Cassazione Penale, Sez. 4, 20 dicembre 2022, n. 48242 - Infortunio mortale durante lo scarico delle travi lamellari. Mezzo inadeguato e DVR carente


 

 

Presidente: MONTAGNI ANDREA
Relatore: RICCI ANNA LUISA ANGELA
Data Udienza: 29/11/2022
 

Fatto
 



1. La Corte d'appello di Catanzaro con sentenza del 22 ottobre 2021 ha confermato la sentenza del Tribunale di Paola di condanna nei confronti di R.A., G.A., S.S. in ordine al delitto di cui agli artt. 113 , 589 commi 1 e 2 cod. pen. per avere nelle rispettive qualità, il primo di Presidente della Società A. s.p.a., il secondo di Vice Presidente della Società A. s.p.a. fornitrice di quattordici travi lamellari, il terzo di amministratore Unico della Cooperativa Punto Verde a.r.l. committente dei lavori per la realizzazione della copertura di un fabbricato da adibire a deposito aziendale, cagionato per colpa la morte di C.P., autista della A. s.p.a., mentre lo stesso provvedeva allo scarico presso il cantiere edile della Cooperativa Punto Verde a.r.l. delle travi, in Sana Pietro Amantea il 20 ottobre 2012.
1.1. L'infortunio sul lavoro è stato ricostruito nelle sentenze di merito, conformi, nel modo seguente.
La Cooperativa Punto verde aveva dato incarico alla società Tecno Edil snc di realizzare la copertura del tetto di un edificio di sua proprietà; la società Tecno Edil aveva richiesto alla A. spa la fornitura di travi in legno lamellare di abete necessarie ai fini della realizzazione della copertura.
Il 20 ottobre 2012 C.P., dipendente della A. spa, a bordo di un veicolo provvisto di gru aveva trasportato le travi fino allo spazio antistante l'edificio in costruzione; giunto sul posto, aveva iniziato le operazioni scarico ed in particolare insieme a I.V., socio della cooperativa Punto Verde, aveva slegato sul cassone del camion e distanziato le 14 travi, e stava procedendo ad imbracarle attraverso delle cinghie in maniera tale che la gru posizionata sul veicolo da lui manovrata le depositasse sul solaio dell'edificio ove si trovava O.C., altro socio della Cooperativa Punto Verde, che doveva eseguire le operazioni di sgancio del materiale; dopo che con tali modalità erano stati effettuati due carichi di quattro travi ciascuno, nel mentre i tre erano intenti ad effettuare un ulteriore carico, una delle rimanenti travi del peso di 126 kg. che si trovava sul cassone del camion libera, era caduta dal lato in cui era posizionato C.P. colpendolo mortalmente.
1.2. I giudici di merito hanno individuato i seguenti profili di colpa:
- nei confronti di R.A. e G.A. imperizia, negligenza, imprudenza, mancata predisposizione di una relazione sulla valutazione dei rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori durante l'attività lavorativa (art. 28 comma 2 lett. a Dlgs 81/2008: nel DVR non erano indicati i rischi residui collegati alle singole attrezzature, alle fasi lavorative, né le misure di prevenzione e protezione adottate), la mancata adozione di attrezzature di lavoro funzionali alle condizioni e alle caratteristiche specifiche del lavoro da svolgere ed ai relativi rischi (art. 71 comma 2 lett. a, c dlgs 81/2008: l'automezzo non era stato dotato di montanti telescopici alle sponde con altezza superiore allo spessore delle travi per impedire la eventuale; in alternativa doveva adottarsi un automezzo con gru provvista di telecomando);
- nei confronti di S.S. imperizia, negligenza, imprudenza, e mancata designazione del coordinatore per la progettazione dei lavori in un cantiere in cui era prevista la presenza di più imprese esecutrici (art. 90 comma 3 Dlgs 81/2008).

2. Avverso la sentenza hanno proposto ricorso gli imputati con proprio difensore.
2.1. R.A. e G.A. hanno presentato un ricorso congiunto con unico atto con cui hanno dedotto quattro motivi.
2.1.1. Con il primo motivo hanno dedotto la violazione di legge e il vizio di motivazione in relazione alla ritenuta sussistenza della posizione di garanzia ed all'errato inquadramento giuridico della prestazione resa dalla A. Spa. Il difensore rileva che, a differenza di quanto sostenuto dai giudici di merito, la prestazione di detta società doveva essere inquadrata come nolo a caldo, ovvero noleggio di attrezzatura e maestranze, con conseguente inapplicabilità nei confronti dell'azienda noleggiante dei principi stabiliti dalla normativa sulla prevenzione degli infortuni in tema di appalto. A tal fine osserva che:
- nella sentenza impugnata la prestazione della A. era stata qualificata quale fornitura di materiali, rispetto alla quale il trasporto e lo scarico delle travi rappresentavano una obbligazione accessoria a quella principale data dalla compravendita delle merci. Tale ricostruzione, tuttavia, era contraddetta dal fatto che nella disciplina della vendita nessuna norma stabilisce quale necessaria e automatica obbligazione accessoria in capo al venditore anche il trasporto della merce venduta e dal fatto che, ai sensi dell'art. 1510 cod. civ., per regola generale la merce viene consegnata presso il domicilio del venditore e solo in caso di espressa pattuizione (di cui nel caso in esame non vi è traccia, non potendosi attribuire rilievo in tal senso al DDT, mero documento di natura commerciale e fiscale e non idoneo a dimostrare il contenuto del rapporto giuridico intercorrente fra le parti) viene anche trasportata presso l'acquirente.
- la prestazione fornita da A. spa doveva invece essere qualificata come "nolo a caldo", ovvero come contratto che ha ad oggetto la concessione in uso di una attrezzatura di lavoro e la prestazione lavorativa di un operatore specializzato indispensabile per l'utilizzo e la conduzione della attrezzatura. Da un lato, dunque, C.P. doveva soggiacere solo alle direttive e agli ordine della impresa noleggiatrice la Tecno Edil, mentre la A. non aveva alcun potere di organizzazione del lavoro del proprio dipendente all'interno del cantiere; dall'altro con riferimento all'appalto le misure di sicurezza dovevano essere predisposte dalla ditta esecutrice dei lavori (Tecno Edil) e dalla committente (Cooperativa Punto Verde);
- la A. spa aveva assolto al dovere di garantire la idoneità del mezzo e al dovere di formazione e addestramento rispetto alla conduzione della gru così come comprovato dalla documentazione prodotta.
2.1.2. Con il secondo motivo hanno dedotto la erronea applicazione della legge ed il vizio di motivazione sotto il profilo del travisamento della prova con riferimento alla ritenuta prevedibilità dell'evento. L'istruttoria aveva chiarito che C.P. non aveva provveduto a scaricare il materiale in unico collo direttamente a terra, come era stato previsto dal datore di lavoro, ma arbitrariamente ed imprudentemente aveva slegato le corde che fissavano il collo ai cavalletti posti sul camion ed aveva tagliato le fascette con cui le quattordici travi erano tenute unite, per poi procedere tramite la gru al deposito delle singole travi sul solaio dell'edificio. La sentenza impugnata aveva ritenuto che la modalità di lavoro adottata da C.P. fosse il frutto di un accordo fra il suo datore di lavoro e S.S. sulla base di un ragionamento tautologico e congetturale e sulla base di un vero e proprio travisamento della prova. Sotto il primo profilo nella sentenza si sarebbe dato rilievo al fatto che I.V. e O.C., i due soci della cooperativa Punto Verde presenti insieme a C.P., avevano riferito di non essere stati loro a chiedergli di compiere quella attività, quando invece tali dichiarazioni, comunque non dimostrative del coinvolgimento degli A., non avrebbero dovuto essere tenute in conto, in quanto provenienti da soggetti che avrebbero altrimenti confessato la loro responsabilità; sotto il secondo profilo nella sentenza impugnata si era sostenuto che la prova che fossero stati gli A. a dare l'ordine a C.P. di procedere in quel modo doveva ricavarsi dallo stesso contegno di C.P. al momento dello scarico, quando invece tale contegno ben poteva essere frutto di una autonoma iniziativa del lavoratore, ovvero anche di una richiesta pervenutagli la mattina stessa dell'arrivo in cantiere da soggetti diversi dagli A., ovvero da S.S. che a ben vedere aveva tutto l'interesse a procedere in tale modo in quanto avrebbe potuto contrarre i tempi di realizzazione dell'opera. Lo stesso DVR predisposto da A. spa e le attrezzature di lavoro fornite nell'occasione al proprio dipendente dimostravano che le operazioni di scarico da svolgere erano non solo semplici ma anche analoghe a quelle compiute durante il carico del materiale presso lo stabilimento: vale a dire il sollevamento delle quattordici travi dal cassone in un unico collo e senza spacchettamento attraverso l'ausilio di una gru come riferito dati testi V.F. e D.DL.. Secondo i ricorrenti doveva dunque concludersi che la vicenda relativa allo scarico del materiale avesse avuto un decorso causale del tutto anomalo e che lo spacchettamento del collo contenente le travi fosse stata una circostanza non prevedibile per il datore di lavoro di C.P..
2. 3. Con il terzo motivo hanno dedotto la erronea applicazione della legge ed il vizio di motivazione con riguardo alla condotta del lavoratore ed al nesso causale. La sentenza impugnata aveva escluso che la condotta del lavoratore avesse rappresentato causa autonoma dell'incidente con motivazione ancora una volta congetturale, tautologica e illogica e con un mero richiamo alla sentenza del primo giudice, in cui si era sostenuto non potersi considerare abnorme il comportamento che non sia assolutamente estraneo al processo produttivo ed alle mansioni svolte. Il difensore richiama in proposito l'orientamento per cui "può essere considerato abnorme ai fini causali anche il comportamento che rientri nelle mansioni che sono proprie, ma che sia consistito in qualcosa di radicalmente e ontologicamente lontano dalle ipotizzabili e quindi prevedibili imprudenti scelte del lavoratore nella esecuzione del lavoro" (Sez 4 n. 5007 del 28/11/2008 Rv 274017; sez 4 n. 15124 del 13/12/2016 Rv 269603), ovvero l'orientamento per cui condotta esorbitante ed imprevedibilmente colposa del lavoratore idonea ad escludere il nesso causale è anche quella che nell'ambito delle mansioni affidate al lavoratore attivi un rischio eccentrico od esorbitante dalla sfera di rischio governata dal soggetto titolare della posizione di garanzia (sez 4 n. 29585 del 23/09/2020). La Corte di Appello, dunque, avrebbe dovuto escludere il nesso di causalità per la condotta abnorme del lavoratore in quanto la modalità operativa a cui C.P. era stato formato e avrebbe dovuto uniformarsi non era quella seguita il giorno dell'evento ed era stato il lavoratore con una condotta abnorme, eccentrica ed imprevedibile, a determinare l'evento mortale.
2.1.4 Con il quarto motivo hanno dedotto la inosservanza di norme di legge e vizio di motivazione in riferimento al risarcimento del danno riconosciuto a favore delle parti civili. Il difensore rileva che era stato il lavoratore a esporsi volontariamente al rischio poi concretizzatosi e che non è possibile considerare danno risarcibile quello che ciascuno procura a se stesso.
2.2. S.S. ha presentato ricorso con cui ha formulato due motivi.
2.2.1 Con il primo motivo ha dedotto la manifesta illogicità della motivazione in relazione alla affermazione della responsabilità penale. La sentenza muove dall'assunto per cui, in merito all'attività da svolgersi nel cantiere teatro dell'evento mortale, vi era stato un accordo trilaterale tra la Cooperativa Punto Verde titolare dell'edificio, la Società A. che aveva fornito le travi per la copertura del tetto e la Tecno Edile cui la Cooperativa aveva commissionato i lavori, rimasta peraltro estranea al processo, quando invece l'istruttoria non aveva fornito prova alcuna di tale assunto. La versione alternativa, secondo cui solo la mattina dell'evento mortale S.S. si era limitato a chiedere telefonicamente ai due soci lavoratori di coadiuvare il dipendente della A. nelle operazioni di scarico, non era stata presa in considerazione. Inoltre l'omissione nella designazione dei soggetti preposti a tutela della sicurezza sul lavoro, residuale rispetto all'obbligo cui era tenuta la società incaricata della effettuazione dei lavori di copertura, non poteva determinare una automatica responsabilità in capo a S.S. in assenza di un attento esame della situazione di fatto volto a verificare la effettiva incidenza della condotta del committente nella eziologia dell'evento.
2.2.2. Con il secondo motivo ha dedotto l'assenza di nesso di causalità tra la condotta omissiva contestata e l'evento. Il difensore lamenta che la omessa designazione del coordinatore per la progettazione dei lavori prima e, successivamente, di quello per l'esecuzione dei lavori, in un cantiere in cui era prevista la presenza di più imprese esecutrici non può comportare di per sé la responsabilità penale per un evento del tipo di quello verificatosi. Il principio per cui nel caso di lavori svolti in esecuzione di un contratto di appalto, il dovere di sicurezza è riferibile al datore di lavoro ed al committente non può essere sempre applicato in quanto non può esigersi dal committente un controllo continuo e capillare sulla organizzazione dei lavori. L'accertamento del nesso di causalità deve essere condotto attraverso il giudizio controfattuale che indichi non solo la condotta doverosa omessa, ma anche le ragioni per cui tale condotta, se tenuta, avrebbe impedito il verificarsi dell'evento.

3. Il Procuratore generale ha depositato conclusioni scritte con cui ha chiesto rigettarsi i ricorsi.

4. I difensori di R.A. e G.A. in data 12 novembre 2022 hanno depositato una memoria con cui in replica alle argomentazioni del Procuratore Generale hanno insistito per l'accoglimento dei motivi di ricorso.

 

Diritto




1. I ricorsi devono essere rigettati.

2. Ricorso R.A. e G.A..
2.1. Il primo motivo, attinente alla qualificazione giuridica del contratto stipulato fra la ditta esecutrice dei lavori e la A., è infondato. Con tale doglianza i ricorrenti contestano la titolarità della posizione di garanzia nei confronti del lavoratore dipendente cui dovevano ricollegarsi gli obblighi indicati nel capo di imputazione. In altri termini- si sostiene nel ricorso- gli A., pur essendo datori di lavoro della vittima, nella fattispecie concreta non rivestivano tale qualifica, in quanto fra la ditta A. e la ditta che aveva commissionato la fornitura delle travi sussisteva un rapporto contrattuale da qualificare come nolo a caldo con noleggio di attrezzatura e di maestranze specializzate nell'uso della attrezzatura.
Il noleggio rientra nell'alveo del contratto di locazione disciplinato dagli artt. 1571 cod. civ. e ss.. Nella pratica va distinto il "nolo a freddo" dal "nolo a caldo": con il primo viene locato il solo macchinario, mente con il secondo oltre al macchinario, il locatore mette a disposizione dell'imprenditore anche un proprio dipendente con una specifica competenza nel suo utilizzo.
La giurisprudenza ha sottolineato la distinzione fra contratto di appalto (artt. 1655 e.e. e seguenti) e nolo a caldo. Nel primo caso l'appaltatore si impegna con il committente a compiere un'opera ed a tale fine deve organizzare i suoi mezzi di produzione ed il lavoro con la conseguenza che è gestore dell'area di rischio connessa a detta organizzazione. In caso di appalto, la normativa sulla prevenzione infortuni pone a carico dei due imprenditori coinvolti nel lavoro, obblighi di coordinamento della loro attività al fine di organizzare ed attuare le misure di prevenzione infortuni, anche attraverso un'opera di informazione dei lavoratori dei rischi a cui sono esposti (art. 26 T.U. 81\08).
Nel caso del nolo, invece, il locatore mette solo a disposizione il macchinario ed, eventualmente, l'addetto al suo utilizzo, senza alcuna ingerenza nella attività produttiva e nella sua organizzazione.
Proprio in ragione di tale distinzione ci si è chiesti se colui il quale noleggi un macchinario ad altro imprenditore assuma o meno una posizione di garanzia in relazione ad incidenti che coinvolgano il suo dipendente, ma connessi alla cattiva organizzazione di lavoro dell'altra impresa e si è concluso che "il soggetto titolare dell'impresa che noleggia macchinari non ha l'obbligo di cooperare all'attuazione delle misure di prevenzione e protezione che l'appaltatore di lavori deve adottare in favore dei lavoratori alle sue dipendenze, e pertanto non assume, nei confronti di questi ultimi, una posizione di garanzia in relazione ai rischi specifici connessi all'ambiente di lavoro nel quale essi sono chiamati ad operare, non esercitando alcuna attività produttiva" (Sez. 4, n. 22717 del 22/04/2016, Camera, Rv. 266977; Sez. 4, n. 23604 del 05/03/2009, Cossi, Rv. 244216). A ben vedere, peraltro, il principio suddetto è stato affermato nel caso della prima pronuncia con riferimento ad un nolo a freddo con affermazione della responsabilità dell'imprenditore che aveva preso a noleggio un macchinario in relazione ad un infortunio verificatosi ad un suo dipendente e nel caso della seconda sentenza con riferimento ad un nolo a caldo in cui l'infortunato era dipendente della ditta che aveva dato in noleggio il macchinario, ma l'infortunio si era verificato nell'utilizzo di un macchinario diverso rispetto a quello oggetto del noleggio.
Venendo al caso oggetto del ricorso, la Corte di Appello ha escluso che la prestazione della ditta A. potesse essere qualificata come nolo a caldo: alla A. non era stata richiesta la concessione in uso di un'attrezzatura di lavoro e la prestazione di un operaio specializzato, ovvero la gru ed un operaio che la manovrasse, ma la fornitura delle travi come fra l'altro riportato nel Documento di Trasporto, ovvero una prestazione che rientrava nell'oggetto della sua attività, che non era quello di noleggio di macchinari, ma quello di lavorazione del legno e di vendita dei prodotti lavorati.
La qualificazione del rapporto contrattuale in oggetto operata dalla Corte di Appello da un lato è coerente con i dati di fatto evidenziati e dall'altro non è messa in discussione dai rilievi formulati dai difensori: invero, ai fini della distinzione in esame, il discrimen è rappresentato dal tipo di attività esercitata, che nel caso in esame, come correttamente evidenziato, era la fornitura ed il conseguente trasporto delle travi in legno e non già il noleggio di attrezzatura, senza che rilievo alcuno possa assumere il fatto che la merce sia stata consegnata presso il domicilio dell'acquirente.
Ma quel che più vale a delineare la responsabilità nel caso in esame è che l'infortunio si sia verificato nell'utilizzo di un mezzo che era stato fornito dalla ditta A. al suo dipendente C.P. e nell'ambito di una attività, quale quella del trasporto e scarico ai fini della consegna della merce, rientrante nelle mansioni affidate a quel dipendente.
Gli addebiti di colpa individuati in capo ai legali rappresentanti della A. Spa hanno avuto riguardo, infatti, alla messa a disposizione del lavoratore di attrezzatura non idonea a garantire la sicurezza in ragione del lavoro da svolgere ai sensi dell'art . 71 del Dlgs 81/2008 (in quanto nel caso di specie si sarebbe dovuto dotare l'automezzo di montanti telescopici alle sponde con altezza superiore allo spessore delle travi per impedire l'eventuale caduta delle stesse o in alternativa si sarebbe dovuto utilizzare un automezzo con gru provvista di telecomando) e alla redazione di un Documento di Valutazione dei Rischi carente sotto il profilo della individuazione dei rischi specifici collegati alle singole attrezzature ed alle fasi lavorative ed in particolare alla fase dello scarico della merce, ai sensi dell'art.28 Dlgs 81/2008: alla ditta A., in altri termini, sono state contestate violazioni di regole cautelari collegate proprio all'area di rischio che la ditta A. era chiamata a gestire in relazione all'attività svolta ed ai conseguenti obblighi di garanzia a tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori
2.2 Il secondo motivo ed il terzo motivo con cui si contesta la ritenuta prevedibilità dell'evento e il mancato riconoscimento del comportamento abnorme del lavoratore, tale da interrompere il nesso di causa, sono infondati.
La Corte di appello in proposito ha argomentato che:
- era stato S.S. ad avvisare i dipendenti che in mattinata avrebbero dovuto dare una mano a scaricare le travi;
- i due dipendenti avevano riferito che C.P. si era posizionato nei pressi del fabbricato ed aveva iniziato a rimuovere la legatura dando ad intendere di sapere come muoversi e quale procedura adottare .
Da tali dati la Corte ha tratto la conclusione, con un giudizio inferenziale non manifestamente illogico o carente, che lo scarico fosse stato concordato dai titolari della A. e da S.S.: si trattava di operazione per la quale il dipendente C.P. non era stato dotato di attrezzatura idonea per l'assenza dei puntelli telescopici e del telecomando e per l'assenza di altro lavoratore la cui necessità era comprovata dall'intervento dei due dipendenti della Cooperativa.
La Corte, inoltre, ha escluso che il comportamento del lavoratore fosse stato tale da interrompere il nesso di causa fra la condotta degli imputati e l'evento, rilevando che C.P. era stato incaricato dal datore di lavoro di scaricare la travi su tetto e che pertanto non vi era stata alcuna abnormità o devianza.
Sotto tale profilo si deve ribadire che a seguito dell'introduzione del d.lgs 626/94 e, poi, del T.U.  81/2008 si è passati dal principio «dell'ontologica irrilevanza della condotta colposa del lavoratore» al concetto di «area di rischio» (sez. 4, n. 21587 del 23.3.2007, Pelosi, Rv. 236721) che il datore di lavoro è chiamato a valutare in via preventiva, ma resta in ogni caso fermo il princ1p10 secondo cui non può esservi alcun esonero di responsabilità all'interno dell'area di rischio, nella quale si colloca l'obbligo datoriale di assicurare condizioni di sicurezza appropriate anche in rapporto a possibili comportamenti trascurati del lavoratore (sez. 4 n. 21587 del 2007, Pelosi, cit.). All'interno dell'area di rischio considerata, quindi, deve ribadirsi il principio per il quale la condotta del lavoratore può ritenersi abnorme e idonea ad escludere il nesso di causalità tra la condotta del datore di lavoro e l'evento lesivo, non tanto ove sia imprevedibile, quanto, piuttosto, ove sia tale da attivare un rischio eccentrico o esorbitante dalla sfera di rischio governata dal soggetto titolare della posizione di garanzia (sez. 4 n. 15124 del 13712/2016, dep. 2017, Gerosa e altri, Rv. 269603; sez. 4 n. 5007 del 28/11/2018, dep. 2019, PMT e/ Musso Paolo, rv. 275017), oppure ove sia stata posta in essere del tutto autonomamente e in un ambito estraneo alle mansioni affidategli e, come tale, al di fuori di ogni prevedibilità da parte del datore di lavoro, oppure vi rientri, ma si sia tradotta in qualcosa che, radicalmente quanto ontologicamente, sia lontano dalle ipotizzabili e, quindi, prevedibili, imprudenti scelte del lavoratore nella esecuzione del lavoro (sez. 4 n. 7188 del 10/01/2018, Bozzi, Rv. 272222).
La decisione della Corte d'appello anche in relazione a tale profilo appare coerente con i su indicati principi e non si presta a censura alcuna. Nel caso in esame la condotta del lavoratore è stata posta in essere nell'ambito delle mansioni a lui affidate e non ha attivato un rischio eccentrico, rispetto alla sfera governata dal titolare della posizione di garanzia, ma semmai il rischio tipico di quella sfera: l'infortunio mortale si è verificato nel mentre era in atto attività di scarico della merce, proprio in ragione delle modalità concrete di tale attività, posta in essere con attrezzatura non idonea e non preceduta da una valutazione dei rischi specifici ad essa connessi.
2.3 Il quarto motivo del ricorso è inammissibile. I ricorrenti con tale censura si limitano a sostenere che, stante l'assenza di responsabilità per l'infortunio della ditta A., non avrebbe dovuto essere pronunciata la condanna al risarcimento del danno nei confronti delle parti civili eredi del lavoratore deceduto. La ritenuta infondatezza dei motivi su esposti non può che comportare l'inammissibilità del motivo in esame.

3. Ricorso S.S.
3.1 I due motivi di ricorso, con cui si contesta la manifesta illogicità della motivazione in relazione alla affermazione della responsabilità penale, sia sotto il profilo della sussistenza del dovere di S.S. di nominare il Coordinatore per la sicurezza in fase di progettazione, sia sotto il profilo della esistenza del nesso di causa fra la violazione di tale obbligo e l'evento, sono infondati.
La Corte di Appello ha fatto discendere la responsabilità di S.S., rappresentante della Cooperativa Punto Verde, dalla sua qualifica di committente dei lavori su cui grava l'obbligo di nominare il Coordinatore per la sicurezza in fase di progettazione, connesso al rischio collegato alla presenza in cantiere anche non in contemporanea di più imprese. Il Coordinatore a sua volta ha l'obbligo di redigere il Piano di Sicurezza e di Coordinamento costituito da una relazione tecnica e prescrizioni correlate alla complessità dell'opera da realizzare ed alle eventuali fasi critiche del processo di costruzione, atte a prevenire o ridurre i rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori. Nelle sentenze di merito si è messo in luce come S.S., stante la presenza in cantiere di più ditte, fra cui la sua (come comprovato dal dato oggettivo dell'intervento nelle operazioni di scarico delle travi di due soci della Cooperativa), avrebbe dovuto nominare il Coordinatore per la sicurezza in fase di progettazione, il quale avrebbe a sua volta dovuto adottare il PSC con regolamentazione dell'attività di scarico e movimentazione delle travi sulla sommità dell'edificio, in modo da scongiurare i rischi correlati ed insiti in tali operazioni.
A fronte di tale percorso argomentativo il primo motivo di censura sembra volto ad escludere che gravasse su S.S. l'obbligo di nomina contestato come omesso. Si tratta di doglianza che, prima ancora che con la sentenza, non si confronta con il dettato normativo, giacche il committente, nei cantieri temporanei o mobili in cui sia prevista la presenza (anche non contemporanea) di più imprese esecutrici, ha l'obbligo: 1) di elaborare il documento unico di valutazione dei rischi di cui all'art. 26, comma 3, d.lgs n. 81 del 2008; 2) di nominare il coordinatore per la progettazione dell'opera di cui agli artt. 89, comma 1, lett. e), e 91 d.lgs n. 81 del 2008 (CSP), deputato a redigere il piano di sicurezza e coordinamento (PSC); 3) di nominare il coordinatore per l'esecuzione dei lavori, di cui agli artt. 89, comma 1, lett. f) e 92 d.lgs n. 81 del 2008 (CSE), deputato a verificare l'idoneità del piano operativo di sicurezza di ciascuna impresa, sia in relazione al PSC che in rapporto ai lavori da eseguirsi
Il committente è, dunque, titolare di una autonoma posizione di garanzia e può essere chiamato a rispondere dell'infortunio subito dal lavoratore qualora l'evento  si colleghi causaimente ad una sua colpevole (Sez. 4, n. 10544 del 25/01/2018, Scibilla e altri, Rv. 272239) omissione.

Le sentenze di merito hanno motivato in maniera corretta e congrua anche in ordine al profilo del nesso di casualità fra gli addebiti mossi al S.S. e l'evento verificatosi. Era venuta a mancare, per una precisa responsabilità del committente, quella figura investita dell'obbligo di predisporre il PSC (Piano di Sicurezza e C0ordinamento), che nel caso di specie avrebbe dovuto analizzare, quale fase critica, proprio quella dello scarico e movimentazione delle travi sulla sommità dell'edificio in modo da scongiurare i rischi correlati ed insiti in tali operazioni e non ultimo proprio quello dello scivolamento delle travi, una volta slegate. La normativa assegna alla figura del Coordinatore nei cantieri e soprattutto al documento che egli deve redigere ai fini della individuazione dei rischi connessi alle fasi dell'attività lavorativa e dei conseguenti presidi di sicurezza da adottare un ruolo centrale ai fini della tutela della sicurez-za dei lavoratori ivi impiegati. Essendo la regola cautelare violata dal ricorrente S.S., dunque, volta a scongiurare il tipo di evento concretizzatosi, deve essere riconosciuta nel caso in esame anche la causalità della colpa, intesa come introduzione da parte del soggetto agente del fattore di rischio poi concretizzatosi con l'evento, posta in essere attraverso la violazione delle regole di cautela tese a prevenire e a rendere evitabile il prodursi di quel rischio.

4. Al rigetto dei ricorsi consegue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

 

P.Q.M.
 


Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali. Deciso il 29 novembre 2022