Cassazione Penale, Sez. 4, 07 marzo 2023, n. 9457 - Infortunio alla mano del lavoratore durante la sostituzione di un tubo all'interno di una fonderia


Presidente: DOVERE SALVATORE Relatore: PAVICH GIUSEPPE
Data Udienza: 08/02/2023
 

 

Fatto




1. La Corte d'appello di Brescia, in data 12 aprile 2021, ha parzialmente riformato nel trattamento sanzionatorio, e per il resto ha confermato, la condanna emessa nei confronti di S.M. dal Tribunale di Brescia in composizione monocratica con sentenza resa il 12 ottobre 2020, in relazione al delitto di lesioni personali colpose gravi, con violazione di norme sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro (segnatamente con riferimento, nell'editto imputativo, alla violazione degli articoli 28, comma 2, lettera A in relazione all'art. 168, comma 2, lettera A, del D.Lgs. n. 81 del 2008), a lui contestato come commesso in Torbole Casaglia il 2 febbraio 2016.
1.1. L'episodio oggetto del giudizio si verificava all'interno dello stabilimento della Fonderia di Torbole s.r.l., di cui il S.M. rivestiva la qualità di procuratore, con delega specifica per gli aspetti delta sicurezza sul lavoro e con posizione datoriale nei confronti del lavoratore T.C., persona offesa del reato. L'incidente avveniva in occasione delta manovra di sostituzione di un tubo (avente dimensioni di circa 3 metri di lunghezza diametro di circa 8-9 cm. e peso di circa 20 kg.) con il quale veniva effettuato il trasporto della sabbia all'interno della fonderia; quanto precede a seguito della foratura di detto tubo, posizionato sulla copertura dello stabilimento. Il punto ove occorreva procedere alla sostituzione era raggiungibile attraverso una scala alla marinara, dotata di pianerottolo: una via di accesso decisamente stretta e difficoltosa. Proprio in ragione di simili, possibili accadimenti era stata adottata in azienda una prassi in base alla quale, in prossimità dei punti di possibile sostituzione dei tubi usurati, si posizionavano - mediante l'impiego di particolari autogru - fasci di tubi pronti per la sostituzione, allo scopo di abbreviare il tragitto del trasporto dei tubi di ricambio. Nell'occorso, tuttavia, per ragioni di urgenza, si reputava di prelevare il tubo da un soppalco posto al piano intermedio; a tanto provvedeva una squadra di tre operai, di cui faceva parte il T.C.. Durante la fase del trasporto del tubo verso l'alto con l'aiuto di una fune, quando ormai esso era giunto sul ballatoio di sbarco, mentre uno dei lavoratori che componevano la squadra lo stava movimentando in posizione orizzontale, a causa di una presa maldestra il tubo si sbilanciava in direzione dell'estremità posta in corrispondenza delta scala, andando a colpire la mano sinistra del T.C., in quel momento appoggiata sul pavimento del ballatoio. A causa dell'urto il lavoratore riportava lesioni alla mano giudicate guaribili in 73 giorni.
1.2. La Corte di merito, pur modificando il giudizio di comparazione delle circostanze nel senso della prevalenza delle attenuanti generiche (ma confermando la pena detentiva, con mitigazione della pena pecuniaria sostitutiva), ha sostanzialmente confermato la decisione di primo grado.
In primo luogo, sono state disattese le censure del ricorrente a proposito della diversità fra il fatto contestato e quello ritenuto in sentenza, atteso che, sebbene il fatto si fosse verificato quando ormai il tubo era giunto sul ballatoio (e non nella fase di sollevamento manuale in quota), nondimeno la descrizione dell'episodio contenuta nell'imputazione comprendeva anche la fase in cui l'episodio di verificava. La Corte di merito ha poi evidenziato che il profilo di colpa da addebitare al S.M. era riferibile alla mancata procedimentalizzazione, nel DVR, della prassi aziendale di raccolta in quota di fasci di tubi pronti per le sostituzioni, correlata al rischio nelle operazioni di trasporto in quota dei tubi, e dell'obbligo di procedere alle sostituzioni in base a tale prassi, con divieto di utilizzare tubi collocati in altre posizioni; in relazione a ciò, é stata disattesa l'affermazione dell'appellante secondo cui tale profilo non rivestiva rilevanza causale in ordine a quanto accaduto, ed é stata altresì esclusa l'imprevedibilità della manovra di movimentazione manuale, posto che, proprio in previsione dei rischi che ne derivavano, era invalsa la prassi di posizionare i tubi di ricambio in quota, ossia in prossimità delle aree di posizionamento dei tubi a rischio di foratura. La Corte territoriale ha inoltre disatteso le censure rassegnate con l'atto di appello in ordine all'aggravante di cui all'art. 583 cod. pen., atteso che, sebbene il ricorrente avesse affermato di avere ripreso le sue normali attività dopo circa 25 giorni, egli tuttavia non aveva potuto guidare la macchina per 40 giorni ed era rientrato al lavoro dopo 73 giorni; nonché al mancato riconoscimento della causa di non punibilità della particolare tenuità del fatto, in relazione alla sussistenza della già menzionata aggravante.

2. Avverso la prefata sentenza d'appello ricorre il S.M., con atto affidato a tre motivi di doglianza.
2.1. Con il primo motivo il ricorrente denuncia violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla colpa specifica posta alla base dell'imputazione mossa a carico del S.M.: é la stessa Corte di merito a riconoscere che l'azienda aveva valutato il rischio e aveva deciso di provvedere a collocare i tubi in prossimità dei luoghi di loro sostituzione; contesta poi il ricorrente che il fatto di avere prelevato il tubo da un deposito posto a piano terra, anziché nel deposito posto nelle vicinanze del cambio, avesse avuto rilevanza causale nel verificarsi dell'evento lesivo; e deduce che anche l'osservanza della prassi virtuosa non avrebbe scongiurato tale evento. L'incidente avvenne perché, imprevedibilmente, uno degli operai della squadra aveva perso la presa, facendo così scivolare il tubo sulla mano del collega; del resto il trascinamento verso l'alto del tubo da sostituire rappresentava eventualità sporadica, non nota ai vertici aziendali.
2.2. Con il secondo motivo il ricorrente lamenta violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla durata della malattia conseguente alle lesioni e, conseguentemente, alla configurabilità dell'aggravante di cui all'art. 583 cod. pen.: il T.C. ha affermato di aver ripreso le sue normali attività anche prima dei 40 giorni, e il superamento di tale periodo non può essere collegato al fatto che egli, per l'intera durata di esso, non avrebbe potuto guidare la macchina; né rileva il fatto che egli sia rientrato al lavoro dopo 73 giorni, essendo errato l'assunto, sostenuto dalla Corte di merito, secondo cui non sarebbe possibile che il periodo di incapacità ad esercitare l'attività lavorativa possa essere superiore a quello di possibilità di svolgimento delle ordinarie occupazioni.
2.3. Con il terzo motivo il ricorrente denuncia violazione di legge e vizio di motivazione in ordine al mancato riconoscimento della causa di non punibilità della particolare tenuità del fatto, pur a fronte della già citata aggravante di cui all'art. 583 cod. pen., atteso che é stata riconosciuta la prevalenza delle attenuanti generiche (sia pure senza effetti sulla determinazione della pena detentiva, già applicata nel minimo di cui all'art. 23 cod. pen.); tale decisione, peraltro, ben poteva condurre ad applicare la sola pena pecuniaria anziché la pena detentiva (convertita); ma sotto tale profilo non vi é alcuna motivazione da parte della Corte di merito.

3. Con requisitoria scritta, il Procuratore generale presso la Corte di cassazione ha concluso per l'inammissibilità del ricorso.

 

Diritto



1. Devono ritenersi infondati i primi due motivi.
1.1. Quanto al primo, vi é una parziale riproposizione dei temi sviluppati nell'atto d'appello e già convenientemente disattesi nella motivazione della sentenza impugnata. Quanto alla prospettata diversità fra fatto contestato e fatto ritenuto nella sentenza di primo grado, deve osservarsi che quest'ultimo é emerso chiaramente nel corso dell'istruzione dibattimentale, dalla quale é stata ricavata in modo puntuale e pacifico la dinamica dell'incidente (verificatosi al termine dell'operazione di trascinamento verso l'alto del tubo, quando ormai quest'ultimo era giunto sopra il pianerottolo di sbarco) in termini tali da non comportare alcun pregiudizio al pieno esercizio del diritto di difesa: si ricorda che, in tema di correlazione tra imputazione contestata e sentenza, per aversi mutamento del fatto occorre una trasformazione radicale, nei suoi elementi essenziali, della fattispecie concreta nella quale si riassume l'ipotesi astratta prevista dalla legge, in modo che si configuri un'incertezza sull'oggetto dell'imputazione da cui scaturisca un reale pregiudizio dei diritti della difesa; ne consegue che l'indagine volta ad accertare la violazione del principio suddetto non va esaurita nel pedissequo e mero confronto puramente letterale fra contestazione e sentenza perché, vertendosi in materia di garanzie e di difesa, la violazione é del tutto insussistente quando l'imputato, attraverso l'iter del processo, sia venuto a trovarsi nella condizione concreta di difendersi in ordine all'oggetto dell'imputazione (Sez. U, Sentenza n. 36551 del 15/07/2010, Carelli, Rv. 248051). Per quanto invece concerne i profili di colpa oggetto di contestazione, la Corte di merito - condividendo gli argomenti posti a base della sentenza del Tribunale - fornisce chiara e convincente risposta in ordine alla rilevanza causale della mancata procedimentalizzazione della prassi instauratasi in azienda di posizionare i tubi di ricambio in prossimità delle zone prossime ai tubi da sostituire, per evitare trasporti da distanza troppo prolungata, osservando che, ove fosse stato formalmente imposto dal S.M., nella sua qualità datoriale, il divieto di prelevare i tubi di ricambio da altre postazioni collocate più in basso, il rischio verificatosi nell'occasione (comunque collegato a un'operazione di trasporto dal piano inferiore) non si sarebbe concretizzato.
1.2. Quanto al secondo motivo, anche volendo prescindere dal dato riguardante l'impossibilità della persona offesa a guidare la macchina per circa 40 giorni e la persistenza dei riscontrati problemi alla funzione prensile di cui dà conto, in particolare, la sentenza di primo grado, é un dato di fatto che il T.C. rientrò al lavoro dopo 73 giorni dall'incidente; ed é noto che, per pacifica giurisprudenza, la lesione personale deve considerarsi grave se l'incapacità ad attendere alle ordinarie occupazioni perduri oltre il quarantesimo giorno, ivi compreso il periodo di convalescenza o quello di riposo dipendente dalla malattia (ex multis Sez. 5, Sentenza n. 4014 del 27/10/2015, dep. 2016, Cucchiella, Rv. 267556; Sez. 4, Sentenza n. 32687 del 08/07/2009, Cimberio, Rv. 245116).
1.3. E', invece, fondato il terzo motivo. Il mero riferimento della Corte di merito, nell'argomentare l'esclusione della particolare tenuità del fatto, alla configurabilità dell'aggravante di cui all'art. 583 cod. pen. risulta infatti insufficiente, a considerare che in astratto la causa di non punibilità di cui all'art. 131-bis cod. pen. può trovare applicazione anche al delitto di lesioni colpose gravi in relazione ai limiti edittali di pena previsti per tale reato, ancor più in seguito alla modifica ampliativa del citato art. 131-bis apportata dal recente D.Lgs. n. 150 del 2022. Non é sufficiente, ai fini dell'esclusione della causa di non punibilità di che trattasi, fare riferimento alla mera configurabilità di una circostanza aggravante (a meno che, beninteso, essa non comporti automaticamente l'emergere di elementi decisivi in senso ostativo ai fini dell'applicabilità dell'istituto di cui all'art. 131-bis), dovendo procedersi, a tal fine, ad una valutazione complessa e congiunta di tutte le peculiarità della fattispecie concreta (nei termini richiesti da Sez. U, Sentenza n. 13681 del 25/02/2016, Tushaj, Rv. 266590).
Nel caso in esame, la Corte di merito non ha, in definitiva, sviluppato alcun elemento argomentativo in ordine alla caratterizzazione del fatto storico (ad esempio con riguardo all'esiguità o meno delle conseguenze dannose del reato), laddove ciò sarebbe stato necessario, nei termini indicati dalla già richiamata giurisprudenza apicale di legittimità.

2. La sentenza impugnata va perciò annullata, limitatamente alla statuizione concernente l'applicazione dell'art. 131-bis cod. pen., con rinvio ad altra Sezione della Corte d'appello di Brescia per nuovo giudizio sul punto. Nel resto il ricorso va rigettato.

 

P.Q.M.



Annulla la sentenza impugnata, limitatamente alla statuizione concernente l'applicazione dell'art. 131-bis c.p. e rinvia per nuovo giudizio sul punto ad altra Sezione della Corte di appello di Brescia. Rigetta il ricorso nel resto.
Così deciso in Roma, 1'8 febbraio 2023.