Cassazione Penale, Sez. 4, 14 aprile 2023, n. 15789 - Lavoro di scarico di una fresa molto pesante da un furgone: infortunio del lavoratore in prova con mansioni di autista



 REPUBBLICA ITALIANA
 
 IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 
 LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
 
 SEZIONE QUARTA PENALE
 
 Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
 
 Dott. FERRANTI Donatella - Presidente -
 
 Dott. SERRAO Eugenia - Consigliere -
 
 Dott. ESPOSITO Aldo - Consigliere -
 
 Dott. DAWAN Daniela - rel. Consigliere -
 
 Dott. CIRESE Marina - Consigliere -
 
 ha pronunciato la seguente:
 
 SENTENZA


 
 sul ricorso proposto da:
 
 A.A., nato il (Omissis);
 
 avverso la sentenza del 29/10/2021 della CORTE APPELLO di FIRENZE;
 
 visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
 
 udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. DANIELA DAWAN;
 
 udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Dr. CERONI FRANCESCA.

 

FattoDiritto


 1. La Corte di appello di Firenze ha confermato la sentenza del Tribunale di Arezzo che ha ritenuto A.A. responsabile del reato di cui all'art. 590 c.p., comma 3, perchè, nella sua qualità di datore di lavoro della ditta individuale B.B., per colpa generica, nonchè per violazione del D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81, art. 168, omettendo di adottare le misure necessarie, ricorrendo ad appropriate attrezzature meccaniche per evitare la movimentazione manuale di carichi da parte dei lavoratori, cagionava le lesioni personali compiutamente descritte nel capo di imputazione a C.C., il quale, in data (Omissis), nel corso dello scarico di un collo del peso complessivo di 350 kg. circa, non avendo a disposizione una pedana per agevolare l'operazione, cercava di spostare manualmente il pancale rimanendo infortunato.
 
 2. I giudici di appello, richiamando l'istruttoria svolta in primo grado - fondata quasi esclusivamente sulle dichiarazioni della persona offesa - e la documentazione medica acquisita, hanno ritenuto la responsabilità dell'imputato, rilevando che il C.C., lavoratore in prova con mansioni di autista, non aveva avuto alcuna specifica formazione riguardo al lavoro da svolgere, tanto da aver tentato manualmente di scaricare da un furgone una fresa notevolmente pesante, operazione che necessitava invece l'utilizzo di un apposito macchinario.
 
 3. Avverso la sentenza di appello ricorre il difensore dell'imputato che solleva due motivi con cui deduce:
 
 3.1. Inosservanza di norme processuali stabilite a pena di nullità, perchè il decreto di citazione in appello, notificato al difensore e all'imputato, non avrebbe contenuto in maniera sufficiente l'avviso all'imputato per assicurarne la presenza. In particolare, l'avviso era stato redatto come se la normativa emergenziale pandemica non fosse mai stata emanata: il decreto di citazione in grado d'appello avrebbe dovuto contenere l'indicazione che per l'imputato non era sufficiente comparire ma che avrebbe dovuto manifestare la volontà di comparire con atto scritto da depositare prima dell'udienza.
 
 3.2. Mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione con riguardo alla prognosi della malattia e al fatto che la stessa sia stata causata dal sinistro di cui si tratta. Le dichiarazioni della persona offesa non trovano elementi che ne confermino la attendibilità.
 
 4. Il ricorso è inammissibile, perchè manifestamente infondato e generico.
 
 Quanto al primo motivo, il ricorrente richiama la disposizione di cui al D.L. n. 137 del 2000, art. 23-bis, comma 1, più volte prorogato nel periodo di emergenza Covid-19, secondo il quale, fuori dai casi di rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale, la Corte di appello procede in camera di consiglio senza l'intervento del pubblico ministero e dei difensori, salvo che vi siano istanza di discussione orale o manifestazione di volontà dell'imputato di comparire. Tale disposizione non ha toccato, in alcun modo, il contenuto del decreto di citazione in appello, avverso il quale, peraltro, non è stata mossa alcuna contestazione in sede di gravame.
 
 Del tutto generico il secondo motivo, che non si confronta con il contenuto della sentenza impugnata, la quale - nel rispondere ad identica doglianza difensiva formulata con l'atto di appello - ha ampiamente motivato sulla compatibilità delle lesioni riscontrate dall'Inail e l'infortunio occorso al lavoratore, come descritto in imputazione.
 
 5. Ne deriva la declaratoria di inammissibilità del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila a titolo di sanzione pecuniaria in favore della Cassa delle ammende.
 

 P.Q.M.


 Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
 
Motivazione semplificata.
Così deciso in Roma, il 6 dicembre 2022.
 
 Depositato in Cancelleria il 14 aprile 2023