Cassazione Civile, Sez. 6, 04 ottobre 2022, n. 28768 - Infortunio e danno biologico. Conseguenze psicologiche da infortunio sul lavoro


 

Presidente: ESPOSITO LUCIA
Relatore: PONTERIO CARLA Data pubblicazione: 04/10/2022
 

Rilevato che:
1. La Corte d'Appello di Palermo, in parziale accoglimento dell’appello proposto dall’Inail, ha dichiarato il diritto di M.C. al riconoscimento di un danno biologico nella misura del 6% (il Tribunale aveva riconosciuto un danno biologico del 10%) in conseguenza dell’infortunio occorso il 30.9.2016 ed ha condannato l’Istituto al pagamento del relativo indennizzo.
2. La Corte territoriale, disposta una nuova c.t.u. e in adesione all’esito della stessa, ha ritenuto che la M.C. fosse affetta da “esiti algodisfunzionali di trauma contusivo cranio facciale in soggetto con quadro di cervicoartrosi diffusa, con verosimile distacco posto traumatico del vitreo in OS”.
3. Avverso tale sentenza M.C. ha proposto ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi. L’Inail ha resistito con controricorso.
4. La proposta del relatore è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell'udienza, ai sensi dell'art. 380 bis cod. proc. civ.
 

Considerato che:
5. Con il primo motivo di ricorso è dedotto, ai sensi dell’art 360, comma 1, n. 5 c.p.c., l’omesso esame di un fatto storico la cui esistenza risulta dal testo della sentenza e dagli atti processuali, che ha costituito oggetto di discussione tra le parti ed ha carattere decisivo, e cioè l’omesso esame delle conseguenze psicologiche subite dalla ricorrente a causa dell'infortunio e del trattamento farmacologico alla stessa prescritto, come risultanti dai referti indicati alle pagine 25 e 26 del ricorso.
6. Con il secondo motivo è dedotta la nullità della sentenza per travisamento della prova. Premesso che la Corte d'appello ha negato la sussistenza di un “Disturbo post traumatico da stress” condividendo la tesi del c.t.u. nominato nel giudizio di secondo grado, che ha escluso tale patologia per l'assenza di documentazione al riguardo, si sostiene che dagli atti processuali, e in particolare dai referti dell'ASP di Palermo del 6.3.2019, 31.7.2020 e 19.2.2020, emergesse una diversa informazione probatoria sulle conseguenze di natura psicologica subite dalla M.C. a seguito dell'infortunio.
7. Con il terzo motivo di ricorso è dedotta, ai sensi dell'art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ., la violazione dell'art. 13, d.lgs. 38 del 2000 e del D.M. 12 luglio 2000, voce 180 della tabella. Si censura la sentenza d'appello nella parte in cui, aderendo alla c.t.u., ha escluso l'esistenza di un “Disturbo post traumatico da stress”, oltre che per l'assenza di documentazione sanitaria, per la valenza traumatica in sé dell'evento, di entità tale da non giustificare l'insorgenza di problematiche neuropsichiche in assenza di un costrutto pregresso deficitario. Si critica la sentenza d'appello per erronea ricognizione del contenuto normativo che delinea la nozione di “Disturbo post traumatico da stress cronico di lieve entità”, di cui alla voce n. 180 della tabella allegata al D.M. 12 luglio 2000, in quanto il citato disturbo viene fatto dipendere esclusivamente dalla natura ed entità oggettiva dell'evento generatore, senza alcun riferimento alla sfera soggettiva dell'individuo che ne rimane vittima e alle caratteristiche di quest'ultimo.
10. Con il quarto motivo di ricorso si denuncia la violazione dell'art. 132, comma 2 n. 4, cod. proc. civ. e il vizio di motivazione apparente, ai sensi dell'art. 360, comma 1, n. 4 cod. proc. civ. Si definisce apparente la motivazione della sentenza d'appello che non dà realmente contezza delle ragioni di insussistenza del “Disturbo post traumatico da stress” in quanto si limita ad un mero richiamo e ad una pedissequa adesione alle risultanze della c.t.u. che, a sua volta, non tiene conto delle note critiche depositate dalla M.C. in data 8.4.2021, della consulenza tecnica di parte e della documentazione medica in atti.
11. I motivi di ricorso, da esaminare congiuntamente per ragioni di connessione logica, sono inammissibili.
12. Essi criticano la sentenza d’appello per non aver colto, recependo le errate conclusioni del c.t.u., le conseguenze psicologiche che si assume derivate alla ricorrente dall’infortunio subito e che risulterebbero dai certificati medici prodotti, e per avere travisato tale prova documentale.
13. Censure di questo contenuto si pongono all’esterno del perimetro segnato dall’art. 360 n. 5 cod. proc. civ. che, nel testo novellato come letto dalle Sezioni Unite di questa Corte (v. sentenze nn. 5083 e 5084 del 2014), consente unicamente di veicolare in sede di legittimità l’omesso esame di un fatto storico avente valore decisivo; i motivi di ricorso in esame investono non fatti storici ma elementi probatori suscettibili di valutazione e peraltro plurimi, nessuno dei quali quindi decisivo.
14. Non solo, ma rispetto alla sentenza che abbia prestato adesione alle conclusioni del consulente tecnico d'ufficio, è denunciabile in sede di legittimità la palese devianza dalle nozioni correnti della scienza medica, la cui fonte va indicata, oppure l'omissione degli accertamenti strumentali dai quali, secondo le predette nozioni, non può prescindersi per la formulazione di una corretta diagnosi, mentre al di fuori di tale ambito la censura costituisce mero dissenso diagnostico che si traduce in un'inammissibile critica del convincimento del giudice (v. Cass. n. 1652 del 2012; v. Cass. n. 22707 del 2010).
15. Sulla violazione dell’art. 132 n. 4 c.p.c., questa Corte ha precisato che di "motivazione apparente" o di "motivazione perplessa e incomprensibile" possa parlarsi laddove essa non renda "percepibili le ragioni della decisione, perché consiste di argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere l'iter logico seguito per la formazione del convincimento, di talché essa non consenta alcun effettivo controllo sull'esattezza e sulla logicità del ragionamento del giudice" (v. Cass. S.U. n. 22232 del 2016). Simili difetti non sono rinvenibili nel caso di specie in quanto è certamente percepibile il percorso motivazionale seguito dalla Corte territoriale che ha illustrato le ragioni di adesione alle conclusioni del consulente medico legale.
16. Per le ragioni esposte il ricorso va dichiarato inammissibile.
17. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
18. Si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali di cui all’art. 13, comma 1 quater, del D.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, introdotto dall’art. 1, comma 17, della L. 24 dicembre 2012 n. 228.

 

P.Q.M.
 

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in euro 2.500,00 per compensi professionali, in euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.p.r. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso nell’adunanza camerale del 14.6.2022