Cassazione Penale, Sez. 3, 28 aprile 2023, n. 17783 - Lavori sul tetto senza alcuna protezione. Rischi interferenti in caso di compresenza di aziende in un unico cantiere


 

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA PENALE


Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROSI Elisabetta - Presidente -

Dott. PAZIENZA Vittorio - rel. Consigliere -

Dott. MENGONI Enrico - Consigliere -

Dott. MAGRO Maria B. - Consigliere -

Dott. AMOROSO Maria Cristina - Consigliere -

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

 


sul ricorso proposto da:

A.A., nato a (Omissis);

avverso la sentenza emessa il 21/04/2022 dal Tribunale di Pescara;

visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere PAZIENZA Vittorio;

lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale SECCIA Domenico, che ha concluso chiedendo dichiararsi l'inammissibilità del ricorso.

 

Fatto


1. Con sentenza del 21/04/2022, il Tribunale di Pescara ha condannato A.A., all'esito del dibattimento seguito alla opposizione a decreto penale, alla pena di giustizia in relazione al reato di cui al D.Lgs. n. 81 del 2008, art. 122 a lui ascritto nella qualità di legale rappresentante della P.O.C. di A.A..

2. Ricorre per cassazione il A.A., a mezzo del proprio difensore, deducendo:

2.1. Violazione di legge con riferimento all'affermazione di penale responsabilità in assenza di prova certa del fatto che gli operai presenti fossero dipendenti del ricorrente, o comunque persone intente a lavorare per la sua ditta.

2.2. Violazione di legge con riferimento alla mancata applicazione dell'art. 131-bis c.p.. Si censura la sentenza impugnata per non aver chiarito quali fatti concreti potessero supportare la valutazione di gravità del fatto e il riferimento ad una "pluralità di violazioni".

2.3. Vizio di motivazione con riferimento alla misura della pena. Si censura la mancata esplicazione dei motivi per cui era stato irrogato un trattamento sanzionatorio superiore al minimo edittale.
 

 

Diritto


1. Il ricorso è inammissibile.

2. Manifestamente infondato è il primo motivo. Questa Suprema Corte ha invero ripetutamente chiarito che "in tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro, ove in un unico cantiere operino più imprese le cui attività siano interferenti, il rischio che il lavoratore si trovi nell'area in cui opera una diversa impresa e collabori, anche indebitamente, alle lavorazioni affidate a un dipendente di altro datore di lavoro, non può considerarsi eccentrico o esorbitante dalla sfera di rischio governata dall'imprenditore a tutela dei suoi diretti dipendenti" (Sez. 4, n. 57930 del 03/07/2018, Forgiarini, Rv. 274773 - 01:. Sez. 4, n. 44142 del 19/07/2019, De Remigis, Rv. 277691 - 01: "in tema di prevenzione degli infortuni nei luoghi di lavoro, le norme antinfortunistiche sono dettate a tutela non soltanto dei lavoratori nell'esercizio della loro attività, ma anche dei terzi che si trovino nell'ambiente di lavoro, indipendentemente dall'esistenza di un rapporto di dipendenza con il titolare dell'impresa, di talchè, ove in tali luoghi si verifichino a danno del terzo i reati di lesioni o di omicidio colposi, è ravvisabile la colpa per violazione delle norme dirette a prevenire gli infortuni sul lavoro, purchè sussista tra siffatta violazione e l'evento dannoso un legame causale e la norma violata miri a prevenire l'incidente verificatosi, e sempre che la presenza di soggetto passivo estraneo all'attività ed all'ambiente di lavoro, nel luogo e nel momento dell'infortunio, non rivesta carattere di anormalità, atipicità ed eccezionalità tali da fare ritenere interrotto il nesso eziologico").

In tale condivisibile prospettiva ermeneutica, risulta evidente l'irrilevanza della questione prospettata dalla difesa ricorrente, secondo cui - per l'affermazione di responsabilità del A.A. - occorrerebbe verificare con certezza che gli operai intenti al lavorare sul tetto, senza le necessarie misure protettive, fossero tutti effettivamente alle dipendenze del ricorrente.

2.2. Ad analoghe conclusioni di manifesta infondatezza occorre pervenire quanto alle censure concernenti la mancata applicazione dell'art. 131-bis c.p..

Sia pure in termini sintetici, il Tribunale ha motivato in termini qui non censurabili la propria decisione, facendo leva sulla gravità del pericolo cui erano esposti una pluralità di operai, intenti a lavorare sul tetto dell'edificio senza precauzioni: si tratta di riferimenti certamente sufficienti ai fini che qui specificamente interessano, senza alcuna necessità di ulteriori specificazioni in ordine all'altezza dell'edificio.

2.3. Per ciò che riguarda la residua censura, deve osservarsi, per un verso, che il riferimento all'art. 133 c.p. deve ritenersi idoneo a sorreggere la motivazione, essendo stata irrogata una pena (Euro 4.000 di ammenda) inferiore al valore medio della pena edittale prevista dal D.Lgs. n. 81, art. 159, comma 2, lett. a, (cfr. sul punto, tra le altre, Sez. 5, n. 35100 del 27/06/2019, Torre, Rv. 276932 - 01). Per altro verso, il riferimento alla pena di mesi nove di reclusione, contenuto nella motivazione della sentenza impugnata, costituisce un evidente refuso, del tutto privo di rilevanza nella valutazione che qui rileva.

3. Le considerazioni fin qui svolte impongono una declaratoria di inammissibilità del ricorso, e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.

 

P.Q.M.


Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.

Così deciso in Roma, il 8 febbraio 2023.

Depositato in Cancelleria il 28 aprile 2023