Cassazione Penale, Sez. 4, 31 marzo 2023, n. 13495 - Infortunio mortale nel corso dei lavori di rifacimento della rete fognaria e di costruzione del depuratore comunale. Direttore dei lavori
Nota a cura di Soprani Pieguido, in Ambiente e Sicurezza, 7/2023, pp. 83-84 "Sicurezza sul lavoro e responsabilità del direttore dei lavori"
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUARTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SERRAO Eugenia - Presidente -
Dott. BRUNO Mariarosaria - Consigliere -
Dott. RICCI Anna L. A. - rel. Consigliere -
Dott. CIRESE Marina - Consigliere -
Dott. ANTEZZA Fabio - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
A.A., nato a (Omissis);
avverso la sentenza del 01/02/2021 della CORTE APPELLO di PALERMO;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. ANNA LUISA ANGELA RICCI;
udito il PG, in persona del Sostituto Procuratore Dott. TASSONE KATE, che ha chiesto il rigetto del ricorso;
Il sostituto processuale con delega depositata in aula dell'avvocato CASELLATO MARIO, del foro di ROMA in difesa di:
del RESPONSABILE CIVILE l'avv. BECCIA MARCO, insiste per l'accoglimento del ricorso;
L'avvocato CRIPPA LETIZIA, del foro di ROMA in difesa della parte civile INAIL ha depositato conclusioni e nota spese;
L'avvocato BRANCATO GIUSEPPE, del foro di PALERMO in difesa di A.A. ha chiesto l'accoglimento del ricorso;
l'avvocato VACCARO GIOVANNI, del foro di SCIACCA in difesa delle PARTI CIVILI ha depositato conclusioni e nota spese;
l'avvocato PALAGONIA LEONARDO, del foro di SCIACCA in difesa delle PARTI CIVILI ha depositato conclusioni e nota spese.
Fatto
1. La Corte d'appello di Palermo con sentenza dell'1 febbraio 2021, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Sciacca, ha dichiarato non doversi procedere nei confronti di A.A. in ordine al reato di omicidio colposo commesso in (Omissis) in danno di B.B. in quanto estinto per prescrizione e ha confermato le statuizioni civili.
1.1. Il processo ha ad oggetto un infortunio mortale verificatosi nel corso dei lavori di rifacimento della rete fognaria e di costruzione del depuratore comunale affidati dal Comune di Sciacca alla società consortile Albesco arl di cui era dipendente la vittima.
Secondo la descrizione dei fatti di cui alle conformi sentenze di merito il giorno dell'infortunio, (Omissis), nel cantiere di (Omissis), erano in corso lavori di scavo e posa delle tubazioni, iniziati già da due, tre giorni; lo scavo era eseguito da un escavatore con benna a cucchiaio, condotto dall'operaio C.C., con cui procedeva al descippamento dell'asfalto e al raggiungimento della quota stabilita; le tubature venivano apposte nello scavo o tramite rotolamento ad opera di uno più operai, o mediante l'uso della benna, previa imbracatura del tubo con delle cinghie, ma accadeva che, sia per eseguire a mano porzioni di scavo in ragione della presenza di sottoservizi, sia per agevolare delicate operazioni di innesto tra tubi, gli operai scendessero personalmente sul fondo dello scavo. Con riferimento alle operazioni esitate nel sinistro mortale, l'escavazione per la posa dei tubi era stata ostacolata e resa più complessa dall'accidentale danneggiamento di un tubo idrico, con perdita d'acqua che aveva reso umido il terreno circostante; terminata la riparazione del tubo, il capo cantiere Zelanda si era allontanato senza sospendere l'attività lavorativa ed, anzi, dando incarico a C.C. di portare a termine ciò che stava compiendo; C.C. aveva completato l'incavo ed era rimasto fermo con il mezzo con il motore acceso a regime minimo, mentre B.B. era sceso nello scavo profondo oltre tre metri per facilitare l'inserimento di un tratto di tubazione nel tratto contiguo tramite l'ingrassamento della guarnizione, quando si era verificato lo smottamento della parete sinistra laterale dello scavo, che lo aveva travolto e ne aveva cagionato il decesso. Nello scavo non erano state apposte le armature laterali, ovvero le paratie atte a sostenere le pareti, previste nel piano operativo di sicurezza e prescritte dal D.Lgs. 9 aprile 2008 n. 81, art. 119.
1.2 A.A. (funzionario del Comune di Sciacca), nella qualità di direttore dei lavori (DL), è stato indicato nell'imputazione come responsabile dell'infortunio mortale in cooperazione colposa con i coimputati D.D. (responsabile del servizio di prevenzione e protezione), E.E. (capo cantiere della Albesco) e F.F. (funzionario del Comune di Sciacca e Coordinatore per la sicurezza in fase esecutiva). D.D. e E.E. sono stati condannati in esito al rito abbreviato con sentenza divenuta irrevocabile, mentre F.F., condannato in primo grado insieme a A.A., è stato prosciolto in grado di appello per essere il reato estinto per intervenuta prescrizione, con revoca delle statuizioni civili nei suoi confronti a seguito di accordo transattivo.
1.3. Secondo la ricostruzione operata nelle sentenze di merito, lo smottamento del terreno si era verificato in quanto le operazioni di scavo erano state eseguite mediante lacerazioni a strappo dell'asfalto con il cucchiaio dell'escavatore e dunque in maniera pericolosa per la stabilità dello scavo: l'assenza di paratie lungo le pareti aveva fatto sì che l'operaio rimanesse travolto dalla frana.
2. Avverso la sentenza ha proposto ricorso l'imputato con proprio difensore, formulando sei motivi.
2.1. Con il primo motivo ha dedotto la violazione di legge in relazione al fondamento della posizione di garanzia del ricorrente. Il difensore rileva al riguardo che il T.U. n. 81 del 2008, art. 119 pone a carico del datore di lavoro l'obbligo di predisporre le armature nello scavo di trincee profonde più di 1,5 mt, quando la consistenza del terreno non dia garanzie sufficienti di stabilità, e che il T.U. n. 81 del 2008, art. 92, lett. a pone a carico del Coordinatore per la sicurezza in fase di esecuzione l'obbligo di controllare per conto del committente che le misure prevenzionali prescritte dalla legge e richiamate nel Piano di sicurezza e coordinamento e nel Piano operativo di sicurezza siano effettivamente predisposte.
Secondo il ricorrente, la Corte di Appello aveva errato nell'individuare nelle norme del capitolato speciale di appalto (c.s.a.) il fondamento della posizione di garanzia del Direttore dei Lavori, in quanto:
- l'art. 30, comma 2 c.s.a. contempla l'eventuale intervento del direttore dei lavori per conto del committente in una diversa fase dei lavori, ovvero dopo la realizzazione dell'opera;
- l'art. 30, comma 4 c.s.a. pone ad esclusivo carico dell'appaltatore l'adozione di tutte le precauzioni necessarie per assicurare contro ogni pericolo gli operai, a riprova dell'assunto per cui la norma individua espressamente la differenza fra il pericolo a cui possono essere esposti i lavoratori e il pericolo a cui può essere esposta l'opera. La disposizione in parola ascrive, dunque, al direttore dei lavori una valutazione in merito al fatto che i legnami costituenti le armature possano essere tolti senza pericolo o danno del lavoro e non già in relazione al profilo della incolumità dei lavoratori. Diversamente da quanto ritenuto nella sentenza, dall'istruttoria non era emerso che negli altri cantieri aperti nel comune di Sciacca, in epoca precedente a quella in cui si era verificato l'infortunio, fossero stati effettuati scavi a profondità tali da richiedere l'apposizione delle paratie, nè che dalla contabilità potesse ricavarsi alcunchè rispetto alla eventuale apposizione di dette paratie. Il perito nominato dalla Corte nel corso dell'esame dibattimentale aveva affermato che non esisteva alcuna documentazione oggettiva in relazione all'utilizzo o meno da parte dell'appaltatore delle armature di sostegno degli scavi in epoca precedente a quello di (Omissis);
- l'art. 31 c.s.a. non attribuisce al Direttore dei Lavori alcun potere di intervento, fatta eccezione per la facoltà di stabilire la profondità degli scavi per la fondazione delle opere murarie, che nel caso di specie non erano stati realizzati.
Anche in relazione alla questione della erronea ed impropria modalità di rimozione dell'asfalto, il difensore rileva che la sentenza muoveva dall'assunto che vi fosse una evidenza di pericolosità della organizzazione del cantiere, tale per cui il ricorrente avrebbe avuto il potere/dovere di interdire i lavori, ma non aveva indicato la fonte normativa di tale potere/dovere, nè le prove da cui sarebbe emersa la sistematica violazione da parte dell'appaltatore delle norme del T.U. n. 81 del 2008 e non aveva tenuto conto che il cantiere di (Omissis) era aperto da soli tre giorni e che il direttore dei lavori non si era mai recato in tale cantiere.
2.2. Con il secondo motivo ha dedotto la violazione di legge e il travisamento della prova in ordine alla condotta colposa dell'imputato. La Corte di Appello, in replica al motivo di impugnazione con cui si era rilevato che A.A. non avrebbe potuto venire a conoscenza della adozione da parte della Albesco di "non corrette procedure di lavoro", si era limitata a ripercorre le argomentazioni della sentenza di primo grado. La Corte non aveva tenuto conto di alcune dirimenti circostanze ed in particolare che non fosse emersa la prova della sistematica mancata adozione delle paratie; che il perito aveva ribadito come dalle annotazioni in contabilità dei lavori non fosse possibile ricavare alcuna informazione rilevante; che il verbale di visita del (Omissis), pure citato in sentenza, era stato in realtà redatto a seguito del sopralluogo di altro cantiere, ovvero quello di (Omissis); che il cantiere di (Omissis), aperto da soli tre giorni al momento dell'infortunio, non era mai stato visitato da A.A., nè gravava su di lui alcun onere in tal senso; che il T.U. n. 81 del 2008, rt. 119 citato come norma violata dal Direttore del lavori per conto del committente, poneva a carico del datore di lavoro l'obbligo della predisposizione delle armature, mentre in capo al Coordinatore si configurava l'obbligo di verificare la effettiva presenza di dette paratie.
La Corte non avrebbe individuato, dunque, la regola cautelare violata, nè avrebbe illustrato gli ulteriori essenziali elementi relativi al giudizio controfattuale, alla concretizzazione del rischio, alla prevedibilità ed evitabilità dell'evento, nella sostanza finendo per attribuire al A.A. una responsabilità di tipo oggettivo.
2.3. Con il terzo motivo ha dedotto la violazione di legge ed il vizio di motivazione in ordine al radicamento della responsabilità di A.A. nelle norme di cui all'art. 30 e 31 capitolato speciale di appalto. La Corte in proposito aveva fatto discendere la affermazione della responsabilità del ricorrente da meri dati congetturali, quali quello per cui, a fronte della previsione per cui il Direttore dei lavori era tenuto a esprimere un parere sulla disinstallazione di eventuali paratie, A.A. si sarebbe dovuto attivare per verificare che tali paratie fossero state adottate;
quello per cui nella contabilità dei lavori di altri cantieri svolti dalla stessa ditta (che A.A. doveva, secondo la Corte, conoscere) non erano riportate voci per l'installazione delle paratie con la conseguenza che A.A. avrebbe dovuto chiedersi per quale ragione nessuno lo avesse interpellato a proposito della rimozione delle armature; quello per cui A.A. non poteva non essere a conoscenza che le modalità di rimozione dell'asfalto adottate non fossero ottimali in quanto attuate in un'area di minore tenuta geologica. In proposito il difensore osserva che si deve escludere la responsabilità del datore di lavoro per condotte estemporanee del lavoratore e tale esclusione deve operare a maggior ragione per il direttore dei lavori per conto del committente, che interviene in cantiere con funzioni e scopi differenti e che non ha obblighi diretti in relazione alla sicurezza del cantiere.
2.4. Con il quarto motivo ha dedotto assenza di motivazione in ordine a quanto dedotto con la memoria difensiva depositata nel corso dell'udienza in cui si era fatto osservare che la pronuncia di legittimità citata nella sentenza di primo grado a sostegno della responsabilità di A.A. (sez. 4 n. 21205 del 31/05/2012 e sez 3 n. 1471 del 15/01/2014) erano state emesse nell'ambito del medesimo procedimento, che aveva registrato due diverse sentenze di annullamento della condanna del direttore dei lavori da parte della Suprema Corte e che si era concluso con sentenza di assoluzione nel merito irrevocabile.
2.5. Con il quinto motivo ha dedotto la nullità della sentenza di primo grado per difetto di contestazione ai sensi dell'art. 522 c.p.p. Il difensore ribadisce che nel capo di imputazione non era riportato alcun riferimento in ordine alla modalità di rimozione dell'asfalto e che tali procedure erano state indicate come concausa dell'evento soltanto nella relazione di Consulente tecnico della parte civile, senza che il Pubblico Ministero avesse provveduto a formulare alcuna contestazione suppletiva ex art. 516 c.p.p. Nel processo di primo grado tale tematica era stata oggetto di verifica solo nel confronto finale, disposto ai sensi dell'art. 507 c.p.p., tra il Consulente Tecnico della Parte Civile ed il Consulente Tecnico della difesa del coimputato F.F., non esteso anche al Consulente Tecnico della difesa di A.A.. Ciò nonostante la sentenza di primo grado aveva fondato la responsabilità di A.A. sulle asserite non corrette procedure di asportazione dell'asfalto seguite dall'appaltatore. In replica alla analoga doglianza fatta valere con i motivi di appello, la Corte aveva osservato che nella imputazione era contestati profili di colpa generica in cui poteva essere ricompreso anche quello in esame: in tal modo, tuttavia, erano stati compromessi i diritti di difesa che, invero, possono essere esercitati solo a seguito di una regolare contestazione suppletiva.
2.6. Con il sesto motivo ha dedotto la violazione di legge in ordine alle statuizioni civili della sentenza impugnata. Il difensore lamenta che la Corte aveva rigettato la richiesta di riduzione degli importi liquidati, non ravvisando alcuna condotta colposa concorsuale della vittima. In proposito il difensore osserva che se, come sostiene la Corte, A.A. avrebbe dovuto percepire il pericolo dello scavo e rendersi conto che in esso non erano state apposte le paratie, a maggior ragione il richiamato pericolo doveva apparire manifesto per la vittima, che operava direttamente in cantiere quale maestranza comunque esperta e perita.
3. Le Parti Civili Inail, N.N., G.G., H.H. nato il (Omissis), H.H. nato il (Omissis), I.I., L.L., M.M. hanno depositato conclusioni con cui hanno chiesto la conferma della sentenza impugnata e nota spese.
Il responsabile civile ha depositato conclusioni con cui ha chiesto l'annullamento della sentenza impugnata.
Diritto
1. Il ricorso deve essere rigettato.
2.Al fine di meglio delineare il perimetro delle valutazioni demandate con i motivi di ricorso, occorre premettere che a A.A. è stato contestato il reato di omicidio colposo a titolo di colpa generica e non già a titolo di colpa specifica in ragione della violazione della normativa prevenzione infortuni sul lavoro.
Di ciò dà atto il Tribunale nell'affermare la sussistenza del reato di omicidio colposo nei suoi confronti, pur senza l'aggravante relativa alla violazione della normativa prevenzione infortuni sul lavoro (pag. 32 della sentenza di primo grado) e di ciò dà atto anche la Corte di Appello nel dichiarare la intervenuta prescrizione del reato, a fronte della mancata impugnazione della sentenza di primo grado nella parte in cui era stata esclusa la contestazione espressa di detta aggravante (pag. 19 della sentenza di secondo grado).
3. La Corte di Appello in continuità con la sentenza di primo grado ha affermato la responsabilità, sia pure solo a fini civili, stante la intervenuta prescrizione del reato, di A.A. nella sua qualità di Direttore dei Lavori in forza della quale, date le previsioni contenute nel capitolato speciale di appalto da lui stipulato quale dirigente facente funzioni della ripartizione ecologica del Comune di Sciacca, aveva assunto un obbligo di garanzia, ovvero un obbligo di impedire l'evento.
4.In linea generale si ricorda che la disciplina dei compiti del direttore dei lavori negli appalti pubblici è contenuta nell'art. 101 del Codice Appalti. Per quanto di interesse in questa sede, tale disciplina prevede che per il coordinamento, la direzione ed il controllo tecnico-contabile dell'esecuzione dei contratti pubblici relativi a lavori, le stazioni appaltanti individuano, prima dell'avvio delle procedure per l'affidamento, su proposta del responsabile unico del procedimento, un direttore dei lavori. Questi, con l'ufficio di direzione lavori, ove costituito, è preposto al controllo tecnico, contabile e amministrativo dell'esecuzione dell'intervento affinchè i lavori siano eseguiti a regola d'arte ed in conformità al progetto e al contratto. Al direttore dei lavori fanno carico tutte le attività ed i compiti allo stesso espressamente demandati dal codice nonchè quelli di:
a) verificare periodicamente il possesso e la regolarità da parte dell'esecutore e del subappaltatore della documentazione prevista dalle leggi vigenti in materia di obblighi nei confronti dei dipendenti;
b) curare la costante verifica di validità del programma di manutenzione, dei manuali d'uso e dei manuali di manutenzione, modificandone e aggiornandone i contenuti a lavori ultimati;
c) provvedere alla segnalazione al responsabile del procedimento dell'inosservanza, da parte dell'esecutore, dell'art. 105.
4.1. Il D.Lgs. n. 81 del 2008, nella parte dedicata ai cantieri temporanei o mobili, in continuità con la disciplina dettata dal D.Lgs. 14 agosto 1996, n. 494 del quale ha riprodotto i contenuti, alle figure generali di debitori di sicurezza previsti dalla disciplina di base, ossia datore di lavoro (affidatario/esecutore), dirigente (direttore di cantiere) e preposto (capo cantiere), ha affiancato ulteriori speciali figure (committente, Responsabile dei lavori, Coordinatore per la sicurezza in fase di progettazione e Coordinatore per la sicurezza in fase di esecuzione) allo scopo di far fronte ai rischi aggiuntivi derivanti alla condivisione, da parte di diverse imprese, di un medesimo Spa zio-luogo di lavoro. Fra tali figure aggiuntive di debitori di sicurezza non è ricompreso il direttore dei lavori, che, sempre obbligatorio negli appalti pubblici e per le opere strutturali negli appalti privati, svolge compiti di supervisione tecnica, controllando, nell'interesse del committente la corretta esecuzione dei lavori da parte della impresa esecutrice.
4.2. A fronte del predetto quadro normativo, la giurisprudenza di legittimità, interrogandosi se ed a quali condizioni il direttore dei lavori possa essere chiamato a rispondere di un infortunio sul lavoro, ha affermato che il ricoprire l'indicata qualifica di direttore dei lavori non comporta automaticamente la responsabilità per la sicurezza sul lavoro, ben potendo l'incarico di direttore limitarsi alla sorveglianza tecnica attinente alla esecuzione del progetto (Sez. 4, n. 49462 del 26/03/2003 - dep. 31/12/2003, Viscovo, Rv. 227070; Sez. 4, n. 12993 del 25/06/1999, Galeotti, Rv. 215165-01). Il direttore dei lavori nominato dal committente normalmente svolge un'attività limitata alla sorveglianza tecnica attinente all'esecuzione del progetto nell'interesse di questi, con la conseguenza che risponde dell'infortunio subito dal lavoratore solo se è accertata una sua ingerenza nell'organizzazione del cantiere (Sez. 3, n. 1471 del 14/11/2013, dep. 2014, Gebbia, Rv. 257922), come, ad esempio, nel caso in cui venga affidato al direttore dei lavori il compito di sovrintendere all'esecuzione dei lavori, con possibilità di impartire ordini alle maestranze in virtù di una particolare clausola inserita nel contratto di appalto o qualora, per fatti concludenti, risulti la sua concreta ingerenza nell'organizzazione del lavoro (Sez. 3, n. 19646 del 08/01/2019, Gregorio, Rv. 275746). Nelle più recenti decisioni di questa Corte di legittimità si è sostenuto che il direttore dei lavori è responsabile a titolo di colpa del crollo di costruzioni anche nell'ipotesi di sua assenza dal cantiere, dovendo egli esercitare un'oculata attività di vigilanza sulla regolare esecuzione delle opere edilizie ed in caso di necessità adottare le necessarie precauzioni d'ordine tecnico, ovvero scindere immediatamente la propria posizione di garanzia da quella dell'assuntore dei lavori, rinunciando all'incarico ricevuto (così, Sez. 4, n. 46428 del 14/09/2018, A., Rv. 273991-01, con riguardo ad una fattispecie in tema di omicidio colposo, in cui la Corte ha ritenuto immune da censure la sentenza che aveva affermato la responsabilità del direttore dei lavori per aver consentito che questi iniziassero senza la nomina di un responsabile e senza la formazione di un documento di valutazione dei rischi, in zona soggetta a rischio di pericolo per la pubblica incolumità, dedotto in una ordinanza comunale interdittiva; cfr. altresì, in termini conformi, Sez. 4, n. 18445 del 21/02/2008, Strazzanti, Rv. 240157-01).
Più in generale, si è sostenuto che la posizione di garanzia - che può essere generata da investitura formale o dall'esercizio di fatto delle funzioni tipiche delle diverse figure di garante - deve essere individuata accertando in concreto la effettiva titolarità del potere/dovere di protezione dello specifico bene giuridico che necessita di protezione, e di gestione della specifica fonte di pericolo di lesione di tale bene, alla luce delle specifiche circostanze in cui si è verificato il sinistro (Sez. 4, n. 38624 del 19/06/2019 B., Rv. 277190).
4.3. Con riferimento alla posizione di garanzia, si è affermato che essa in tanto opera in quanto l'agente assuma in concreto la gestione dei rischi connessi all'attività assunta e può dirsi sussistente a condizione che: a) un bene giuridico necessiti di protezione, poichè il titolare da solo non è in grado di proteggerlo; b) una fonte giuridica, anche negoziale, abbia la finalità di tutelarlo; c) tale obbligo gravi su una o più persone specificamente individuate; d) tali persone siano dotate dei poteri atti a impedire la lesione del bene garantito, anche solo attraverso la sollecitazione di interventi necessari ad evitare che l'evento sia cagionato. La posizione di garanzia, in presenza di tutte le predette condizioni, può essere ravvisata, dunque, solo se il soggetto ha la possibilità con la sua condotta di influire sul decorso degli eventi indirizzandoli verso uno sviluppo atto a impedire la lesione del bene giuridico garantito (Sez. 4, n. 38991 del 10/06/2010, Quaglierini, Rv. 248849).
5. Ciò premesso in relazione alla qualifica rivestita da A.A., il primo ed il terzo motivo del ricorso incentrati sulla asserita insussistenza della posizione di garanzia del ricorrente in relazione all'infortunio occorso, sono infondati.
5.1. Come detto nelle sentenze di merito è stata attribuita rilevanza causale rispetto all'infortunio alla non corretta procedura di rimozione dell'asfalto che aveva reso il terreno soggetto a smottamento ed alla mancata predisposizione delle paratie nello scavo investito dalla frana.
La Corte di Appello ha anche disposto una perizia, demandando ad un ingegnere di verificare la dinamica dell'incidente, di indicare le violazioni imputabili agli imputati e di accertare la sussistenza del nesso di causa tra le violazioni riscontrate e l'evento lesivo verificatosi. Il perito aveva depositato una relazione principale ed una relazione supplementare (relativa proprio alla posizione del ricorrente A.A.) ed era stato sentito nel corso del processo in contraddittorio fra le parti. Così la Corte di Appello ha riassunto le sue conclusioni:
- l'evento si era verificato a causa della mancata apposizione alle pareti dello scavo delle prescritte paratie o armature, la cui funzione è appunto quella di impedire o contenere smottamenti o frane; il terreno già di per sè era caratterizzato da scarsa coesione geologica e dalla diffusa presenza di tubazioni per la distribuzione dei servizi a rete; il rischio di smottamento era stato accentuato dalla contingente imbibizione d'acqua del terreno determinata dalla rottura della tubazione idrica; la demolizione della pavimentazione stradale prima della escavazione in senso stretto, avvenuta per strappo in larghi pezzi non frammentati, era stata attuata in difformità dalle corrette procedure operative (peraltro richiamate negli elaborati progettuali allegati al contratto e al c.s.a.);
- A.A., al pari di F.F., doveva essere ritenuto responsabile laddove si fosse provato che egli fosse stato a conoscenza della mancanza di protezioni delle pareti dello scavo. In proposito nella prima relazione il perito aveva affermato che dai documenti in atti non si avevano evidenze in tal senso; nella relazione supplementare aveva dato atto essere state individuate, nei registri contabilità lavori relativi alle opere eseguite prima dell'infortunio, almeno ventitrè voci attestanti escavazioni effettuate oltre 2 mt. di profondità nelle quali l'impresa avrebbe dovuto utilizzare le paratie laterali, senza che le stesse fossero mai state apposte: per redigere la contabilità A.A. necessariamente si era dovuto recate in cantiere e non poteva, conseguentemente, non essersi reso consto dell'assenza di paratie.
5.2. I giudici di merito, nell'affermare la responsabilità di A.A. nella qualità di Direttore dei lavori, hanno analizzato alcune previsioni del capitolato speciale di appalto sottoscritto dallo stesso ricorrente, in forza delle quali egli era, in qualche modo, investito anche della verifica in ordine alla esecuzione degli scavi. In particolare i giudici hanno rilevato che gli artt. 30 e 31, nel disciplinare la esecuzione degli scavi, prevedevano un sindacato da parte del direttore dei lavori in ordine alla rispondenza allo scopo e alla non pregiudizialità per il regolare andamento del lavori della scelta da parte dell'appaltatore dei sistemi, materiali e mezzi d'opera e prevedeva, altresì, una interlocuzione dello stesso direttore dei lavori anche in ordine alla rimozione delle armature e più in generale un potere di dare indicazioni.
5.3. Ritiene il collegio che il percorso argomentativo del giudice del merito nella individuazione in capo al ricorrente della posizione di garanzia e della conseguente responsabilità in ordine all'infortunio occorso sia esente da censure.
L'obbligo di impedire l'evento, presupposto della casualità dell'omissione, si fonda sulla sussistenza della posizione di garanzia, che a sua volta può discendere da: a) obblighi di protezione di determinati beni contro tutte le fonti di pericolo (i quali presuppongono un particolare legame giuridico fra il garante e iltitolare del bene, quali gli obblighi previsti dal diritto di famiglia, ovvero gli obblighi previsti per il personale sanitario); b) obblighi di controllo di determinate fonti di pericolo per proteggere i beni ad esse esposti (quali ad esempio quelli gravanti sui proprietari di edifici, costruzioni, animali; sugli esercenti attività pericolose; sui soggetti tenuti ad impedire i reati di terzi). L'obbligo di impedire l'evento che fonda la posizione di garanzia può derivare dalla legge, dal contratto o anche solo dalla assunzione volontaria.
Nel caso di specie dal tessuto motivazionale delle sentenze di merito emerge il riconoscimento in capo al direttore dei lavori di una posizione di garanzia, quale garante del controllo della fonte di pericolo rappresentata dallo scavo.
Il Tribunale e la Corte hanno puntualizzato che il direttore dei lavori, con riferimento specifico alle opere che venivano in rilievo nel momento in cui l'infortunio si era verificato, aveva un potere in senso lato di verifica, rispetto al quale le visite in cantiere effettuate insieme a F.F. erano strumentali, e conseguentemente un obbligo di controllo, contrattualmente assunto, della fonte di pericolo rappresentata dallo scavo. Scrive la Corte che "A.A. (anche senza che si dovesse pretendere da lui una presenza diuturna in cantiere) ben avrebbe dovuto chiedersi, assai prima che si verificasse il sinistro mortale oggetto del giudizio, per quale ragione nessuno gli avesse mai chiesto l'insindacabile giudizio di cui al c.s.a. circa la rimozione di armature.. egli avrebbe dovuto e potuto fare uso dei poteri di intervento prescritti che l'art. 31 del c.s.a gli riconosceva nel caso avesse ravvisato la "violazione delle regole d'arte e la inosservanza delle norme cautelari", non sussistendo alcuna valida ragione per escludere dalla locuzione contrattuale... le regole cautelari dettate a salvaguardia non genericamente dell'opera ma anche dell'incolumità dei lavoratori". Tali affermazioni rimandano alla assunzione della posizione di controllo della fonte di pericolo finalizzata alla protezione dei beni che a tale fonte sono esposti e, quindi, ad uno dei possibili contenuti della posizione di garanzia, così come supra schematizzati.
Il riferimento effettuato dal ricorrente alla necessità che il perimetro delle responsabilità sia collegato al perimetro delle funzioni e dei correlati poteri non vale ad inficiare la correttezza del ragionamento dei giudici di merito. Invero l'obbligo di attuare modalità di realizzazione dello scavo conformi alle regole della tecnica e l'obbligo di armare gli scavi sussistevano in capo al titolare della ditta esecutrice, datore di lavoro del soggetto deceduto. Ma ciò nondimeno in capo al direttore dei lavori permaneva, comunque, a fronte della constatazione di situazioni di pericolo, un potere di sollecitare interventi volti ad impedire la realizzazione dell'evento. Già si è detto, a tale fine, che la posizione di garanzia presuppone poteri atti a impedire la lesione del bene garantito: tali poteri, come ben chiarito dalla sentenza Sez. 4, n. 38991 del 10/06/2010, cit., possono consistere anche solo in una mera sollecitazione di interventi necessari ad evitare che l'evento sia cagionato, giacchè in tal caso viene comunque in rilievo una condotta in grado di influire sul decorso degli eventi, nel senso di impedire la lesione del bene giuridico garantito.
6. Il secondo motivo, con cui si lamenta il travisamento della prova nella valutazione della condotta colposa dell'imputato, è infondato. Nelle motivazioni delle sentenze di merito, in ordine alla ricostruzione dei fatti per quanto attiene alla posizione di A.A., si è dato atto che:
- le testimonianze assunte nel corso dell'istruttoria avevano chiarito che non solo lo scavo teatro dell'infortunio mortale era privo delle paratie, pure previste nel piano di sicurezza e nel piano di coordinamento, ma che anche gli scavi realizzati nel corso dei lavori relativi ai lotti precedenti dell'appalto per la realizzazione della rete fognaria non fossero stati "armati", in violazione della previsione di cui al D.Lgs. n. 81 del 2008, art. 119;
- A.A. insieme a F.F. eseguiva visite di verifica presso i cantieri dei vari lotti.
6.1. La censura con cui si contesta, in punto di fatto, che A.A. fosse stato a conoscenza delle modalità di rimozione dell'asfalto e soprattutto della mancata apposizione delle paratie, non si confronta, dunque, con i passaggi argomentativi delle sentenze di primo e di secondo grado (pag. 9 con richiamo alle testimonianze di E.E. e C.C. e pag. 31 con richiamo alle visite in cantiere nei vari lotti da parte di A.A. e F.F. nella sentenza di primo grado; pagg. 37 e 38 con richiamo alle visite nel cantiere di A.A. e alla presenza nella contabilità di annotazioni di lavori di scavo nella sentenza di secondo grado). Se, dunque, è vero che i lavori di scavo nella tratta in esame erano iniziati solo da pochi giorni, è altrettanto vero che le modalità complessive della organizzazione del cantiere, sviluppatosi in più lotti, erano rimaste invariate ed erano gravemente carenti sotto entrambi i profili ritenuti causali rispetto all'evento. La diversa lettura del compendio probatorio da parte del ricorrente deve, invece, considerarsi inammissibile. Sono, infatti, estranei alla natura del sindacato di legittimità l'apprezzamento e la valutazione del significato degli elementi probatori attinenti al merito, che non possono essere apprezzati dalla Corte di cassazione se non nei limiti in cui risulti viziato il percorso giustificativo sulla loro capacità dimostrativa e sono precluse al giudice di legittimità la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata e l'autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, indicati dal ricorrente come maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa rispetto a quelli adottati dal giudice del merito (S ez. 6 n. 47204 del 7/10/2015, Musso, Rv. 265482).
7. Il quarto motivo, con cui si censura l'assenza di motivazione in ordine ai rilievi contenuti nella memoria difensiva in relazione alla giurisprudenza citata nella sentenza di primo grado, è inammissibile e comunque manifestamente infondato. Quel che rileva ai fini della tenuta logica della motivazione è il percorso argomentativo adottato e la coerenza di detto percorso alle norme di legge ed al diritto vivente. La sentenza richiamata dal Tribunale contiene principi di diritto che ineriscono proprio ai compiti ed alle funzioni del direttore dei lavori, sicchè, da un lato, il richiamo non è inconferente e, dall'altro, nessun rilievo sotto il profilo dei vizi di cui all'art. 606 c.p.p. può assumere l'esito del processo nel quale la sentenza di legittimità, citata per i principi di diritto in essa affermati, è stata pronunciata.
8. Il quinto motivo, con cui si deduce la nullità della sentenza per difetto di contestazione dell'addebito di colpa relativo alla rimozione dell'asfalto, è infondato.
Occorre prendere le mosse dal principio espresso dalle Sezioni Unite secondo cui in tema di correlazione tra imputazione contestata e sentenza, per aversi mutamento del fatto occorre una trasformazione radicale, nei suoi elementi essenziali, della fattispecie concreta nella quale si riassume l'ipotesi astratta prevista dalla legge, in modo che si configuri un'incertezza sull'oggetto dell'imputazione da cui scaturisca un reale pregiudizio dei diritti della difesa; ne consegue che l'indagine volta ad accertare la violazione del principio suddetto non va esaurita nel pedissequo e mero confronto puramente letterale fra contestazione e sentenza perchè, vertendosi in materia di garanzie e di difesa, la violazione è del tutto insussistente quando l'imputato, attraversò l'iter del processo, sia venuto a trovarsi nella condizione concreta di difendersi in ordine all'oggetto dell'imputazione (Sez. U, n. 36551 del 15/07/2010, Carelli, Rv. 24805101). Tale principio è stato ribadito anche in tema di reati colposi, rispetto ai quali si è ritenuta insussistente "la violazione del principio di correlazione tra l'accusa e la sentenza di condanna se la contestazione concerne globalmente la condotta addebitata come colposa, essendo consentito al giudice di aggiungere agli elementi di fatto contestati altri estremi di comportamento colposo o di specificazione della colpa, emergenti dagli atti processuali e, come tali, non sottratti al concreto esercizio del diritto di difesa (Sez. 4, n. 19028 dei 01/12/2016, dep. 2017, Casucci, Rv. 269601; Sez. 4, n. 35943 del 07/03/2014, Denaro, Rv. 260161). Sicchè al giudice è consentito di aggiungere agli elementi di fatto contestati, altri estremi di comportamento colposo o di specificazione della colpa, perchè sostanzialmente non sottratti al concreto esercizio del diritto di difesa. Simmetricamente si è sostenuto che il ricorso per cassazione con cui si deduca la violazione del principio di correlazione tra accusa e sentenza, ai fini della sua ammissibilità, sotto il profilo della specificità, non può limitarsi a segnalare la mancanza formale di coincidenza tra l'imputazione originaria e il fatto ritenuto in sentenza, ma deve altresì allegare il concreto pregiudizio che ne è derivato per l'esercizio del diritto di difesa, non sussistendo la violazione predetta ove, sulla ricostruzione del fatto operata dal giudice, le parti si siano confrontate nel processo (Sez. 4,n. 32899 del 08/01/2021, Castaldo, Rv. 281997).
8.1. La Corte di Appello, in replica all'analoga censura fatta valere con i motivi di appello, ha ribadito che a A.A. erano contestati profili di colpa generica negligenza, imprudenza e imperizia - nei quali la condotta addebitata rientrava a pieno titolo ed in ogni caso che non si era verificata alcuna compromissione delle facoltà difensive, tanto che su tale specifico punto aveva interloquito anche il consulente tecnico dell'imputato.
La decisione della Corte di Appello appare conforme ai principi sopra richiamati: i profili di colpa evidenziati nella sentenza impugnata e ritenuti causali rispetto all'evento, da un lato, erano contestati ab origine e sono stati specificati in sentenza quale descrizione dell'addebito di colpa generica; dall'altro erano, comunque, emersi dalla complessa ed articolata istruttoria, sicchè l'imputato era stato messo nelle condizioni di controdedurre ed esercitare in pieno il diritto di difesa.
9. Il sesto motivo, con cui si censura la mancata riduzione degli importi liquidati a titolo di risarcimento del danno in conseguenza del concorso della condotta colposa della persona offesa, è infondato. La Corte, con motivazione coerente con i dati di fatto richiamati e non illogica, ha ritenuto che non fosse giustificata l'affermazione di una colpa concorrente a carico della vittima, posto che quest'ultima, anche in ragione della mancata formazione sui rischi insiti nel tipo di prestazione lavorativa richiestagli (B.B. era stato assunto solo venti giorni prima dell'infortunio con la qualifica di operaio edile/autista, ma era stato addetto a mansioni indifferenziate di cantiere al pari degli altri colleghi: pag 3 della sentenza impugnata), non era stata in condizione di percepire le insidie legate alle condizioni di stabilità del terreno, nonchè i rischi connessi alla discesa nella trincea priva di paratie di protezione.
10. Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente, in solido con il responsabile civile, al pagamento delle spese processuali, nonchè alla rifusione delle spese in favore della seguenti parti civili:
- Inail, assistito dall'avv. Letizia Crippa, che si si stima congruo liquidare in Euro 3000,00, oltre accessori come per legge;
- H.H. (cl. (Omissis)), H.H. (cl. (Omissis)), I.I., L.L., M.M., G.G., assistiti dall'avv. Giovanni Vaccaro che si stima congruo liquidare in Euro 7.500,00, oltre accessori come per legge;
- N.N., assistito dall'avv. Leonardo Palagonia, che si stima congruo liquidare in Euro 3000,00, oltre accessori come per legge.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente, in solido con il responsabile civile, al pagamento delle spese processuali, nonchè alla rifusione delle spese in favore della seguenti parti civili: Inail, assistito dall'avv. Letizia Crippa, liquidate in Euro 3000,00 oltre accessori come per legge; G.G., H.H. (CL.(Omissis)), H.H. (CL.(Omissis)), I.I., L.L., M.M., assistiti dall'avv. Giovanni Vaccaro liquidate in Euro 7.500,00 oltre accessori come per legge; N.N., assistito dall'avv. Leonardo Palagonia, liquidate in Euro 3000,00 oltre accessori come per legge.
Così deciso in Roma, il 17 gennaio 2023.
Depositato in Cancelleria il 31 marzo