Cassazione Civile, Sez. 3, 03 aprile 2023, n. 9178 - Risarcimento danni da infortunio mortale in cantiere durante il montaggio di moduli per la realizzazione di un forno di verniciatura


 

 

"A seguito dell'entrata in vigore del D.Lgs. n. 494 del 1996 - ritenuto "ratione temporis" normativa di riferimento dalla stessa Corte territoriale (pagg. 10-11) senza censure incidentali in tesi condizionate - il dovere di sicurezza gravante sul datore di lavoro opera anche in relazione al committente, dal quale non può tuttavia esigersi un controllo pressante, continuo e capillare sull'organizzazione e sull'andamento dei lavori, sicché, ai fini della configurazione della responsabilità del suddetto, occorre verificare in concreto quale sia stata l'incidenza della sua condotta nell'eziologia dell'evento, a fronte delle capacità organizzative della ditta scelta per l'esecuzione dei lavori, avuto riguardo alla specificità dei lavori da eseguire, ai criteri seguiti dallo stesso committente per la scelta dell'appaltatore o del prestatore d'opera, alla sua ingerenza nell'esecuzione dei lavori oggetto di appalto o del contratto di prestazione d'opera, nonché all'agevole e immediata percepibilità da parte del committente di situazioni di pericolo (cfr., ad esempio, Cass. pen., 15/07/2015, n. 44131, ricordata dalla stessa difesa di G., e Cass. pen., 18/12/2019, n. 5946)."



 

Rilevato che

D.F.A. , I.R.M. e I.N. ricorrono, sulla base di tre motivi, corredati da memoria, per la cassazione della sentenza n. 1247 del 2019 della Corte di Appello dell'Aquila, esponendo che:

- avevano convenuto in giudizio (OMISSIS) s.p.a., poi divenuta F. s.p.a., e la G. s.p.a., per ottenere il risarcimento dei danni conseguenti alla morte del proprio congiunto, marito della prima e padre degli altri, occorsa presso un cantiere dove lo stesso era intento al montaggio di moduli per la realizzazione di un forno di verniciatura, lavori parzialmente subappaltati alla datrice N.T. s.r.l. dalla società G. cui erano stati a loro volta appaltati dalla (…);

- era a tal fine stata realizzata una struttura metallica di sostegno alta circa 4 metri su cui dovevano essere posizionati i moduli di forno, da affiancare e agganciare;

- I. , nell'occasione munito di casco, scarpe, guanti antinfortunistici e cinture di sicurezza, era salito, su una scala attrezzata, per raccogliere un cavo rimasto all'interno del modulo e gettarlo in basso per le successive operazioni ma, subito dopo essere entrato nel modulo posto all'altezza di circa 4 metri, cadeva, riportando lesioni da cui era poi originata la morte;

- Il Tribunale aveva rigettato la domanda con pronuncia confermata dalla Corte di appello secondo cui, in particolare:

- gli originari attori avevano dedotto in astratto un generale obbligo di vigilanza a carico della committente senza che fosse stata dimostrata quale condotta avesse avuto specifica efficacia eziologica sull'evento, prospettandosi, inoltre, una responsabilità di F. per la mancata verifica della concreta attuazione del piano di sicurezza e coordinamento (PSC) invece non rinvenibile nella ripartizione legale delle funzioni tra i soggetti coinvolti e delle correlate assunzioni di rischio;

- vi era una discrepanza tra il suddetto piano e il piano operativo di sicurezza (POS) predisposto dalla N.T., responsabile dell'esecuzione specifica dei lavori e quindi certamente del rispetto delle necessarie misure di sicurezza, posto che secondo il PSC era necessario che vi fosse idonea impalcatura o ponteggio o altra misura che consentisse l'aggancio di funi ovvero cinture di sicurezza, mentre il POS prevedeva solo funi disposte a croce, a modo di protezione, collocate però sul lato opposto a quello d'ingresso di I. ;

- tale discrepanza, d'altra parte, era questione di dettaglio e tecnica tale da esulare dall'alveo della sorveglianza che avrebbe potuto essere imputata a F.;

- al contempo, non era stata dimostrata un'ingerenza della committente e subcommittente tale da comprimere il ruolo autonomo della N.T. ed escludere la specificità del rischio quale riferibile alle lavorazioni proprie di quest'ultima, ovvero, in specie quanto alle funzioni della società G., la riconduzione a un rischio correlabile alla conformazione generale del cantiere dell'appalto;

resistono con controricorso le due società convenute;

le parti hanno depositato memorie;

il Collegio ha disposto il deposito della motivazione nel termine di sessanta giorni di cui all'art. 380-bis.1, comma 2, c.p.c..

Rilevato che

con il primo motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 626 del 1994, artt. 3, 7, 2049, c.c., poiché la Corte di appello avrebbe errato mancando di considerare che la discrepanza tra i due piani di sicurezza era immediatamente percepibile dai due committenti in specie in quanto correlata al generale e quindi non specifico rischio di caduta dall'alto, tanto che, infatti, l'AUSL intervenuta aveva contestato a A.C. , risultato comunque responsabile dei lavori per conto di F., la mancata verifica del rispetto del PSC, a riprova, al contempo, dell'ingerenza della prima committente nelle attività funzionali alla sicurezza del cantiere;

con il secondo motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 494 del 1996, artt. 3, 5, 6,11,2049, c.c., poiché la Corte d'appello avrebbe errato mancando di ritenere applicabile e applicare il D.Lgs. n. 494 del 1996, dal quale emergeva la posizione di garanzia della committente in affiancamento a quella degli altri soggetti investiti di obblighi in materia di sicurezza, a cominciare dal datore di lavoro dell'infortunato, in particolare quanto alla vigilanza sull'idoneità e sul rispetto dei piani di sicurezza e pertanto sia del PSC che del POS, dei quali era documentalmente emersa ed evincibile la discrasia;

con il terzo motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 494 del 1996, artt. 3, 5, 611, 2049, c.c., poiché la Corte di appello avrebbe errato mancando di considerare che era risultata la specifica assunzione, da parte di G., della responsabilità di cooperare con le ditte subappaltatrici perché venissero attuate le idonee misure di prevenzione e sicurezza, laddove il rischio di caduta dall'alto era evidentemente un rischio generico e non iscrivibile nella specificità e, in tesi, separatezza dei lavori da svolgere da parte di N.T.;

Rilevato che i motivi, da esaminare congiuntamente per connessione, sono fondati per quanto di ragione;

questa Corte, soprattutto in sede penale ma con principî applicabili in sede di distinto scrutinio della responsabilità civile da infortuni sul lavoro, ha chiarito che, a seguito dell'entrata in vigore del D.Lgs. n. 494 del 1996 - ritenuto "ratione temporis" normativa di riferimento dalla stessa Corte territoriale (pagg. 10-11) senza censure incidentali in tesi condizionate - il dovere di sicurezza gravante sul datore di lavoro opera anche in relazione al committente, dal quale non può tuttavia esigersi un controllo pressante, continuo e capillare sull'organizzazione e sull'andamento dei lavori, sicché, ai fini della configurazione della responsabilità del suddetto, occorre verificare in concreto quale sia stata l'incidenza della sua condotta nell'eziologia dell'evento, a fronte delle capacità organizzative della ditta scelta per l'esecuzione dei lavori, avuto riguardo alla specificità dei lavori da eseguire, ai criteri seguiti dallo stesso committente per la scelta dell'appaltatore o del prestatore d'opera, alla sua ingerenza nell'esecuzione dei lavori oggetto di appalto o del contratto di prestazione d'opera, nonché all'agevole e immediata percepibilità da parte del committente di situazioni di pericolo (cfr., ad esempio, Cass. pen., 15/07/2015, n. 44131, ricordata dalla stessa difesa di G., e Cass. pen., 18/12/2019, n. 5946);

ora, nella fattispecie, è stato accertato in fatto dal Collegio di merito che:

a) F. aveva un responsabile dei lavori (A.C. , anche se secondo la Corte territoriale non è risultata prova della sua nomina a responsabile per la sicurezza: pag. 14): nel caso, del resto, la nomina di una tale figura era e, infatti, è stata, senza censure, ritenuta necessaria (pag. 11);

b) la società committente si era assicurata, dunque, la predisposizione del previsto PSC;

c) risultava documentalmente una discrasia tra il PSC e il POS della subappaltatrice, potenzialmente decisiva, atteso che il primo prevedeva idonea impalcatura o ponteggio o altra misura tecnica che consentisse l'aggancio delle funi e cinture di sicurezza, mentre il POS prevedeva solo funi disposte a croce con funzione di protezione, collocate, però, sul lato opposto a quello d'ingresso che fu utilizzato da I. (pagg. 16 e 18);

d) la G. aveva assunto le funzioni di cooperazione con le ditte subappaltatrici per l'attuazione delle misure di sicurezza;

e) la caduta dall'alto è stata ritenuta rischio non riconducibile univocamente alla conformazione del cantiere che, pertanto, come evincibile dalla formulata motivazione, è stato complessivamente ritenuto riferibile alla stessa subcommittente (pag. 18);

ora, al di là della discussione sulla specificità del rischio in parola, ovvero se correlabile a quella degli specifici lavori assunti come eseguiti in autonomia dalla subappaltatrice, resta il fatto che la discrasia dei piani era facilmente evincibile perché, come detto, documentale, rispetto a una modalità operativa risultata propria del cantiere, sicché non avrebbe potuto aprioristicamente escludersi, sul punto, la posizione di garanzia di committente e appaltatrice, correttamente sussumendo i fatti accertati nella cornice dei principî sopra riassunti;

la Corte di appello, quindi, avrebbe dovuto verificare se l'omessa richiesta di allineamento dei due piani in funzione della più idonea sicurezza - non riducibile, cioè, a una non meglio spiegata "questione tecnica di dettaglio" estranea a ogni vigilanza da parte di F., e non è dato capire se e perché anche di G. - sia stata condotta omissiva tale che abbia causalmente contribuito, in chiave probabilistica, all'evento, consistito proprio in una caduta per omesso fermo delle indossate cinture di sicurezza;

da quanto osservato emerge, altresì, che, in questa misura, non viene in questione una condotta omissiva astratta rispetto all'evento considerato;

ne deriva l'accoglimento del ricorso per quanto di ragione;

spese al giudice del rinvio.

 

P.Q.M.



La Corte accoglie il ricorso per quanto di ragione, cassa la decisione impugnata e rinvia alla Corte di appello di L'Aquila perché, in diversa composizione, pronunci anche sulle spese del giudizio di legittimità.