeguatamente ricostruito la dinamica dell'infortunio. Il teste M., ufficiale di polizia giudiziaria, in servizio presso lo SPRESAL di Pinerolo, aveva inoltre riferito, continua la sentenza impugnata, che l'utensile di cui era dotata la taglierina era un sottile disco in metallo, con la superficie ricoperta di minuscole particelle diamantate, funzionali alla precisa sezione del pezzo in lavorazione, maneggiato dall'operatrice la quale, come si evince anche dalla documentazione fotografica acquisita, per procedere al taglio, doveva necessariamente avvicinare molto le mani al tagliente organo lavoratore in movimento. Il testimone ha altresì precisato che il tipo di lavorazione cui era addetta la V.R. implicava una serie di movimenti ripetuti in rapida successione, sicché si presentava elevato il rischio di sbagliare leggermente il movimento ed entrare in contatto con l'utensile pericoloso non segregato in modo adeguato: situazione pericolosa che il M. aveva direttamente verificato, nonché corroborata, sostiene la Corte di appello, anche dalle immagini della copiosa documentazione fotografica in atti. Proprio in base alle misure di prevenzione e protezione predisposte dall'imputato, a seguito dei rilievi ispettivi - consistenti nell'installare sulla taglierina dei ripari tubolari lateralmente alla lama in modo da impedire l'avvicinamento delle dita alla lama ... i Giudici di merito hanno tratto il corretto giudizio controfattuale, formulato nel senso che, qualora i ripari o le altre cautele prescritte dalla normativa antinfortunistica, fossero stati installati sulla macchina, il contatto tra le dita della lavoratrice e la parte laterale della lama rotante non si sarebbe verificato.
Osserva poi la Corte del merito che il documento aziendale di valutazione dei rischi, datato 14/05/2009, per quanto attiene alla mansione della signora V.R., non era stato aggiornato e completato in modo tale da comprendere in maniera sufficientemente precisa e dettagliata quanto previsto dalla normativa. La taglierina, infatti, era risalente al 1959 e le varie modifiche di cui era stata oggetto nel corso degli anni erano risultate non idonee a garantire un controllo completo dei rischi residui, qual è quello legato all'accessibilità alla zona dell'organo lavoratore del macchinario.
Ed è esattamente questo il profilo di colpa ascritto all'imputato. Gli assunti difensivi sul mancato contatto della mano della lavoratrice e l'organo tagliante - su cui, peraltro, i giudici di merito hanno fornito congrua ed esaustiva motivazione - appaiono, pertanto, non rilevanti alla luce del dato obiettivo della mancata considerazione, nel documento di valutazione rischi, del rischio specifico afferente alla mansioni specificamente svolte dalla persona offesa e della conseguente mancata predisposizione di quei presidi di sicurezza che avrebbero evitato l'infortunio.
In questo senso, la sentenza impugnata ha fatto buon governo dell'insegnamento, più volte espresso da questa Corte di legittimità per il quale, sul datore di lavoro, grava l'obbligo giuridico di analizzare, secondo la propria esperienza e la migliore evoluzione della scienza tecnica, tutti i fattori di pericolo concretamente presenti all'interno dell'azienda, dovendo, all'esito, redigere e sottoporre ad aggiornamenti periodici il documento di valutazione dei rischi previsto dall'art. 28 del d.lgs. n.81/2008, all'interno del quale è tenuto ad indicare le misure precauzionali e i dispositivi di protezione adottati per tutelare la salute e la sicurezza dei lavoratori (ex multis, Sez. Un. 38343 del 24/04/2014, Espenhahn e altri). Lo strumento della adeguata valutazione dei rischi è un documento che il datore di lavoro deve elaborare con il massimo grado di specificità, restandone egli garante: l'essenzialità di tale documento deriva con evidenza dal fatto che, senza la piena consapevolezza di tutti i rischi per la sicurezza, non è possibile una adeguata politica antinfortunistica (così, Sez. 4, n. 43786 del 13/09/2010, Cozzini e altri). E ciò perché, in tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro, il rapporto di causalità tra la condotta dei responsabili della normativa antinfortunistica e l'evento lesivo non può essere desunto soltanto dall'omessa previsione del rischio nel documento, di cui all'art. 4, comma 2, del d.lgs. 19 settembre 1994, n. 626, dovendo tale rapporto essere accertato in concreto, rapportando gli effetti dell'omissione all'evento che si è concretizzato (Sez. 4, n. 8622 del 04/12/2009, dep. 2010, Giovannini, Rv. 246498 - 01). Facendo applicazione di tali principi di diritto, la Corte di Torino, richiamate le argomentazioni del giudice di prime cure, ha del tutto correttamente affermato che l'imputato, «né all'atto dell'assunzione della posizione di garanzia, né in seguito, risulta essersi fatto carico di prendere contezza dei rischi correlati a quella lavorazione con quel tipo di macchinario, e di aggiornare in conformità il documento di valutazione degli stessi, carente sotto questo specifico profilo e risalente al 2009, epoca in cui l'azienda aveva addirittura un diverso assetto societario, mutato nel 2012».
3.1. Quanto sin qui detto in ordine ai precisi obblighi facenti capo al datore di lavoro costituisce risposta anche al secondo motivo di ricorso. Al riguardo, la sentenza impugnata ha correttamente disatteso le doglianze dedotte sotto il profilo soggettivo « tenuto conto che la precedente visita ispettiva risaliva al lontano 2009 e che, successivamente a quell'accesso, non risulta che il datore di lavoro si sia premurato di procedere ad una nuova valutazione dei rischi, aggiornando il documento di valutazione dei rischi e di adeguare i macchinari in dotazione ai lavoratori, approntando dispositivi di protezione conformi all'evoluzione della scienza tecnica». E, comunque, gli eventuali errori o limiti nella valutazione del rischio, compiuti dall'ispettore dello Spresal quando effettuò la visita nel 2009 - che comportò l'adeguamento, nel 2010, della taglierina alle prescrizioni ricevute -, non esonerano il datore di lavoro dagli obblighi che su di lui specificatamente gravano.
4. Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

 

P.Q.M.
 



Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 19 aprile 2022