Cassazione Penale, Sez. 4, 07 marzo 2023, n. 9449 - Caduta del manovale dal ponteggio privo di misure di sicurezza. Privo di rilievo il fatto che il ponteggio fosse in fase di allestimento 


 

 

Presidente: SERRAO EUGENIA
Relatore: BRUNO MARIAROSARIA
Data Udienza: 17/01/2023
 

 

Fatto



1. Con sentenza emessa in data 8/3/2022, la Corte d'appello di Napoli ha confermato la pronuncia del Tribunale di Nola con cui C.F., ritenuto responsabile del delitto di lesioni colpose commesse con violazione delle norme in materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro, è stato condannato alla pena di mesi uno e giorni dieci di reclusione.
La vicenda attiene all'infortunio occorso all'operaio F.C. durante lavori di ristrutturazione di un immobile. Il manovale, issatosi sul ponteggio, cadeva dall'impalcatura, la quale, sulla base degli accertamenti effettuati dall'ASL, risultava priva di parapetti, correnti, cancelletti e tavole fermapiede. In seguito alla caduta riportava lesioni gravi con prognosi superiore a 40 giorni.
Le due sentenze conformi hanno ritenuto responsabile dell'infortunio l'imputato, nella sua qualità di titolare della "Calinto Decor s.r.l.", datore di lavoro dell'operaio infortunato.

2. Avverso la pronuncia di condanna ha proposto ricorso per cassazione l'imputato, a mezzo del difensore, affidando le proprie deduzioni ai seguenti motivi.
I) Mancanza, contraddittorietà e manifesta illlogicità della motivazione con riferimento alla sussistenza del reato ed alla sua riferibilità al ricorrente.
Il) Mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione con riferimento al diniego di applicazione della pena concordata con il P.M. ai sensi dell'art. 444 cod.proc.pen., richiesta subordinata alla concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena.
III) Vizio della motivazione con riferimento al diniego di riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche con giudizio di prevalenza sull'aggravante, al mancato riconoscimento della pena nel minimo edittale e del beneficio della non menzione della condanna.
IV) Mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione con riferimento al rigetto della richiesta di conversione della sanzione detentiva nella corrispondente sanzione pecuniaria ai sensi dell'art. 53 e seguenti legge 689/81 e 133 cod. pen.
3. Il Procuratore Generale, con requisitoria scritta, ha concluso per l'inammissibilità del ricorso.
La difesa dell'imputato ha depositato apposita memoria contenente deduzioni di risposta alle argomentazioni del P.G. ed ha allegato il certificato penale del ricorrente, insistendo nell'accoglimento del ricorso.

 

Diritto
 



1. Il primo motivo di ricorso è manifestamente infondato.
Le doglianze riguardanti l'esonero da responsabilità del datore di lavoro per abnormità del comportamento del dipendente, la mancanza del nesso di causalità tra le violazioni individuate nelle sentenze di merito e le lesioni patite dalla persona offesa nel corso dello svolgimento dell'attività a cui era stato adibito sono palesemente destituite di fondamento.
La Corte di merito ha offerto logica spiegazione in ordine alle cause dell'infortunio, mettendo in rilievo, sulla base degli elementi acquisiti, puntualmente illustrati in motivazione, come il lavoratore sia precipitato dal ponteggio allestito nel cantiere in cui operava la società di cui è legale rappresentante il ricorrente, datore di lavoro dell'infortunato.
Prendendo le mosse da tale causa ha evidenziato, come aveva già fatto il primo giudice, che il ponteggio era stato allestito in assenza dei necessari accorgimenti volti ad impedire cadute dall'alto, imposti dalle disposizioni del T.U. sulla sicurezza richiamate in contestazione. Il ponteggio, infatti, si presentava privo di parapetti, correnti, cancelletti e tavole fermapiede. Ha quindi ricondotto a responsabilità dell'imputato l'infortunio occorso al dipendente, avendo omesso il datore di lavoro di assicurare che le attività in quota, alle quali era stato evidentemente adibito il lavoratore, si svolgessero in condizioni di sicurezza.
L'assunto dei giudici di merito è corretto e conforme ai principi più volte affermati dalla Corte di legittimità in plurime pronunce riguardanti casi analoghi.
Il rilievo difensivo secondo il quale il ponteggio era in fase di allestimento ed il lavoratore non ha adempiuto all'ordine impartito dal datore di lavoro di non salirvi è privo di efficacia disarticolante.
Come osservato dai giudici di merito nella condivisibile motivazione, anche volendo aderire alla prospettazione difénsiva, secondo orientamento costante in materia di infortuni sul lavoro l'eventuale condotta colposa del lavoratore infortunato non può assurgere a causa sopravvenuta, da sola sufficiente a produrre l'evento, quando sia comunque riconducibile all'area di rischio propria della lavorazione svolta: in tal senso il datore di lavoro è esonerato da responsabilità solo quando il comportamento del lavoratore presenti i caratteri dell'eccezionalità, dell'abnormità e dell'esorbitanza rispetto al procedi mento lavorativo e aIle direttive di organizzazione ricevute (così ex multis, Sez. 4, n. 21587 del 23/03/2007, Rv. 236721).
A ciò deve aggiungersi che la condotta imprudente o negligente del lavoratore, in presenza di evidenti criticità del sistema di sicurezza approntato dal datore di lavoro, non potrà mai spiegare alcuna efficacia esimente in favore dei soggetti destinatari degli obblighi di sicurezza e garanti dell'incolumità dei lavoratori. Ciò in quanto tali disposizioni, secondo orientamento conforme della giurisprudenza di questa Corte, sono dirette a tutelare il lavoratore anche in ordine ad incidenti che possano derivare da sua colpa, dovendo il datore di lavoro prevedere ed evitare prassi di lavoro non corrette e foriere di eventuali pericoli. (così, ex multis Sez. 4, n. 10265 del 17/01/2017, Meda, Rv. 269255; Sez. 4 n. 22813 del 21/4/2015, Palazzolo, Rv. 263497; Sez. 4, n. 38877 del 29/09/2005, Fani, Rv. 232421 ).

2. Infondate sono le doglianze articolate nel secondo motivo di ricorso.
Il giudice di primo grado ha rigettato la richiesta di patteggiamento subordinata alla concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena e della non menzione della condanna nel certificato penale, osservando che il ricorrente è gravato da altri precedenti, che il beneficio della sospensione condizionale della pena non può essere concesso nel caso di tre precedenti condanne, che le condanne riportate dall'imputato non consentono di formulare un giudizio prognostico favorevole circa l'astensione del C.F. dalla futura commissione di reati.
La Corte di appello, nel richiamarsi alla motivazione espressa dal primo giudice ha aggiunto che «dall'acquisito certificato del casellario giudiziale, risulta la presenza di quattro precedenti condanne dell'imputato in ragione delle quali non è possibile concedere la sospensione condizionale della pena, a nulla rilevando - in virtù di consolidata giurisprudenza- i precedenti condoni. Come correttamente richiamato nella sentenza di primo grado, secondo giurisprudenza consolidatà, "(...) nel caso che il reo abbia, invece riportato complessivamente tre condanne il beneficio non può essere più concesso, avendo la normativa in esame previsto, mediante la locuzione al singolare "la precedente condanna" vale a dire un'altra soltanto, tale esclusione per la terza di esse (Cass. Sez.,VI n.1647/ 2019)».
La difesa, nel produrre il certificato penale, obietta che i precedenti riportati dal ricorrente sarebbero non significativi ai fini del diniego del beneficio a cui era subordinata la richiesta di patteggiamento, avendo ad oggetto due condanne per reati contravvenzionali sostanzialmente estinti, e due condanne riguardanti fatti non più previsti dalla legge come reato.
Afferma quindi che le argomentazioni a sostegno del rigetto sarebbero inidonee, atteso che la preclusione di cui all'art. 164, comma 2, n. 1 cod. pen., è riferita alle sole precedenti condanne per delitto.
Il rilievo non è accoglibile.
La lettura del certificato penale allegato ai motivi aggiunti riporta una prima condanna, intervenuta il 5/2/2007, per il delitto di omesso versamento delle ritenute previdenziali; una seconda condanna, intervenuta il 7/3/2011, per il delitto di omesso versamento delle ritenute previdenziali; una terza condanna, intervenuta il 11/10/2016, per reati contravvenzionali in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro; una quarta condanna, intervenuta il 21/11/2018, per reati contravvenzionali in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro.
Le pene riguardanti le prime due condanne risultano essere state condonate. Ciò, tuttavia, non esclude che il giudice non possa valutare detti precedenti ai fini della esclusione del beneficio della sospensione condizionale della pena, conservando la loro rilevanza in questo ambito [cfr. Sez. 1, n. 13990 del 05/03/2020, Iacopino, Rv. 278941: "La sospensione condizionale della pena non può essere concessa in presenza di una precedente condanna a pena interamente condonata per intervenuta concessione dell'indulto che, cumulata con quella da infliggere, determini il superamento dei limiti di cui all 'art . 163 cod. pen. (Vedi, Sez. U., n.23/95, Rv. 201548)"].
La difesa sostiene che si tratti di fatti non più previsti dalla legge come reato; tale circostanza, tuttavia, avrebbe dovuto essere adeguatamente documentata. Invero, l'art. 3, comma sesto, d.lgs. 15 gennaio 2016 n.8, nell'escludere la penale rilevanza dell'omesso versamento delle ritenute previdenziali e assistenziali operate sulle retribuzioni dei lavoratori dipendenti ove non eccedenti i diecimila euro annui, ha dato luogo ad una "abolitio criminis" solo parziale dell'art. 2, comma 1-bis, d.l. 12 settembre 1983 n.463 del 1983, sussistendo piena continuità normativa con la precedente incriminazione allorquando sia superata la soglia di punibilità. Dal certificato penale non si evince che le prime due condanne si riferiscano ad ipotesi depenalizzate.
La difesa non si confronta realmente con l'argomentazione offerta dai giudici di merito riguardante la prognosi negativa in ordine alla futura astensione dalla commissione di reati, la quale può essere legittimamente fondata sulla considerazione di precedenti condanne estinte ai sensi dell'art. 460, comma 5, cod. proc. pen. (così Sez. 4, n. 41291 del 11/09/2019, Pagani, Rv. 277355:"Ai fini del giudizio circa la concedibilità o meno della sospensione condizionale della pena, la presenza di precedenti condanne per reati poi estinti ai sensi dell'art. 460, comma 5, cod. proc. pen. può legittimamente essere valutata dal giudice come elemento ostativo alla presunzione che il colpevole si asterrà, per il futuro, dal commettere ulteriori reati").
Anche volendo ritenere che le prime due condanne riguardino fatti depenalizzati, le due successive condanne, attinenti peraltro alla precipua materia della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, risultano legittimamente considerate dai giudici di merito ai fini della negativa prognosi formulata sulla futura astensione dalla commissione di reati.
Il giudizio prognostico, è bene ricordare, è rimesso al prudente apprezzamento del giudice di merito, il quale deve compiere tale previsione sulla base dei criteri dettati dall'art. 133 cod. pen.; a questo fine è sufficiente la considerazione anche di uno solo degli elementi indicati nell'art. 133 cod. pen. Quando risulti che la decisione adottata sia stata emessa sulla base della valutazione dei suddetti criteri, ogni contestazione riguardante l'attendibilità del giudizio prognostico, positivo o negativo, espresso dal giudice, costituisce una prospettazione di merito, che non può trovare ingresso in questa sede, a meno che non sia frutto di un ragionamento manifestamente illogico ed eccentrico.

3. Quanto al terzo motivo di ricorso, si osserva quanto segue.
In ordine al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche con giudizio di prevalenza sulla contestata aggravante e, in generale, in ordine alla entità della pena in concreto irrogata, è d'uopo rammentare come il giudizio di comparazione tra opposte circostanze e la stessa dosimetria della pena, implicando una valutazione discrezionale tipica del giudizio di merito, sfuggano al sindacato di legittimità qualora non siano frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico e siano sorrette, come nel presente caso, da sufficiente motivazione (Sez. Un., n. 10713 del 25/02/2010, Contaldo, Rv. 245931; conf. Sez. 2 n. 31543 dell 18/6/2017; Pennelli, Rv. 270450; Sez. 4, n. 25532 del 23/5/2007, Montanina Rv. 236992; Sez. 3, n. 26908 del 22/4/2004, Ronzoni, Rv. 229298; Sez. 5, n. 5582 del 30/09/2013, dep. 04/02/2014, Ferrario, Rv. 259142, così massimata: "La graduazione della pena, anche in relazione agli aumenti ed alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti ed attenuanti, rientra nella discrezionalità del giudice di merito, che la esercita, così come per fissare la pena base, in aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133 cod. pen.; ne discende che è inammissibile la censura che, nel giudizio di cassazione, miri ad una nuova valutazione della congruità della pena la cui determinazione non sia frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico e sia sorretta da sufficiente motivazione"; Sez. 2, n. 23903 del 15/07/2020, Marigliano, Rv. 279549 - 02: "Al fine di ritenere o escludere le circostanze attenuanti generiche, il giudice può limitarsi a prendere in esame, tra gli elementi indicati dall'art. 133 cod. pen., quello che ritiene prevalente ed atto a determinare o meno il riconoscimento del beneficio, sicché anche un solo elemento attinente alla personalità del colpevole o all'entità del reato ed alle modalità di esecuzione di esso può risultare all'uopo sufficiente").
La Corte di merito, facendo buon governo dei principi appena richiamati, ha ritenuto l'imputato non meritevole del beneficio invocato, ponendo in evidenza la gravità del fatto - in ragione delle numerose violazioni riscontrate alla normativa in materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro - e l'entità del danno cagionato alla vittima.
La motivazione così espressa può essere validamente estesa alla decisione di non accogliere la richiesta di non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale (cfr. Sez. 4, n. 34754 del 20/11/2020, Abbate, Rv. 280244:"Le ragioni del diniego dei benefici della sospensione condizionale della pena e della non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale possono ritenersi implicite nella motivazione con cui il giudice neghi le circostanze attenuanti generiche richiamando profili di pericolosità del comportamento dell'imputato, dal momento che il legislatore fa dipendere la concessione dei predetti benefici dalla valutazione degli elementi indicati dall'art. 133 cod. pen.").

4. Del pari infondato è il motivo riguardante il mancato accoglimento della richiesta di conversione della pena detentiva nella corrispondente sanzione pecuniaria, oggetto del quarto motivo di ricorso. Il rigetto ha trovato adeguata giustificazione in sentenza: la Corte ha evidenziato l'assenza di elementi dai quali desumere che l'imputato adempirà agli obblighi imposti, attesa anche l'entità della pena irrogata. Si tratta di motivazione non illogica e non contraddittoria, che non può essere censurata in questa sede poiché rientrante nell'ambito dell'apprezzamento discrezionale demandato al giudice di merito [cfr. Sez. 5, n. 10941 del 26/01/2011, Orabona, Rv. 249717: "Ai fini della sostituzione della pena detentiva con pena pecuniaria il giudice ricorre ai criteri previsti dall'art. 133 cod. pen.; tuttavia, ciò non implica che egli debba prendere in esame tutti i parametri contemplati nella suddetta previsione, potendo la sua discrezionalità essere esercitata motivando sugli aspetti ritenuti decisivi in proposito, quali l'inefficacia della sanzione"; Sez. 5, n. 44402 del 10/10/2022, Majer, Rv. 283954:"In tema di sostituzione di pene detentive brevi con sanzioni pecuniarie, pur potendo beneficiare della sostituzione colui che si trovi in disagiate condizioni economiche, il giudice può respingerne la richiesta nel caso in cui, in base ad elementi di fatto, sia possibile esprimere un giudizio sulla solvibilità del reo con prognosi negativa in ordine alla capacità di adempiere"].
La difesa contesta in termini generici la risposta fornita dalla Corte di merito, non offrendo concreti elementi di valutazione idonei ad escludere la validità dell 'assunto.

5. Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

 

P.Q.M.
 


Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
In Roma, così deciso il 17 gennaio 2023