Cassazione Civile, Sez. 3, 20 aprile 2023, n. 10723 - Infortunio mortale e azione di regresso


 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo - Presidente -

Dott. SCODITTI Enrico - Consigliere -

Dott. GRAZIOSI Chiara - Consigliere -

Dott. CONDELLO Pasqualina - rel. Consigliere -

Dott. CRICENTI Giuseppe - Consigliere -

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

 



sul ricorso iscritto al n. 28211/2020 R.G. proposto da:

F.F. Spa , in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa, in forza di procura speciale in calce al ricorso, dagli avv.ti Giuseppe Guastamacchia e Rocco Pietro Sicari, domiciliata per legge in Roma, piazza Cavour, presso la Cancelleria della Corte Suprema di Cassazione;

- ricorrente -

contro

A.A., in proprio e nella qualità di genitore esercente la responsabilità genitoriale sul figlio minore B.B., e C.C., entrambi rappresentati e difesi, in virtù di procura in calce al controricorso, dall'avv. Luciano Brozzetti e elettivamente domiciliati presso lo studio dell'avv. Giuseppe Maria Giovanelli, in Roma, via della Piramide Cestia n. 1/b;

- controricorrenti -

e nei confronti di:

ISTITUTO NAZIONALE PER L'ASSICURAZIONE CONTRO GLI INFORTUNI SUL LAVORO, in persona del legale rappresentante, rappresentato e difeso, in virtù di procura in calce al controricorso, dagli avv.ti Andrea Rossi e Letizia Crippa, ed elettivamente domiciliato in Roma, via IV Novembre, n. 144;

- controricorrente -

e nei confronti di:

FALLIMENTO (Omissis) Srl IN LIQUIDAZIONE, in persona del Curatore;

- intimato -

avverso la sentenza della Corte di appello di Perugia n. 103/2020 depositata in data 4 febbraio 2020;

udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 9 febbraio 2023 dal Consigliere Dott.ssa Pasqualina Anna Piera Condello;

lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, Dott. De Matteis Stanislao, che ha chiesto il rigetto del ricorso.

 

Fatto


1. A.A., in proprio e nella qualità di esercente la potestà genitoriale sui figli minori C.C. e B.B., convenne in giudizio, dinanzi al Tribunale di Terni, la F.F. Spa per ottenere la condanna al risarcimento di tutti i danni subiti a seguito dell'infortunio mortale occorso al convivente more uxorio, D.D., in data 4 aprile 2006.

Si costituì in giudizio la società convenuta che chiese di chiamare in causa il Fallimento di (Omissis) Srl , per l'accertamento della responsabilità esclusiva di quest'ultimo o, quanto meno, per l'individuazione delle relative quote di corresponsabilità, ed evidenziò che il medesimo Tribunale di Terni, con sentenza n. 715/2011, passata in giudicato, aveva dichiarato improcedibile la domanda proposta dalla A.A. nei confronti del Fallimento (Omissis) Srl .

Il Fallimento della (Omissis) Srl non si costituì; intervenne nel giudizio l'Istituto Nazionale per l'Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro al fine di ottenere la condanna della società convenuta al rimborso dell'intero ammontare delle prestazioni erogate agli aventi diritto per l'infortunio mortale occorso ad D.D..

Il Tribunale di Terni, con sentenza n. 44/2016, ritenuto ammissibile l'intervento dell'Inail, dichiarò inammissibili le domande attoree e improcedibile la domanda proposta dalla F.F. Spa nei confronti del Fallimento (Omissis) Srl in liquidazione.

2. La sentenza è stata impugnata, con autonomi atti di appello, dall'Inail e da A.A. dinanzi alla Corte di appello di Perugia, che, riuniti i procedimenti, con sentenza non definitiva n. 463/18, in accoglimento dei gravami proposti e in riforma dell'appellata sentenza, ha dichiarato la responsabilità della F.F. Spa per aver causato la morte di D.D.. Con separata ordinanza, rimessa la causa sul ruolo al fine di decidere in ordine alle domande di risarcimento del danno, la Corte territoriale ha disposto c.t.u. e, all'esito, con sentenza definitiva n. 103/2020, ha condannato la F.F. Spa a pagare in favore dell'Inail l'importo di Euro 293.870,47, oltre rivalutazione ed interessi; ha condannato la F.F. Spa a pagare in favore della A.A. la somma di Euro 9.181,17 all'attualità, oltre rivalutazione ed interessi sulla somma devalutata al tempo dell'infortunio e rivalutata di anno in anno fino alla sentenza; ha condannato la F.F. Spa a pagare in favore della A.A., in proprio e quale genitore esercente la responsabilità genitoriale sui figli: a titolo di danno da perdita parentale, la somma di Euro 200.000,00 ciascuno, importo da cui doveva essere detratto quello di Euro 153.333,00 quale acconto già percepito, oltre interessi; a titolo di danno patrimoniale, la ulteriore somma di Euro 547.171,20, dalla quale doveva essere detratto l'ammontare della indennità già pagata dall'Inail, pari all'importo di Euro 293.870,47, oltre interessi; ha, infine, condannato la F.F. Spa al pagamento delle spese di lite in favore delle controparti.

3. F.F. Spa (già F.F. Spa ) propone ricorso per la cassazione della suddetta decisione, sulla base di sei motivi.

Resistono con controricorso A.A., in proprio e quale genitore esercente la potestà genitoriale sul figlio minore B.B., e C.C..

L'Inail resiste con autonomo controricorso.

Il Fallimento della (Omissis) Srl non ha svolto attività difensiva in questa sede.

4. Per la trattazione del ricorso è stata fissata l'udienza pubblica del 9 febbraio 2023, che ha avuto luogo in camera di consiglio, ai sensi del D.L. 28 ottobre 2020, n. 137, art. 23, comma 8-bis, convertito, con modificazioni, in L. 18 dicembre 2020 n. 176, come successivamente prorogato dal D.L. 10 aprile 2021, n. 44, art. 6, comma 1, lett. a), n. 1), convertito con modificazioni in L. 28 maggio 2021, n. 76, nonchè dal D.L. 23 luglio 2021, n. 105, art. 7, commi 1 e 2, e dal D.L. 29 dicembre 2022, n. 198, art. 8, comma 8.

Il Procuratore Generale presso questa Corte ha depositato conclusioni scritte.

In prossimità dell'udienza pubblica la ricorrente ha depositato memoria illustrativa, con la quale ha rinunciato ai motivi di ricorso nn. 1, 2, 5 e 6 relativi alla posizione di A.A., in proprio e nella qualità di genitore esercente la potestà genitoriale sul figlio minore B.B., e di C.C..

A.A., in proprio e nella qualità di genitore esercente la responsabilità genitoriale sul figlio minore B.B., e C.C. hanno depositato atto di adesione alla rinuncia della F.F. Srl .

 

Diritto


1. In via preliminare, deve darsi atto che, con la memoria illustrativa, la società ricorrente ha rinunciato ai motivi di ricorso nn. 1, 2, 5 e 6, che si riferiscono alla posizione di A.A., in proprio e nella qualità di genitore esercente la potestà genitoriale sul figlio minore B.B., e di C.C..

La rinuncia è stata accettata dalle parti controricorrenti.

A tanto consegue che deve essere dichiarata cessata la materia del contendere limitatamente al rapporto processuale instauratosi tra la ricorrente e A.A., in proprio e nella qualità di genitore esercente la potestà genitoriale sul figlio minore B.B., e C.C..

Le spese di lite, in conformità alla richiesta congiunta delle parti, devono essere integralmente compensate tra le parti.

2. Restano da esaminare il terzo ed il quarto motivo di ricorso attinenti alla posizione dell'Inail.

3. Con il terzo motivo si denuncia "falsa applicazione degli artt. 40, 409, 442 e 444 c.p.c., in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 2 e 4, per avere la Corte d'Appello, in violazione dei criteri di competenza funzionale e del principio dell'obbligatorietà del rito, respinto l'eccezione sollevata da F.F. Spa di improcedibilità della domanda di regresso proposta dall'Inail davanti al Giudice in sede ordinaria".

La ricorrente, premettendo che, in materia di infortuni sul lavoro, l'azione di regresso esperita dall'Inail nei confronti del datore di lavoro in base al D.P.R. n. 1124 del 1965, artt. 10 e 11 ricade nella competenza funzionale ed inderogabile del Giudice del lavoro, rilevabile anche d'ufficio dal giudice, sostiene che la decisione impugnata ha erroneamente affermato che "l'eccezione riguardante il rito utilizzato è stata svolta dalla F.F. Spa soltanto nel giudizio di appello senza che, poi, in sede di conclusioni sia stata svolta alcuna eccezione ed avanzata alcuna richiesta...".

Il motivo è infondato.

Con l'azione di regresso t.u. n. 1124 del 1965, ex artt. 10 e 11 agendo contro il datore di lavoro che debba rispondere penalmente delle lesioni o che sia civilmente responsabile dell'operato di un soggetto del quale sia accertata con sentenza la responsabilità, l'Inail fa valere in giudizio un proprio diritto che origina dal rapporto assicurativo, così che la qualificazione della domanda come azione di surroga determina la competenza del giudice civile, mentre l'inquadramento della stessa entro l'azione di regresso radica la competenza del giudice del lavoro (Cass., sez. 6 - L, 12/11/2019, n. 29219).

Come rilevato dalla Corte d'appello, nel caso in esame sono state proposte domande connesse assoggettate a riti diversi e, precisamente, azione di risarcimento avanzata dalla A.A., assoggettata al rito ordinario, da un lato, ed azione di regresso dell'Inail, assoggettata al rito del lavoro, dall'altra, sicchè il rito del lavoro avrebbe dovuto prevalere su quello ordinario. L'eccezione concernente il rito da applicare, in ragione della connessione, in quanto pacificamente sollevata solo nel giudizio di appello, è stata tardivamente introdotta, prevedendo dell'art. 40 c.p.c., il comma 2 che essa non possa essere sollevata dalle parti, nè rilevata dal giudice, dopo la prima udienza, e che la rimessione non può essere ordinata quando lo stato della causa principale o preventivamente proposta non consenta la esauriente trattazione e decisione delle cause connesse.

Peraltro, la doglianza relativa all'erroneità del rito adottato va per altro verso disattesa, perchè, secondo l'orientamento della giurisprudenza di questa Corte, che va in questa sede ribadito, l'omesso mutamento del rito (da quello speciale del lavoro a quello ordinario e viceversa) non determina l'inesistenza o la nullità della sentenza ma assume rilevanza invalidante soltanto se la parte che se ne dolga in sede di impugnazione indichi lo specifico pregiudizio processuale concretamente derivatole dalla mancata adozione del rito diverso, quali una precisa e apprezzabile lesione del diritto di difesa, del contraddittorio e, in generale, delle prerogative processuali protette della parte (Cass., sez. 3, 05/07/2019, n. 18048; Cass., sez. 3, 27/01/2015, n. 1448; Cass. sez. 3, 18/07/2008, n. 19942); ma siffatte specifiche censure non risulta siano state, nella specie, proposte.

4. Con il quarto motivo la ricorrente censura la decisione impugnata per "violazione o falsa applicazione del D.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, artt. 10, 11 e 112 nonchè degli artt. 1310 e 2935 c.c., in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere la Corte d'appello respinto l'eccezione sollevata da F.F. Spa di prescrizione dell'azione di regresso proposta dall'Inail".

Assume che risulta documentalmente dimostrato che l'Inail ha provveduto alla costituzione della rendita a favore dei beneficiari superstiti del D.D. con decorrenza 5 aprile 2006 e che prima dell'intervento in giudizio l'ente previdenziale non ha mai richiesto il rimborso di quanto versato, con la conseguenza che l'azione di regresso esperita risulta prescritta per decorso del termine triennale previsto dal t.u. n. 1124 del 1965, art. 112. Addebita, inoltre, alla Corte territoriale di non avere considerato che la società ricorrente non ha partecipato come responsabile civile al procedimento penale instauratosi a carico di E.E., quale datore di lavoro, con la conseguenza che l'effetto interruttivo verificatosi nei confronti di quest'ultimo non può ad essa estendersi.

La censura è infondata.

A mente dell'art. 112 invocato: "Il giudizio civile di cui all'art. 11 non può istituirsi dopo trascorsi tre anni dalla sentenza penale che ha dichiarato di non doversi procedere per le cause indicate nello stesso articolo. L'azione di regresso di cui all'art. 11 si prescrive in ogni caso nel termine di tre anni dal giorno nel quale la sentenza penale è divenuta irrevocabile".

Secondo l'interpretazione di questa Corte, nel caso di instaurazione del processo penale, è pacifico che il dies a quo del termine di prescrizione triennale dell'azione di regresso da parte dell'ente assicuratore, vada individuato nella data della irrevocabilità della sentenza penale (tra le molte, Cass., sez. L, 03/03/2016, n. 4225; Cass., sez. L, 12/10/2022, n. 29755), a nulla rilevando che la società sia rimasta estranea al procedimento penale, considerato che, in caso di infortunio sul lavoro subito da un lavoratore, ai fini dell'azione di regresso da parte dell'Inail non può essere considerato terzo, in quanto interno al rischio aziendale, il dipendente dell'imprenditore, nè tanto meno il legale rappresentante di una società di persone o di capitali, il quale è legato alla società dal rapporto organico; ne consegue che non solo l'istituto assicuratore può agire contro il legale rappresentante con azione di regresso, ma altresì che il procedimento penale contro il legale rappresentante produce effetti anche ai fini della decorrenza della prescrizione o della decadenza dell'azione di regresso verso la società datrice di lavoro, anche quando questa non sia stata citata nel processo come responsabile civile (Cass., sez. L, 16/05/2006, n. 11426).

5. Conclusivamente, il ricorso proposto nei confronti dell'Inail deve essere rigettato.

Le spese del presente giudizio, nel rapporto processuale tra la ricorrente e l'Inail, seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

 

P.Q.M.


La Corte dichiara cessata la materia del contendere limitatamente al rapporto processuale instauratosi tra la ricorrente e A.A., in proprio e nella qualità di esercente la potestà genitoriale sul figlio minore B.B., e C.C. e compensa integralmente tra le predette parti le spese di lite del presente giudizio di legittimità.

Rigetta il ricorso proposto dalla ricorrente nei confronti dell'Istituto Nazionale per l'Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro e condanna la ricorrente al pagamento, in favore dell'Inail, delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in Euro 7.260,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi, liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell'ulteriore importo, a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione Civile, il 9 febbraio 2023.

Depositato in Cancelleria il 20 aprile 2023