Cassazione Penale, Sez. 4, 04 novembre 2022, n. 41599 - Cade dalla scala a pioli e viene trafitto da un tondino in ferro. Assenza di delega di funzione


 

 

Presidente: CIAMPI FRANCESCO MARIA
Relatore: CENCI DANIELE Data Udienza: 22/09/2022
 

 

Fatto




1. La Corte di appello di Venezia il 17 maggio 2021, in parziale riforma della sentenza, appellata dagli imputati, con cui il Tribunale di Verona l'11 luglio 2019, all'esito del dibattimento, ha riconosciuto la penale responsabilità di D.T. e di R.A. per il reato di omicidio colposo, con violazione della disciplina antinfortunistica, in conseguenza condannando entrambi alla pena stimata di giustizia, condizionalmente sospesa, oltre alla condanna al risarcimento dei danni in forma generica a favore delle parti civili, con assegnazione alle stesse di provvisionale, ha assolto R.A., per non avere commesso il fatto, confermando nel resto la decisione di primo grado; ha revocato le statuizioni civili, essendo intervenuta revoca della costituzione.

2. Il fatto, in estrema sintesi, come ricostruito dai Giudici di merito.
Sono stati tratti a giudizio D.T. e di R.A., in veste, il primo, di legale rappresentante della s.r.l. "Molinari costruzioni" ed il secondo di socio della stessa società e anche di responsabile del cantiere di Tori del Benaco (VR), in relazione alla morte del dipendente della s.r.l. Molinari costruzioni Marius Axinte.
L'operaio il 16 giugno 2014 è caduto da una scala a pioli mentre stava lavorando in un cantiere per la costruzione di due ville, in particolare posizionando un morsetto su un pannellone all'altezza di 3,60 metri: precipitato a terra, un tondino in ferro gli si è conficcato nel torace lesionando l'arteria polmonare: la conseguente grave emorragia lo ha condotto a morte.

3. Condannati entrambi gli imputati all'esito del primo grado di giudizio, la Corte di appello ha assolto R.A., per non avere commesso il fatto, confermando nel resto la decisione del Tribunale e, dunque, la condanna di D.T..
In estrema sintesi, si è ritenuto che nella dinamica dell'infortunio abbia avuto un ruolo causale determinante la mancata previsione nel P.O.S. aziendale di un rischio di caduta dall'alto (caduta poi effettivamente verificatasi, con conseguenze tragiche) nello svolgimento del lavoro di "casseratura ed armatura della platea di fondazione e dei muri di cantinato".

4. Dunque, ricorre per la cassazione della sentenza D.T., tramite Difensore di fiducia, affidandosi a due motivi con i quali lamenta violazione di legge (il primo motivo) e vizio di motivazione, che sarebbe frutto di travisamento e di omessa valutazione delle prove emerse, oltre che graficamente mancante, sotto plurimi profili (il secondo motivo).
4.1. In particolare, con il primo motivo denunzia violazione del diritto di difesa dell'imputato e del contraddittorio.
Rammentato che la Corte territoriale (pp. 4 e 6 della sentenza impugnata) ha rigettato l'eccezione, avanzata con l'atto di appello, di nullità della sentenza in ragione della asserita riformulazione del capo di imputazione operata nella sentenza, a seguito della riunione del procedimento a carico di D.T. con quello a carico di R.A., inizialmente distinti, e richiamato l'editto, lamenta essere stata la Difesa di D.T. impossibilitata a prendere posizione circa la figura ed il ruolo del coimputato R.A.: in particolare, la difesa del ricorrente si sarebbe «incentrata genericamente sulla figura del geom. R.A. quale ex amministratore e tecnico che seguiva i cantieri della Molinari Costruzioni ( come risultava al D.T. ed emersa a seguito delle indagini svolte dalla presente difesa) ma, non conoscendo il capo di imputazione con riferimento alla cooperazione colposa imputata all'R.A. , "in qualità di socio della Molinari Costrizioni s.r.l. e responsabile del cantiere sito in Loc. Le Camille di Torri del Benaco", non si è potuto pienamente illustrare né documentare né provare e quindi mettere completamente a fuoco il ruolo di quest'ultimo, in stretta correlazione a quanto indicato nel capo di imputazione, che avrebbe portato ad escludere una responsabilità penale del D.T. nella causazione dell'evento essendo esclusiva, assorbente e determinante quella dell'R.A., che paradossalmente, invece, è stato assolto» (così alla p. 7 del ricorso).
Si lamenta violazione del diritto di difesa in relazione al mancato svolgimento di tutta una serie di attività istruttorie sul ruolo e sulle attività in concreto svolte dal coimputato, che, se effettuate, avrebbero condotto i Giudici di merito a condannare quale unico responsabile R.A., che, invece, è stato assolto.
4.2. Con il secondo motivo censura difetto di motivazione per non avere la sentenza impugnata risposto agli specifici motivi di appello e per avere travisato le prove.
La Corte di appello avrebbe trascurato che la società era governata da sole due persone, il rag. D.T., commercialista, ed il socio ed ex-amministratore, geom. R.A., e che, come emerso dalle prove dichiarative assunte, che si richiamano, l'incarico di amministratore era stato assunto da D.T. solo per "traghettare" la società verso il concordato preventivo, con l'accordo verbale tra i due che R.A., di cui il ricorrente si è fidato, sarebbe rimasto nei fatti responsabile dei cantieri, pur sotto l'apparente incarico di "contabile del cantiere"; inoltre il ricorrente non era a conoscenza delle dimissioni del responsabile della sicurezza, ing. T.. In sostanza, l'imputato sarebbe stato condannato - si assume - solo in ragione della "carica".
Sarebbe illegittimo ed iniquo condannare l'amministratore allorquando ben sei tecnici presenti a vario titolo nell'organigramma dell'azienda non avevano minimamente valutato l'esistenza di un rischio nel P.O.S.

Lamenta poi non essersi tenuto conto delle concrete modalità dell'incidente né che il lavoro non si svolgeva in quota né della condotta gravemente imprudente del dipendente.
Sottolineato di avere risarcito il danno in via transattiva, tanto che vi stata revoca delle statuizioni civili, denunzia non averne tenuto conto ai fini del trattamento sanzionatorio, non avendo ritenuto l'attenuante del risarcimento del danno prevalente sull'aggravante.
Si chiede, dunque, l'annullamento della sentenza impugnata.

5. Il P.G. della S.C. nella requisitoria scritta del 26 luglio 2022 ha domandato dichiararsi inammissibile il ricorso.

6. Con memoria in data 6 settembre 2022 il ricorrente replica alla requisitoria del P.G. ed insiste per l'accoglimento dei motivi di impugnazione.

 

Diritto




1. Premesso che la prescrizione maturerà non prima del 13 giugno 2029, il ricorso è infondato, per le seguenti ragioni.

2. Quanto al primo motivo, le doglianze non colgono nel segno.
Secondo pacifico principio, infatti, «In tema di reati colposi, non sussiste la violazione del principio di correlazione tra accusa e sentenza se la contestazione concerne globalmente la condotta addebitata come colposa, essendo consentito al giudice di aggiungere, agli elementi di fatto contestati, altri estremi di comportamento colposo o di specificazione della colpa, emergenti dagli atti processuali e, come tali, non sottratti al concreto esercizio del diritto di difesa» · (Sez. 4, n. 7940 del 25/11/2020, dep. 2021, Chiappalono, Rv. 280950), non senza considerare che in entrambi i gradi di merito sono stati imputati entrambi, sia D.T. che R.A. (condannato in primo grado, assolto in appello), il cui ruolo è stato oggetto di verifica e di approfondimento nel contraddittorio.

3. Anche le doglianze svolte nel secondo motivo risultano non fondate.

I Giudici di merito, infatti, hanno fatto applicazione del consolidato principio secondo cui «In tema di infortuni sul lavoro, l'obbligo del datore di lavoro di vigilare sull'esatta osservanza, da parte dei lavoratori, delle prescrizioni volte alla tutela della loro sicurezza, può ritenersi assolto soltanto in caso di predisposizione e attuazione di un sistema di controllo effettivo, adeguato al caso concreto, che tenga conto delle prassi elusive seguite dai lavoratori di cui il datore di lavoro sia a conoscenza» (Sez. 4, n. 35858 del 14/09/2021, Tamellini, Rv. 281855; nello stesso senso, Sez. 4, n. 10123 del 15/01/2020, Pg in proc. Chironna, Rv. 278608).
La tesi sostenuta della Difesa mirerebbe all'attribuzione della esclusiva responsabilità datoriale al coimputato condannato in primo grado ma assolto in appello, e ciò tramite la emersione di una situazione di fatto, di cui sarebbero indice alcune circostanze riferite dai lavoratori, in cui due si sarebbero, con accodo verbale, divisi gli ambiti di intervento: esclusivamente attività economiche, il ricorrente; esclusivamente gestione del cantiere, R.A..
L'assunto è infondato, per una pluralità di ragioni.
La sostanziale delega di funzioni datoriali che, di fatto, sarebbero state conferite da D.T. ad R.A., concretizzandosi in una causa di esclusione di responsabilità, andrebbe rigorosamente provata da chi la afferma (secondo il condivisibile insegnamento, tra le numerose, di Sez. 4, n. 44141 del 19/07/2019, Macaluso, Rv. 277360, di Sez. 3, n. 14352 del 10/01/2018, Bulfaro, Rv. 272318, di Sez. 3, n. 3107 del 02710/2013, dep. 2014, caruso, Rv. 259091, e di Sez. 4, n. 12800 del 07/02/2007, ferrante, Rv. 236196) ma ciò non risulta essere stato dimostrato in sede di merito, essendosi invece ritenuto, con motivazione non incongrua né illogica, che R.A. fosse solo una figura di riferimento, un esperto, un preposto (pp. 9-10 della sentenza impugnata).
In ogni caso, il conferimento della delega di funzioni, secondo altro consolidato principio, non esclude e non può escludere l'obbligo di vigilanza del datore di lavoro in ordine al corretto espletamento delle funzioni datoriali da parte del delegato, come più volte condivisibilmente affermato dalla S.C. (ex plurimis, Sez. 4, n. 22837 del 21/04/2016, Visconti, Rv. 267319; Sez. 4, n. 10702 del 01/02/2012, Mangone, Rv. 252675), che in più occasioni ha puntualizzato anche che l'invalidità della delega rilasciata dal datore di lavoro non esonera da responsabilità il delegante (tra le numerose, Sez. 4, n. 48295 del 27/11/2008, Libori, Rv. 242391; Sez. 4, n. 2157 del 23/11/2021, dep. 2022, Baccalini, Rv. 282568;) e che vi sono funzioni comunque non delegabili, come quella relativa alla valutazione del rischio per la sicurezza e la salute dei lavoratori (tra le varie, Sez. 4, n. 8620 del 31/01/2008, Signorelli, Rv. 238972).
Di tali principi ha fatto corretta applicazione la sentenza impugnata, che alle pp. 7-10 ha, appunto, con motivazione che non appare né illogica né incongrua, dato atto della assenza di deleghe da parte di D.T. ad alcuno e, in ogni caso, delle carenze nel caso di specie, immediatamente percepibili, per di più in un'azienda di limitate dimensioni, di aspetti di sicurezza di centrale importanza (inadeguatezza del P.O.S., mancanza del responsabile della sicurezza).
Quanto alla condotta della vittima, trascura il ricorrente il principio di diritto secondo il quale «Non è configurabile la responsabilità ovvero la corresponsabilità del lavoratore per l'infortunio occorsogli allorquando il sistema della sicurezza approntato dal datore di lavoro presenti delle evidenti criticità, atteso che le disposizioni antinfortunistiche perseguono il fine di tutelare il lavoratore anche dagli infortuni derivanti da sua colpa, dovendo il datore di lavoro dominare ed evitare l'instaurarsi da parte degli stessi destinatari delle direttive di sicurezza di prassi di lavoro non corrette e, per tale ragione, foriere di pericoli» (Sez. 4, n. 10265 del 17/01/2017, Meda, Rv. 269255; v. già Sez., 4, n. 22813 del 21/04/2015, Palazzolo, Rv. 263497).
Infine, in tema di trattamento sanzionatorio, è appena il caso di osservare che la sentenza di primo grado, che ha motivatamente valutato in termini di equivalenza le circostanze attenuanti e le aggravanti (p. 20), non era stato oggetto di impugnazione da parte dell'imputato sotto tale profilo (v. atto di appello).

4. Consegue il rigetto del ricorso e la condanna il ricorrente, per legge (art. 616 cod. proc. pen.), al pagamento delle spese processuali.


 

P.Q.M.




Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 22/09/2022.