Cassazione Civile, Sez. Lav., 06 marzo 2023, n. 6665 - Comportamento pericoloso del lavoratore e licenziamento


 

Presidente: DORONZO ADRIANA Relatore: AMENDOLA FABRIZIO
Data pubblicazione: 06/03/2023
 

Rilevato che

1. il Tribunale della Spezia, nell’ambito di un procedimento ex lege n. 92 del 2012, confermò – per quanto qui rileva – l’ordinanza con cui era stata dichiarata l’illegittimità del licenziamento intimato dalla Fincantieri Spa al dipendente M.M. in data 22 aprile 2016, commisurando a quindici mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto l’indennità risarcitoria di cui al comma 5 dell’art. 18 l. n. 300 del 1970, come novellato dalla legge n. 92/12 citata;
2. interposto reclamo da entrambe le parti, la Corte di Appello di Genova ha confermato la pronuncia di primo grado;
in estrema sintesi, ha ritenuto la sussistenza dell’addebito disciplinare contestato al M.M. e consistito nell’avere, quale operaio impegnato nell’attività di sollevamento sulla gru posta sul molo, iniziato l’operazione di apertura delle passerelle, al fine di consentire l’ingresso di uno yacht, senza prima attendere che un collega terminasse le operazioni di imbracatura alla gru e di svincolo della fune che univa le passerelle, quindi prima di ricevere dal predetto il comando a procedere, esponendo il collega a pericolo (in quanto restava sospeso nel vuoto ad un’altezza di 15 metri) e danneggiando gravemente le strutture aziendali; la Corte ha tuttavia escluso sia la giusta causa che il giustificato motivo soggettivo di licenziamento, ”in presenza di un inadempimento del lavoratore condizionato però in termini rilevanti dalle […] mancanze del datore di lavoro ed in assenza di una intenzionalità della condotta da parte del lavoratore, ed a maggiore ragione di dolo o frode e dovendosi anche valutare l’assenza di precedenti disciplinari da parte dello stesso lavoratore, in una lunga precedente carriera”;
dal punto di vista della tutela applicabile la Corte territoriale ha escluso che nella specie potesse applicarsi la sanzione conservativa prevista dall’art. 9 del CCNL vigente tra le parti, argomentando che l’illecito disciplinare del M.M. non poteva rientrare nelle ipotesi di inadempimento ivi previste “proprio perché la sua condotta ha avuto una decisiva portata offensiva ed ha contribuito a causare in maniera decisiva le gravi conseguenze di cui alla contestazione disciplinare”, mentre la disposizione del CCNL prevede “ipotesi di minima gravità, irregolarità nella gestione del rapporto di lavoro”, che consentono la prosecuzione del rapporto di lavoro;

3. per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso in via principale il M.M. con quattro motivi; ha resistito con controricorso l’intimata società, formulando ricorso incidentale affidato ad un motivo;
sono state depositate memorie di entrambe le parti;

 

Considerato che

1. preliminarmente deve essere disattesa l’ “istanza per la trattazione in presenza”, con autorizzazione alla “discussione orale”, presentata dai difensori della società, in quanto non prevista per il rito disciplinato dall’art. 380 bis.1 c.p.c. nel caso di “Procedimento per la decisione in camera di consiglio dinanzi alla sezione semplice” che, ai sensi dell’ultimo comma della disposizione richiamata, prevede che “In camera di consiglio la Corte giudica senza l’intervento del pubblico ministero e delle parti”;
2. i motivi di ricorso principale del M.M., che rivendica la tutela reale, possono essere sintetizzati come di seguito;
2.1. con il primo si denuncia la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 18, commi 4 e 5, l. n. 300 del 1970, così come novellati dalla l. n. 92 del 2012, e “dell’art. 9 CCNL di categoria”; si sostiene che “manca il nesso di causalità tra il comportamento del lavoratore ed il verificarsi del sinistro, addebitabile in toto all’inadempimento datoriale in tema di dotazione di sicurezza”, per cui dovrebbe “riconsiderarsi il giudizio negativo, emesso dai giudici di merito, riguardo l’applicabilità dell’art. 9 CCNL sulle sanzioni conservative”, la cui “lettera L” si riferisce al “[…] lavoratore che in altro modo trasgredisce l’osservanza del presente contratto o commetta qualsiasi mancanza che porti pregiudizio alla disciplina, alla morale, all’igiene, alla sicurezza dello stabilimento [..]”; in via subordinata si eccepisce che la Corte avrebbe dovuto riconoscere un risarcimento pari alla misura massima di 24 mensilità;
2.2. col secondo mezzo si denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 1460 e 1455 c.c., sostenendo che “il diverso rilievo dell'inadempimento delle parti nella causazione del sinistro, nonché il loro ruolo reciproco ed i conseguenti obblighi corrispettivi postulano una valutazione diversa da quella compiuta nel giudizio di merito del provvedimento disciplinare assunto da Fincantieri nei confronti del sig. M.M.”;
2.3. con il terzo motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 2087 c.c. che, ove correttamente applicato, avrebbe condotto ad un giudizio “di esclusiva responsabilità dell’Azienda nella causazione del sinistro de quo, con la conseguente manleva del M.M. da ogni responsabilità”;
2.4. con l’ultimo motivo si deduce l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, ai sensi del n. 5 dell’art. 360 c.p.c., assumendo che la Corte ligure avrebbe “sostanzialmente omesso di esaminare e/o comunque di valorizzare una circostanza decisiva e dirimente nel presente giudizio e, cioè, la mancanza di una dotazione di sicurezza indispensabile, cioè dei blocchi meccanici atti ad evitare, in caso di eccessivo sollevamento, lo scollegamento della passerella dai vincoli”;
3. con l’unico motivo del ricorso incidentale si denuncia: “violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2104, 2105, 2106 e 2119 c.c. in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.”; si critica diffusamente la sentenza impugnata per avere escluso la sussistenza di una giusta causa o di un giustificato motivo soggettivo di licenziamento;
4. secondo l’ordine logico-giuridico delle questioni, occorre esaminare prioritariamente il ricorso incidentale della società che impugna la statuizione che ha ritenuto illegittimo il licenziamento;
esso non può trovare accoglimento perché pretende un sindacato che esorbita dai poteri di questa Corte in ordine alla verifica della sussistenza di una giusta causa o di un giustificato motivo soggettivo di licenziamento (cfr. Cass. n. 18715 del 2016; Cass. n. 4125 del 2017; Cass. n. 7305 del 2018; Cass. n. 1379 del 2019; Cass. n. 13534 del 2019; Cass. n. 13064 del 2022; Cass. n. 20780 del 2022, alle quali si rinvia, ai sensi dell’art. 118, comma 1, disp. att. c.p.c., per ogni ulteriore aspetto);
nella specie la conformità a legge del recesso datoriale è stata motivatamente esclusa dalla Corte territoriale, valorizzando, pur nella riconosciuta rilevanza disciplinare del comportamento negligente e imprudente del lavoratore, elementi quali l’assenza di intenzionalità della condotta, ed a maggiore ragione di dolo o frode, l’assenza di precedenti disciplinari, oltre che le concorrenti mancanze del datore di lavoro nella predisposizione delle misure di sicurezza;
trattandosi di una decisione che è il frutto di selezione e valutazione di una pluralità di elementi la parte ricorrente, per ottenere la cassazione della sentenza impugnata sotto il profilo del vizio di sussunzione, non può limitarsi ad invocare una diversa combinazione dei parametri ovvero un diverso peso specifico di ciascuno di essi, ma deve piuttosto denunciare che la combinazione e il peso dei dati fattuali, così come definito dal giudice del merito, non consente comunque la riconduzione alla nozione legale di giusta causa o di giustificato motivo soggettivo di licenziamento (cfr. Cass. n. 18715/2016 cit.);
inoltre, chi ricorre non identifica quali siano i parametri integrativi del precetto normativo elastico che sarebbero stati violati dai giudici del merito, per cui la denuncia, mancando l’individuazione di una incoerenza del loro giudizio rispetto agli standards, conformi ai valori dell’ordinamento, esistenti nella realtà sociale, si traduce in una censura generica e meramente contrappositiva rispetto al giudizio valutativo operato in sede di merito (cfr., per tutte, Cass. n. 5095 del 2011);
5. parimenti non può trovare accoglimento il ricorso principale del lavoratore, concernente l’aspetto sanzionatorio del licenziamento accertato come illegittimo;
5.1. in ordine al primo motivo - oltre il profilo di improcedibilità e inammissibilità derivante dalla circostanza che il ricorrente, pur denunciando la violazione o falsa applicazione di norme dei contratti e accordi collettivi nazionali di lavoro ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, non deposita integralmente tale contratto (Cass. SS.UU. n. 2010 n. 20075) o comunque non indica specificamente dove il medesimo sia reperibile (Cass. SS.UU. n. 25038 del 2013; Cass. SS. UU. n. 7161 del 2010; conformi: Cass. nn. 17602 del 2011 e n. 124 del 2013) né riproduce adeguatamente il suo contenuto (ex multis: Cass. n. 25728 del 2013; Cass. n. 13587 del 2010), quanto meno nella scala classificatoria delle sanzioni disciplinari – esso si palesa infondato perché la Corte territoriale ha proceduto all’esame delle sanzioni conservative previste dalla disciplina collettiva e ha motivatamente escluso l’applicazione delle stesse nella fattispecie concreta, con una valutazione che involge inevitabilmente anche apprezzamenti di merito, non suscettibili di riesame innanzi a questa Corte di legittimità;
peraltro, il preteso errore di diritto in cui sarebbe incorsa la Corte territoriale è indebitamente veicolato attraverso una diversa ricostruzione del fatto storico, assumendosi la mancanza del “nesso di causalità tra il comportamento del lavoratore e il verificarsi del sinistro”, mentre la Corte territoriale ha esplicitamente condiviso, come i giudici del primo grado, quanto accertato dal consulente tecnico d’ufficio secondo il quale le cause dell’accaduto erano riconducibili anche alla “manovra del tutto errata (e contraria ai più elementari dettami di sicurezza, anche se in assenza delle procedure da adottare per tale operazione) da parte del sig. M.M., che ha iniziato ad eseguirla senza che venisse dato il consenso alla movimentazione della passerella e senza prestare la dovuta attenzione alle operazioni che stava ancora svolgendo, sulla passerella stessa, il B.”;
quanto alla doglianza subordinata che invoca l’indennità risarcitoria di cui al comma 5 dell’art. 18 l. n. 300 del 1970, come novellato dalla legge n. 92/12, nella sua misura massima di 24 mensilità essa è chiaramente inammissibile perché non individua l’errore di diritto in cui sarebbe incorsa la Corte territoriale nell’individuare la sanzione indennitaria nell’ambito del range legale e ogni altro apprezzamento circa la scelta tra la misura minima e massima compete al giudice del merito;
5.2. risultano, poi, inammissibili il secondo e il terzo motivo del ricorso principale perché denunciano la violazione o falsa applicazione di norme di diritto non pertinenti nella fattispecie concreta, che riguarda il regime sanzionatorio applicabile nel caso di licenziamento dichiarato illegittimo che trova disciplina esclusivamente – per quanto qui rileva – nei commi 4 e 5 dell’art. 18 S.d.l. novellato e non negli artt. 1455 e 1460 c.c., che possono assumere rilievo ai fini della valutazione della sussistenza di una giustificazione idonea a realizzare la risoluzione del rapporto di lavoro, né nell’art. 2087 c.c., che riguarda le ipotesi di responsabilità del datore di lavoro per violazioni degli obblighi concernenti le misure di sicurezza;
5.3. inammissibile è anche il quarto motivo del ricorso del lavoratore che richiama il vizio di cui al n. 5 dell’art. 360 c.p.c. per una ipotesi preclusa dalla cd. doppia conforme ex art. 348 ter, u.c., c.p.c. (cfr. Cass. n. 23021 del 2014; Cass. n. 26774 del 2016; Cass. n. 20944 del 2019; Cass. n. 268 del 2021; Cass. n. 29002 del 2021; Cass. n. 25027 del 2021) e, comunque, perché non individua un fatto di cui sia omesso l’esame, atteso che la Corte ha esplicitamente preso in considerazione la mancanza di dotazioni di sicurezza adeguate predisposte dal datore di lavoro, tanto da escludere, anche per questo elemento, la sussistenza di una causa idonea a giustificare il licenziamento;
4. conclusivamente, entrambi i ricorsi devono essere respinti, con compensazione delle spese stante la reciproca soccombenza;
ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, occorre dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale e incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13 (cfr. Cass. SS.UU. n. 4315 del 2020);

 

P.Q.M.



La Corte rigetta il ricorso principale e il ricorso incidentale e compensa le spese.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale e di quello incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso principale e incidentale, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma nell’adunanza camerale del 24 gennaio 2023.