CAT
Coordinamento autorganizzato trasporti

Esecutivo Nazionale

Prot. N. 11. E.N /CAT 2013

…omissis…

Roma, 9 Dicembre 2013

Oggetto: controlli alcolimetrici e tossicologici degli addetti alla sicurezza. Effetti dell’orario di lavoro sull’efficienza psicofisica.

L'art. 15 della Legge 125/2001 stabilisce che nelle "...attività lavorative che comportano un elevato rischio di infortuni sul lavoro ovvero per la sicurezza, l'incolumità o la salute dei terzi ... è fatto divieto di assunzione e di somministrazione di bevande alcoliche e superalcoliche”. Tra questi lavoratori è ricompreso il ''personale addetto direttamente alla circolazione dei treni e alla sicurezza dell’esercizio ferroviario" (provvedimento 2540/2006, Intesa Stato- Regioni. Per ultimo, il D.Lgs. 247/2010, in tema di processi autorizzativi per la conduzione dei treni, all’art. 17 comma 4, affida alle imprese di trasporto il compito di “attuare opportune azioni volte a vigilare che durante il servizio il macchinista non sia sotto l'influenza di una qualsivoglia sostanza in grado di comprometterne la concentrazione, la vigilanza o il comportamento”.
Il principio ispiratore del suesposto quadro normativo è la massima sicurezza possibile.
Va tuttavia evidenziato che i controlli invadono la sfera privata dei lavoratori, poiché non si limitano a verificare la loro efficienza psicofisica nel momento in cui si presentano per prestare l’attività lavorativa. Essi vanno ben oltre e sconfinano, di fatto, nella vita privata.
In altri termini, l’assunzione di alcool o l’uso di sostanze stupefacenti o psicotrope, ancorché attuati lontano o dopo il termine dell’orario e comunque in modo da non interferire con il lavoro, vengono ritenuti elementi di maggior rischio rispetto alla possibilità che determinate condotte vengano poi attuate dal lavoratore anche durante la prestazione.
Sia chiaro che con la presente comunicazione non intendiamo rivendicare per questi lavoratori il diritto di assumere alcool o sostanze psicotrope, bensì evidenziare che sul punto esiste un vero e proprio “strabismo istituzionale”.
Infatti, l’efficienza psicofisica non è alterata solo dall’alcool o dalle sostanze stupefacenti. Esistono infatti numerosi studi scientifici concernenti lo stress lavoro-correlato, che si concentrano a maggior ragione sugli effetti della carenza di sonno e dei normali ritmi sonno-veglia, con un occhio di riguardo anche alle differenze di genere.
E' ampiamente dimostrato, infatti, che detti ritmi producano alterazioni del tutto simili all'abuso di alcol e siano capaci di condizionare fortemente i riflessi e le reazioni di un essere umano; i ritmi sonno/veglia sono inoltre strettamente correlati alle risposte immunitarie del fisico e un sonno non regolare o i disturbi dello stesso, possono aumentarne l'infiammazione, in quanto di notte ormoni (quale la melatonina) e circuiti immunitari si sincronizzano reciprocamente.
Un sonno irregolare può alterare tale meccanismo, causando spossatezza e dolori durante il giorno; un'alterazione dei naturali ritmi biologici può inoltre causare un indebolimento del sistema immunitario, che protegge l'organismo dalle infezioni virali e dai tumori, e creare ulteriori problemi, come sbalzi d'umore e perdita di memoria, che per chi si occupa di sicurezza potrebbe dimostrarsi fatale.
Un lavoratore assonnato potrebbe, quindi, essere di gran lunga più “pericoloso” rispetto ad uno che, ad esempio, rientra nei limiti di 0,5 grammi/litro di alcool nel sangue, gli stessi consentiti per la guida di un veicolo (da questi lavoratori si pretende il livello zero).
È vero che gli obblighi di diligenza in capo al lavoratore gli impongono di fornire la propria prestazione anche con riferimento alla particolarità del lavoro svolto e non c’è dubbio che egli debba fare quanto gli compete per presentarsi al lavoro in condizioni idonee, ma non sempre le condizioni idonee dipendono dalle condotte del lavoratore.
Ed è qui lo “strabismo istituzionale”: da un lato si prevede, di fatto, che questi lavoratori si astengano, ad esempio, dal consumo di alcool (ma quanto tempo prima per avere un livello di alcool pari allo zero?); dall’altro si consegnano questi stessi lavoratori alla generale normativa sull’orario di lavoro stabilita dal D.lgs. 66/2003, con contratti di lavoro sempre più orientati alla massima flessibilità d’orario, anche quando non serve.
Soprattutto nell’ambito dei trasporti, i cicli di lavoro sono spesso sulle 24 ore e nel settore ferroviario il personale dei treni (Macchinisti e Capitreno) è esposto ai cosiddetti turni aciclici, caratterizzati da una totale irregolarità degli orari. La sequenza di alcune prestazioni, quali quelli definiti diurni, ma con inizio dalle ore 5, impongono ai lavoratori la sveglia in piena notte, tra le 3,30 e le 4. Se poi tali prestazioni vengono precedute o seguite da un servizio notturno (lavoro tra le 0,00-5,00) si comprende quale squilibrio esse determinino per il fisico.
Ebbene, pur nel pieno rispetto delle norme di legge e di contratto, simili sequenze pongono il lavoratore più attento e scrupoloso in una condizione di estremo disagio e di seria difficoltà circa il grado di attenzione, di prontezza di riflessi e di reazione.
In definitiva, la capacità mentale e fisica è certamente alterata. Non ci sembra il caso di addentrarsi nelle problematiche ambientali scaturenti, ad esempio, dall’abitare in un contesto condominiale, perché esse sono soltanto un’amplificazione delle difficoltà fisiologiche che discendono dal quadro descritto. Né è il caso di sottolineare gli abusi di qualche dirigente che tenta di ottenere concessioni attraverso considerazioni del tipo: nessuno mi impedisce di metter nei vostri turni 5 sveglie di seguito con inizio lavoro tra le 4 e le 5 del mattino (circostanza che se fosse perenne non sarebbe devastante e che invece lo diventa proprio per l’assenza di un ciclo di lavoro regolare).
Esiste una infinita bibliografia per dimostrare che il corpo umano non è come una macchina. Non è sufficiente il riposo, il sonno e il cibo se non si riesce ad inserirli in ritmi biologici “accettati” dal fisico stesso. In molti lavori, si prende il ritmo, ci si abitua. Nei turni aciclici ciò non è possibile, poiché il fisico non può adeguarsi al turno di lavoro, semplicemente perché non esiste nessuna periodicità nella turnazione.
Di fronte ad una stringente (e sostanzialmente condivisa) normativa sull’assunzione di alcol e stupefacenti, si registra, di contro, una totale assenza di regole restrittive sull’orario di lavoro; regole che hanno come unici limiti quelli previsti dal Dlgs. 66/2003, cioè le disposizioni generali per un qualsiasi lavoratore: tutto ciò è privo di logica.
È quest’ultimo l’aspetto da cui nasce la ferma protesta che eleviamo verso le istituzioni: se è lecito entrare nella vita privata di questi lavoratori al fine di garantire sicurezza, ancor più è doveroso intervenire su tutti i restanti profili che possano generare analoghi effetti negativi sulla loro efficienza e sul loro lavoro, in primis con azioni preventive, che riguardino l'organizzazione del lavoro.
Basti pensare che con le attuali normative contrattuali (peraltro condivise da esponenti sindacali che poi non sono soggetti a tali turni) è possibile lavorare fino a 17 ore nell’arco di 24 ore e dormirne solo 5 nei riposi fuori residenza al netto delle esigenze personali e fisiologiche; è possibile doversi svegliare a casa tra le 3 e mezza e le 4 di notte per iniziare il lavoro alle 5 e doverlo proseguire fino alle 15 e finanche oltre in caso di ritardo treno. Stesso ragionamento vale per la successione di prestazioni antitetiche a qualsivoglia adeguamento fisiologico.
In definitiva, il mondo delle istituzioni non può essere attento e scrupoloso solo quando invade la vita privata dei lavoratori e girarsi altrove, facendo finta che il problema non esiste, quando i lavoratori sollevano questioni scientificamente rilevabili, quali l’impossibilità di far fronte a turnazioni e sequenze ingestibili fisiologicamente.
In concreto, necessitano interventi mirati, di natura legislativa, che consentano ai lavoratori di intervenire in modo efficace sulla loro turnazioni. Nella maggior parte dei casi, non si tratta nemmeno di produrre maggiori costi a carico delle imprese, ma di poter gestire il lavoro.
Oggi, invece, sta accedendo esattamente il contrario. Ad esempio, negli stessi turni aciclici del personale dei treni delle ferrovie, la libertà datoriale di organizzare il lavoro è divenuta assoluta, tant’è che la gestione dei turni viene affidata ad un sistema informatico (cosiddetto IVU) che distingue unicamente i servizi diurni da quelli notturni e li distanzia rispetto a parametri che gli vengono programmati. Il sistema, ovviamente, non è in grado di “misurare” né la pesantezza del turno fatto o da fare, né l’effetto fisiologico che la loro successione genera sul lavoratore.
Cosa chiediamo: come accadeva non molto tempo fa (es. DPR 374/83), le normative di lavoro specifiche per taluni gruppi di lavoratori devono avere natura legislativa - senza lasciare al “mercato” e alla “concorrenza” aspetti concretamente connessi alla sicurezza - e devono comprendere una significativa e logica mitigazione dei limiti generali di orario di lavoro, prevedendo la effettiva partecipazione dei lavoratori nella gestione della turnazione stessa.
Diversamente quello che abbiamo definito “strabismo istituzionale”, diviene una ipocrisia propagandistica, fatta unicamente a spese di questi lavoratori in conflitto con qualsiasi accezione del termine civiltà, a cui tutti dichiarano di ispirarsi.
Rimaniamo a disposizione, confidando nella vostra sensibilità
 

per l’Esecutivo Nazionale        Antonino Catalano                      


fonte: sicurezzalavoro.provincia.tn.it