• Datore di Lavoro
  • Lavoratore
  • Infortunio sul lavoro
  • Macchine ed Attrezzature di lavoro
  • Vigilanza, Ispezione e Prescrizione

Responsabilità di un datore di lavoro per aver consentito l'utilizzazione di una macchina stampatrice senza garantire la sicurezza dell'apparato ed in particolare la segregazione degli organi in movimento nella zona di introduzione dei pezzi in lavorazione. In conseguenza di questo, un lavoratore riportava l'amputazione di parti della mano destra.

Ricorre in Cassazione - Infondato.

Quanto al terzo motivo di ricorso, che qui interessa, si deduce che erroneamente il giudice di merito non ha tenuto conto della scusabilità della violazione del precetto penale ingenerata da ripetuti sopralluoghi eseguiti dall'autorità di vigilanza.
La Corte afferma che "quanto alla dimostrazione della colpa dell'imputato, la pronunzia reca ampia motivazione che esamina, tra l'altro, tutti gli aspetti tecnici relativi alla irregolarità del macchinario.
La Corte d'appello esamina pure la questione relativa alle visite eseguite dalla Asl presso lo stabilimento; ed osserva che non vi è prova documentale che la improvvida condotta del datore di lavoro, riguardo alla mancata predisposizione delle necessarie segregazioni del macchinario, sia dipesa da specifiche indicazioni e valutazioni della Asl stessa. Si soggiunge che, come riferito da un teste, con ogni verosimiglianza le ispezioni in questione riguardarono l'aspetto medico dello stabilimento e non altro. Dunque, si è in presenza di una argomentata ponderazione della questione, alla quale il ricorrente replica in modo del tutto generico. Dunque, anche sotto tale profilo il gravame difetta di specificità.
Il ricorso è quindi inammissibile a causa della sua manifesta infondatezza."


 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE


Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOCALI Piero - Presidente

Dott. MARZANO Francesco - Consigliere

Dott. ROMIS Vincenzo - Consigliere

Dott. BIANCHI Luisa - Consigliere

Dott. BLAIOTTA Rocco Marco - rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

sentenza



sul ricorso proposto da:

1) B.S. N. IL (OMISSIS);

avverso la sentenza n. 1180/2006 CORTE APPELLO di MILANO, del 27/05/2008;

visti gli atti, la sentenza e il ricorso;

udita in PUBBLICA UDIENZA del 26/01/2010 la relazione fatta dal Consigliere Dott. BLAIOTTA Rocco Marco;

Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. RIELLO Luigi che ha concluso per l'inammissibilità del ricorso.

FattoDiritto



1. Il Tribunale di Milano ha affermato la responsabilità dell'imputato in epigrafe in ordine al reato di lesioni personali colpose commesse con violazione della normativa sulla sicurezza del lavoro in danno dell'operaio T.M.; e lo ha altresì condannato al risarcimento del danno nei confronti della parte civile.
Secondo l'ipotesi accusatoria fatta propria dai giudici di merito, l'imputato, nella veste di datore di lavoro ha consentito l'utilizzazione di una macchina stampatrice senza garantire la sicurezza dell'apparato ed in particolare la segregazione degli organi in movimento nella zona di introduzione dei pezzi in lavorazione. In conseguenza il lavoratore riportava l'amputazione di parti della mano destra.

2. Ricorre per cassazione di imputato deducendo tre motivi.

2.1 Con il primo si evidenzia che quattro giorni prima della notifica della citazione per il giudizio davanti al tribunale, nel domicilio eletto era avvenuto un devastante incendio ed in tale breve lasso di tempo prima della stessa notificazione l'imputato non era stato in condizione di effettuare le comunicazioni di cui agli artt. 161 e 162 c.p.p.. Tale contingenza è stata documentata, ma la Corte d'appello erroneamente non ne ha tenuto conto.

2.2 Con il secondo motivo si lamenta la nullità della sentenza di primo grado per la mancanza di una intera pagina della motivazione.

2.3 Con l'ultimo motivo si deduce che erroneamente il giudice di merito non ha tenuto conto della scusabilità della violazione del precetto penale ingenerata da ripetuti sopralluoghi eseguiti dall'autorità di vigilanza.

3. Il ricorso è manifestamente infondato.

3.1 Quanto al primo motivo, è sufficiente considerare che il giudice di merito evidenzia che non vi è prova che i capannoni e gli uffici colpiti dall'incendio non fossero più agibili; e che, d'altra parte, non vi è dubbio in ordine alla conoscenza da parte dell'imputato della data di celebrazione del giudizio d'appello, tanto che risulta depositata in data 5 luglio 2004, ad iniziativa dello stesso imputato la nomina di difensore di fiducia.
Dunque, da un lato la notifica è stata eseguita senza che siano fatte constare circostanze ostative; e d'altra parte che essa abbia ritualmente conseguito il suo scopo emerge dalla obiettiva circostanza che l'imputato, per effetto della conoscenza della citazione, ha subito dopo provveduto alla nomina di difensore in vista della celebrazione del giudizio.
Dunque,con tutta evidenza, non si configura alcuna nullità.

3.2 Il secondo motivo difetta di specificità. La Corte d'appello, infatti, richiamata la giurisprudenza di legittimità in materia, ha enunciato il principio che, nel caso in cui la motivazione della sentenza di primo grado sia per qualunque motivo carente, ben può provvedere il giudice dell'impugnazione, nel decidere nel merito, ad esporre le pertinenti argomentazioni che giustificano la pronunzia di condanna. Contro tale ponderazione il ricorrente non produce alcuna argomentazione critica, limitandosi ad accennare al vizio dell'atto, senza esaminare il contenuto della pronunzia d'appello.

3.3 Quanto alla dimostrazione della colpa dell'imputato, la pronunzia reca ampia motivazione che esamina, tra l'altro, tutti gli aspetti tecnici relativi alla irregolarità del macchinario. La Corte d'appello esamina pure la questione relativa alle visite eseguite dalla Asl presso lo stabilimento; ed osserva che non vi è prova documentale che la improvvida condotta del datore di lavoro, riguardo alla mancata predisposizione delle necessarie segregazioni del macchinario, sia dipesa da specifiche indicazioni e valutazioni della Asl stessa. Si soggiunge che, come riferito da un teste, con ogni verosimiglianza le ispezioni in questione riguardarono l'aspetto medico dello stabilimento e non altro. Dunque, si è in presenza di una argomentata ponderazione della questione, alla quale il ricorrente replica in modo del tutto generico. Dunque, anche sotto tale profilo il gravame difetta di specificità.

Il ricorso è quindi inammissibile a causa della sua manifesta infondatezza. Segue, a norma dell'art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento ed al pagamento a favore della Cassa delle ammende della somma di Euro 1.000 a titolo di sanzione pecuniaria, non emergendo ragioni di esonero.




P.Q.M.



Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000 in favore della Cassa delle ammende.

Così deciso in Roma, il 26 gennaio 2010.

Depositato in Cancelleria il 11 febbraio 2010