Cassazione Penale, Sez. 4, 29 marzo 2023, n. 13046 - Caduta del muratore dal ponteggio. Necessario definire la dinamica della caduta mortale


 

 

REPUBBLICA ITALIANA
 
 IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 
 LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
 
 SEZIONE QUARTA PENALE
 
 Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
 
 Dott. DOVERE Salvatore - Presidente -
 
 Dott. SERRAO Eugenia - Consigliere -
 
 Dott. PEZZELLA Vincenzo - Consigliere -
 
 Dott. PAVICH Giuseppe - rel. Consigliere -
 
 Dott. CIRESE Marina - Consigliere -
 
 ha pronunciato la seguente:
 
 SENTENZA
 


 sui ricorsi proposti da:
 
 A.A., nato a (Omissis);
 
 A.A., E FIGLI S.R.L;
 
 avverso la sentenza del 11/04/2022 della CORTE APPELLO di TRIESTE;
 
 visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
 
 udita la relazione svolta dal Consigliere GIUSEPPE PAVICH;
 
 udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale GIULIO ROMANO;
 
 che ha concluso per il rigetto;
 
 dato atto che nessun avvocato è presente.

 

Fatto 


 1. La Corte d'appello di Trieste, in data 11 aprile 2022, ha confermato la sentenza con la quale, il 19 ottobre 2020, all'esito di giudizio abbreviato, il Giudice dell'Udienza Preliminare del Tribunale di Udine aveva condannato A.A., alla pena ritenuta di giustizia in relazione al delitto di omicidio colposo in danno del muratore B.B., con violazione di norme sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro, contestato come commesso al A.A., in data 25 ottobre 2017, nella sua qualità di datore di lavoro del B.B. e legale rappresentante della A.A. & Figli Srl ; ed aveva altresì riconosciuto quest'ultima società responsabile dell'illecito amministrativo di cui al D.Lgs. n. 231 del 2001, art. 25-septies, dipendente dal predetto reato.
 
 1.1. Oggetto dell'imputazione è la caduta del B.B. dall'altezza di circa 12 metri e, segnatamente, da un ponteggio allestito su un edificio condominiale, mentre era intento a curare il sollevamento di una carriola mediante un argano a bandiera. La caduta provocava il decesso del lavoratore a causa delle gravissime lesioni riportate.
 
 Si addebita al A.A. la mancata valutazione, nel POS, dei rischi derivanti dalle operazioni di carico, scarico e trasporto in quota e dalla conseguente esposizione dei lavoratori a rischio di caduta dall'alto, nonchè la mancata realizzazione di opere provvisionali o comunque precauzioni (piano di carico) atte ad eliminare i pericoli di caduta. In specie l'imputazione fa riferimento non solo alla mancata realizzazione di un piano di carico, ma anche alla conseguente necessità di rimuovere un corrente dal ponteggio, ciò che avrebbe avuto rilevanza causale nel prodursi dell'evento. Alla società A.A. & Figli si addebitano le condotte di omessa valutazione dei predetti rischi nel POS, di omessa adozione di opere provvisionali o precauzioni per evitare cadute dall'alto e di adottare il modello di organizzazione e di gestione della sicurezza, condotte realizzate nell'interesse o a vantaggio della stessa società.
 
 1.2. In primo grado era stata pienamente recepita la predetta imputazione; la Corte di merito, invece, si è discostata dalle valutazioni del primo giudice a proposito delle ragioni per le quali il corpo del B.B. era stato trovato in posizione laterale (avendo escluso che ciò fosse dovuto a una condotta di trascinamento dei cadavere da parte dei sanitari intervenuti sul posto) e, soprattutto a proposito della ritenuta rimozione del corrente intermedio, sulla base della deposizione del collega di lavoro del B.B., C.C.. La Corte triestina ha rilevato, di contro, che la prassi di rimuovere frequentemente il corrente (non, però, nell'occorso) era legata al posizionamento errato dell'argano a bandiera, fissato in corrispondenza dell'ultimo corrente; ed ha attribuito rilevanza causale sia all'erroneo fissaggio dell'argano, sia all'omessa realizzazione di un piano di carico e scarico, escludendo invece - in replica alle osservazioni dell'imputato appellante - che la condotta del B.B. potesse essere caratterizzata da abnormità. La Corte di merito ha infine rigettato il secondo motivo di appello relativo alla sanzione applicata con riguardo all'illecito amministrativo, che l'appellante aveva giudicato eccessiva.
 
 2. Avverso la prefata sentenza ricorrono A.A. e la A.A. & Figli Srl , con unico atto articolato in quattro motivi.
 
 2.1. Con il primo motivo si denuncia violazione degli artt. 521 e 522 c.p.p. in relazione alla diversità tra la condotta colposa contestata e quella ritenuta dalla Corte d'appello: in estrema sintesi, a fronte di un'imputazione riferita alla mancata predisposizione di un piano di carico e alla rimozione di uno dei correnti del ponteggio (quello intermedio), la Corte di merito, invece, ha dato atto che non poteva affermarsi che il corrente fosse stato rimosso in concomitanza con la caduta (in base a quanto affermato dal teste C.C.) ed ha ritenuto che le condotte eziologicamente rilevanti nel prodursi dell'evento fossero, da un lato, la mancata realizzazione del piano di carico e, dall'altro, l'errato montaggio dell'argano, adducendo che le corrispondenti prescrizioni antinfortunistiche violate erano finalizzate a prevenire i rischi di caduta dall'alto. Ciò ha comportato un mutamento rispetto all'oggetto della contestazione, censurabile in relazione alle disposizioni processuali di cui si lamenta la violazione in quanto incidente sul pieno esercizio del diritto di difesa.
 
 2.2. Con il secondo motivo si denuncia vizio di motivazione in relazione all'individuazione, quale condotta colposa rilevante, della mancata predisposizione di un piano di carico. Riportando un ampio stralcio dell'elaborato del consulente tecnico della difesa, ing. Burba, il motivo di ricorso denuncia l'omessa considerazione delle osservazioni del predetto consulente laddove esclude che la finalità della realizzazione del piano di carico fosse da collegarsi alla prevenzione del rischio di cadute dall'alto, svolgendo invece il piano di carico la funzione di deposito di materiali e/o attrezzature: in definitiva, se esso fosse stato realizzato, ciò non avrebbe comportato alcun effetto migliorativo per la sicurezza e la sua mancata realizzazione non ha contribuito a cagionare l'evento mortale. La Corte di merito avrebbe dovuto prenderne atto e riconoscere che l'addebito mosso al riguardo è privo di fondamento.
 
 2.3. Con il terzo motivo si denuncia l'omesso esame del motivo d'appello relativo alla ricorrenza di una condotta abnorme del lavoratore. Riportando uno stralcio dell'impugnazione, i ricorrenti evidenziano che la ritenuta abnormità della condotta del B.B. poggiava proprio sula circostanza che non poteva dirsi accertata la rimozione del corrente intermedio; a fronte di ciò, la Corte di merito, pur riconoscendo che i correnti non erano stati rimossi, non ne ha tratto le dovute conseguenze e si è sottratta all'accertamento della verifica circa l'abnormità o meno della condotta del lavoratore.
 
 2.4. Con il quarto motivo si denuncia violazione di legge a proposito della ritenuta insussistenza dei presupposti di configurabilità dell'illecito amministrativo contestato alla società (in conseguenza dell'esclusione del reato presupposto) e di applicabilità della sanzione conseguente.

 

Diritto

 


 1. i ricorsi sono fondati.
 
 Dirimente, e perciò meritevole di essere esaminato preliminarmente, risulta il secondo motivo dei ricorsi, riguardante la motivazione della sentenza con riferimento ai fattori causalmente determinanti nella dinamica dell'incidente.
 
 1.1. Deve innanzitutto constatarsi che risulta difficile l'individuazione delle regole cautelari violate in assenza di una certa e precisa ricostruzione della dinamica e delle cause della caduta. La sentenza impugnata dà conto delle valutazioni del giudice di primo grado riguardanti le ragioni per le quali il cadavere del B.B., dopo la caduta, risultava in posizione laterale: posizione che, secondo il GUP, poteva spiegarsi con lo spostamento del cadavere ad opera dei sanitari. Tale spiegazione veniva però confutata nell'atto d'appello, stante l'irrazionalità della manovra e l'assenza di tracce di sangue da trascinamento; e la Corte di merito, condividendo le osservazioni difensive, ha escluso che il cadavere fosse stato trascinato in quella posizione. Resta però non definito il movimento in seguito al quale il B.B., cadde nel vuoto, sebbene sia sostanzialmente certo che ciò avvenne durante la manovra di recupero della carriola, così come rimane dubbia la dinamica della caduta e il punto da cui il lavoratore cadde.
 
 1.2. A parte tale aspetto, deve constatarsi che in appello è venuta meno, sul piano probatorio, una delle presunte cause dell'incidente, legata all'ipotizzata rimozione del corrente intermedio: l'argano a bandiera era stato erroneamente fissato su quello superiore, e ciò, secondo quanto riferito dal teste C.C. (collega di lavoro del B.B.), rendeva necessario rimuovere frequentemente il corrente intermedio per poter procedere nelle operazioni di carico; ma ciò non sarebbe avvenuto in occasione dell'operazione durante la quale il B.B., precipitò nel vuoto, di tal che - contrariamente a quanto ritenuto in primo grado - questa parte dell'imputazione, relativa a una delle condotte oggetto di addebito, non ha trovato conferma e deve ritenersi caducata. Divengono pertanto irrilevanti le considerazioni riguardanti la prassi di rimuovere il corrente, descritta dallo C.C., atteso che nell'occorso il corrente non era stato rimosso e che, quindi, la rimozione non ha avuto alcun rilievo causale nel verificarsi del sinistro.
 
 Secondo la Corte di merito l'incidente sarebbe stato invece causato, in primo luogo, dalla mancata realizzazione di un piano di carico e scarico che agevolasse le operazioni di sollevamento (in ciò risulta confermato, secondo la Corte distrettuale, quanto ascritto nell'imputazione); in secondo luogo, vi sarebbe un ulteriore elemento causalmente rilevante, costituito dall'errata installazione dell'argano a bandiera, fissato sul corrente superiore (anzichè, ad esempio, sul montante): ciò che, di fatto, impediva la rotazione dei carichi all'interno dell'impalcato, costringendo gli operai a sporgersi per recuperare i carichi sollevati, con conseguenti rischi di caduta.
 
 1.3. Ambedue gli elementi ritenuti eziologicamente rilevanti prestano, tuttavia, il fianco a critiche.
 
 Quanto alla mancata realizzazione del piano (o piazzola) di carico e scarico, non è stata spiegata, nel pur ricco percorso argomentativo della sentenza impugnata, la ragione per cui, ove tale piano fosse stato realizzato, l'incidente non si sarebbe verificato. Posto, infatti, che anch'esso doveva comunque essere protetto da un parapetto realizzato in correnti e che, quindi, il rischio di esposizione del lavoratore a cadute nel vuoto non sarebbe stato diverso, si sarebbe in ogni caso reso necessario procedere ad operazioni di sollevamento in condizioni di rischio analoghe a quelle realizzate in assenza di piano di carico: infatti la funzione di quest'ultimo, lungi dall'essere quella di proteggere i lavoratori dalle cadute, è di regola quella di creare zone di carico in adiacenza al ponteggio di facciata, con un maggiore carico di servizio e con una migliore possibilità di movimentazione del materiale caricato. Non risulta perciò chiarito dalla motivazione della sentenza della Corte triestina per quali ragioni, ove il piano di carico e scarico fosse stato realizzato, il rischio di cadute dall'alto dei lavoratori sarebbe stato eliminato o ridotto; sotto tale profilo coglie nel segno la censura difensiva riferita all'omessa disamina, da parte della Corte di merito, delle considerazioni svolte sul punto dal consulente tecnico della difesa nel suo elaborato: ciò che ha concretizzato un ulteriore deficit motivazionale nella sentenza impugnata.
 
 Quanto, invece, all'errata installazione dell'argano a bandiera, tale elemento causale non risulta in alcun modo aver formato oggetto di contestazione; e ciò introduce un oggettivo elemento di criticità, come denunciato dal ricorrente, a fronte di un'imputazione tutt'affatto diversa sul piano della ricostruzione della serie causale che avrebbe portato al verificarsi dell'evento. E' peraltro vero che, come osservato dalla Corte di merito, l'impossibilità di traslare i carichi all'interno dirigendoli sopra il piano di calpestio, dovuta all'erronea installazione dell'argano sul corrente superiore, può certamente avere costretto i lavoratori ad eseguire le operazioni di carico sporgendosi e, dunque, ponendosi in condizioni di rischio di caduta; ma resta il fatto che tale elemento risulta estraneo al perimetro imputativo, e che rimane non ben definita la dinamica della caduta del B.B., mentre non viene in alcun modo chiarito in sentenza se la prassi di posizionare in quel modo l'argano, instauratasi nel cantiere secondo il teste C.C. (e tale da costringere i lavoratori a rimuovere, in più occasioni, il corrente intermedio), fosse o meno nota al titolare della società.
 
 2. In base a quanto precede, a fronte della fondatezza del secondo motivo di ricorso - che incide in modo penetrante sul percorso argomentativo articolato dalla Corte di merito per ricostruire le cause dell'accaduto - devono ritenersi assorbite le ulteriori doglianze articolate dal ricorrente; pertanto la sentenza impugnata va annullata con rinvio ad altra sezione della Corte d'appello di Trieste, per nuovo giudizio.
 

 P.Q.M.


 Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Trieste.
 
 Così deciso in Roma, il 23 febbraio 2023.
 
 Depositato in Cancelleria il 29 marzo 2023