Cassazione Penale, Sez. 4, 09 febbraio 2023, n. 5628 - Ribaltamento dell'escavatore mobile vetusto e privo di cinture di sicurezza


 

 

Presidente: PICCIALLI PATRIZIA
Relatore: PAVICH GIUSEPPE Data Udienza: 26/01/2023
 

 

Fatto




1. La Corte d'appello di Trento, Sezione distaccata di Bolzano, in data 29 aprile 2021, ha confermato la sentenza con la quale il Giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Bolzano, il 21 settembre 2020, all'esito di giudizio abbreviato, aveva condannato T.R. alla pena ritenuta di giustizia per il reato p. e p. dall'art. 589 cod. pen., contestato come commesso in danno di R.L. il 21 giugno 2017 (con decesso del R.L. il 16 giugno 2018), con violazione di norme sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro.
Al T.R. si addebita, nella sua qualità di rappresentante legale della T.R. Heinrich & Co. OHG e datore di lavoro del R.L., di avere violato le disposizioni antinfortunistiche di cui agli articoli 71, comma 2, lettera B e 87, comma 2, lettera C, del D.Lgs. 81/2008, oltre ad aver violato l'art. 2087 cod. civ., permettendo ai dipendenti di utilizzare un escavatore mobile inadeguato (per vetustà e mancanza di cinture di sicurezza) al lavoro nella cava Gebrack a Collalbo, ove avvenne il sinistro, in occasione del quale l'escavatore condotto dal R.L., a causa della conformazione del terreno, si ribaltava proiettando all'esterno il lavoratore, il quale nell'occorso riportava gravi lesioni che, alcuni mesi dopo, ne cagionavano il decesso.
La Corte di merito, pur riconoscendo che il R.L. si era comportato in modo negligente nella conduzione dell'escavatore (tenendo aperta la portiera della cabina, sollevando il braccio del macchinario, scendendo su un pendio scosceso anziché sull'apposita stradina ed omettendo di sbloccare l'asse dell'escavatore), ha ritenuto, in conformità a quanto argomentato dal Giudice di primo grado, che fosse stata decisiva la mancanza di una cintura di sicurezza all'interno dell'escavatore, di vecchia generazione (era un modello del 1996); ciò in quanto, ove il R.L. avesse indossato la cintura, le conseguenze del ribaltamento sarebbero state certamente meno gravi, poiché la cintura allacciata non ,avrebbe permesso che il lavoratore venisse sbalzato all'esterno della cabina, come invece avvenne.

2. Avverso la prefata sentenza ricorre il T.R., articolando un unico motivo di doglianza per violazione di legge e vizio di motivazione. Non vi fu, secondo il ricorrente, alcuna violazione delle disposizioni prevenzionistiche nel porre a disposizione del lavoratore un escavatore privo di cintura di sicurezza, posto che per esso risultava rilasciato certificato con dichiarazione di conformità CEE e che lo stesso ispettore del lavoro aveva riconosciuto che il rischio di ribaltamento del mezzo era stato valutato dall'imputato. Prosegue il ricorrente evidenziando la gravità dello scostamento della condotta del R.L., escavatorista esperto, dai criteri di conduzione in sicurezza del macchinario: egli aveva infatti affrontato una ripida discesa con il braccio dell'escavatore alzato e con l'asse bloccato, commettendo grossolani errori e così aumentando il rischio che il mezzo si ribaltasse, per come riferito in via testimoniale. Il fatto che vi fosse la prassi di percorrere il pendio ripido per la discesa non fornisce prova, secondo il deducente, che il T.R. fosse a conoscenza di tale prassi. Il ricorrente conclude che é pertanto evidente l'abnormità del comportamento del R.L., avente valore interruttivo del nesso causale tra il comportamento addebitato all'imputato e l'evento letale.

 

Diritto


1. Il ricorso é manifestamente infondato.
Le lagnanze articolate dal ricorrente appaiono, nell'essenziale, ripropositive di quelle contenute nei motivi d'appello, a fronte dei quali la Corte altoatesina ha fornito risposte adeguate e conducenti, non scalfite dall'odierno ricorso, oltreché complementari e adesive rispetto a quelle già fornite dal Giudice di primo grado: si rammenta che é inammissibile il ricorso per cassazione fondato su motivi che si risolvono nella pedissequa reiterazione di quelli già dedotti in appello e puntualmente disattesi dalla corte di merito, dovendosi gli stessi considerare non specifici ma soltanto apparenti, in quanto omettono di assolvene la tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso (Sez. 2, n. 42046 del 17/07/2019, Boutartour, Rv. 277710); si rammenta inoltre che, ai fini del controllo di legittimità sul vizio di motivazione, ricorre la cd. "doppia conforme" quando la sentenza di appello, nella sua struttura argomentativa, si salda con quella di primo grado sia attraverso ripetuti richiami a quest'ultima sia adottando gli stessi criteri utilizzati nella valutazione delle prove, con la conseguenza che le due sentenze possono essere lette congiuntamente costituendo un unico complessivo corpo decisionale (Sez. 2, Sentenza n. 37295 del 12/06/2019, E., Rv. 277218).
1.1. Ora, venendo al caso che occupa, risultano particolarmente accurate le considerazioni analitiche formulate sia dalla Corte di merito che, ancor più, dal primo giudice nel ritenere che la condotta del R.L. fosse certamente imprudente e negligente, ma giammai abnorme; e che, dell'inadeguatezza dell'escavatore alle operazioni in fase dì espletamento presso la cava gestita dalla ditta del T.R., quest'ultimo fosse necessariamente a conoscenza.
1.2. Come già fatto dai giudici dì merito, va in primo luogo richiamato anche in questa sede il principio, affermato in particolare dalla sentenza n. 38343/2014 (Espenhahn ed altri, c.d. sentenza Thyssenkrupp) e successivamente divenuto pacifico, in base al quale, in tema dì prevenzione antinfortunistica, perché la condotta colposa del lavoratore possa ritenersi abnorme e idonea ad escludere il nesso di causalità tra la condotta del datore di lavoro e l'evento lesivo, é necessario non tanto che essa sia imprevedibile, quanto, piuttosto, che sia tale da attivare un rischio eccentrico o esorbitante dalla sfera di rischio governata dal soggetto titolare della posizione di garanzia (negli stessi termini vds. ex multis anche Sez. 4, n. 15124 del 13/12/2016 - dep. 2017, Gerosa e altri, Rv. 269603; cfr. in termini sostanzialmente identici Sez. 4, n. 15174 del 13/12/2017 - dep. 2018, Spina e altro, Rv. 273247). Ed é evidente che, avviando i suoi dipendenti ad eseguire operazioni di scavo, con un escavatore privo di cintura di sicurezza, in una cava caratterizzata da terreno accidentato e tale da cagionare un pericolo concreto di ribaltamento della macchina (secondo il richiamo fatto dalla sentenza di primo grado, a pagina 7, alla relazione di P.G. n. 1-17-067 Ispettorato del Lavoro, all. 9, pag. 129 fascicolo P.M.), l'odierno ricorrente era certamente consapevole del rischio cui esponeva i lavoratori: pertinente risulta allora, al riguardo, il richiamo del primo Giudice al principio, qui condiviso, secondo cui il datore di lavoro é responsabile delle lesioni patite dall'operaio, allorquando abbia consentito l'utilizzo di una macchina, la quale, pur astrattamente conforme alla normativa CE, per come assemblata ed in pratica utilizzata abbia esposto i lavoratori a rischi del tipo di quello in concreto realizzatosi (Sez. 4, Sentenza n. 49670 del 23/10/2014, Fagnani, Rv. 261175; Sez. 4, Sentenza n. 22819 del 23/04/2015, Baiguini, Rv. 263498).
1.3. Del pari é evidente, sotto il profilo dell'assenza di elementi di eccentricità della condotta del lavoratore rispetto all'area di rischio governata dal datore di lavoro, che l'impiego di un escavatore che, per l'epoca di costruzione, risultava privo della cintura di sicurezza per il manovratore (la cui presenza avrebbe pacificamente eliminato o grandemente attenuato le conseguenze lesive del ribaltamento) nell'ambito di operazioni di scavo all'interno della cava gestita dalla ditta dell'odierno ricorrente, comporta che il rischio introdotto al R.L. con il suo comportamento indubbiamente imprudente e negligente non potesse, tuttavia, dirsi eccentrico rispetto alle operazioni a lui affidate dal T.R. e, dunque, al rischio che incombeva a quest'ultimo governare, a nulla rilevando che egli avesse scelto di percorrere un pendio ripido anziché la stradina che conduceva all'interno della cava (anche perché risulta in atti che lo stesso T.R., nel D.V.R., aveva valutato - e dunque ben conosceva - il rischio di ribaltamento o di rovesciamento laterale ivi presente: vds. relazione a firma dell'isp. Bonoli, allegata al ricorso). Risulta perciò chiaro che, nella specie, non vi fu interruzione del nesso causale tra la condotta dell'imputato e l'evento occorso al suo dipendente.

2. Alla declaratoria di inammissibilità dell'impugnazione consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della cassa delle ammende, che si stima equo determinare in euro 3.000,00.
 


P.Q.M.
 



Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente éll pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 26 gennaio 2023.