Responsabilità del legale rappresentante di una spa per omicidio colposo in danno di un lavoratore.

Quest'ultimo,  nel mentre utilizzava una gru costruita dalla B. spa, montata sul retro del proprio autocarro per le operazioni di scarico di materiale ferroso all'interno di un cantiere, veniva investito dal fondello di chiusura della canna che ospitava il martinetto di rotazione della gru e dall'olio caldo contenuto nella stessa e, per l'effetto, riportava gravi lesioni che ne determinavano il decesso.

Secondo entrambi i giudici di merito di tale infortunio era responsabile il B., in quanto legale rappresentante della ditta costruttrice della gru, per aver omesso le verifiche successive all'accettazione di un pezzo componente della gru prodotto da una ditta rumena, che i periti accertarono essere difettoso e per avere altresì effettuato una difettosa saldatura su tale pezzo.

Ricorre in Cassazione -  Respinto.

"In proposito occorre ricordare che a norma del D.P.R. 27 aprile 1955, n. 547, art. 7 la tutela antinfortunistica è anticipata al momento della costruzione, vendita, noleggio e concessione in uso delle macchine, parti di macchine o apparecchi in genere; per effetto di tale disposizione nella responsabilità per la mancata rispondenza dei prodotti alle normative sono coinvolti tutti gli operatori cui siano imputabili le indicate attività; ognuno di essi è cioè tenuto ad esercitare il necessario controllo di regolarità della macchina o del pezzo, prima che lo stesso esca dalla sfera della sua disponibilità di fatto, col passaggio alla fase economica successiva.

Nel caso in esame la B., come già opportunamente osservato dal giudice di primo grado, era "costruttrice in senso giuridico" del macchinario, dal momento che, pur risultando lo stesso composto di pezzi provenienti anche da altre ditte (ed in particolare il pezzo in questione era stato fornito da una ditta rumena), alla predetta B. spettava di accertare la regolarità dei singoli pezzi e del complessivo macchinario, secondo i controlli e le procedure indicate dal D.P.R. n. 459 del 1996, al fine di poter ottenere la certificazione necessaria per poterlo immettere sul mercato."
REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANATO Graziana - Presidente

Dott. IACOPINO Silvana Giovanna - Consigliere

Dott. ROMIS Vincenzo - Consigliere

Dott. BIANCHI Luisa - rel. Consigliere

Dott. MASSAFRA Umberto - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

1) B.G. N. IL (OMISSIS);

avverso la sentenza n. 354/2007 CORTE APPELLO di CATANZARO, del 09/10/2007;

visti gli atti, la sentenza e il ricorso;

udita in PUBBLICA UDIENZA del 15/12/2009 la relazione fatta dal Consigliere Dott. BIANCHI Luisa;

Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. D'AMBROSIO Vito che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito, per la parte civile, avv.to Rotundo Francesco;

Udito il difensore avv.to Cavarretta Ercole del Foro di Catanzaro.


Fatto
La Corte d'appello di Catanzaro con sentenza in data 9.10.07 ha confermato la sentenza del Tribunale di Cosenza che condannava l'Ing. B.G., nella sua qualità di legale rappresentante della società Ing. B. s.p.a., alla pena di anni 1 e mesi 6 di reclusione per il reato di omicidio colposo in danno di L.M. A..
Il L.M., nel mentre utilizzava una gru costruita dalla B. spa, montata sul retro del proprio autocarro per le operazioni di scarico di materiale ferroso all'interno di un cantiere, e precisamente mentre agiva sui beverini di comando del braccio della gru stessa per sollevarlo e consentire ad altro lavoratore di caricare sul camion alcuni pezzi di ferro, veniva investito dal fondello di chiusura della canna che ospitava il martinetto di rotazione della gru e dall'olio caldo contenuto nella stessa e, per l'effetto, riportava gravi lesioni che ne determinavano il decesso.
Secondo entrambi i giudici di merito di tale infortunio era responsabile il B., in quanto legale rappresentante della ditta costruttrice della gru, per aver omesso le verifiche successive all'accettazione di un pezzo componente della gru prodotto da una ditta rumena, che i periti accertarono essere difettoso e per avere altresì effettuato una difettosa saldatura su tale pezzo.
E' stato infatti accertato l'errato dimensionamento del fondello, troppo grande per consentire l'avvitamento dello stesso con la canna; e la non perfetta realizzazione della saldatura con conseguente non tenuta della stessa.

Avverso tale decisione ha presentato ricorso a questa Corte la difesa dell'imputato.

Con un primo motivo lamenta che la Corte di appello ha fornito una motivazione solo apparente, poichè, invece di esaminare compiutamente e criticamente sia la sentenza del primo Giudice, sia i motivi di impugnazione, si è limitata a confermare ed a condividere acriticamente il contenuto della sentenza appellata, trascurando le complesse problematiche scientifiche e logico giuridiche prospettate dalla difesa nei dettagliati motivi di gravame.
In particolare la difesa aveva sostenuto che la valvola di massima era stata "starata" dall'utilizzatore della gru per poter raggiungere livelli di pressione più alta e pertanto una maggiore operatività della macchina.
In tal modo la macchina poteva raggiungere una pressione più alta, tanto maggiore quanto più la valvola era tarata in alto, potendo così arrivare ai limiti di tenuta dell'impianto e a fenomeni di tipo impulsivo come lo scoppio del fondello.
Inoltre non si è tenuto conto che, come chiarito dal consulente della difesa, la sovra pressione poteva verificarsi anche a prescindere dal fatto che la gru lavorasse o meno a pieno carico, semplicemente a seguito della maggior velocità di esecuzione conseguente al semplice aumento dei giri del motore del camion.
Il ricorrente lamenta che la Corte di appello non ha motivato su tali aspetti tecnici ma ha ribadito quanto ritenuto in primo grado, con ciò di fatto riproponendo il medesimo travisamento delle risultanze peritali cui già era pervenuto il tribunale di Cosenza.

Con il secondo motivo prospetta il vizio di erronea applicazione dell'art. 40 c.p. in quanto la Corte non ha motivato in ordine alla esclusione del percorso causale alternativo prospettato dalla difesa;
secondo i principi affermati da questa Corte con la sentenza Franzese, la Corte avrebbe dovuto escludere oltre ogni ragionevole dubbio la possibilità di decorsi causali alternativi.

Col terzo motivo la sentenza viene censurata in quanto è stata ravvisata la colpa dell'imputato nonostante egli fosse stato diligente nella scelta della ditta cui affidare la costruzione del pezzo in questione ed avesse effettuato i dovuti controlli; si è ritenuto colpevole la mancanza di specifico controllo sul fondello del braccio della gru poi scoppiato senza tenere presente che, trattandosi di una produzione in serie, il controllo da effettuare, in base al disposto del D.P.R. n. 459 del 1996, art. 4, comma 1, lett. a), era "a campione", mentre si è ritenuto che il controllo andasse eseguito su ciascun pezzo prodotto dalla società rumena che li aveva venduti alla B.; osserva il ricorrente che il controllo non può che essere a campione, unica modalità praticabile data la natura distruttiva dei test di controllo.

Con un quarto motivo si sostiene che la sentenza risulta mancante di motivazione perchè non ha tenuto conto dei numerosi controlli che la B. aveva eseguito, limitandosi a desumere la colpa dalla mancanza del controllo sul singolo pezzo.

Con il quinto motivo ci si duole della mancata rinnovazione del dibattimento per procedere a perizia volta a verificare la possibilità di un fenomeno di sovrapressione della gru e per sentire l'ing. R. sulla circostanza che il fenomeno di esplosione del fondello verificatosi nel caso in esame era stato l'unico verificatosi nonostante l'ingente numero di gru realizzate dalla ditta Bonfiglioli con l'ausilio della ditta Rumena.

Con il sesto motivo il ricorrente si duole del rigetto della concessione di attenuanti generiche, la cui motivazione, fondata sulla premessa di precedenti condanne anche in tema di esercizio di attività imprenditoriale, sarebbe carente.


Diritto

Il ricorso non merita accoglimento.

La difesa dell'imputato ha svolto censure dettagliate e diffuse, specialmente con il primo motivo di ricorso, circa possibili, diverse cause dell'incidente di cui è processo e sostiene, sostanzialmente, che la sentenza è viziata per non avere ricostruito il fatto correttamente e per non aver sufficientemente esaminato e motivato sulle diverse possibilità prospettate. In particolare la difesa aveva sostenuto una ricostruzione alternativa basata sulla intervenuta manomissione dell'impianto (staratura) e sulla possibilità che ciò abbia determinato o reso possibile una sovrapressione nel suo funzionamento tale da deteriorare il pezzo che poi ha ceduto.
Il motivo è infondato.

Al riguardo è sufficiente osservare che la tesi della staratura è stata disattesa da entrambi i giudici di merito e che non può in questa sede essere riproposta nemmeno sotto il mantello del "travisamento della prova" (laddove si sottolinea come sia stato riscontrato una abrasione della vernice che già il giudice di primo grado ha giudicato priva di univoco significato), avendo in particolare il giudice di appello opportunamente ribadito, richiamando e dichiarando di condividere la più dettagliata motivazione del primo giudice, che al momento dell'incidente la gru non operava assolutamente in condizioni di sovrapressione essendo impegnata in una manovra di semplice rotazione del braccio, privo di carico, per posizionarlo in una diversa configurazione; ha altresì ribadito il secondo giudice, sempre richiamandosi alla sentenza di primo grado, l'efficacia causale della saldatura male eseguita anche in presenza di una situazione di normale pressione di esercizio.

A tali conclusioni i giudici dei due gradi di merito sono giunti sulla base di una ampia e approfondita istruttoria che si è sviluppata con l'assunzione di qualificate testimonianze, tra cui quella dell'ispettore del lavoro per primo recatosi sul posto, quelle dei consulenti di parte (del pubblico ministero e della difesa) e del perito di ufficio e nella quale tutte le opinioni hanno potuto confrontarsi ed esprimersi. Di tale ampio materiale probatorio ha dato puntuale e diffuso resoconto la sentenza di primo grado. Quello di appello ha disatteso la richiesta di parziale rinnovazione.

Entrambi i giudici hanno fornito le ragioni del loro convincimento.

In tale situazione, ciò di cui in realtà si duole la difesa è che non sia stata accolta la tesi dalla medesima prospettata; o meglio che non sia stata disposta ulteriore attività istruttoria, da essa sollecitata solo in appello con la richiesta di rinnovazione parziale del dibattimento del cui mancato accoglimento ancora con il presente ricorso ci si duole, al fine di dimostrare la fondatezza della possibile ricostruzione alternativa da essa sostenuta.
E' evidente che si tratta di una prospettiva assolutamente eccentrica rispetto al sistema e che rende inammissibile il motivo che la assume.
Il processo non può andare alla ricerca di soluzioni diverse, meramente ipotetiche - come sono quelle prospettate che dovrebbero essere provate da una nuova perizia tecnica allorchè la soluzione che ha trovato sostegno e riscontro non soddisfi le aspettative di una delle parti.

Nè può fondatamente il ricorrente dolersi della mancanza di una più approfondita disamina dei motivi di appello, atteso che, come già è stato chiarito (sez. 5^ 15.2.2000 n. 3751 rv. 215722) è legittima la motivazione della sentenza di secondo grado che, disattendendo le censure dell'appellante, si uniformi, sia per la "ratio decidendi", sia per gli elementi di prova, ai medesimi argomenti valorizzati dal primo giudice, soprattutto se la consistenza probatoria di essi è così prevalente e assorbente da rendere superflua ogni ulteriore considerazione. Nell'ipotesi in cui siano dedotte, come nella specie puntualmente ha rilevato la corte di appello, questioni già esaminate e risolte il giudice dell'impugnazione può motivare "per relationem" e trascurare di esaminare argomenti superflui, non pertinenti, generici o manifestamente infondati.

Resta da dire delle censure attinenti la colpa ed il trattamento sanzionatorio.

In proposito occorre ricordare che a norma del D.P.R. 27 aprile 1955, n. 547, art. 7 la tutela antinfortunistica è anticipata al momento della costruzione, vendita, noleggio e concessione in uso delle macchine, parti di macchine o apparecchi in genere; per effetto di tale disposizione nella responsabilità per la mancata rispondenza dei prodotti alle normative sono coinvolti tutti gli operatori cui siano imputabili le indicate attività; ognuno di essi è cioè tenuto ad esercitare il necessario controllo di regolarità della macchina o del pezzo, prima che lo stesso esca dalla sfera della sua disponibilità di fatto, col passaggio alla fase economica successiva.

Nel caso in esame la B., come già opportunamente osservato dal giudice di primo grado, era "costruttrice in senso giuridico" del macchinario, dal momento che, pur risultando lo stesso composto di pezzi provenienti anche da altre ditte (ed in particolare il pezzo in questione era stato fornito da una ditta rumena), alla predetta B. spettava di accertare la regolarità dei singoli pezzi e del complessivo macchinario, secondo i controlli e le procedure indicate dal D.P.R. n. 459 del 1996, al fine di poter ottenere la certificazione necessaria per poterlo immettere sul mercato.

E proprio a questi adempimenti si riferisce il ricorrente laddove sostiene che non poteva essere considerato in colpa dal momento che era stato regolarmente compiuto il "controllo a campione" previsto dal predetto D.P.R. n. 459 del 1996 e necessario per ottenere la detta certificazione.

L'assunto non può essere condiviso.

Al riguardo è sufficiente osservare che le disposizioni della richiamata normativa, con cui si è data attuazione ad alcune "direttive macchine" dell'Unione Europea, attengono alla procedura e ai controlli necessari per ottenere il certificato di conformità e il marchio CE richiesti per immettere il prodotto sul mercato, ma non possono ritenersi tali da assorbire il complessivo dovere di garanzia dei soggetti sopra richiamati nei confronti dea lavoratori, diretti utilizzatori delle macchine stesse. Si intende dire che, come anche di recente è stato ribadito (Sez. 4^ 12.6.2008 n. 37060 rv. 241020), non può costituire valido motivo di esonero della responsabilità del costruttore, quello di avere ottenuto la detta certificazione e di aver rispettato le prescrizioni a tal fine necessarie.

Nella specie, i giudici di merito hanno chiarito che quando il macchinario è interamente costruito da una stessa ditta, il controllo sul pezzo poi risultato difettoso avviene direttamente nel corso delle operazioni di saldatura ed è assicurato dalla particolare competenza ed esperienza tecnica delle persone che vengono destinate a tale lavoro; mentre quando, come nella specie il pezzo proviene da altra ditta, è possibile rilevare il difetto anche attraverso tecniche quali la radiografia o gli ultrasuoni che non comportino- la distruzione del pezzo medesimo. Senza contare che la società Bonfiglioli ha comunque provveduto alla saldatura del pezzo in questione, anch'essa risultata difettosa. Nella omissione del detto controllo i giudici di entrambi i gradi di giudizio hanno ravvisato un profilo di colpa dell'imputato con motivazione che, per quanto sopra detto, il Collegio pienamente condivide.

Da ultimo la sentenza risulta congruamente motivata anche per quanto riguarda la mancata concessione delle attenuanti generiche, dal momento che il richiamo alle precedenti condanne riportate dall'imputato anche nell'esercizio della sua attività imprenditoriale è sufficiente a dimostrare la avvenuta considerazione da parte del giudice di merito della personalità dell'imputato almeno per quanto rileva ai fini del giudizio in esame.

Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento ed alla rifusione delle spese sostenute dalla parte civile liquidate come al dispositivo.

P.Q.M.

La Corte:

rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali nonchè a rifondere alla parte civile costituita le spese di questo giudizio che liquida in Euro 2500,00 oltre accessori come per legge.

Così deciso in Roma, il 15 dicembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 4 febbraio 2010