Cassazione Penale, Sez. 4, 28 aprile 2023, n. 17617 - Omessa valutazione del rischio di caduta accidentale dei lavoratori nella vasca di raccolta dell'acqua piovana


Nota a cura di Amato Giuseppe, in Guida al diritto, 31/2023, pp. 92-94, Azioni eccentriche del prestatore, vanno comunque “governate”


 

REPUBBLICA ITALIANA



IN NOME DEL POPOLO ITALIANO



LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE



SEZIONE QUARTA PENALE



Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:



Dott. FERRANTI Donatella - Presidente



Dott. SERRAO Eugenia - Consigliere



Dott. BELLINI Ugo - Consigliere



Dott. BRUNO Mariarosari - rel. Consigliere



Dott. RICCI Anna L.A. - Consigliere



ha pronunciato la seguente:



SENTENZA





sul ricorso proposto da:



(OMISSIS), nato a (OMISSIS);



avverso la sentenza del 19/10/2021 della CORTE APPELLO di BARI;



visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;



udita la relazione svolta dai Consigliere MARIAROSARIA BRUNO;



udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore LUCA TAMPIERI che ha cono chiedendo.



 

Fatto





1. La Corte di appello di Bari, con la sentenza in epigrafe indicata, ha ribaltato l'esito assolutorio della pronuncia resa dal Tribunale di Foggia nei confronti di (OMISSIS) per il reato di cui all'articolo 589, comma 2, c.p.,



La vicenda attiene all'infortunio avvenuto in (OMISSIS), nel quale perse la vita T.M.. Il predetto, impiegato alle dipendenze dell'azienda agricola gestita da (OMISSIS), addetto alla custodia di animali, scivolava all'interno di una vasca di raccolta di acqua, della profondità di circa 10 metri, nel tentativo recuperare una pecora, trovando la morte per annegamento.



La Corte di appello ha reputato viziato il ragionamento seguito dal primo giudice, sottolinenando come la sentenza del Tribunale si fosse discostata da una corretta applicazione degli orientamenti giurisprudenziali in materia di infortuni sul lavoro e da una corretta applicazione delle norme contestate. I giudici evidenziano in motivazione gravi violazioni della normativa antinfortunistica, sottolineando come l'imputato abbia omesso di somministrare al dipendente idonee informazioni circa la pericolosità del luogo e di provvedere alla messa in sicurezza dell'area. Si sottolinea la eccentricità delle considerazioni in ordine all'abnormità della condotta serbata dal lavoratore contenute nella sentenza di prime cure.



2. Avverso la pronuncia di condanna ha proposto ricorso per cassazione l'imputato, a mezzo del difensore, affidando le proprie deduzioni ai seguenti motivi.



I) Violazione di legge ed erronea applicazione della legge penale in ordine all'affermazione della responsabilità dell'imputato.



Si sostiene la validità di quanto argomentato dal primo giudice in ordine al comportamento eccentrico del lavoratore;



II) Si invoca l'estinzione del reato per intervenuta prescrizione.



3. li P.G., con requisitoria scritta ai sensi dell'articolo 23 comma 8 Decreto Legge 137 del 2020, ha concluso per l'inammissibilità del ricorso.



La difesa, nella memoria conclusiva, insiste nel richiedere



l'annullamento della sentenza, riportandosi ai motivi di ricorso,


 

Diritto





1. Il ricorso è inammissibile.



2. Il rilievo riguardante la estinzione del reato per prescrizione è manifestamente infondato. La violazione della normativa antinfortunistica è contestata in fatto nella imputazione: sebbene non si faccia esplicito riferimento al comma 2 dell'articolo 589 c.p., si legge nella contestazione che il ricorrente aveva omesso di valutare il rischio presente nell'azienda della caduta accidentale dei lavoratori nella vasca di raccolta dell'acqua piovana, del tutto sprovvista di opere di recinzione o di qualunque altro accorgimento idoneo a scongiurare detto pericolo (articolo 28 Decreto Legislativo n. 81 del 2008).



Per il reato cui all'articolo 589, comma 2, c.p., vale il raddoppio dei termini di prescrizione di cui all'articolo 157 c.p..



Essendo il reato punito, all'epoca del fatto, con la pena massima di anni sette di reclusione, il termine massimo di prescrizione è pari ad anni 17 e mesi 6 (al termine ordinario di anni 14 deve aggiungersi l'aumento di previsto per la interruzione). Poichè il fatto è stato commesso in data (OMISSIS), la prescrizione è ben lungi dall'essere maturata.



3. I restanti motivi di ricorso sono del pari manifestamente infondati.



Le doglianze riguardanti l'esonero da responsabilità del datore di lavoro per abnormità del comportamento del lavoratore, mancanza del nesso di causalità tra le violazioni individuate in sentenza dalla Corte di merito e l'infortunio mortale occorso al lavoratore sono destituite di fondamento.



Benchè non si sia potuto accertare nei dettagli la dinamica dell'infortunio mortale (caduta accidentale o volontaria discesa nella vasca), Corte di merito ha correttamente osservato come la causa del decesso del lavoratore sia riconducibile comunque a colpa del ricorrente, il quale non aveva previsto il rischio rappresentato dalla presenza del profondo invaso nell'area dell'azienda e non aveva previamente informato il lavoratore di tale pericolo.



Si legge in motivazione come la mancanza di informazioni circa i pericoli mortali collegati all'invaso sia stata determinante ai fini del verificarsi dell'evento.



I profili inerenti alla mancanza di previsione del rischio ed alla inadeguata formazione del lavoratore assumono carattere di centralità nella motivazione della sentenza impugnata, superando ogni rilevo difensivo in ordine al prospettato volontario comportamento serbato dalla vittima.



Lo sviluppo di tali premesse ha consentito ai giudici di merito di sostenere, in modo logico e coerente, la ricorrenza del necessario nesso di causalità tra la condotta omissiva del garante della normativa antinfortunistica e l'evento lesivo, rapporto che deve ritenersi interrotto, ai sensi dell'articolo 41, comma 2, cod. per., solo nel caso in cui sia dimostrata l'abnormità del comportamento del lavoratore, evenienza da escludersi nel presente caso.



L'assunto dei giudici di merito è corretto e conforme ai principi più volte affermati dalla Corte di legittimità.



è orientamento costante, in materia di infortuni sul lavoro, quello in base al quale la condotta colposa del lavoratore infortunato non possa assurgere a causa sopravvenuta, da sola sufficiente a produrre l'evento, quando sia comunque riconducibile all'area di rischio propria della lavorazione svolta: in tal senso il datore di lavoro è esonerato da responsabilità solo quando il comportamento del lavoratore presenti i caratteri dell'eccezionalità, dell'abnormità e dell'esorbitanza rispetto al procedimento lavorativo e alle direttive di organizzazione ricevute (così ex multis, Sez. 4, n. 21587 del 23/03/2007, Rv. 236721).



A cio' deve aggiungersi che la condotta imprudente o negligente dei lavoratore, in presenza di evidenti criticità del sistema di sicurezza approntato dal datore di lavoro, non potrà mai spiegare alcuna efficacia esimente in favore dei soggetti destinatari degli obblighi di sicurezza. Cio' in quanto, tali disposizioni, secondo orientamento conforme della giurisprudenza di questa Corte, sono dirette a tutelare il lavoratore anche in ordine ad incidenti che possano derivare da sua colpa, dovendo, il datore di lavoro, prevedere ed evitare prassi di lavoro non corrette e foriere di eventuali pericoli. (così, ex multis Sez. 4, n. 10265 del 17/01/2017, Rv. 269255; Sez. 4 n. 22813 del 21/4/2015 Rv. 263497; Sez. 4, o. 38877 del 29/09/2005, Rv. 232421).



I motivi di doglianza non si confrontano realmente con le argomentazioni contenute in sentenza, prospettando il ricorso profili di censura in contrasto con gli orientamenti consolidati espressi in materia da questa Corte.



1. Consegue alla declaratoria d'inammissibilità dei ricorso la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonchè, a norma dell'articolo 616 c.p.p., al versamento della somma di giuro tremila in favore della Cassa delle ammende, non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa d'inammissibilità (Corte Cost. cent. n. 136 del 13/6/2000),


 

P.Q.M.
 




Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.