Cassazione Civile, Sez. 3, 16 febbraio 2023, n. 4980 - Capocantiere colpito mortalmente da un parapetto durante lo svitamento dei bulloni. Ciclo lavorativo organizzato in modo tale da non prevenire eventuali imprudenze


 

 

Presidente: TRAVAGLINO GIACOMO Relatore: AMBROSI IRENE
Data pubblicazione: 16/02/2023
 

Fatto


 

R.T. convenne in giudizio la C. s.p.a. e S.DL. (in qualità la prima di appaltatrice e il secondo di datore di lavoro), M.C. (in qualità di direttore di cantiere) e M.M. (in qualità di supervisore dei lavori e preposto alla sicurezza di cantiere) per sentirli condannare, in solido, al risarcimento dei danni conseguiti al decesso del coniuge F.C., avvenuto a seguito di infortunio sul lavoro in un cantiere in cui la vittima lavorava in qualità di preposto e capo cantiere alle dipendenze della C. S.P.A..; il decesso avveniva a seguito delle gravissime lesioni per trauma da schiacciamento riportate dal F.C. per essere stato colpito da un parapetto nel corso di un'operazione di svitamento dei bulloni che lo mantenevano unito alla trave di varo; esclusa la responsabilità del S.DL., il Tribunale condannò gli altri convenuti, in solido, al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali, ritenendo che la funzione di preposto alla sicurezza, svolta nella specie da F.C., non rilevasse quale causa di esonero da responsabilità datoriale, in quanto la vittima era essa stessa impegnata nello svolgimento dell'attività su cui avrebbe dovuto vigilare; in accoglimento della domanda di manleva, condannò inoltre la XL Insurance Company PLC a tenere indenne la C. s.p.a... La Corte di Appello di Trieste, pronunciando sul gravame principale della società C., di M.C. e di M.M., nonché su quelli incidentali proposti dalla XL Insurance Company e dalla R.T., ha escluso che potesse «ravvisarsi alcun profilo di colpa ai sensi dell'art. 2087 cod. civ. in capo al datore di lavoro e ai soggetti da questi delegati, dal momento che il F.C. risultava essere nella fattispecie sia capo squadra, sia preposto alla sicurezza di turno in cantiere e dal momento che lo stesso era venuto meno ai conseguenti doveri, correlati alla propria posizione di garante, di adottare e far adottare da parte degli operai a lui sottoposti [ ... ] le previste procedure di sicurezza»; ha concluso che «la sopravvenuta inadeguatezza delle misure di prevenzione non può ritenersi correlata ad una violazione degli obblighi gravanti sul datore di lavoro e sui suoi delegati, essendo stata, nella fattispecie, diretta conseguenza di un imprevisto mutamento delle concrete modalità esecutive rispetto a quelle previste nel piano operativo di sicurezza, come tale ricadente nella esclusiva sfera di responsabilità dello stesso preposto alla sicurezza».
La Corte di appello ha pertanto riformato la sentenza impugnata, rigettando le domande risarcitorie della R.T., salvo compensare integralmente le spese di entrambi i gradi di giudizio.
Avverso la sentenza di appello ha proposto ricorso per cassazione R.T., illustrato da sei motivi. Hanno proposto controricorso congiunto la C.s.p.a., M.C., M.M. e S.DL., e con distinto ulteriore controricorso, la XL Insurance Company SE.
Il ricorso è stato fissato dapprima alla camera di consiglio del 26.01.2022 e poi, con ordinanza interlocutoria n. 10149 del 2022, rinviato a nuovo ruolo per essere fissato in pubblica udienza del 29 novembre 2021., poi, per legittimo impedimento del relatore, fissata nuovamente per la pubblica udienza dell'11 novembre 2022.
Il Procuratore generale ha depositato conclusioni scritte, concludendo per l'accoglimento del primo motivo del ricorso e per il rigetto degli altri motivi.
Parte ricorrente ha depositato memoria; parte resistente (M.C., M.C. S.P.A., S.DL., e M.M.) ha depositato memoria.
 

 

Diritto

 


1 La ricorrente, con il primo motivo, denuncia la violazione e l'errata applicazione degli artt. 2087 c.c. e 2 e 19 d.lgs. n. 81/2008 e censura la sentenza per aver ritenuto che la vittima del sinistro potesse svolgere attività di preposto alla sicurezza anche rispetto alle attività lavorative da lui stesso compiute: la ricorrente assume che i poteri di controllo e sorveglianza a tutela del lavoratore sono connotati da "una proiezione verso l'esterno dell'individuo che li attua" e comportano che debbano essere esercitati da un soggetto nei confronti di altri e non di sé stesso; sostiene che "l'attribuzione al preposto di un obbligo di auto­ vigilanza sulle mansioni operative da lui svolte, con conseguente cumulo, in capo al medesimo, dei ruoli di controllore e controllato, rappresenta inammissibile deviazione rispetto alle finalità dell'impianto normativo tale da privare di effettività almeno nei suoi confronti, la tutela approntata dal legislatore, verificandosi peraltro un'iniqua differenziazione di trattamento rispetto ad altri lavoratori., che possono contare sull'affiancamento di un preposto alla sicurezza"; richiama, al riguardo, precedenti di legittimità in sede penale secondo cui "il preposto che è personalmente impegnato nell'esecuzione di lavori che dovrebbero da lui essere solamente sorvegliati e diretti perde il ruolo di soggetto garante del bene tutelato e diventa oggetto c:lella tutela giuridica" che incombe al datore di lavoro e ai dirigenti destinatari delle norme in materia antinfortunistica (Cass. Pen. n. 4597/1999) .
2. Con il secondo motivo, denuncia la violazione e l'errata applicazione degli artt. 2043, 1218, 2087 c.c. e degli artt. 40 e 41 c.p. e censura la pronuncia della Corte di merito per aver ritenuto la condotta del lavoratore/preposto idonea ad interrompere il nesso di causa, pur non avendone accertato la sussistenza dei caratteri dell'abnormità ed esorbitanza, in tal modo estromettendo "dalla valutazione del nesso eziologico le cause prevalenti, inerenti il mancato adempimento degli obblighi di sicurezza in capo al datore di lavoro e agli altri soggetti garanti".
3. Con il terzo motivo, lamenta la violazione degli artt. 1218 e 2087 c.c., assumendo che la Corte territoriale "ha ritenuto esente dia colpa il datore di lavoro senza avere verificato l'assolvimento della prova liberatoria posta a suo carico, consistente nella dimostrazione di avere adottato tutte le misure di sicurezza con riferimento alle specifiche doglianze sollevate dalla odierna ricorrente".
4. Con il quarto motivo, con cui denuncia la nullità del procedimento per violazione della norma processuale di cui all'art. 345 c.p.c., la ricorrente assume che " contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte d'Appello, il tema della mancanza , in capo al F.C., dei requisiti di preparazione e professionalità intrinseci al ruolo di preposto alla sicurezza non presentava il carattere della novità/inamnmissibilità".
5. Con il quinto motivo denuncia la violazione e l'errata applicazione dell'art. 2697, 2° co. c.c. in relazione agli artt. 2 comma 1 lett. e) e comma 1 lett. b) D. Lgs. n. 81/2018 e deduce un'erronea ripartizione dell'onere probatorio rilevando che la C. s.p.a., che aveva opposto -quale elemento esimente - la circostanza che il F.C. rivestiva il ruolo di preposto alla sicurezza, avrebbe dovuto "dimostrare la fondatezza della propria eccezione, non tanto e non solo allegando l'atto di delega formalmente regolare, ma, soprattutto, provando che il delegato era dotato delle necessarie capacità e competenze, il tutto alla luce del principio di effettività vigente in materia".
6 . il sesto motivo deduce l'omesso esame di fatti decisivi, individuati-sub a)- nel fatto che al momento dell'infortunio non era presente un preposto alla sicurezza che vigilasse sull'attività lavorativa del C. e -sub b)- nella circostanza che, nel giorno dell'infortunio, il personale della C. s.p.a era giunto in cantiere in orari differenti e in ordine sparso.
7 . Il ricorso è fondato in relazione al primo, secondo e terzo dei motivi di ricorso.
7.1. Questa Corte ha già da tempo affermato il principio secondo cui, in tema di infortuni sul lavoro, la responsabilità per la mancata adozione delle misure idonee a tutelare l'integrità fisica del lavoratore derivante dall'art. 2087 cod. civ.., impone all'imprenditore l'obbligo di adottare, nell'esercizio dell'impresa, tutte quelle misure che, secondo la particolarità del lavoro in concreto svolto dai dipendenti, si rendano necessarie a tutelare l'integrità fisica dei lavoratori. Tale responsabilità è esclusa solo allorquando il rischio sia stato generato sia una condotta che non abbia alcun rapporto con lo svolgimento dell'attività lavorativa o che esorbiti del tutto dai limiti di essa, mentre l'eventuale colpa del lavoratore non è idonea ad escludere il nesso causale tra il verificarsi del danno e la responsabilità dell'imprenditore, sul quale grava l'onere di provare di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno stesso, non essendo sufficiente., a tal fine, che le cautele assunte dall'imprenditore garantiscano che ogni singolo apparecchio addetto alla produzione sia rispondente ai dettati antinfortunistici ed essendo invece necessario che ad ogni parte del complessivo sistema antinfortunistico approntato nell'azienda sia preposto un soggetto di indubbia professionalità e con specifiche conoscenze di quel sistema (Cass. Sez. L, 14/02/2005 n. 2930; Cass. Sez. L, 08/03/2006 n. 4980;Cass. Sez. L, 20/03/2006 n. 6154).
Inoltre, è stato chiarito che il datore di lavoro, in caso di violazione delle norme poste a tutela dell'integrità fisica del lavoratore, è interamente responsabile dell'infortunio che ne sia conseguito e non può invocare il concorso di colpa del danneggiato, avendo egli il dovere di proteggerne l'incolumità nonostante la sua imprudenza o negligenza; pertanto, la condotta imprudente del lavoratore attuativa di uno specifico ordine di servizio, integrando una modalità dell'iter produttivo del danno imposta dal regime di subordinazione, va addebitata al datore di lavoro, il quale, con l'ordine di eseguire un'incombenza lavorativa pericolosa, determina l'unico efficiente fattore causale dell'evento dannoso (Cass., Sez. 3 13/02/2012, n.1994; Cass. Sez. L , 05/12/2016 n. 24798; Cass. Sez. 3, 15/05/2018 n. 11753).
Tali principi, enucleati e più che consolidati nella giurisprudenza di questa Corte in terna di infortuni sul lavoro, comportano che deve ritenersi configurabile un concorso colposo della vittima nel solo caso in cui la stessa abbia posto in essere un contegno abnorme, inopinabile ed esorbitante rispetto al procedimento lavorativo ed alle direttive ricevute, così da porsi come causa esclusiva dell'evento e creare condizioni di rischio estranee alle normali modalità del lavoro da svolgere (Cass. Sez. L, 13/01/2017, n. 798; nello stesso senso, si vedano anche Cass. Sez. L, 13/04/2016 n. 7313, secondo cui il rischio elettivo è solo «quello che, estraneo e non attinente all'attività lavorativa, sia dovuto ad una scelta arbitraria del dipendente, che crei ed avalli volutamente, in base a ragioni o ad impulsi personali, una situazione diversa da quella ad essa inerente>>; cfr. inoltre, Cass. Sez. L, 23/07/2012, n. 12779; Cass. Sez. 3, 20/10/2011, n. 21694).
Si è perciò esclusa la configurabilità d'una colpa a carico di lavoratori che non si siano attenuti alle cautele imposte dalle norme antinfortunistiche o alle direttive dei datori di lavoro, perché proprio il vigilare sul rispetto di tali norme da parte del lavoratore costituisce l'oggetto dell'obbligo cui il datore è tenuto, in quanto "il datore di lavoro ha il dovere di proteggere l'incolumità del lavoratore nonostante la sua imprudenza o negligenza" (così, testualmente, Cass. Sez. L, 13/02/2012, n. 1994; ed ancora da ultimo, in tal senso, Cass. Sez. L - 25/02/2019, n. 5419, secondo cui "l'omissione di cautele da parte dei lavoratori non è idonea ad escludere il nesso causale rispetto alla condotta colposa del committente che non abbia provveduto all'adozione di tutte le misure di prevenzione rese necessarie dalle condizioni concrete di svolgimento del lavoro, non essendo né imprevedibile né anomala una dimenticanza dei lavoratori nell'adozione di tutte le cautele necessarie, con conseguente esclusione, in tale ipotesi, del c.d. rischio elettivo, idoneo ad interrompere il nesso causale ma ravvisabile solo quando l'attività non sia in rapporto con lo svolgimento del lavoro o sia esorbitante dai limiti di esso"; ed infine, Cass. Sez. 6 - 3, 12/02/2021 n. 3763, che, in merito ad una fattispecie relativa ad un infortunio occorso ad un operaio adibito all'uso di un macchinario pericoloso, ha confermato la sentenza di merito nella parte in cui aveva riconosciuto la responsabilità esclusiva dell'imprenditore e ha escluso che potesse assumere rilievo, in senso contrario, l'allegazione della condotta meramente imprudente della vittima).
7.2. Venendo alla fattispecie in esame, la Corte territoriale, con la decisione impugnata, non si è posta in linea con i principi contenuti nei richiamati precedenti; difatti, si è limitata a escludere «alcun profilo di colpa ai sensi dell'art. 2087 cod. civ. in capo al datore di lavoro e ai soggetti da questi delegati,>,. valorizzando erroneamente la circostanza che il F.C. risultava essere in concreto sia capo squadra, sia preposto alla sicurezza di turno in cantiere, nonché il fatto che il predetto fosse venuto meno ai conseguenti doveri, correlati alla propria posizione di garante, di adottare e far adottare da parte degli operai a lui sottoposti le previste procedure di sicurezza; ancora erroneamente ha affermato che «la sopravvenuta inadeguatezza delle misure di prevenzione non può ritenersi correlata ad una violazione degli obblighi gravanti sul datore di lavoro e sui suoi delegati, essendo nella fattispecie stata diretta conseguenza di un imprevisto mutamento delle concrete modalità esecutive rispetto a quelle previste nel piano operativo di sicurezza, come tale ricadente nella esclusiva sfera di responsabilità dello stesso preposto alla sicurezza>> (pagg. 18 e 19 della sentenza impugnata).
In particolare, è erronea l'affermazione dei giudici di appello secondo cui l'imprevisto mutamento delle concrete modalità esecutive sarebbe sufficiente a far ricadere l'evento dannoso nella esclusiva sfera di responsabilità dello stesso preposto alla sicurezza in quanto il mero "imprevisto mutamento" non si connota del necessario carattere di abnormità e imprevedibilità della condotta del lavoratore tale da interrompere il nesso causale, tenuto conto inoltre che nel caso in esame risulta pacificamente che il c nel compimento delle ordinarie lavorazioni del cantiere, atteso che, nel momento dello smontaggio del parapetto, senza attendere l'arrivo dell'autogru, l'unico preposto presente, personalmente impegnato nell'operazione, era lo stesso F.C..


8. In conclusione, dall'accoglimento dei primi tre motivi di ricorso discende l'assorbimento dei restanti e per l'effetto, la sentenza va cassata in relazione ai primi tre motivi e la causa rinviata alla Corte di appello di Trieste che, in diversa composizione, provvederà in conformità dei principi sopra ricordati e anche sulle spese del giudizio di legittimità.
 

P.Q.M.
 

La Corte accoglie il ricorso in relazione ai motivi primo, secondo e terzo, assorbiti i restanti, cassa in relazione ai motivi accolti la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di appello di Trieste, in diversa composizione che provvederà anche in relazione alle spese elle giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile, il l l novembre 2022.