Cassazione Penale, Sez. 4, 08 novembre 2022, n. 42027 - Operaio precipita dal tetto: responsabile il datore di lavoro per inadeguatezza del P.O.S., mancata consegna di cinture di sicurezza e omessa vigilanza


 

Presidente: CIAMPI FRANCESCO MARIA
Relatore: CENCI DANIELE Data Udienza: 04/10/2022
 

 

Fatto




1. La Corte di appello di Messina l'11 maggio 2022, in parziale riforma della sentenza, appellata dall'imputato, con cui il Tribunale di Patti il 23 novembre 2021, all'esito del dibattimento, ha riconosciuto L.C. responsabile del delitto di lesioni colpose in danno di M.D., con violazione della disciplina antinfortunistica, in conseguenza condannandolo, con le attenuanti generiche, alla pena di giustizia, condizionalmente sospesa, operato invece il bilanciamento tra circostanze eterogenee nel senso di equivalenza tra le stesse, ha rideterminato, riducendola, la pena; con conferma quanto al resto.

2. I fatti, in estrema sintesi, come concordemente ricostruiti dai Giudici di merito.
2.1. Il 9 giugno 2014 M.D., operaio dipendente, da alcuni anni, della ditta "L.C. Costruzioni s.r.l.", è precipitato nel vuoto per circa cinque metri dall'alto di un capannone dal tetto del quale stava rimuovendo le lastre di copertura, provocandosi plurime, gravi lesioni.
Causa della caduta è stata la rottura del materiale di copertura del tetto del capannone sopra il quale il lavoratore era salito tramite un trabatello M.D. in quel momento non era assicurato con cintura di sicurezza e/o funi né vi erano opere provvisionali (linee-vita, reti di trattenuta, ponteggi, sottopalchi o altro) idonee ad impedire la precipitazione.
2.2. L.C. è stato riconosciuto responsabile in veste di legale rappresentante ed amministratore unico - ergo: datore di lavoro - oltre che di responsabile del servizio di prevenzione e protezione ambientale (acronimo: R.S.P.P.) della s.r.l. L.C. Costruzioni, ditta che aveva ricevuto in subappalto da altra ("Ambiente 2000", a sua volta in subappalto dalla s.r.l. "Lavalux") il solo compito di rimuovere la copertura del capannone.
Si è ritenuto avere L.C. sottovalutato la specificità ed il pericolo delle operazioni da farsi predisponendo un piano di lavoro ed un P.O.S. risultati inadeguati: infatti i Giudici danno atto che nel P.O.S. si legge che i lavoratori in quota avrebbero camminato sul cemento armato costituente l'ossatura della copertura e non già sulle lastre, mentre l'intelaiatura del tetto era di acciaio, sicchè mancavano i "camminamenti" in cemento indicati e mancava, comunque, la superficie sulla quale poter camminare in sicurezza, essendosi in quota.
Inoltre, pur essendo previsto espressamente nel P.O.S. che i lavoratori dovessero indossare e tenere agganciate le cinture di sicurezza, ciò nell'occasione non era accaduto, in difetto di previa fornitura delle stesse ai dipendenti e, successivamente, in mancanza di ogni forma di vigilanza da parte del datore di lavoro, ricorrente, che non aveva nemmeno fornito ai dipendenti le opportune informazioni ed indicazioni sul lavoro da farsi quel giorno.

3. Ciò posto, ricorre per la cassazione della sentenza l'imputato, tramite Difensore di fiducia, affidandosi a quattro motivi, con quali denunzia promiscuamente violazione di legge e vizio di motivazione.
3.1. Con il primo motivo, riferita la versione dei fatti offerta dall'imputato, lamenta la violazione degli artt. 19 e 20 del d. lgs. 9 aprile 2008, n. 81, e degli artt. 40, comma 2 e 41, comma 2, cod. pen. e, nel contempo, vizio di motivazione nella parte in cui la sentenza impugnata non ha assolto l'imputato escludendo la ricorrenza degli elementi, sia soggettivo che oggettivo, del reato, trascurando l'intervenuta interruzione del nesso di causalità tra condotta dell'imputato ed evento, in ragione della condotta ritenuta abnorme della persona offesa nel caso di specie.
Il ricorrente (peraltro - si afferma - non informato del sopralluogo effettuato prima dell'incidente da parte dell'Ispettorato e delle prescrizioni nell'occasione impartite) avrebbe diligentemente fatto tutto ciò cui era tenuto: un previo sopralluogo preventivo; la trasmissione ai dipendenti, tutti peraltro già adeguatamente formati e con l'esperto M.D. in posizione - sia pure di fatto - di "preposto", di tutte le informazioni utili ed opportune; la consegna di tutti i dispositivi di protezione. In conseguenza, l'unico responsabile di quanto occorso sarebbe lo stesso infortunato, determinatosi ad agire in maniera scellerata, violando - del tutto imprevedibilmente per il datore di lavoro - le prescrizioni e gli insegnamenti ricevuti.
Si richiamano i principi informatori della responsabilità da infortunio, anche alla luce del passaggio da un modello c.d. "iperprotettivo" ad un modello definito "collaborativo".
Si sottolineano circostanze di fatto che sarebbero state travisate dai Giudici di merito (circa la idoneità o meno de! piano di lavoro e la effettiva portata contenutistica e precettiva dell'intervento dell'Ispettorato in data 6 maggio 2014, la presenza o meno di assi di legno su cui camminare, l'altezza dell'edificio, l'effettivo svolgimento di un sopralluogo preventivo da parte dell'imputato).
3.2. Con il secondo motivo censura promiscuamente violazione degli art. 40, comma 2, 3 41, comma 2, cod. pen. e 90 del d. lgs. n. 81 del 2008 e difetto di motivazione nella parte in cui la sentenza impugnata non ha assolto L.C. alla luce della intervenuta interruzione dei nesso di causalità tra condotta dell'imputato ed evento lesivo, in ragione della omessa nomina di coordinatore per l'esecuzione dei lavori da parte del committente, P.D., titolare della s.r.l. "Lavalux" (che aveva appaltato i lavori alla "Ambiente 2000", che aveva a sua volta appaltato alla "C."), i:_ quale vi era tenuto. Se, infatti, fosse stato nominato il coordinatore per l'esecuzione dei lavori, l'infortunio - si assume - non si sarebbe verificato.
3.3. Tramite il terzo motivo il ricorrente si duole ulteriormente della violazione degli art. 40, comma 2, e 41, comma 2, cod. pen. e 97 del d. lgs. n. 81 del 2008 e di vizio di motivazione nella parte in cui non è stato assolto L.C. in ragione della intervenuta interruzione del nesso di causalità tra agire dell'imputato ed evento a causa dell'avvenuta violazione da parte di G.DL., titolare della ditta ''Ambiente 2000", affidataria dei lavori, sub­ appaltatrice e sub-appaltante, non avendo G.DL., peraltro presente in cantiere il giorno dell'infortunio, vigilato sul rispetto delle norme di sicurezza.
Si tratterebbe di una omissione, d<l parte di De Luca, avente efficacia causale esclusiva nella produzione dell'evento.
3.4. Infine, con l'ultimo motivo si denunzia vizio di motivazione per avere la Core territoriale rigettato il quarto motivo dell'appello a suo tempo avanzato con oggetto la richiesta, subordinata, di applicazione all'imputato della sola pena pecuniaria anziché detentiva, essendo :e sanzioni previste alternativamente, senza, tuttavia, motivare sul punto e, dunque, senza pronunziarsi.
Si chiede, dunque, l'annullamento della sentenza impugnata.


4. Il P.G. della Corte di cassazione nella requisitoria scritta del 13 settembre 2022 ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso.
 

 

Diritto

 



1. Va premesso che il reato non è prescritto. Infatti: fatto del 9 giugno 2014 + sette anni e sei mesi = 9 dicembre 2021 + sospensione per 61 giorni dal 22 febbraio 2016 (per impedimento professionale del Difensore il 22 febbraio 2016 + 60 giorni da regola generale ex art. 159, comma 1, n. 3, secondo periodo, cod. pen.) + sospensione per 70 giorni dal 20 settembre 2018 (per impedimento per ragioni di salute sino al 29 settembre 2018 + altri 60 giorni da regola generale) + sospensione per 62 giorni a partire dal 7 febbraio 2019 (per impedimento per ragioni di salute dell'imputato, risultato ammalato nei giorni 7 ed 8 febbraio + 60 giorni) + 7 giori dal 4 all'11 maggio) 2020 (per sospensione in ragione dell'epidemia) + altri 61 giorni per impedimento per concomitamti ragioni professionali del Difensore (risultato impedito il giorno dell'udienza, appunto il 18 marzo 2021, + altri 60 giorni) + altri 61 giorni per ulteriore impedimento dell'Avvocato per ragioni professionali (il giorno 16 giugno 2021 + 60 giorni) = tot. 322 giorni, che, aggiunti al 9 dicembre 2021, danno come risultato il 27 ottobre 2022.
Ciò posto, il ricorso è manifestamente infondato, per le seguenti ragioni.


2. Quanto al primo motivo, con cui si assume essere stato il fatto causato dal comportamento stimato abnorme del lavoratore infortunato, si tratta di aspetto che è stato già adeguatamente affrontato in entrambe le sentenze di merito (alle pp. 8-9 di quella impugnata ed alle pp. 11-12 di quella del Tribunale. Si tratta di doglianza meramente reiterativa, peraltro in parte costruita in fatto, che non si confronta adeguatamente con gli argomenti svolti nelle decisioni.


3. Anche i temi che si pongono con il secondo e con il terzo motivo (rispettivamente: non vi sarebbe responsabilità del ricorrente in quanto tutto sarebbe da ricondurre alla omessa nominaa del coordinatore per l'esecuzione dei lavori da parte del committente, che a ciò era tenuto; e il responsabile dell'infortunio sarebbe, in realtà, G.DL., titolare della ditta "Ambiente 2000", che era personalmente presente quel giorno in cantiere e che non avrebbe vigilato sul rispetto delle norme di sicurezza coordinatore per l'esecuzione dei lavori) sono in realtà mere ripetizioni di assunti già confutati, il primo dei due alla p. 7 della sentenza impugnata ed alle pp. 10-11 di quella del Tribunale, e l'altro, sinteticamente, alla p. 7 della sentenza impugnata.

4. I Giudici di merito, in ogni caso, hanno accertato in punto di fatto sia la inadeguatezza del P.O.S., che faceva riferimento a lavori in quota in una situazione di fatto diversa - e meno pericolosa - di quella in realtà esistente sia la mancata consegna nell'occasione da parte del datore di lavoro delle cinture di sicurezza sia la omessa vigilanza circa il concreto rispetto delle misure di sicurezza.
Ciò posto, hanno fatto applicazione logica e congrua dei principi di diritto secondo cui:
sussiste la penale responsabilità per colpa del datore di lavoro, in riferimento agli eventi lesivi occorsi ai lavoratori, ove ometta di indicare nel piano di sicurezza e coordinamento (cosiddetto P.S.C.) i rischi connessi ad una determinata attività e non provveda alla predisposizione di specifiche misure di sicurezza per la particolare tipologia di lavori, quali, ad esempio, l'uso di cinture di sicurezza (Sez. 4, n. 31679 del 08/06/2010, Rigetti, Rv. 248113);
nel caso di lavorazioni da eseguire ad altezza superiore a due metri, sussiste l'obbligo del datore di lavoro di apprestare quando possibile) impalcature, ponteggi o altre opere provvisionali e (solo in via sussidiaria o complementare) di prevedere l'uso delle cinture di sicurezza (Sez. 4, n. 25131 del 19/04/2013, Urso, Rv. 256525);
e in tema di infortuni sul lavoro, l'obbligo del datore di lavoro di vigilare sull'esatta osservanza, da parte dei lavoratori, delle prescrizioni volte alla tutela della loro sicurezza, può ritenersi assolto soltanto in caso di predisposizione e attuazione di un sistema di controllo effettivo, adeguato al caso concreto (Sez. 4, n. 35858 del 14/09/2021, Tamellini, Rv. 2.81855).
4.1. Quanto alla pretesa abnormità della condotta del lavoratore (primo motivo di ricorso), si è correttamente tenuto in considerazione da parte dei Giudici di merito che «In tema di infortuni sul lavoro, perché possa ritenersi che il comportamento negligente, imprudente e imperito del lavoratore, pur tenuto in esplicazione delle mansioni allo stesso affidate, costituisca concretizzazione di un "rischio eccentrico", con esclusione della responsabilità del garante, è necessario che questi abbia posto in essere anche le cautele che sono finalizzate proprio alla disciplina e governo del rischio di comportamento imprudente, così che, solo in questo caso, l'evento verificatosi potrà, essere ricondotto alla negligenza del lavoratore, piuttosto che al comportamento del garante» (Sez. n. 27871 del 20/03/2019, Simeone, Rv: 276242).
4.2. Né hanno pregio le censure incentrate sulla valutazione di asseriti comportamenti negligenti causalmente significativi di altri soggetti, anche ove a loro volta garanti in tema di sicurezza (secondo e terzo motivo di ricorso: il committente ed il subappaltatore), in applicazione del principio di equivalenza della cause posto dall'art. 41, comma 1, cod. pen.: infatti, «Ai fini dell'apprezzamento dell'eventuale interruzione del nesso causale tra la condotta e l'evento (articolo 41, comma secondo, cod. pen.), il concetto di causa sopravvenuta da sola sufficiente a determinare l'evento non si riferisce solo al caso di un processo causale del tutto autonomo, giacchè, allora, la disposizione sarebbe pressochè inutile, in quanto all'esclusione del rapporto causale si perverrebbe comunque sulla base del principio condizionalistico o dell'equivalenza delle cause di cui all'articolo 41, comma primo, cod. pen. La norma, invece, si applica anche nel caso di un processo non completamente avulso dall'antecedente, ma caratterizzato da un percorso causale completamente atipico, di carattere assolutamente anomalo ed eccezionale, ossia di un evento che non si verifica se non in casi del tutto imprevedibili a seguito della causa presupposta» (Sez. 4, n. 1214 del 26/10/2005, dep. 2006, Boscherini, Rv. 233173).

5. Infine, in relazione all'ultimo motivo, con il quale si lamenta omessa pronunzia circa l'applicazione della sola pena pecuniaria, anziché di quella detentiva, essendo previste alternativamente, osserva il collegio quanto segue.
Si rinviene, in effetti, richiesta in tal senso alle pp. 20-21 dell'atto di appello ma contenutisticamente assai vaga. Ad essa la Corte territoriale risponde adeguatamente· (p. 9 della sentenza impugnata), affermando che il fatto è grave in ragione della pluralità di violazioni riscontrate e delle gravi conseguenze riportate dalla vittima. Si tratta di motivazione non incongrua né illogica.

6. Essendo, dunque, il ricorso inammissibile e non ravvisandosi ai sensi dell'art. 616 cod. proc. pen. assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Costituzionale, sentenza n. 186 del 13 giugno 2000), alla condanna dell'imputato al pagamento delle spese consegue anche quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura che si stima conforme a diritto ed equa, indicata in dispositivo.

 

P.Q.M.
 



Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e delle somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 04/10/2022.