Cassazione Penale, Sez. 4, 09 febbraio 2023, n. 5623 - Caduta dalla scala a pioli del lavoratore appena assunto
Presidente: CIAMPI FRANCESCO MARIA
Relatore: ANTEZZA FABIO Data Udienza: 20/12/2022
Fatto
1. La Corte d'appello di Milano, con la pronuncia indicata in epigrafe, ha confermato la condanna di F.V., quale datore di lavoro della persona offesa in qualità di titolare dell'omonima ditta, in merito alle lesioni personali subite dal lavoratore O.EJ., cagionate con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro (ex art 590, comma terzo, cod. pen.). Ne è seguita altresì la conferma della condanna dell'imputato al risarcimento dei danni in favore della persona offesa costituita parte civile (con previsione di provvisionale).
In particolare, l'imputato è stato ritenuto responsabile in merito alle lesioni personali subite dal lavoratore in forza di una caduta da una scala a pioli verificatasi, in assenza di formazione e informazione in merito ai rischi specifici inerenti alle mansioni affidategli, mentre era intento nell'esecuzione di lavori di sigillatura di finestre in un contesto caratterizzato dall'assenza di predisposizione di idonee misure di protezione oltre che di dotazioni di sicurezza idonee a prevenire le cadute dall'alto.
2. Avverso la sentenza d'appello l'imputato, tramite il difensore, ha proposto ricorso per cassazione fondato su tre motivi, di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione (ex art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen.).
2.1. Con i primi due motivi si deducono violazioni di legge e vizi motivazionali in ragione di assunte carenze argomentative per incompletezza e implausibilità delle risposte fornite dalla Corte territoriale ai rilievi sollevati dalla difesa circa la ricostruita situazione di contesto di cui alle lesioni personali. Ci si duole, in particolare, del ragionamento probatorio sotteso alla statuizione in quanto ritenuto carente per aver i giudici di merito, in ipotesi di c.d. d. «doppia conforme», valutato come credibile la persona offesa costituita parte civile, in luogo di altri testimoni escussi. Sul punto, sostanzialmente, sarebbe stata resa una motivazione apparente alla quale sarebbe poi seguita l'incoerenza delle argomentazioni circa le funzioni di datore di lavoro espletate dall'imputato, cui è stata riconnessa la responsabilità per la fattispecie contestatagli, senza perlato un'analisi della posizione di altri soggetti presenti nel cantiere. Non sarebbero state altresì analizzate le considerazioni dell'appellante circa l'assenza del nesso di causalità nell'ipotesi di comportamento anomalo e abnorme del lavoratore, essendosi sul punto la Corte territoriale limitata a richiamare le statuizioni di legittimità sul punto.
2.2. Con il terzo motivo si deducono violazioni di legge e vizi motivazionali in merito alla ritenuta insussistenza delle circostanze attenuanti generiche ordine alla subordinazione, operata in primo grado, del beneficio della sospensione condizionale della pena al pagamento della provvisionale. La Corte territoriale avrebbe errato nel valutare (in termini negativi, ai fini della sussistenza delle circostanze attenuanti generiche) la condotta processuale dell'imputato consistita nel rendere, in esercizio del proprio diritto di difesa, dichiarazioni tali da negare la situazione di contesto delle lesioni personali, oltre che nel ritenere irrilevanti le sue condizioni economiche. Queste ultime, peraltro, non sarebbero state valutate neanche con riferimento al motivo d'appello inerente alla subordinazione del beneficio della sospensione condizionale della pena.
3. Le parti hanno discusso e concluso nei termini di cui in epigrafe.
Diritto
1. Il ricorso è inammissibile.
2. I primi tre motivi di ricorso, suscettibili di trattazione congiunta in ragione della connessione delle relative questioni, sono inammissibili anche al netto della sostanziale pedissequa reiterazione delle censure già dedotte in appello e puntualmente disattese dalla Corte territoriale (pag. 5 e ss.), quindi integranti critiche non specifiche ma apparenti e tali, dunque, da non é1ssolvere alla tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso (ex plurimis, Sez. 2, n. 42046 del 17/07/2019, Boutartour, Rv. 277710), e dei profili risolventisi in motivi diversi da quelli prospettabili in sede di legittimità.
Il riferimento è a tutte doglianze in fatto, prospettate in termini di mere assunte carenze argomentative, con le quali si prospettano anche erronee valutazioni di natura probatoria del giudice di merito, non scandite dalla necessaria analisi critica delle argomentazioni poste a base della decisione impugnata e miranti a sostituire proprie valutazioni di merito a quelle del giudicante (sul contenuto essenziale dell'atto d'impugnazione si vedano ex plurimis: Sez. 6, n. 8700 del 21/01/2013, Leonardo, Rv. 254584, e, tra le più recenti, Sez. 7, n. 9378 del 09/02/2022, Galpert i, in motivazione; si veda altresì Sez. U, n. 8825 del 27/10/2016, dep. 2017, Galtellì, Rv. 268822, in ordine ai motivi d'appello ma sulla base di principi rilevanti anche al ricorso per cassazione).
2.1. A quanto innanzi, nei limiti dei profili che sfuggono all'inammissibilità per le esplicitate ragioni, con i motivi in esame il ricorrente comunque non si confronta con la motivazione della sentenza impugnata così deducendo censure inammissibili.
Come costantemente affermato dalla Corte di legittimità (ex plurimis, Sez.6, n. 8700 del 21/01/2013, Leonardo, Rv. 254584), difatti, la funzione dell'impugnazione è quella della critica argomentata, avverso il provvedimento cui si riferisce, che si realizza attraverso la presentazione di motivi i quali, a pena di inammissibilità (artt. 581 e 591 cod. proc. pen.), devono indicare specificamente le ragioni di diritto e gli elementi di fatto che sorreggono ogni richiesta. Contenuto essenziale dell'atto di impugnazione è, pertanto, innanzitutto e indefettibilmente il confronto puntuale (cioè con specifica indicazione delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che fondano il dissenso) con le argomentazioni del provvedimento il cui dispositivo si contesta. Ne consegue che, se il motivo di ricorso, come nel caso in esame, non si confronta con la motivazione della sentenza impugnata, per ciò solo si destina all'inammissibilità, venendo meno in radice l'unica funzione per la quale è previsto e ammesso (la critica argomentata al provvedimento), posto che con siffatta mera riproduzione il provvedimento ora formalmente impugnato, lungi dall'essere destinatario di specifica critica argomentata, è di fatto del tutto ignorato.
2.2 In primo luogo, il ricorrente non si confronta con la motivazione della sentenza impugnata, laddove ne predica la totale assenza, per apoditticità, in ordine all'accertata dinamica del sinistro e alle situazioni di contesto caratterizzanti il suo verificarsi, anche con riferimento alla ritenuta credibilità della persona offesa costituitasi parte civile.
La Corte territoriale, difatti, peraltro in ipotesi di c.d. «doppia conforme», circa la situazione di contesto caratterizzante il sinistro, ha chiarito, con motivazione esente da censure in questa sede in quanto priva dei prospettati vizi, che l'evento si è verificato nel mentre O.EJ., sostanzialmente assunto dall'imputato lo stesso giorno dell'infortunio, era intento a espletare attività lavorativa in esecuzione delle mansioni direttamente affidategli dal datore di lavoro, F.V., con strumenti e materiali di quest'ultimo, sotto la sua direzione e all'interno di un cantiere nell'ambito del quale il datore di lavoro eseguiva attività in subappalto. In particolare, il giudice d'appello ha ritenuto accertato la caduta del lavoratore da una scala a pioli riportando lesioni personali gravi mentre, in assenza di formazione e informazione in merito ai rischi specifici inerenti alle mansioni affidategli, era intento nell'esecuzione di lavori di sigillatura di finestre in un contesto caratterizzato dall'assenza di predisposizione di idonee misure di protezione oltre che di dotazioni di sicurezza idonee a prevenire le cadute dall'alto.
Accertata l'assenza di formazione e informazione nonché le omesse misure di prevenzione e protezione, la Corte territoriale ha infine confermato il giudizio di responsabilità dell'imputato, nell'accertata qualità, all'esito anche della valutazione di attendibilità dell'escussa persona offesa costituitasi parte civile, circa la situazione di contesto innanzi evidenziata e la dinamica dell'infortunio. Ciò in considerazione delle dichiarazioni rese in dibattimento dallo stesso imputato oltre che dagli escussi testimoni. A quanto innanzi si è altresì aggiunta la ritenuta compatibilità delle lesioni personali con la detta situazione di contesto e la riferita dinamica, in considerazione degli esiti tanto della perizia quanto della consulenza della difesa di parte civile esplicitati in uno con le ragioni sottese alla confutazione delle prospettazioni del consulente della difesa dell'imputato.
2.3. Argomentando nei termini di cui innanzi, peraltro, differentemente da quanto assunto dal ricorrente che, dunque, sul punto formula censure manifestamente infondate, la Corte d'appello ha fatto corretta applicazione dei principi governanti la materia circa la valutazione delle dichiarazioni rese dalla persona offesa costituitasi parte, potendo esse legittimamente poste da sole a fondamento della responsabilità dell'imputato, senza la necessità di applicare le regole probatorie di cui all'art. 192, com mi 3 e 4, cod. proc. pen., purché il narrato sia soggetto, come nella specie, a un più rigoroso controllo di attendibilità, opportunamente corroborato dall'indicazione di altri elementi di riscontro (Sez. 4, n. 09/11/2021, dep. 2022, Aramu, Rv. 282558).
2.4. Parimenti inammissibili in quanto, oltre a mostrarsi aspecifiche, non si confrontano con la ratio decidendi sottesa alla decisione, che, dunque, non sindacano, sono i profili di censura deducenti la sostanziale omessa considerazione di un'ipotesi di interruzione del nesso eziologico, tra condotta del datore di lavoro e evento, in ragione di un non ben definito comportamento abnorme del lavoratore.
Il ricorrente non considera difatti l'assenza, emergente dalla statuizione di secondo grado in uno con la sentenza del Tribunale in ipotesi di doppia conforme, di qualsivoglia elemento deponente circa una condotta del lavoratore inseritasi nella seriazione causale e tale da interromperla in ragione dell'attivazione di un rischio eccentrico rispetto a quella che l'imputato, quale datore di lavoro, era chiamato a gestire (per la più recente teoria dell'eccentricità del rischio ai fini dell'interruzione del nesso causale si vedano, ex plurimis, anche sulla scorta di Sez. U, n. 38343 del 24/04-/2014: Sez. 4, n. 23116 del 14/06/2022, Conti, non massimata, Sez. 4, n. 30824 del 16/06/2022, Nicoletti, non massimata, Sez. 4, n. 42017 del 29/09/2022, Malavasi, non massimata, e, con specifico riferimento alla materia degli infortuni sul lavoro, Sez. 4, n. 30814 del 11/05/2022, Lo Nero, non massimata; e Sez. 4, n. 41343 del 15/09/2022, Nardiello, non massimata).
3. Inconferenti rispetto alle rationes decidendi sottese ai punti della sentenza inerenti alla mancata concessione delle circostanze attenuanti e alla subordinazione del beneficio della sospensione condizionale della pena, sono altresì i profili di censire dedotti con il terzo motivo di ricorso.
La Corte territoriale, difatti, è lungi dall'aver considerato, in termini negativi, la condotta processuale dell'imputato volta, nell'esercizio del diritto di difesa, a negare gli addebiti e la ricostruzione dei fatti prospettata dalla persona offesa (che ha sostanzialmente negato di conoscere). In uno rispetto alla ritenuta insussistenza di elementi positivi valutabili ex art. 62-bis cod. pen., già di per sé bastevole per argomentare l'insussistenza delle circostanze attenuanti generiche, la sentenza impugnata ha sostanzialmente fatto riferimento all'assenza di segni di resipiscenza nell'imputato. Parimenti dicasi con riferimento alla ritenuta irrilevanza, ai fini delle circostanze di cui all'art. 62-bis cod. pen., delle condizioni economiche dell'imputato, in quanto relazionate allo specifico reato ascritto, e alla confermata del beneficio della sospensione condizionale della pena al pagamento della provvisionale, anche in considerazione dell'accertata compatibilità con il detto pagamento.
4. In conclusione, all'inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende, ex art. 616 cod. proc. pen., che si ritiene equa valutati i profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità emergenti dal ricorso nei termini innanzi evidenziati (Corte Cost. 13 giugno 2000, n. 186).
L'imputato deve essere altresì condannato alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile ammessa al patrocinio a spese dello Stato, nella misura che sarà liquidata dalla Corte di appello di Milano con separato decreto di pagamento ai sensi degli artt. 82 e 83 d.P.R. n. 115 del 2002, disponendone il pagamento in favore dello Stato.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende. Condanna, inoltre, l'imputato alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile ammessa al patrocinio a spese dello Stato, nella misura che sarà liquidata dalla Corte di appello di Milano con separato decreto di pagamento ai sensi degli artt. 82 e 83 d.P.R. n. 115 del 2002, disponendone il pagamento in favore dello Stato.
Così deciso il 20 dicembre 2022