Cassazione Civile, Sez. Lav., 28 ottobre 2022, n. 31921 - Elettricista di squadra. Ripartizione degli oneri di allegazione e prova 


 

Presidente: ESPOSITO LUCIA
Relatore: CINQUE GUGLIELMO
Data pubblicazione: 28/10/2022
 

Rilevato che
1. Il Tribunale di Chieti, con la pronuncia n. 120 del 2018, ha respinto la domanda proposta da G.A.L. (che aveva già ottenuto il riconoscimento dell'origine professionale in ambito INAIL della malattia professionale con un danno biologico del 13%) nei confronti dell'ENEL Distribuzione spa, di cui era stato dipendente dall'l.8.1967 (rectius 1.12.1975) al 31.12.2004 (rectius 31.12.2003), volta all'accertamento e alla declaratoria di responsabilità contrattuale e/o extracontrattuale della società nella causazione dei danni biologici, morali, patrimoniali e non, ed esistenziali a lui causati dall'essere stato addetto, quale "elettricista di nucleo di distribuzione" e "operatore mezzi speciali" in Squadre Lavoro, all'esecuzione di mansioni usuranti, comportanti il defrascamento e taglio alberi, scavi per i sostegni, getti per fondamenta, verticalizzazioni sostegni (palificazioni), armamento sostegni (lavori in altezza) stesura e tesatura conduttori (lavori in altezza), scavi per trincee (per elettrodotti sotterranei), installazione/sostituzione di nuovi trasformatori (lavori in altezza ed in cabina) ispezioni linee aeree, senza che parte datoriale fornisse idonea tutela per i suddetti rischi, operasse una loro corretta valutazione e impartisse la formazione specifica a prevenirli.
2. Sul gravame del lavoratore la Corte di appello di L'Aquila, con la sentenza n. 811 del 2019, ha confermato la suddetta.
3. A fondamento della decisione i giudici di seconde cure, in sintesi, premessa l'ammissibilità del gravame ex art. 434 cpc, evidenziavano che:
a) il lavoratore non aveva fornito, alla luce della documentazione in atti e delle risultanze istruttorie, prova sufficiente, il cui onere era su di lui ricadente, della sussistenza dei specifiche omissioni datoriali nella predisposizione di quelle misure di scurezza, suggerite dalla particolarità del lavoro, dall'esperienza e dalla tecnica, necessarie ad evitare il danno; b) sia che la questione fosse inquadrata in termini di responsabilità contrattuale ex art. 2087 cc sia che si facesse riferimento alla responsabilità per fatto illecito ex art. 2043 cc, era evidente che in atti non vi era prova sufficiente della sussistenza del necessario rapporto di causalità tra l'attività lavorativa espletata e la malattia denunciata; c) si trattava di una patologia (periartrite scapolo omerale bilaterale, rachipatie lombo-sacrali con multiple marcate protrusioni discali) che si era verificata in epoche antecedenti l'emanazione del D.lgs. n. 626/1994, del D.lgs. n. 81/08 e del D.lgs. n. 106/09, ove non risultava che l'ENEL avesse violato le norme di prevenzione e di sicurezza.
4. Avverso la decisione di secondo grado proponeva ricorso per cassazione G.A.L. affidato a due articolati motivi, cui ha resistito con controricorso l'ENEL Distribuzione spa.
5. Le parti hanno depositato memorie.
 

Considerato che
1. I motivi possono essere così sintetizzati.
2. Con il primo motivo si obietta l'omessa motivazione, ai sensi dell'art. 360 n. 4 cpc, in relazione all'ammissione di mezzi istruttori (prova testimoniale) nonché l'omessa valutazione di un fatto decisivo. Si deduce che i giudici del merito, pur essendo stati articolati capitoli di prova per testi destinati a dimostrare le omissioni datoriali e i rischi cui i lavoratori erano stati sottoposti, non si erano assolutamente pronunciati sul rigetto delle richieste istruttorie, sulla non contestazione delle attività e dei rischi specifici intrinseci connessi alle stesse.
3. Con il secondo motivo, articolato su tre profili, il ricorrente denunzia: a) la violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto (art. 360 n. 3 cpc) in relazione agli artt. 40 e 41 cpc, artt. 1218, 2043, 2087, 2697, 2729 e 2909 cc; 99, 101, 112, 115, 116, 191 ss., 324, 342 cpc; artt. 4, 16, 47, 48 e 49, all. VI D.lgs . n. 626 del 1994; artt. 4, 24 e 33 DPR 19.3.1956 e voce 48 della tabella allegata, n. 303; art. 37 e 39 CCNL Elettrici del 1973, sostenendo che erroneamente la gravata sentenza aveva addossato al lavoratore l'onere di provare l'omissione da parte del datore di predisporre le misure di sicurezza (suggerite dalla particolarità del lavoro, dall'esperienza e dalla tecnica) necessarie ad evitare il danno a fronte della prova fornita dal lavoratore sulla esistenza delle patologie, sulla nocività dell'ambiente di lavoro e sul loro rapporto causale, ed anche ad abundantiam, delle specifiche norme violate dal datore di lavoro; b) la motivazione apparente della gravata pronuncia, sotto un primo profilo perché non era dato comprendere le ragioni e l'iter logico seguito per pervenire alla decisione assunta, creando un vero e proprio iato, non essendo stato chiarito su quali prove fosse fondato il convincimento e sulla base di quali argomentazioni si fosse pervenuto alle determinazioni adottate, distanziandosi così dalla regola di giudizio iuxta alligata et probata; c) l'omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, essendo stata omessa la valutazione dei rischi connessi alla filiera lavorativa in esame, la cui esatta identificazione risultava necessaria per valutare l'adeguatezza delle misure di prevenzione e sicurezza (adottate e non).
4. Per motivi di pregiudizialità logico-giuridica deve essere esaminato preliminarmente il secondo motivo.
5. Esso è infondato, limitatamente al profilo b) nella parte in cui denunzia apparenza di motivazione; è inammissibile, invece, con riferimento al profilo c) (vizio di omesso esame).
6. E' noto che la motivazione apparente - che la giurisprudenza parifica, quanto alle conseguenze giuridiche, alla motivazione in tutto o in parte mancante - sussiste allorquando pur non mancando un testo della motivazione in senso materiale, lo stesso non contenga una effettiva esposizione delle ragioni alla base della decisione, nel senso che le argomentazioni sviluppate non consentono di ricostruire il percorso logico - giuridico alla base del decisum e di percepire, quindi, il fondamento della decisione perché recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento (Cass. Sez. Un. n. 22232 del 2016), oppure perché il giudice omette di indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero li indica senza un'approfondita loro disamina logica e giuridica (Cass. n. 9105 del 2017) oppure, ancora, quanto rechi argomentazioni svolte in modo talmente contraddittorio da non consentire la individuazione delle ragioni giustificative del decisum (Cass. n. 20112 del 2009).
7. Tali caratteristiche non si rinvengono in relazione alle argomentazioni che sorreggono la sentenza impugnata: argomentazioni che, viceversa, rendono del tutto percepibili le ragioni alla base della decisione, rappresentate, in definitiva, dal fatto che < <alla luce della documentazione in atti e degli esiti della prova orale>> il lavoratore non aveva fornito sufficiente prova, della quale era onerato, della sussistenza di specifiche omissioni datoriali nella predisposizione di quelle misure di sicurezza, suggerite dalla particolarità del lavoro, dall'esperienza e dalla tecnica necessarie ad evitare il danno oggetto della pretesa risarcitoria azionata; l'avere disatteso gli esiti della consulenza tecnica di ufficio.
8. Le ulteriori deduzioni (profilo c) sono inammissibili.
9. L'art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., riformulato dall'art. 54 del d.l. n. 83 del 2012, conv. in I. n. 134 del 2012, ha introdotto nell'ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all'omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia); pertanto, l'omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (Cass. n. 27415/2018; Cass. 19881/2014).
10. Nel caso in esame, invece, la Corte territoriale ha valutato il fatto che il lavoratore era stato impiegato nella filiera di elettrificazione con i connessi rischi al suo diritto alla salute sebbene, però, come sarà in seguito specificato, in modo non corretto quanto al criterio della ripartizione degli oneri probatori.
11. Non è ravvisabile, pertanto, il dedotto vizio di omesso esame come formalmente delineato dalla nuova formulazione dell'art. 360 n. 5 cpc.
12. Il primo profilo del secondo motivo è, invece, fondato.
13. La Corte di appello ha accertato che il ricorrente aveva lavorato alle dipendenze di Enel Distribuzione s.p.a. nel periodo dall'l.7.1969 (rectius 1.12.1975) al 31.12.2004 (rectius 31.12.2003) svolgendo mansioni di elettricista di squadra.
14. Richiamati i principi in tema di ripartizione degli oneri di allegazione e prova in relazione alla prospettata responsabilità datoriale - sia extracontrattuale che contrattuale - ha ritenuto che fosse onere del lavoratore dimostrare la sussistenza di specifiche omissioni datoriali nella predisposizione delle misure di sicurezza suggerite dalla particolarità del lavoro, dall'esperienza e dalla tecnica necessaria ad evitare il danno. Solo ove tale prova fosse stata offerta sorgeva per il datore di lavoro l'onere di dimostrare di avere adottato le cautele necessarie ad impedire il verificarsi del pregiudizio subito; tale onere non era stato in concreto assolto.
15. Il richiamato passaggio argomentativo in punto dei criteri di ripartizione della prova è frutto di un errore di diritto del giudice di appello in quanto prescinde dai principi, pur correttamente evocati in sentenza, in tema di distribuzione dell'onere della prova, finendo con il porre a carico del lavoratore la dimostrazione della violazione da parte del datore dì lavoro dì specifiche misure antinfortunistiche - anche innominate- laddove il lavoratore era tenuto solo a dimostrare il nesso di causalità tra le mansioni espletate e la nocività dell'ambiente dì lavoro restando a carico del datore di lavoro la prova di avere adottato tutte le misure (anche quelle cd. innominate) esigibili in concreto.
16. Secondo la condivisibile e consolidata giurisprudenza di questa Corte infatti l'art. 2087 cod. civ. non configura un'ipotesi di responsabilità oggettiva, in quanto la responsabilità del datore di lavoro - di natura contrattuale - va collegata alla violazione degli obblighi di comportamento imposti da norme di legge o suggeriti dalle conoscenze sperimentali o tecniche del momento; ne consegue che incombe al lavoratore che lamenti di avere subito, a causa dell'attività lavorativa svolta, un danno alla salute, l'onere di provare, oltre all'esistenza di tale danno, la nocività dell'ambiente di lavoro, nonché il nesso tra l'una e l'altra, e solo se il lavoratore abbia fornito tale prova sussiste per il datore di lavoro l'onere di provare di avere adottato tutte le cautele necessarie ad impedire il verificarsi del danno (ex plurimis: Cass. n. 15112 del 2020, Cass. n. 26495 del 2018, Cass. n. 12808 del 2018, Cass. n. 14865/2017, Cass. n. 2038 del 2013, Cass. 12467 del 2003).
17. La trattazione del primo motivo resta assorbita dovendosi, da parte del giudice di merito, rivalutare la ammissibilità delle richieste istruttorie in relazione al criterio dell'onere della prova su indicato.
18. Dalle considerazioni che precedono consegue, pertanto, in accoglimento per quanto di ragione del secondo motivo di ricorso, con assorbimento del primo, la cassazione in parte qua della sentenza impugnata con rinvio al giudice di seconde cure per la rivalutazione delle richieste probatorie ed il riesame del materiale istruttorio, alla luce del criterio di ripartizione degli oneri probatori sopra richiamato.
19. Al giudice del rinvio è demandato, altresì, il regolamento delle spese del presente giudizio.
 

P.Q.M.
 

La Corte accoglie il secondo motivo per quanto di ragione, assorbito il primo; cassa la sentenza impugnata in relazione alle censure accolte e rinvia alla Corte di appello di L'Aquila in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del presente giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 22 giugno 2022